Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbandoni

Numero di risultati: 15 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Come devo comportarmi?

172114
Anna Vertua Gentile 3 occorrenze
  • 1901
  • Ulrico Hoepli
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Ma può anche darsi che la sua fidanzata, quando sarà moglie, pensi che non è poi un gran male pagare alla giovinezza il suo debito di diletti; che vi pensi con la smania di chi accarezza gioie ignote, e vi si abbandoni con l'irrequietezza e la smania di chi dice: Finalmente!... »

Pagina 127

Ballando, la signorina si tenga diritta senza affettazione, nè si abbandoni troppo mollemente fra le braccia del cavaliers. Non si lasci sopraffare dalla tiinidezza e non si dia nè pure delle arie di sicurezza che non si addicono a una fanciuìla. Parli con garbo, senza inqualificabilità peritanze e senza ardire, con i giovani coi quali balla o deve ballare. E sopra tutto abbia il contegno modesto e dignitoso, di persona che vuol essere prima di tutto rispettata e non permette nessuna famigliarità, nessuna frase arrischiata o anche solo famigliare. In un ballo stanno male le signorine troppo sicure di sè, che parlano a dritto e a rovescio, girano per le sale a braccio de' giovinotti, e con essi vanno nelle sale dei rinfreschi e magari si mettono a sedere in disparte a conversare; e stanno pure male, le santarelline, che arrossiscono ad ogni parola che loro si rivolga, e rispondono per monosillabi, e tengono gli occhi chini, e stanno a braccio del ballerino con aria spaurita come se le minacciasse un pericolo. - « Mia figlia è un'angioletta che si trova spersa fuori delle pareti della casa; figurarsi poi ad un ballo!» - dicono certe mamme per scusare la goffaggine delle figliuole. Ho conosciuto delle signorine che ridevano allegramente ad ogni complimento loro lanciato dai giovinotti; e con quella giovialità, volevano dire che non credevano un'ette delle belle paroline che loro si scoccavano. Ne ho conosciute altre che alle frasi melate rispondevano con arguzia, criticando, rimbeccando pensieri e parole. E queste volevano far pompa dell'acutezza del loro spirito. Altre ancora, ascoltavano arrossendo, impacciate, imbarazzate. A mio avviso non facevano bene nè le prime, nè le, seconde, nè le ultime. La signorina deve sapere impedire la famigliarità, l'ardire e la melensaggine dei complimenti, con il modo corretto di comportarsi, con il tutto insieme che tiene a rispettosa distanza e merita lode e ammirazione sincera; lode e ammirazione che non isvaporano in parole, ma si manifestano nello sguardo e negli atti.

Pagina 145

La donna nubile, più che di eccitamento alla fantasia, ha bisogno di dare un pascolo al sentimento, si che non si abbandoni a se stessa, non ecceda, e nell'eccesso degeneri a debolezze. Agli eccessi del sentimento, ella deve imparare a dare il correttivo della chiara e ferma ragione. La vita della donna nubile, è certamente meno facile di quella della maritata, che ha il conforto degli affetti. È quindi necessario, che per affrontare la solitudine dell'anima, ella rinvigorisca la sua educazione e si rafforzi nella sicura rettitudine, nella piena coscienza di se, nell'armonia fra il pensiero e l'azione. Io credo che l'ordinata e severa istruzione storica e letteraria, possa dare fermezza e gagliardia alla fibra intellettuale e morale. Più una persona sa, e più basta a se stessa; e quando sa davvero e profondamente, non è mai saccente nè pedante. La saccenteria viene dalla presunzione non dal sapere; e il pedante è pretenzioso, non assennato.

Pagina 383

Per essere felici

179736
Maria Rina Pierazzi 1 occorrenze
  • 1922
  • Linicio Cappelli - Editore
  • Rocca San Casciano - Torino
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Durante lo spettacolo la sola manifestazione permessa è l'applauso; ma anche l'applauso di una signora deve essere corretto, senza abbandoni di entusiasmo, senza movimenti esagerati. Se la rappresentazione ha esito sfortunato si eviteranno i commenti troppo acerbi, lasciando le altre manifestazioni rumorose al loggione, il cui pubblico non chiede mai di meglio che di far del baccano.

Pagina 267

Si fa non si fa. Le regole del galateo 2.0

180322
Barbara Ronchi della Rocca 1 occorrenze
  • 2013
  • Vallardi
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Per tutti, la stretta di mano deve essere breve, asciutta, rispettosa degli anelli altrui, di intensità giusta, senza stritolamenti né languidi abbandoni. Di regola, ci si stringe solo la mano nuda, ma per strada, d'inverno, è meglio non togliersi il guanto piuttosto che lasciare l'altro con la mano a mezz'aria. Alle signore, poi, è concesso di non fare neppure il gesto di toglierselo - per praticità: i guanti femminili sono spesso difficili da sfilare! L'uomo che stringe la mano guantata di una signora può togliersi il guanto o no, come vuole, ma deve farlo senz'altro se lei ha la mano nuda. Nelle riunioni sociali, gli uomini si alzano in piedi per salutare una signora; i giovani (ambosessi) per le persone anziane. Saluteremo almeno con un cenno del capo anche gli sconosciuti che si trovano in negozi, uffici, sale d'attesa, ascensori, scompartimenti ferroviari in cui stiamo entrando, o che incontriamo insieme a nostri conoscenti cui rivolgiamo il saluto. Quanto al baciamano, un tocco di galanteria molto all'antica che, sinceramente, non è da tutti, si fa solo nei luoghi chiusi, solo nelle occasioni mondane o romanticissime (mai sul lavoro!), e solo quando si è vestiti in modo formale (non in palestra, o nel bar della spiaggia, per intenderci). E solo se si è capaci di inchinarsi con leggerezza e disinvoltura, guardando negli occhi la signora, e alzarne lievemente la mano senza appoggiarvi le labbra; la mano poi non va abbandonata a mezz'aria, ma accompagnata dolcemente nello sciogliere il saluto. Molto contemporaneo, invece, è l'uso di salutarsi con un bacio. Copiato dal mondo dello spettacolo, fintamente caloroso e affettuoso, in realtà è un gesto distratto e automatico, tanto che di solito è un air kissing, cioè un «baciare l'aria» accanto alle guance. Personalmente, preferisco baciare solo le persone cui voglio bene, o che voglio autorizzare a sperare in una vera intimità. Ma che fare quando ci baciano? Accettiamo i baci senza attribuirvi importanza, senza crederci, senza scandalizzarci, e senza pulirci immediatamente gli aloni di rossetto stampati sulle guance. Quanto ai «baciatori di bambini», ricordo che una volta sui bavaglini si scriveva «Non baciatemi»: comportiamoci come se la scritta ci fosse tuttora.

Pagina 22

L'angelo in famiglia

182930
Albini Crosta Maddalena 1 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Povera amica d'infanzia della madre mia, tu hai bevuto fino alla feccia il calice del dolore; povertà, disinganni, abbandoni, freddezza da parte dei tuoi medesimi congiunti i quali, fino ad un 34 certo tempo non videro in te se non la causa dei loro guai, guai ai quali tu fosti ben lungi dall'aver dato causa; ma tu conservasti però sempre in fondo al tuo cuore, in tutta la tua condotta, la cristiana virtù, una virtù profonda che tutto prendeva da Dio, e ti faceva scordare le offese, le aspre e crudeli ferite, e riabbracciavi amorosa chi t'aveva derubata ed ingannata nell'animo, nella pace, nelle sostanze. Io t'ho vista coperta di povere vesti provvedere tu stessa ai bisogni tuoi e della famiglia, abbassarti ai servigi più vili con nobile coraggio e fermezza; ma ognuno, allorchè ti vedeva passare, leggeva nella tua persona la nobiltà della tua nascita, la nobiltà del tuo cuore, ed era preso da altissima e tenera commiserazione per te, vittima innocente! Oh! tu sei stata il capro espiatorio della tua casa; la tua morte ha richiamato sovr'essa la benedizione, la pace; ed i sintomi di un possibile ritorno allo stato primiero già si fanno sentire. Perdona, damigella, se il ricordo di D. Clara... mi ha obbligata a parlarti di lei, a renderle pubblico tributo della mia devozione. Sì, dev'essere assai dura la prova di un rovescio di fortuna, ed io ben di cuore prego il Signore a volertene liberare sempre, e liberare altresì tutte le persone che ami... Ma, se il buon Dio nella sua misericordia volesse toccare me e te con una simile sciagura, forza ci sarebbe piegare la fronte ed accettarla rassegnate... Ma per poter piegare la fronte, bisogna prepararsi, disporsi in anticipazione a quella che sarà una vera guerra al nostro cuore, alle nostre consuetudini; se poi ci verrà risparmiata quest'aspra lotta, acquisteremo merito grandissimo appo Dio colla volontaria nostra sommissione ai suoi voleri: ma se si spiegasse la guerra e noi fossimo prese alla sprovvista senza punto averci pensato, dimmi, cosa avverrebbe di noi? Tu sei nel fiore degli anni; la tua fantasia ridente, eppure inquieta, ti conduce in un campo inesplorato, ti mostra e ti promette una vita seminata di gioje, di compiacenze, di piaceri: ma, ahimè! la fillossera isterilisce le viti che fecondano i tuoi poderi; le banche si portano via le somme che costituiscono la tua sostanza; un incendio, un fiume che straripa, un flagello qualunque ti mettono sul lastrico o quasi... La damigella dapprima circondata da numerose fantesche, se le vede ad una ad una sfuggire d'attorno, non ha più chi le renda servigio e si vede obbligata a lavorare per vivere. Lavorare per vivere? E come farà ella mai, ella che non è usa alla fatica, non conosce verun mestiere, e ha abitudini non solo civili, ma aristocratiche? Lavorare per vivere? Essa avrebbe dovuto ascoltare ed obbedire quel detto popolare: impara l'arte e mettila da parte; ma se non l'ha seguito, chi può dire la sua pena, il suo avvilimento, il suo imbarazzo? Io so di parecchie damigelle nate nobili e cresciute nell' opulenza, le quali, avendo subíto un rovescio di fortuna, hanno cavato profitto del proprio ingegno, della coltura dello spirito, delle arti apprese per puro diletto, e si sono dedicate all'educazione ed all'istruzione delle giovinette. Con questo mezzo esse hanno provveduto convenientemente al loro corpo ed al loro cuore: al corpo hanno procurato un pane sufficiente e soddisfacente, ed al cuore l'indicibile soddisfazione di ajutare ed indirizzare l'umana famiglia nella sua parte più cara e delicata, le fanciulle, le care fanciulle. Altre invece, profittando della propria perizia in taluna delle arti belle, si sono dedicate ad insegnarle altrui; altre infine si sono date al commercio, si sono date ai lavori d'ago, ed altre ancora, non potendo vantaggiarsi di alcun merito particolare, si sono persino adattate a fare la governante, la cameriera... E chi può dire lo strazio di quelle povere anime che, nate civilmente, sono condannate a servire, ed a servire talvolta padroni senza educazione, senza cuore, senza riguardi? Orbene, giovinetta cara, se fin d'ora ti trovi in condizione da pensare a provvederti un guadagno, ringraziane il buon Dio, il quale non riserva ai tuoi tardi anni questa che in allora sarebbe pena e grandissima pena; provvedi a educare cristianamente il tuo cuore alla virtù, al sagrificio, indi procurati la dote preziosa di una risorsa morale pel cui mezzo guadagnarti la vita. Questo non ti deve far vergognare, poichè Cristo ha detto:merita l'operajo la sua mercede. Molte giovanette di buona ed agiata famiglia studiano e si sottopongono agli esami da maestra, per poterne poi esercitare il delicato ministero quando loro ne venga desiderio o bisogno. La maestra o l'istitutrice è tenuta troppo spesso in poco conto da noi per due ragioni contrarie fra loro, ma convergenti a mantenere nel pubblico una certa antipatia contro di questo ceto: una è che molte esercitano il loro magistero come se fosse un mestiere, e trattano l'educazione come il fabbro il ferro, e peggio ancora, facendo così entrare nei creduloni la fallace convinzione che la loro anzichè professione nobilissima è un... mestiere; altre invece sono comprese dell' altezza del loro cómpito, ma non sono affatto compensate, e mentre si paga profusamente la crestaja che ci prepara un elegante cappellino, si questiona uno scarso pane a chi maneggia il cuore e l'intelligenza della nostra gioventù! Io per me temo che ove mi trovassi nel bisogno, non saprei sobbarcarmi al peso ed alla responsabilità di diventare maestra, ancorchè ne avessi la capacità. Pure vi sono delle anime generose le quali non curando il proprio sagrificio, ci dedicano i loro talenti, i loro anni migliori, il loro presente, il loro avvenire, la loro salute, senza ricevere in ricambio che una parola studiata di un avaro elogio, elogio che muore nella strozza di chi lo pronuncia, e non va un punto solo più in là della povera vittima cui è diretto. Quelle anime generose eccitano, è vero, talvolta nelle loro alunne un affetto vivo ed intenso, una gratitudine sentita; ma queste, anzichè goccie d'una pioggia primaverile, sono fatti rari come i bolidi che a lunghissimi intervalli cadono dal cielo. Chi però si sente in cuore un eroismo tale da superare queste ed altre molte prove, che molte ne toccano specialmente a chi si reca istitutrice in una famiglia (e sentendosi di condizione pari o più alta di quella, si trova bene spesso trattata come una donna pagata, si vede tenuta in certa diffidenza, in certo dispregio); chi, dico, si sente un tanto eroismo, fa opera buona ed apostolica a dedicarsi a coltivare la gioventù, e Iddio coronerà i suoi sforzi e le darà largo premio. Chi non la sente, abbia sempre fisso nella mente che un dì o l'altro può cadere in bisogno, e si prepari quindi un differente ed onesto mezzo col quale al caso procurarsi la sussistenza, ed essere forse di ajuto alla famiglia che probabilmente attenderà tutto da lei. Non da tutti però il Signore esige un simile sagrificio, non a tutti impone una simile prova; ma tutti ci devono essere preparati, e tu giovinetta specialmente, devi prepararti a quello ed a questa, onde non venir colta alla sprovvista, ed accrescere con ciò la miseria della tua condizione. Che se il Signore, com'io lo prego, trova di fare il tuo meglio, mantenendoti nello stato in cui sei nata e cresciuta, migliorandolo anzi e tenendolo in fiore, io lo ringrazio per te e con te. Ma ricordati di serbare in cuore un pensiero di affetto, di commiserazione per quanti hanno avuto una sorte diversa, ed allorchè t'imbatti in una di codeste sventurate creature, procura di avvicinarti ad essa, di farle sentire che la stimi, che l'apprezzi, che conosci la sua storia, che t'interessa il suo stato pietoso, ed i tuoi discorsi anzichè diretti a farle sentire il bene perduto, siano diretti a rialzarne l'animo, a farle vedere che la sua opera è utile alla società, e le accorda diritto alla sua ed alla tua riconoscenza. Una damigella nubile e ricca era l'idolo di numerosa folla, e si diceva beato colui cui essa rivolgeva una parola, un sorriso, un saluto. Fiori ed adorazioni erano sparsi sul suo cammino; ma essa ingenua e virtuosa neppur se n'accorgeva, o non ne faceva conto. La morte le ha rapito entrambi i genitori; un empio amministratore ha strappato alla giovane una procura, poscia ha tutto venduto, è fuggito, ha portato via con sè tutti i suoi averi; la giustizia l'ha inseguito ma non raggiunto, e quando l'ha raggiunto egli aveva già tutto sciupato, nei vizj e nei giuochi d'azzardo, il patrimonio dell'orfana donzella. La povera giovane pensa ai numerosi amici che le protestavano poc'anzi di dare volentieri la vita per essa, a loro si rivolge; ed essi con parole gentili ma con un tono secco da non ammeter replica, le rispondono che sono ben dolenti di non poter far nulla per lei, che hanno già molti impegni, che... e la povera giovane senza parenti, senza averi, senza amici, è costretta assai volte di tornare alla cara sua antica maestra che, non meno povera di lei, le offre di divider seco il poco pane ed il molto lavoro... Ma tu, giovinetta, non sarai io spero, nel novero di quei falsi e sedicenti amici; prenderai parte alle sciagure altrui, ti adoprerai ad alleviarle, ed ove ti avvenga d'incontrarti con degli sventurati, non sarai loro avara della tua amicizia, e del tuo soccorso. Molte volte ho sentito alcune dame decadute lagnarsi non tanto della privazione degli agi d'altri tempi, quanto della metamorfosi operatasi nelle loro amiche, prima sì tenere e cortigiane, ora sì aspre ed altere. Se io mi lasciassi trascinare dalla bramosia che sento di ragionar teco, continuerei chi sa fino a quando, e diventerei, se già nol sono, prolissa e nojosa; per discrezione adunque mi adatto a farti in breve una specie di riepilogo del nostro ragionare di oggi e di jeri, poi ti lascio con Dio. I beni della terra sono beni non assoluti, ma relativi, e non sempre diretti al nostro vero bene: quando Iddio ce li toglie segno è che ciò è necessario e ci giova. Guardiamoci dall'attaccare il cuore a questi beni che da un dì all'altro ci ponno esser rapiti; e meditando appunto sulla loro variabilità e caducità, pensiamo per tempo a provvederci di coraggio sufficiente a scongiurare, vincere e superar la sventura, ed a munirci di cognizioni e di abilità bastevoli a procurarci un'onesta sussistenza. Non abbiamo poi mai baldanza della nostra condizione, poichè molti si sono coricati ricchi e doviziosi, ed allorchè si sono levati si sono trovati al fianco chi li ha scacciati dal proprio tetto, e ad un tratto sono rimasti senza averi e senza appoggi. Ricordiamoci sempre di non umiliare nè con parole, nè con mancanze di riguardo chi è da meno di noi, perchè un dì ci può diventar superiore, e trattiamo con singolare rispetto e venerazione quelli che sono caduti dall' alto e si trovano al basso, fors'anche al servizio di coloro che prima guardavano superbamente. E di noi non potrebbe avvenire altrettanto? Un'altra cosa debbo raccomandarti di cui non t'ho ancora parlato, e servirà molto bene a scongiurare il pericolo che la ruota giri per te in modo da portarsi via gli averi tuoi, mentre ti sosterrà e ti renderà meno gravoso il cambiamento di condizione ove non ti fosse possibile evitarlo. Ma sarà meglio non affastellare una cosa coll'altra, e quindi distinguerla e farne argomento di un'altra conferenza. Oggi, perdonami, ti ho parlato un linguaggio molto, forse soverchiamente severo; ma dimmi, si dirà poco tenera la madre del proprio fanciullo, perchè ha cura fin dai suoi primi anni di prepararlo alle lotte ed alle fatiche che gli sovrastano, facendogli presentire l'obbligo dello studio, dell'obbedienza, del sagrificio, ed additandogli i suoi doveri? Oh! non ti ho profetizzato nè tanto meno augurato un rovescio di fortuna; Iddio mi legge nel cuore e sa quanto sieno ridenti i voti ch'io formo per te, e la stessa premura con cui ti avviso di prevenire il pericolo, valga a persuaderti che mio vivo desiderio è di scongiurarlo. Conservati buona, obbediente e pia, ed il Signore ti risparmierà quella prova, od almeno te ne toglierà l'asprezza.

Pagina 527

Galateo ad uso dei giovietti

183849
Matteo Gatta 1 occorrenze
  • 1877
  • Paolo Carrara
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Pagina 40

Come devo comportarmi. Le buone usanze

184954
Lydia (Diana di Santafiora) 1 occorrenze
  • 1923
  • Tip. Adriano Salani
  • Firenze
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Il figlio d'un padre ozioso e fannullone, d'una madre che abbandoni la casa a sè stessa per far visite o prender parte a ricevimenti, difficilmente diventerà un lavoratore; preferirà anch' egli di darsi buon tempo, che è cosa tanto più facile. S'abituerà invece a considerare il lavoro come un obbligo, se vedrà il padre occupato seriamente nei suoi affari o nella sua professione, la madre interamente dedita alle cure della famiglia. Il lavoro d'un giovinetto è, nelle famiglie borghesi, lo studio. Ed è un dovere imprescindibile dei genitori di sorvegliare gli studi dei loro ragazzi, continuamente e assiduamente. In molte famiglie, quando si è mandato a scuola i figliuoli, quando si son provveduti di carta, di libri, d'inchiostro e di penne, si crede di aver fatto tutto: tocca al maestro a insegnare, e ai ragazzi a imparare. Teoria comoda, che dà ai genitori l'illusione di viver tranquilli e senza sopraccapi. Ma è proprio un'illusione, che molto spesso riserba delle brusche sorprese: una lettera del preside della scuola, un rapporto dei maestri vi fanno a un tratto sapere che il vostro figliuolo non studia, che è indisciplinato, che manca ogni tanto alle lezioni. Sorpresa generale: lacrime della madre, ira violenta del padre, rimproveri, gastighi.... e poi si ricomincia da capo. Sorprese di questo genere, in una famiglia dabbene, non devono mai verificarsi. Se i figliuoli non studiano, i primi ad accorgersene devono essere i genitori; e se ne accorgeranno facilmente, se avranno l'abitudine di sorvegliarli di continuo, di interrogarli, d'informarsi di quel che fanno giornalmente, di fare ogni tanto una visita ai maestri e ai professori. Se li vedranno distratti, svogliati, più proclivi ai divertimenti che allo studio; se li vedranno tornar tardi da scuola, o imbrancarsi coi compagni, o ricercare amicizie non adatte alla loro condizione, avranno elementi sufficienti per far la loro diagnosi, e dovranno senz'altro correre ai rimedi; ai rimproveri, alle correzioni, ai gastighi, se la persuasione e le buone parole non bastano. Purtroppo, l'educazione dei figliuoli è fra le cose difficilissime di questo mondo, e chi volesse darne le norme dovrebbe scrivere un libro apposta; senza contare che le norme sole non bastano. L'animo del ragazzo è mutevole, incostante, e varia da individuo a individuo; e chi si occupa sul serio d'educazione sa che, caso per caso, individuo per individuo, bisogna saper scegliere il modo di correggere, di rimproverare, di punire. Ci sono dei giovinetti d'animo sensibile, coi quali tutto s'ottiene con la dolcezza e la persuasione; anche nei casi più gravi, basta un'occhiata, una parola severa, per rimetterli subito sulla buona strada; per altri invece le parole non bastano, ci vogliono i gastighi, ci vogliono qualche volta, purtroppo, anche delle correzioni più gravi. I genitori devono saper leggere nell'animo dei loro figliuoli come in un libro aperto, e valersi via via dei mezzi di correzione che si adattano di più al loro carattere. Il rispetto alle persone d'età non è soltanto un atto di buona educazione, una norma di civiltà; è, soprattutto, un dovere, fecondo d'ottimi resultati. Rispettare un vecchio vuol dire riconoscere in lui una persona di grado superiore, per coltura, per senno, per pratica della vita. E poichè molti degli errori giovanili dipendono più che altro da inesperienza, non è a dire quanto sia utile nel giovinetto la convinzione che i vecchi ne sanno più di lui: in tale persuasione, egli non sdegnerà di ricorrere ai loro consigli, quando l'occasione si presenti, e lo farà spontaneamente e con fiducia. Toccherà poi ai vecchi a non abusare di questa fiducia, a non mostrarsi noiosi e esigenti, a non far passare ai giovani la voglia di ricorrere ai loro consigli: ciò che sarebbe un gran danno. Due altre cose devono i genitori sorvegliare con gran cura nei loro figliuoli: la scelta delle letture e degli amici. Giunto a una certa età, il giovinetto prova, in generale, un gran desiderio di leggere; e poichè gli manca l'esperienza della vita, tutto quello che legge crede che rispecchi la verità di quel mondo che ancora gli è in gran parte ignoto. L'adulto legge in una maniera del tutto diversa; e qualunque sia il libro che ha sott'occhio, istituisce sempre, anche involontariamente, un confronto fra quel che in esso è detto e quello che è in realtà; e finisce col far la sua critica, dichiarando il libro o vero, o falso, o esagerato, o troppo crudo, o troppo sentimentale. Il ragazzo no: egli si fida ciecamente di quel che legge, e crede e spera di trovarlo poi nella vita. Non di rado si legge di giovinetti di dodici o quattordici anni, i quali, montatasi la testa coi romanzi d'avventure, hanno improvvisamente abbandonato le loro famiglie e si sono messi a correre il mondo per imitare i protagonisti dei loro libri prediletti; e ci fu un tempo in cui la lettura delle Ultime lettere di Iacopo Ortis, romanzo d'amore che finisce con un suicidio, fu causa della rovina di molte giovani vite. Sorvegliate adunque le letture dei vostri figliuoli, scegliete i libri che si adattano alla loro indole, e se non potrete sempre impedire che leggano certi libri un po' fantastici, che sono la loro passione, sappiate almeno porger loro un contravveleno, invitandoli a leggere anche libri d'altro genere e soprattutto aiutandoli, con la parola e con l'esempio, a separare la fantasia dalla realtà, a riconoscere tutta l'esagerazione di ciò che leggono. Se si deve essere severi e oculati nella scelta dei libri, severità e oculatezza anche maggiori saranno necessarie nella scelta degli amici. Non permettete mai che il vostro figliuolo si accompagni con ragazzi della sua età o maggiori di lui, se non li conoscete in modo da esser sicuri della loro moralità. Non è esagerazione dire che i cattivi compagni sono quel che di peggio possa capitare a un ragazzo, tanto essi influiscono sul suo carattere, sulla sua indole, sulle sue idee. E badate che, in generale, non è per malizia che i giovinetti stringono amicizie equivoche: quasi sempre essi credono ingenuamente d'aver trovato la perla degli amici; e solo più tardi, e insensibilmente, prendono il fare, i modi, le abitudini del cattivo compagno. Siate dunque, in questo, severissimi e sorvegliate anche voi stessi, perchè non accada che, in un eccesso di fiducia, non abbiate ad accogliere in casa vostra chi non è degno della vostra confidenza.

Pagina 82

La giovinetta educata alla morale ed istruita nei lavori femminili, nella economia domestica e nelle cose più convenienti al suo stato

192770
Tonar, Gozzi, Taterna, Carrer, Lambruschini, ecc. ecc. 1 occorrenze
  • 1888
  • Libreria G. B. Petrini
  • Torino
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Pagina 337

Come presentarmi in società

200392
Erminia Vescovi 1 occorrenze
  • 1954
  • Brescia
  • Vannini
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Si abbia la massima cautela trattando argomenti delicati; non ci si abbandoni alla collera, all'impulso cattivo del momento, se dobbiamo scrivere una lettera di rimprovero; si usi tutto il riguardo nel dare consigli, specie se non richiesti. Non si scriva a dritto e a traverso, facendo quegli sgradevoli graticci che stancar gli occhi. Le convenienze vietano di usare la macchina da scrivere per la corrispondenza che non sia d'ufficio. Per praticità, e sull'esempio dell'estero, fra giovani si tende ora ad abolire questa regola, quando ci sia una certa confidenza. Comunque, non si usi mai la macchina per scrivere una lettera privata ad una signora od a un superiore; se si fosse costretti a farlo per ragioni speciali (ad es. lunghezza eccezionale della missiva o particolare mancanza di chiarezza della nostra grafia) non si dimentichi di chiederne perdono nella lettera stessa. Si dev'essere pronti nel rispondere, specie se ci vien chiesto qualche favore, o se dobbiamo dare qualche informazione o notizia che prema. E pronti anche nel ringraziare dopo l'arrivo di qualche dono, per non lasciar la persona gentile nel penoso dubbio, se sia giunto o no. Chi poi avesse ricevuto una lettera da impostare, lo faccia subito, per non correre il pericolo di dimenticarsene... all'infinito. Chiedendo ad altri questo favore, si consegni la lettera col francobollo già apposto. Sarebbe scortese dargli in mano il danaro e peggio ancora riservarsi di darglielo dopo e dimenticarsene!... Una lettera da presentarsi a mano porta sempre scritte le parole: per favore. Se questa lettera è di presentazione va consegnata aperta, e non deve parlar d'altro. Se è lettera di carattere privato c'è chi dice che si può benissimo consegnarla chiusa. Sarà sempre più cortese però, affidandola a persona che non sia inferiore a noi, consegnargliela aperta, ed essa ha l'obbligo, ricevendola, di chiuderla in nostra presenza, con una cortese protesta. Una signora non scrive mai a lungo ad un uomo, e specialmente se l'età non è matura in uno almeno dei due. E c'è pure chi si diletta cogli ignoti conosciuti nella quarta pagina d'un giornale. Gente che ha tempo da buttar via, poco giudizio, e che si espone anche al caso di aver dei gravissimi dispiaceri... Le lettere anonime sono, chi non lo sa? una delle più riprovevoli e vili azioni. Chi ne ricevesse una, badi di non turbarsene eccessivamente; il più saggio partito è di buttarla nel fuoco e non pensarci più. Analoghe alle lettere sono le cartoline, di cui ora si fa molto uso: nella modalità hanno press'a poco le stesse regole. Si badi però che sarebbe sconvenienza scrivere una cartolina a persona molto a noi superiore, anche se fosse per una comunicazione di due righe. E anche scrivendo a parenti e amici, non si usi mai della cartolina, quando si abbia qualche cosa di delicato o di personale, per non correre il rischio che la notizia sia saputa dal portinaio o dalla domestica prima che dalla persona a cui doveva giungere, e che dia luogo a indiscreti commenti!

Eva Regina

203235
Jolanda (Marchesa Plattis Maiocchi) 5 occorrenze
  • 1912
  • Milano
  • Luigi Perrella
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Non confidenze intime, dunque, non abbandoni d' anima, non espansioni calorose verso una donna che il giorno prima nemmeno salutavate e che, forse, in capo a un mese non rivedrete più. Cortesia con tutti, aiuto vicendevole, anche,giacchè si può dare il caso che una donna abbia bisogno di un' altra donna in qualche triste ora della vita, e nessuna di noi dovrà sottrarsi per il motivo che non è un'amica ma un' estranea colei che attende il nostro soccorso; ma in via normale, intrinsichezza no, almeno finchè non siamo ben sicure che l' oggetto della nostra preferenza è del tutto degno. L'abbigliamento, ai bagni, sia semplice, lindo, fresco, ma nulla più. Molto bianco per le mamme, le giovinette, per i bambini: lunghi veli per riparare il volto dalla brezza troppo rude: cappellini sobri, calzature pratiche. Pochi e meglio non gioielli affatto, perchè si dimenticano nei camerini del bagno o si smarriscono fra la sabbia: fascette elastiche e leggere, in modo da lasciare al torace tutta la libertà di respirare e di muoversi. Accuratezza, decenza ed anche una certa eleganza nel costume incriminato, che alle signore magre consiglierei bianco, di lana ruvida e consistente, con grande collare: alle signore un po'... forti, come dicono le sarte, nero, a lunga blusa.

Pagina 119

Ed ecco la disperazione: i vili abbandoni, la morte, il mercato di sè... Ricordate la fine e triste commedia intessuta di psicologia e di verità del Giacosa : Come le foglie ! Rare volte la leggerezza, la debolezza, l'insipienza che conducono una famiglia in rovina, poi la piombano ancora più in basso, trovarono così esatto e sottile riproduttore. Il padre lavora ; è vissuto nobilmente, tra il lavoro e il sacrificio, ma a che gli giova ? La moglie leggera e civetta, sperpera e si diverte : il figlio è un ozioso, disutile, senza volontà e senza carattere : la figliuola Nennele, sebbene abbia un fondo di rettitudine e di sentimento, è trascinata dalla corrente. Vanno in Svizzera per economia, ma l'una continua a farsi corteggiare e domani accetterà denaro dai suoi galanti cavalieri, ma il giovane si dà al gioco e si vende a una vecchia avventuriera; ma Nennele, per rimaner pura, Nennele che ha lasciato cadere le sue mani inerti, vinta dalla prima difficoltà che le presentava il lavoro, corre alla morte... Il quadro è vero e triste, infinitamente triste. Serva almeno d' ammonimento!

Pagina 328

Esse conoscono ogni possibile effetto dell' abbigliamento, nelle sue linee, nelle sue combinazioni, nei suoi colori : sanno la malia della voce, la grazia birichina dei sottintesi, il fascino dei malinconici abbandoni, l'arte d'una posa, d' un movimento, d'un sorriso. Ma come è innocua e attraente sulla scena, altrettanto la civetteria è dannosa nella vita. È un po' come lo spirito : riesce facile l'abusarne e allontana gli affetti veri e profondi. A proposito della civetteria francese, ecco quello che consiglia un bello spirito alla donna per ottenere un amore fedele: « Pigliare un pizzico di gelosia dalla Spagnuola, una sfumatura di civetteria dalla Francese, una corona di baci dall' Italiana, una nuvola di freddezza dalla Inglese, fondere tutto insieme ed ecco la ricetta per conservare l'amore ».

Pagina 412

Oh morti nella vita: crudeli abbandoni, malattie insanabili, reclusioni eterne, chi potrà pronunciare verso le misere anime che ne sono vittime innocenti la parola che piega alla rassegnazione, che affranca, che rinnova l' esistenza La sposa di un demente il quale non lascierà più il triste asilo della follia; la moglie di un condannato a vita; la donna che il marito ha abbandonato per vivere con un' altra, debbono considerarsi vedove, ma senza quella libertà di sentimento e di atti che dà alla vedova l'indipendenza e il diritto di profittarne. La loro posizione è quindi sommamente difficile, estremamente dolorosa. Sono come esseri condannati a vivere incatenati ad un cadavere... Si può immaginare più spaventoso supplizio ? Eppure l'anima di queste donne si trova in tali tragiche condizioni. Se amano ancora il loro compagno diviso da esse dall' infermità, dal delitto, dal tradimento, che esistenza può essere la loro, rôsa dalla disperazione contro l'irrimediabile; dalla passione, dalla gelosia: col dardo avvelenato di un pensiero, fisso nell'anima, col rimpianto del passato, l' orrore dell' avvenire ? E se le lusinghe di un secondo amore le ha attratte, un amore insinuato sotto le forme della pietà, della consolazione, della rinascita, immaginate voi le lotte, gli spasimi di questo amore, che per una natura nobile e retta appare come una profanazione, come un tradimento, come un peccato? Giacchè la società si mostra indulgente per le mogli ideali che sanno astutamente conciliare le apparenze dell'armonia coniugale con la sostanza dell'adulterio nella sua forma più bassa ; ma è pronta a scagliare i suoi anatemi e i suoi biasimi severi sulla donna che il cattivo destino ha condannato alla solitudine e che affranta dalla stanchezza, terrorizzata dalle vertigini del vuoto, si afferra al primo sostegno che trova per non precipitare, per non morire. Triste, triste sorte: la più degna del conforto, dell'affetto, del soccorso dei buoni. Se non possiamo o non ci sentiamo capaci di fare altro, piangiamo con queste meschine : anche il pianto ha una virtù benefica — lo disse pure il Foscolo: « Le lagrime d' una persona compassionevole sono per gli infelici più dolci della rugiada sull' erba ormai appassita ››.

Pagina 493

Lo stesso faccia se il suo destino la porta a vivere lontana: curi la corrispondenza con le meritevoli, abbandoni grado grado le altre. E non sia trattenuta in questa salutare opera di selezione da nessun scrupolo, da nessun riguardo. Pensi che indugiando renderebbe a se stessa il compito assai più arduo e forse potrebbe poi pentirsi crudelmente della sua debolezza, della sua indecisione, della sua bonarietà. Osservi inoltre quello che lo sposo trova gradevole, grazioso, nelle sue amiche, e procuri di rapire per sè il segreto di quel fascino, 'di quell' attraenza. Molte volte, certi uomini impressionabili restano colpiti da un nonnulla che però conferisce alla nuova venuta una supremazia sull'altra, sulla donna che ha il cuore e la vita sua, e che a lui dona l'anima e la giovinezza. Un po' più di grazia nel muoversi, un po' più di arguzia nel parlare, un umore più gaio, un grado maggiore d'eleganza o di raffinatezza... Ma colei che ama starà all'erta e a nessun costo si lascierà soverchiare. Non è una meschina gara di vanità e di seduzione a cui l' incito : è un piccolo ma non trascurabile mezzo per rimanere regina del suo regno. E quando l'amore, la felicità, forse l'onore d'una famiglia, sono in gioco, nessun aiuto per conservarli intatti può parere troppo puerile o inutile affatto. Thakeray, il grande scrittore inglese, ha osservato che gli uomini in amore servono le donne in ginocchio, ma una volta rialzati partono e più non ritornano. Badate dunque che restino in ginocchio il più a lungo possibile....

Pagina 99