Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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I PREDONI DEL SAHARA

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Salgari, Emilio 1 occorrenze

"Essi non ci abbandoneranno, ne sono certo." "Che cosa potranno fare contro i kissuri del sultano?" chiese Ben, con voce triste. "Sì, mia sorella tenterà di venire in nostro aiuto, cercherà anche di corrompere gli alti funzionari del sultano, i carcerieri, fors'anche il vizir perché il denaro non le manca, ma io dubito che possa riuscire. È una infedele, al pari di noi, e facendosi conoscere correrebbe forse maggiori pericoli." "Eppure io non dispero, Ben," disse il marchese. "Il mio cuore mi dice che sta lavorando per la nostra liberazione." "Prima di lasciarmi scannare farò un massacro dei kissuri," disse il bollente sardo. "Vi decapiteranno egualmente," osservò Ben. "Diavolo! Così non può andare." "Ebbene, cambia la nostra sorte, mio bravo Rocco," rispose il signor di Sartena. "Sì, padrone." "Provati." "Strapperò le sbarre di ferro per ora. Sono grosse e ci serviranno a rompere le costole dei kissuri." "Saranno dure da levare." "Anche le mie braccia sono solide." L'isolano s'accostò alla feritoia, s'aggrappò ad una sbarra e si provò a scuoterla. "Non si muove," disse, per nulla scoraggiato. "Torciamola." Tese le braccia, strinse le dita e sviluppò tutta la sua forza immensa, inarcando le poderose reni e puntando le ginocchia contro la parete. I muscoli si gonfiarono come se volessero far scoppiare la pelle delle braccia, mentre le vene del collo e delle tempie s'ingrossavano prodigiosamente. La sbarra resisteva, ma anche l'ercole non cedeva e raddoppiava gli sforzi. Ad un tratto, con gran stupore del marchese e di Ben, il ferro si piegò, poi uscì bruscamente dall'alveolo. "Eccolo!" esclamò Rocco, trionfante. "Mille leoni!" esclamò il marchese. "Ma tu hai una forza da gareggiare con un gorilla!" "Gigantesca!" "All'altra," disse il sardo, tergendosi il sudore che gli bagnava la fronte. Essendo i margini della feritoia ormai sconnessi, la seconda sbarra fu strappata con meno fatica e assieme ad essa cadde anche una parte dell'intonaco, allargando in tal modo il foro. Il sardo cacciò la testa attraverso l'apertura, ma subito si ritrasse. "Vi è qualche sentinella?" chiese il marchese. "Sì, vi è un kissuro che veglia sotto la feritoia," rispose il sardo. "Siamo alti dal suolo?" "No, appena tre metri." "Dove guarda questa finestra?" "In un giardino." "Ben," disse il marchese, "se fuggissimo?" "E la sentinella?" "M'incarico io di abbatterla," disse Rocco. "Allarghiamo il passaggio," disse il marchese. "Con queste due sbarre possiamo spostare una lastra, è vero, Rocco?" "Ci riuciremo, signore," rispose il sardo, il quale ormai non dubitava più della riuscita del suo piano. "E potremo poi uscire dal giardino?" chiese Ben. "Vi saranno delle muraglie da superare." "Le scaleremo," rispose Rocco. "Diavolo d'un uomo," mormorò l'ebreo. "Trova tutto facile, ma sa anche operare." Stavano per mettersi al lavoro, quando il marchese si arrestò, dicendo: "E se ci sorprendono? Ben, mettetevi presso la porta e se qualcuno s'avvicina, avvertiteci. Noi due basteremo a smuovere la lastra." Essendo le due sbarre un po' appuntite, riuscirono a sgretolare parte dell'intonaco, una specie di calce rossiccia di poca resistenza, quindi si provarono a smuovere la lastra di destra che formava uno degli angoli della feritoia. Dopo quattro o cinque colpi la pietra si spostò, quindi cadde fra le braccia del sardo. Dietro non vi era che del fango disseccato mescolato a pochi mattoni cotti al sole. "Che cosa dite, padrone?" chiese Rocco, giulivo. "Che fra un'ora noi saremo liberi," rispose il marchese. "Questi mattoni non offriranno alcuna resistenza." "Che cattive costruzioni, signor marchese." "Gli abitanti di Tombuctu non conoscono la calce. Tutte le loro case sono fatte con mattoni male seccati e con argilla." "Assaliamo la parete, signore." "Adagio, Rocco. La sentinella può accorgersi del nostro lavoro." "Faremo poco rumore." Si rimisero al lavoro, sgretolando l'intonaco e levando i mattoni che mettevano a nudo. La feritoia a poco a poco si allargava, nondimeno ci vollero non meno di quattro ore prima che fosse ottenuto uno spazio sufficiente per lasciar passare i loro corpi. Quand'ebbero finito, la notte era calata da qualche ora. "È il momento di andarsene," disse Rocco. "Puoi passare?" chiese il marchese. "Tu sei il più grosso di tutti." "Passerò, signore." "Guarda se il kissuro ha lasciato il posto." Rocco si alzò sulle punte dei piedi e sporse con precauzione la testa. "È sempre lì sotto e mi pare che si sia addormentato," disse. "Non si muove più!" "È bene armato?" "Ha una lancia e delle pistole alla cintura. Oh!" "Cos'hai?" "Invece di accopparlo con un colpo di sbarra lo afferro pel collo e lo metto al nostro posto." "Saresti capace di fare una simile prodezza?" "Guardate!" Il sardo passò il corpo attraverso la feritoia, allungò la destra, afferrò la sentinella per la gola stringendo forte onde impedire di mandare qualsiasi grido, poi lo alzò come un bamboccio e lo fece passare per lo squarcio, deponendolo ai piedi del marchese e di Ben. "Mille leoni!" esclamò il signor di Sartena. "Che braccio!" Il kissuro, rapito così di volo, non aveva nemmeno cercato di opporre resistenza. D'altronde Rocco non aveva allargato la mano. "Un bavaglio," disse l'ercole. "Presto o lo strangolo." Il marchese strappò un pezzo del suo caic, fece una fascia e aiutato da Ben l'annodò attraverso la bocca del disgraziato guerriero. "Ora le gambe e le mani," disse Rocco. "È fatto," rispose il marchese, il quale si era levato la lunga fascia di lana che gli stringeva i fianchi. Il kissuro, mezzo strangolato, era rotolato al suolo, guardando i tre prigionieri con due occhi strabuzzati. "Bada che se tu cerchi di liberarti noi torneremo qui e ti accopperemo," gli disse il marchese, con voce minacciosa. "Mi hai compreso?" Gli levò le due pistole che aveva alla cintura, due armi ad acciarino, lunghissime, col calcio intarsiato in argento, e ne diede una a Ben. "Andiamo," disse. Rocco, munito d'una sbarra, arma ben più pericolosa d'una lancia per quell'ercole, passò attraverso la feritoia e si lasciò cadere nel giardino. "Vedi nessuno?" chiese il signor di Sartena. "Passate," rispose il sardo. Un momento dopo i tre prigionieri si trovavano riuniti sotto la feritoia.

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