Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbandonavasi

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Angiola Maria

207281
Carcano, Giulio 2 occorrenze
  • 1874
  • Paolo Carrara
  • Milano
  • Paraletteratura - Ragazzi
  • UNICT
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Arnoldo l'aveva appena ascoltato; pieno l' animo del contento d'aver riveduta Maria, abbandonavasi alla soavità dell'antico affetto, alla voluttà della speranza adempita. Il suo volto s'era fatto sereno, il suo cuore leggiero e aperto; parlò e rise, ond' Eugenio ne strabiliò, pensò fosse effetto della sua medicina, di darsi un po' di bel tempo; e poco stette che non lo consigliasse allora da bravo amico, a far come lui, e pigliarsi dett' e fatto una bell'amorosa, gaia, alla buona, che certamente gli avrebbe cacciata di dosso lamattana. Ma si pentì, e restò intraddue; quando, prima che si lasciassero, Arnoldo gli strinse forte una mano, dicendogli serio: « Ho un servigio a chiedervi: venite domattina da me; devo confidare al vostro onore una cosa che mi preme. » « Ben fortunato di potervi servire, ». gli aveva risposto Eugenio; « di me potete vivere sicuro; vi stimo troppo, e.... » non finì il complimento, e se n'andò pensando: - Che cosa vorrà mai quest' originale? O ch'egli è matto, o ch' io non ci vedo. La mattina vegnente, non mancò all' ora data; e Arnoldo, con gran mistero, gli scoperse la promessa con che s'era legato alla nostra fanciulla; che per lei soltanto aveva riveduta l' Italia, e che dopo molte vane ricerche, il caso gliela aveva fatta incontrare nella modesta bottega d' una mercantessa; in quella bottega appunto, a cui eran passati dinanzi il giorno prima in compagnia. Eugenio maravigliò e rise, ché gli pareva un sogno; una l'altro prese sul serio la cosa, e fattogli giurare di non dir nulla, volle promessa ch' egli tenterebbe di tutto per dargli modo di parlare alla giovine Maria. Eugenio disse non istimar l'affare molto scabroso; e, prima di sera, aveva già messo a parte del suo segreto l'amica; poichè non sarebbe riuscito a tenerlo intero per sè, ad onta di tutte le promesse del mondo. Ma, saputo ch'ebbe dalla compagna come Maria fosse una giovine un po' diversa dall'altre, e facesse la ritrosa e la santoccia, s'avvide non essere la cosa troppo facile, e non seppe più altro dir nè fare. Fu il giorno appresso che la fanciulla disparve, come già sappiamo. Arnoldo ne disperò quasi, ma Eugenio era là per consolarlo, per dargli buona speranza; l'assicurava esser quello un ghiribizzo, una delle solite furberie delle fanciulle, le quali vogliono vedersi correr dietro quei tapini che abbiano la disgrazia d' innamorarsi di loro. - Pure molti dì passarono, senza che l'uno o l'altro avesse potuto ancora sapere la verità. Ben aveva cercato più volte l'Eugenio di far parlare la crestaja, spacciando grandi promesse a nome dell'amico, ma non n' era venuto a capo: la buona donna fu muta, ostinata a custodire il segreto; quantunque il giovine pensasse ciò essere piuttosto malizia che virtù scrupolosa. Arnoldo, perduta la fiducia di ritrovarla, si rimise alla vita indifferente e monotona di prima, a quella vita tediosa che coli' inerzia del di fuori ricopre l'interno cruccio. Così era venuto il dicembre. « Eugenio! » diceva adunque Arnoldo al suo nuovo amico, quella mattina in cui l'abbiamo trovato che passeggiava nella sala dell'albergo: « Eugenio, sedete qui, accanto a me. Le prove d'amicizia che m'avete dato, il vostro onesto costume, la vostra premura, meritano ch' io metta in voi maggior confidenza. Voi mi conoscete appena, e poco sapendo di me, forse mi giudicate male. È giusto, dunque, che vi spieghi il mistero che a voi ancora mi copre; è giusto che mi conosciate meglio: forse allora, se prima nel cuor vostro avete riso di me, mi compatirete! « Il tono severo di quest'esordio scosse un poco Eugenio: i colloqui serii non erano il suo forte; nondimeno, fatta all'amico una solenne protesta d'osservanza, si pose a giocar distrattamente con le molle fra le ceneri del focolare. E l'altro prese a raccontargli la storia dell'amor suo, meglio che non abbiamo potuto far noi in queste pagine modeste, cosa ben naturale: era l'amante che parlava, e il suo cuore si effoudeva nelle parole, con una verità semplice, poetica. Ma Eugenio intanto pensava che l'amico suo doveva essere un bel pazzo, e che lui, se fosse stato ne' suoi panni, non avrebbe perduto il tempo in codeste malinconie, e a far all'amore alla romantica con una tapinella; mentre invece avrebbe potuto a capriccio fare il mestier del Michelaccio, quel beato mestiere che non s' insegna, e tutti sanno e sapranno sempre. « Dopo quel tempo d'una felicità ch'io quasi non credeva possibile, » così continuava Arnoldo il suo racconto, « dopo quel tempo, vennero per me giorni d'amarezza e di sconforto. Ma qui, bisogna che vi confidi un'altra cosa che ancora non sapete, il vero mio nome. Voi mi conoscete per Arnoldo Randale; questo non è il mio casato, ma quello della famiglia di mia madre; per segrete ragioni lo presi al mio ritorno in. Italia. Mio padre è lord Guglielmo Leslie. » L'amico Eugenio levò gli occhi con gran maraviglia, a quella sonora parola di lord; e poste giù le molle con che giocava, stette con più cheta attenzione ad ascoltarlo. « Mio padre » seguitava Arnoldo « è un uomo severo, superbo del suo nome e dell'antica sua nobiltà, quant' altri mai; i suoi principii sul fatto e su la condizione sociale son quelli d'un vero Inglese, onore, orgoglio e fermezza; il motto dell'arme gentilizia de' Leslie sembrava appunto dettato per lui: Sempre salire!... Ma, fin dagli anni infantili il mio animo s'apva in vece all' incanto delle miti virtù di mia madre, dolcezza e compassione, amicizia e amore. Io, per me, sento di non esser nato per quelle che chiamarsi le grandi virtù del nostro secolo, una politica che si veste del fastoso nome di filantropia, e una civiltà che pesa tutto su le bilance dell'industria. Passai i primi anni dell' adolescenza in casa d'uno zio di mia madre, venerabile vecchio, dal suore giovine e caldo, uomo generoso, soccorrevole e costante: era questi irlandese e cattolico, e aveva perduto il figlio, la nuora e i nipoti, tranne uno solo che formava le delizie dell'abbandonata sua vecchiaia.... Questo giovine cugino fu il mio primo amico. Ma, pochi anni appresso, anch'egli era morto.... » « In quel tempo appunto, » ripigliava Arnoldo dopo una pausa, « nel nostro paese gli spiriti bollivano, in quella famosa guerra d'opinioni e di partiti, che tenne grandemente agitati tutti i giusti e i buoni, la controversia per l'emancipazione de' cattolici. Mio zio metteva in cima de' più cari suoi voti la sospirata legge, e ne procacciò il trionfo, quanto potè e seppe. Parmi ancora vederlo scuotere la sua testa canuta, e volgere al cielo gli occhi accesi d'un insolito ardore di gioventù , dicendomi dover la giustizia trionfare una volta o l'altra anche su questa terra; e nessun sacrifizio esser poco, per guarire la patria d'una piaga che da tre secoli aveva fatto la vergogna della superba nostra civiltà!... Ma, appena mio padre venne a sapere i nobili sforzi del suo parente e il mio entusiasmo a pro di questa causa generosa, mi rivolle presso di sè, caldo sostenitore, com' egli era stato sempre, degli antichi rancori. E mi mandò a viaggiar sul continente, perchè la mia mente perdesse codeste fantasie, ch 'egli chiamava la scorza del fanciullo, e imparasse a conoscere uomini e cose. Ma era tardi. Io aveva già sposata la parte degli oppressi; io amava il culto solenne, maestoso della Chiesa a cui mi guidava fanciullo il mio vecchio zio, e dove univo le mie alle candide orazioni del mio povero cugino; l'arida e corrotta dottrina, e la troppo mutabile fede nel seno della quale io nacqui, non avevano parlato mai al mio cuore. « Nel mio viaggio attraversai, come uomo nuovo, quest'Italia, così degna d'amore e di venerazione; di città in città, vidi le sue basiliche, le sue cupole, le sue chiese, nelle quali mi pareva che l'arte veramente divina traducesse all'anima il mistero della suprema bellezza; vidi i capolavori di Michelangiolo, di Raffaele, di Tiziano, di Guido,

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Maria intanto, tutta smarrita e tremante, era rientrata nella sua camera, nè potendo sopportar l'angoscia che le toglieva quasi il respiro, abbandonavasi su d'una seggiola, benchè sentisse bisogno più che mai di riacquistare tutto il suo coraggio. Poi, riscossa da quel breve letargo, al destarsi di nuovo spavento, si racconciò in fretta nella sua semplice vesta, e s'era mossa per uscire, quando le sovvenne di portar con sè il rosario benedetto che sua madre le aveva dato al punto di morte. Tornò indietro, lo cercò fra le cose sue, colà lasciate; e trovatolo, con santo pensiero infantile, nè sapendo quasi più che facesse, se lo pose al collo. In quella, apparve su l'entrata della camera la stupida, esosa figura del signor Cipriano. Egli aveva trovato schiuso l'uscio; nè volle di meglio; chè, vinto il primo passo, si teneva sicuro. S'avanzava pian piano, con un andar rotto, incerto; sul volto acceso gli si leggeva il sinistro ghigno, d'una compiacenza che aveva qualcosa di bestiale. Volendo parlare, balbettò; ma, al primo vederlo, la fanciulla mise un disperato grido, un grido soffogato dal terrore, e corse a nascondersi nel più lontano angolo della stanza. Il vecchio continuava ad avvicinarsi tentennando, sogghignando, e te. neva sovr' essa gli occhi intenti e bramosi. Giunto presso alla debole sbigottita creatura, la quale, rannicchiata sul pavimento, tentava farsi scudo delle braccia, nè osava respirare, come se un respiro avesse potuto perderla, il vile vecchio distese la destra per sollevarla dal terreno, e chinossi lentamente sopra di lei. Allora, inspirata da verginale coraggio, la giovinetta alzò la testa, e con uno sguardo innocente, sublime, ardente di disprezzo e di vergogna, fissò la delirante faccia del vecchio, il quale, colto da involontaria tema, ristette scompigliato, e diede addietro. Essa continuava a guardarlo senza dir parola: quell'aspetto laido, abbominevole, le suscitò tal fremito nell'anima, ch'ella, per salvarsi dall'orrore che sentiva, come dall' apparizione d' un demone, strinse fra le mani la sacra medaglietta del rosario che le pendeva sul seno, e la baciò. Quel bacio fu una preghiera, un voto. Il vecchiardo, il quale, non aspettando quel contrasto, temeva vedersi fuggire di mano la preda, fece i due passi che lo dividevano da lei, e chiamandola a nome, e ringhiando, allungò di nuovo le braccia per afferrarla; ma la fanciulla con un rapido balzo distaccossi da lui, e corse verso l'uscio. Allora, fatto più audace dall'impensata resistenza, il vecchio le attraversò la via, brancicando qua e là, e dando pugni all' aria per trattenerla nella sua fuga: sentendo la poveretta invocar misericordia e soccorso, ruppe in maledizioni, e nell' inseguirla giunse un momento ad afferrarla per le mani; ma, all'impuro tocco, poco mancò che Maria non cadesse svenuta. Egli mischiava intanto preghiere e bestemmie con rauca voce, ripeteva parole insensate, atroci; e co' denti serrati per l' ira, quasi schizzando fuoco dagli occhi grifagni, minacciava, minacciava d'ammazzarla se non tacesse. In quel punto terribile, la fanciulla, raccolta la poca lena che le rimaneva, e sostenuta da virtù sovrumana, superando l'orrore, fece sembiante di cedere alla brutale forza che la trascinava.... Poi, con un' improvvisa stratta, si sciolse dal feroce abbracciamento del vecchio, e sorta di lancio, con impeto, dallo spavento fatto più grande, lo respinse lontano, gridando: - « Lasciatemi, infame! il Signore vi punisca!... lasciatemi! » Il vecchio demente, mezzo ebbro e arrancato com' era, rinculò barcollando, vacillò, e cadde rovescioni sur una tavola; e traendo seco a ridosso la tavola, il lume e ogni altra cosa, stramazzò con un tonfo sul terreno, nè potè rialzarsi: ammaccato e malconcio, andava lamentandosi con un rantolo affogato, interrotto; finchè giacque immobile, riverso nel lurido sfinimento dell' ebbrezza. Maria era fuggita.

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