Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Ultime tendenze nell'arte d'oggi. Dall'informale al neo-oggettuale

267804
Dorfles, Gillo 7 occorrenze
  • 1999
  • Feltrinelli
  • Milano
  • critica d'arte
  • UNIFI
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Non dissimile da Baruchello è stata per alcuni anni anche la pittura di Gianni Emilio Simonetti, il quale, tuttavia, negli ultimi tempi ha abbandonato la minuta figurazione cui prima s’era accostato, per dedicarsi soprattutto ad un genere di arte più prossima a certe recenti correnti concettuali.

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E non è da escludere che, proprio in questi paesi, possa, in un futuro non tanto lontano, verificarsi un’inattesa evoluzione dell’arte contemporanea con un ritorno a certe posizioni che l'Occidente ha di solito abbandonato.

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Molti scultori delle ultime generazioni hanno abbandonato lo "scalpello" per costruire forme basate su relitti metallici o lignei, spesso simbolici d’un iconismo non realistico ma metaforico. E vorrei ricordare a questo proposito le curiose opere in vimini e bambù di Gaeti, quelle in metallo di Ugo Marano, arieggianti impossibili mobili artigianali; quelle in lamiera di rame di Riccardo Dalisi spesso raffiguranti bizzarre creature antropo-zoomorfe; mentre un altro napoletano, Angelo Casciello, si vale del legno come del ferro per organizzare strutture di notevole efficacia plastica.

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Ed è per questo che ho preferito parlare di Wols in questo primo capitolo dedicato all’arte segnica, anziché in quello, che di solito gli compete, dell’informale; appunto perché considero l'informale còme un'estrema degenerazione dell’astrattismo che ha abbandonato ogni volontà compositiva, ed è giunto soltanto alla dissoluzione assoluta della forma.

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Burri costituisce uno degli esempi più significativi dell’arte italiana alla metà del secolo; d’un’arte che ha lasciato dietro di sé la "bella pittura" del postimpressionismo e del postcubismo, che ha abbandonato il medium tradizionale del colore ad olio, che ha cercato, attraverso nuovi materiali, di raggiungere l’incarnarsi di nuove immagini. Non dirò di certo che il valore di Burri sia dovuto soltanto all’uso dei legni combusti, degli stracci, dei sacchi, dei rammendi, di cui si valse soprattutto nelle sue opere tra il 1950 e il ’60, o dell’uso successivo di lamiere rozzamente saldate e di fragili materiali plastici. Per quanto ci sia del vero anche nell’affermare che proprio codesti materiali eterocliti e poveri: il legno bruciato, il cencio, il grumo rappreso, stanno a denotare l’affinità che questa nostra epoca avverte per i relitti, per i materiali effimeri e rozzi che non diano la sensazione della durata eterna. O forse, anche, la scelta di tali elementi può esser dovuta a una sorta di inconscia contrapposizione alla levigatezza e alla precisione di altri materiali (che incantarono gli artisti dell’epoca costruttivista, una trentina d'anni or sono) proprio perché quei materiali ricordano troppo da vicino l’analoga levigatezza e precisione dell’universo meccanico da cui siamo circondati e da cui spesso desideriamo sentirci liberati.

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Ma, oltre ad aver abbandonato il normale metodo di dipingere, Pollock sentì anche l’urgenza di abbandonare spesso il medium normale del colore ad olio, facendo ricorso a materiali diversi, sino allora poco o mai adoperati, come il duco (smalto opaco) e la vernice all'alluminio. L'efficacia di questi mezzi, in certo senso grossolani, ma dalle insolite qualità timbriche, doveva tosto essere avvertita dal pubblico; e presto furono legione gli imitatori sia dei metodi di sgocciolamento che dell'uso di smalti e di vernici alternate a polveri e inchiostri.

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Dopo lunghi soggiorni negli USA, tuttavia, la sua opera si è venuta modificando progressivamente verso un genere di stesure più intense e marcate (in parte vicine a certi dipinti di Stili, o di Noland) e ha abbandonato la ricerca tissulare per una più libera e più composita creazione cromatica.

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