Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbandonate

Numero di risultati: 5 in 1 pagine

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Le buone maniere

202636
Caterina Pigorini-Beri 2 occorrenze
  • 1908
  • Torino
  • F. Casanova e C.ia, Editori Librai di S. M. il re d'Italia
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Il re Sole scriveva a Madama di Maintenon che essa era simpatica, attraentissima, piena d'ingegno, ma non sapeva fare la riverenza; punto capitale nel paese dove Madama di Maintenon aveva fondato l'istituto di Saint Cyr, nel quale alla suora Luisa fu amministrato il cilicio solo perchè aveva dato alle educande un po' di vino fuori di pasto, il che le aveva forse esilarate e si erano abbandonate a qualche piccola allegra risata. Infine la disciplina era allora, com'è adesso, una grande operatrice di miracoli nel campo delle qualità esteriori. E questo studio, secondo i loro tempie le loro fortune, non lo sdegnarono Napoleone e Washington, i due usciti dal popolo che più seppero governare e regnare su di esso. E se anche un uomo dovesse restare, come è desiderabile, nella posizione modesta e oscura in cui è nato, il conoscere i modi e le convenzioni della vita civile e della cortesia sarà ancora di un vantaggio incalcolabile; potrebbe, nell'esercizio salutare della gentilezza e della grazia, elevare il proprio io all'altezza di coloro che gli sono anteposti; fuggire la brutalità delle parole e degli atti; temperare l'ira e la rigidezza del suo carattere, e togliersi a quello scherno che, sia pure ingiustamente, perseguita tutti coloro i quali ignorano le regole d'una prammatica consacrata dalla universalità dei popoli, dalla tradizione e dai costumi. In questo però deve essere curato con ogni diligenza che le formalità e le prammatiche della vita elegante e gentile diventino un'abitudine cosi, che vengano spontanee, come nate con noi stessi; il che si potrebbe riassumere in questo precetto: bisogna conoscere sempre il proprio ambiente morale. È indispensabile guardarsi da quegli atti che accusano in sè stesso quello che i Francesi chiamano parvenu o borghese, per cui in Italia fu inventata da un giornalista di genio la parola pacchianesimo. Il pacchiano nell'Italia meridionale è il contadino scelto, gonfio, spaccone, quello che ostenta oro e gioielli, abiti vistosi, e idee fine, senza possederle. È difficile farne la spiegazione precisa: infine il pacchianesimo o il borghesismo è stato definito una mentalità; cioè uno stato d'animo e di mente alquanto grossolano, che non sa adattare le modalità dell'eleganza, e soverchia sempre nell'espressione delle prammatiche e degli usi sociali. Bisogna studiare di essere una ruota sia pure piccolissima del meccanismo sociale e non un nodo allo scorrere delle abitudini generali ed evitare così il ridicolo. Il ridicolo è un'arma pericolosa nella società moderna, ed è poi stata pericolosa sempre. La commedia riesce più a sferzare i troppo ingenui che i birbanti. Anche ciò è naturale nell'uomo; e una prova sta in questo, che quando vediamo un uomo o una donna che va a rischio di cadere, non possiamo impedire un istintivo impulso di riso. Ciò è tanto più ingiusto in quanto se vediamo cadere una bestia bruta ne risentiamo invece un senso di compassione e di pietà. Questo istinto umano così profondo e così invincibile si applica inavvertitamente alle regole di quella che si è convenuto di chiamare la buona creanza. Ecco perchè è utile di notare e di definire praticamente gli usi più indispensabili della vita sociale.

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L'istruzione in sè e per sè, non vale nulla; la trasformazione sociale si è effettuata, le idee si sono moltiplicate; le nazioni sono divenute intelligenti; ma si sono staccate man mano dai loro sentimenti e gli entusiasmi salutari le hanno abbandonate. E così questa grande rivoluzione intellettuale ha stipato i cervelli senza fecondarli e minaccia di abbandonare i popoli alla follia della loro intelligenza. Ora è all'educatrice che è riservato il Sursum corda! E questo otterrà per sè e per gli altri non colle pedanterie scolastiche, coll'orpello d'una laurea, colla vanità d'una patente, colle pretese di un titolo rimbombante, colle arti o colle scienze o col sapere la storia greca, romana, la teoria darwiniana o fare dei versi; ma coll'essersi assimilati gli studi che nel campo morale e intellettuale le vietino le mode bizzarre negli abiti e le maniere virili o scomposte, o sconvenienti. Questa salutare assimilazione le indicherà quella perfetta educazione civile, la quale irradiandosi da lei porterà ne' suoi discepoli l'urbanità, e spronerà allo studio, al rispetto delle consuetudini paesane e delle altrui opinioni e condurrà le giovani menti a venerare in essa non soltanto il sapere ma la virtù; onde poi accoglieranno nei cuori quel possente anelito, per cui la civiltà si diffonde, si stabilisce e rende meno aspro e meno difficile il vivere in comune. PIGORINI-BERI C., Le buone maniere. 11

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Passa l'amore. Novelle

241799
Luigi Capuana 3 occorrenze
  • 1908
  • Fratelli Treves editori
  • Milano
  • verismo
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E uno sbandarsi improvviso: gente che scappa quasi impazzita, urli, bestemmie, uomini che cadono come mosche, e il leprino, sanguinante, che grida: - Zi' Croce, fratello mio, non mi abbandonate! Essere scampati vivi da quell'inferno gli era parso un miracolo. - Zi' Croce, fratello mio, non mi abbandonate! Il leprino aveva una palla nella coscia; e lo zi' Croce ora lo reggeva col braccio, ora lo prendeva su le spalle; così si erano trovati alla riva del Fiume Grande, tra una gran calca di fuggiaschi, con un immane ingombro di carri, di carrozze, di animali, e uomini, donne, vecchi, fanciulli, d'ogni condizione, tutti col terrore del massacro in viso, tutti con gli occhi rivolti verso Catania che bruciava e fumava sinistramente nella notte serena, lontano, quasi l'Etna, squarciati i suoi fianchi, riversasse sulla città fiumi di lava.

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Fortunatamente le loro carte, fatte dal Sindaco, erano in regola; e verso mezzogiorno, marito e moglie, raggianti di gioia, scendevano le scale di quel vecchio palazzo che sembrava una prigione, con quelle povere creaturine abbandonate là in mano di balie mercenarie, e di suore che non potevano intendere niente della maternità, poichè vi avevano volontariamente rinunciato. - Figlio mio, sono la tua mamma! E questo è tuo padre! - diceva la donna al bambino che li guardava sbalordito, quasi diffidente di quei visi nuovi. Ed erano stati davvero padre e mamma per lui. La loro casetta silenziosa ora risuonava allegramente di grida e di strilli infantili. La povera donna, che non aveva mai sentito il sussulto delle viscere per una creatura sangue suo, sembrava pazza di gioia alla vista di quel bambino di origine ignota, fino di lineamenti, biondo di capelli, con occhioni così azzurri da parere quasi neri, gracilino ma ben fatto; e, in certi momenti, ella credeva le fosse piovuto dal cielo per speciale grazia di Dio, in ricompensa delle tante preghiere da lei fatte, delle tante elemosine date ai poveri perchè glielo impetrassero con le preghiere loro, forse più efficaci delle sue. Ispirazione della Madonna, s'ella aveva detto al marito: - Prendiamo un trovatello!

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Sono creature di Dio, disgraziate, abbandonate. - Ai muli deve pensare il re! Lo zi' Cola appoggiava il mento su le mani sovrapposte al suo bastone di ciliegio e socchiudeva gli occhi, aggrottando le sopraciglia. Pensava all'antica: per lui i trovatelli erano muli; e a loro doveva provvedere soltanto il re, che voleva dire: il governo. Ma Rosa, in risposta, baciava forte il bambino, dicendo: - Questo è barone, principe, re di casa mia! E suo marito, grave, con le mani su le ginocchia, guardava lei e il bambino, e non diceva niente. Le vicine, invidiose e maligne, vedendo quel trovatello vestito come un signorino, lo chiamavano, per dispetto: il mulo di Rosa. E Rosa, se le udiva, lasciando d'impastare il pane, si affacciava su l'uscio con le braccia nude intrise di pasta, e cominciava a sbraitare: - Femminacce senza educazione e senza cuore! Muli saranno i figliacci vostri, se non avete carità per una povera creatura che non vi fa nessun male! - Con chi parli, pettegola? - Parlo con tutte! Romperò il muso a qualcuna! E quando il ragazzo, già cresciuto, nel fare il chiasso con gli altri suoi pari, si bisticciava e si azzuffava con essi, e tutti gli gridavano: - Mulo! Mulo! - ed egli si metteva a piangere perchè lo chiamavano come la sua mamma non voleva, Rosa diventava una furia, e correva addosso ai ragazzacci dando spintoni e scapaccioni. - Se non ne storpio uno, non sarò più Rosa Zoccu! Suo marito, arrivando dalla campagna la trovava in lagrime per questo. - Lasciali dire! - la confortava. - Gli tolgono forse il pane di bocca? Il pane lo avrà meglio assai dei figli loro. È tutta invidia! Lasciale dire. Ora lo manderemo a scuola.

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