Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbandonata

Numero di risultati: 3 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Il marito dell'amica

245109
Neera 3 occorrenze
  • 1885
  • Giuseppe Galli, Libraio-Editore
  • Milano
  • Verismo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Voi a cui io la chiesi invano, orfana, abbandonata, struggendomi nel vostro amore? Ma non vi ho io amato fino al delirio, non vi ho dato i più begli anni della mia giovinezza, non ero pronta per voi a qualunque lotta? Voi solo mi respingeste. Che volete adesso? Che posso fare per voi?... Andatevene. L'ira, lo sdegno, il disprezzo fremevano nella sua voce. Emanuele avvilito mormorò: - Non mi perdonate ancora! Ella fece un gesto vivace. No, non mi avete perdonato. Ma che debbo offrirvi per placare la vostra collera? Eccomi disarmato nelle vostre mani; fate di me quello che volete... Colpitemi e sarete vendicata. - Quello che è stato è stato - disse Maria levandosi in piedi - dimentichiamo entrambi. - Null'altro? - Io vi perdono. Poi trascinata da una tenera pietà, soggiunse: - Da lungo tempo vi ho perdonato. Nelle giornate solitarie, in paese straniero, la mente ricorreva volontieri ai dolci sogni del passato. Rifacevo la vostra vita... Quando mancano tutte le gioie si tenta qualche volta la gioia crudele di rimuovere il ferro nella ferita. Io volli immaginarmi la vostra gioventù, atrofizzata da uno scetticismo precoce, rifugiarsi tutta nella idealità dei libri. Con uno sforzo del pensiero vi seguii attraverso i dedali complicati ed aridi dei vostri studi prediletti; a forza di conversare coi morti vi lasciaste sfuggire dalle dita le fila che vi univano ai viventi... eravate vecchio a trent'anni. E quando a voi si confidò il cuore ardente di una fanciulla, trasaliste di quel legger brivido dell'insetto che un bambino trapassa collo spillo, ma la ferita non fece sangue. Voi non sapeste amare. - È vero. Sono un triste scettico che non conobbe della vita altro che il lato cattivo, che non trovò in una felice serenità della mente la fede, che non seppe trarre dall'amore le sue forze maggiori: costanza e sacrificio. Ma questo disgraziato destinato a fare intorno a sé degli infelici, è egli stesso il più infelice di tutti. Se sapeste quante volte invidiai i caratteri caldi e appassionati che attirano le simpatie e che proiettano intorno tanti raggi da illuminare tutto ciò che li circonda! I poeti, gli artisti, i soldati, i martiri, tutti quelli che sorridono, che piangono, che amano, che combattono, essi sono i beniamini della natura. Noi, siamo i reietti. Ma vi è ancora peggio; quando uno dei nostri intorpidito dal lungo sonno, si sveglia, quando dopo tanti anni di tenebre e di negazione scorge improvvisamente la luce e la verità, se vuole rialzarsi, se cerca anch'egli una croce o una bandiera, allora non gli si crede. È un castigo meritato, direte, ma è molto crudele. Un leggero incarnato gli era salito alle guancie; la fiamma che prima gli brillava nelle pupille si era velata di una profonda mestizia. L'orgoglio solo gli impediva di piangere. - Se questa crudeltà esiste, essa non sta in me, ma nella forza di avvenimenti che non posso cambiare. Gli tese la mano, risoluta e calma, padrona della situazione. Egli non osò trattenerla. - Sia. Ma non troverete voi una parola di dolcezza per colui che fu il vostro primo amore? Nel cuore di Maria si combatteva una fiera battaglia; distolse gli occhi da lui: - Dite l'unico. E lo lasciò solo, nella penombra della stanza che la candela illuminava appena.

Pagina 110

Da otto anni una ciocca di capelli biondi, chiusa in un piccolo medaglione d'argento con due iniziali intrecciate non l'aveva abbandonata mai. Ma ora, credette giunto il momento di distruggere anche questo ultimo avanzo di un amore che voleva rinnegare. Maria si avvicinò al caminetto, tenendo fra l'indice e il pollice la ciocca bionda, che il tempo aveva abbrunita come fosse oro vecchio; la contemplò per pochi istanti, con tristezza, e poi la lasciò cadere in mezzo alla fiamma, che divampò subito crepitando. Un odore disgustoso, leggermente nauseabondo, si diffuse per la stanza, odore di cosa morta, che fece indietreggiare Maria, mentre i suoi occhi aridi non abbandonavano il guizzo serpentino della fiamma. Così dunque, o amore, disseccato non sei altro che una putredine - pensava - ed io ti portai otto anni sul cuore, ciocca immonda, umida dei, baci di tutte le donne ch'egli avrà conosciute prima di me!... Prima e durante; quando ella lo aspettava sitibonda d'amore alla finestra, ed egli passava le serate fuori, tornando poi pallido e tranquillo... Ella avrebbe voluto ora avventarsi su quella ciocca già distrutta, perchè il fuoco le sembrava troppo nobile fine; e rammentava, indignata, la dichiarazione di poche sere prima, una dichiarazione d'amore, adesso che era marito e padre.

Pagina 136

A questo disgusto si univa una amarezza profonda pensando che Emanuele l'aveva abbandonata per una simile donna; e all'amarezza una compassione intensa e - forse - nelle intime latebre del cuore, l'inconscio tripudio dell'orgoglio vendicato. Ma ad ogni modo. Maria non volle ascoltare che il primo sentimento. La sua amica era in pericolo, la sua amica aveva bisogno di lei. Abbracciò risolutamente questa idea e vi si dedicò con ardore, felice, oltre a tutto di poter giovare ad Emanuele senza che egli lo sapesse. Ora vedeva uno scopo, una via tracciata. Scosse gli ultimi avanzi delle sue memorie, diede gli ultimi sospiri al suo amore perduto e concentrò tutti i suoi pensieri sull'amica. Forte di questa missione le parve anche di poter affrontare con maggior sicurezza lo sguardo di Emanuele. Decisamente tutto era finito tra loro due. Non retrocesse e non tremò, quando mezz'ora dopo, sollevando la portiera del salotto, udì la voce calma del professore che diceva: - Mia moglie è arrivata or ora dall'aver visitato il bambino. L'interlocutrice di Emanuele era la signora Bonamore. Fatta la presentazione, Maria sedette accanto alla signora, ed il padrone di casa terminò la frase scusando Sofia che si faceva aspettare. Egli aveva dei modi gentili, di una freddezza dolce che era eguale per tutti, una fisionomia poco mobile, che tradiva difficilmente le sensazioni. - È guarito questo caro fanciullino ? - domandò la signora Bonamore, esaminando Maria di sottecchi. - Perfettamente. - Allora avremo la festa? - Quale festa? - Sofia ci ha promesso quattro salti.... ed ora che è guarito il bambino.... - Giustissimo, le signore balleranno. Un sorriso sarcastico piegò le labbra di Emanuele. - Lei non sa... - la signora Bonamore abbassò gli occhi con imbarazzo, accarezzando il velluto del suo manicotto - se Sofia ha intenzione di invitare... la Guidobelli? - No, davvero, non lo so. - Se osassi... vorrei consigliare Sofia... Lei, professore, che opinione ha della Guidobelli? - Ho l'opinione che è una bella donna, molto elegante e che sta benissimo vestita di nero. - Non scherzi! - un po' impazientita, la Bonamore accarezzava il velluto a contropelo - Io dico rapporto al carattere... alla condotta... - Il carattere delle signore, in virtù di una legge salica in senso inverso, ha da secoli il diritto di essere sempre un carattere adorabile. - Insomma - la Bonamore rivolse direttamente la parola a Maria - parlerò a lei, poiché il professore non è affatto serio quest'oggi. Che le pare, cara signora, di una donna che cambia amanti tutti i mesi? Io non sono puritana... oh! comprendo gli abissi dell'amore... ma le convenienze, il mondo, una certa dignità... Che ne dice? - Sono straniera alla questione - rispose Maria - non conosco la signora Guidobelli, e, in tesi generale non saprei dire fino a quel punto una donna può conservarsi onesta agli occhi del mondo. L'onestà, mi pare, dovrebbe essere assoluta. Sofia entrava in quel punto; in buonissimo punto per rompere il ghiaccio che minacciava di isolare i tre personaggi. Emanuele prese subito commiato, salutando le signore con un gesto largo, e passando davanti a Maria che si trovava prossima all'uscio la risalutò, fermandosi un momento, quasi aspettasse da lei una parola. Maria abbassò il capo, freddamente, ed Emanuele uscì, lasciandola sotto l'impressione di una tranquillità forzata, come uno che abbia preso l'etere. Sofia e la Bonamore si ingolfarono subito in un cicaleccio leggiero e saltellante, sul quale venivano a galla alternativamente le loro amiche, i loro abiti e i loro cicisbei, mischiati allo scandalo del giorno e ad una puntina impercettibile di maldicenza. Venne di lì a poco la signora Guidobelli, così elegante nel suo abito di velluto nero a ricami di blonda applicata, che la Bonamore le fece, quasi senza accorgesene, una riverenza e un complimento. Poi capitò la contessa Barattani divota e caritatevole, vedova di due mariti, in procinto di prendere il terzo, e dominata dall'idea fissa di fondare un ospizio, a ottant'anni, in espiazione de' suoi peccati. Poi la graziosa Nina Menni, che era stata tanto infelice nel suo primo amore da farsi perdonare tutte le consolazioni prese dopo. Il salotto di Sofia si riempiva a poco a poco di fruscii di gonne frastagliate, di ondeggiamenti di trine, di guizzi serpentini, di carni profumate e di chiome dipinte. Era press'a poco la stessa società del concerto; con una musica di paroline melate che tenevano le veci dei notturni di Chopin; colle stesse occhiatine sapienti, coi sorrisi frenati nella cerchia lucente del cinabro. Si parlò della festa, Sofia volle schermirsi; disse che non era una festa, ma una semplice, semplicissima riunione di famiglia. - Quelle appunto che mi piacciono, - rispose la Bonamore. - Senza lusso - aggiunse la contessa. - Quell'odioso lusso - osservò la Guidobelli - ch'io non posso soffrire. Fa tanto piacere l'uscir di casa come ci si trova, alla buona... Tutte le signore approvarono, mulinando subito che toeletta avrebbero potuto sfoggiare alla festa di Sofia. Entrò Alfredo Bandini. Maria ebbe nel cuore un movimento di rivolta contro tanta impudenza, ma non diede a dividere nulla. Sofia le volse una occhiata inquieta: - Mi perdoni signora, se vengo a sorprenderla nel sacra sacrorum delle sue visite intime.... Sono impaziente di avere notizie del bambino. - Mio figlio sta benissimo, grazie. Nel rispondere così, la voce di Sofia era alquanto alterata; sembrava anche a lei che Bandini spingesse oltre il suo zelo. Si trovava presa in una rete le cui maglie si stringevano d'ora in ora. - Molto più - continuò Bandini - che un telegramma ricevuto in questo momento mi obbliga a partire stassera per Firenze. Ognuna di queste parole era sottolineata. Sofia comprese la necessità di nascondersi agli occhi del terribile areopago che le stava d'intorno ed esclamò con simulata indifferenza: - Ah sì? - poi volta a Nina Menni - Che bel cappellino! È ancora la Chaillon che ti serve? La Bonamore si alzò per uscire; la Guidobelli anche. Sofia le accompagnò fino all'uscio, e nel tornare al suo posto trovò Bandini insediato in una seggioletta bassa dietro la sua poltrona. - Come, lei sta lì?... - Se mi permette - rispose egli col sua brutto sorriso da satiro. Sofia si gettò nella poltrona con un abbandono di donna vinta; la poltrona cigolò, prima che il sorriso di Bandini fosse finito. La contessa e Nina Menni avevano impegnata una discussione sopra Sarah Bernarhdt, Nina assicurava che la Bernarhdt piace molto agli uomini; la contessa negava, in base alla propria esperienza, sostenendo che gli uomini amano le donne grasse. Intanto Bandini, audacemente, mormorava qualche parola nell'orecchio a Sofia. Maria fingendo di accomodare i fiori nelle giardiniere, non li perdeva di vista, finchè Bandini con una sveltezza di prestigiatore fece scivolare il suo piccolo portafogli dietro il guanciale sul quale Sofia appoggiava le spalle. - Le donne magre - strillò Nina Menni - hanno sempre fatto impazzire gli uomini. Che ne pensa il signor Bandini? - Noi uomini - disse Bandini , accompagnando la frase con una profonda occhiata da sfinge - amiamo la donna che ci ama. Un fremito sottile agitò le spalle di Sofia. - Ve ne andate di già? - chiese, vedendo le signore in piedi. Poco dopo uscì anche Bandini, trionfante, riempiendo il vano della porta colla sua aitante persona, dopo avere stretta la mano a Sofia in un modo speciale. Le due amiche si trovarono di fronte, sole. A Maria pesava assai il secreto che aveva scoperto e se non fosse stato il dubbio di peggiorare le cose con una risoluzione precipitata, avrebbe voluto prendere Sofia nelle braccia e scongiurarla di troncare ogni relazione con quel bellimbusto vanesio e insolente. - Hai veduto le mie amiche? - disse Sofia - amiche per modo di dire, perché non ve n'è una sola che io ami come amo te. - Lo spero bene. - Quelle signore non ti sono piaciute? - Sarò schietta. No. - E a me neppure. - Oh scusa... allora perchè le ricevi? - Mio Dio come si fa? Bisogna pur conoscere qualcuno. - Scegli meglio. - Scegliere! E chi scegliere? Dove? Se tutta la società è uguale! Si alzò e fece qualche passo, stringendo la mano, pendente lungo le pieghe della gonna. Maria sospettò che nascondesse così il portafogli di Bandini. Era agitata, nervosa; andò un momento nella sua camera e poi riapparve, sempre colla mano stretta fra le pieghe dell'abito; si avvicinò al tavolino, allo stipo, alla caminiera, toccando i vasi, i libri, con un fare che voleva parere svogliato e che tradiva invece una forte preoccupazione. Alla fine tornò a sedere, rassegnata. Il portafogli non era piú nella sua mano. - La signora Bonamore - riprese Maria, seguendo con una calma apparente il filo del discorso - non deve vedere di buon occhio la signora Guidobelli... - Lo credo. È la sua rivale. - Prima che tu venissi, ne parlava come di una relazione poco onorevole... - Già, perchè le ha rubato l'amante. - L'amante? - Sì, quello che aveva prima del cugino, che le è antipatico e le serve solamente negli interregni, come facente funzione. - Tutto ciò è molto brutto. - Ma! Sofia si strinse nelle spalle; prese, dal tavolino accanto una sigaretta, l'accese e incominciò a fumarla lentamente, cogli occhi distratti, rivolti al soffitto. - Infine tu sei amica della signora Guidobelli? - Come la sono di tutte, e di nessuna... - E la inviterai alla festa insieme alla signora Bonamore? - Perchè no? Sono donnine simpatiche, eleganti; dove vanno loro si traggono sempre dietro un codazzo di uomini. - Ma intimamente, tu le stimi? - Che domanda curiosa! Sei sempre la stessa. Come si fa a conoscere così bene le persone da sapere se si debbano stimare o no? - Ammesso che non è facile, vi sono tuttavia dei segni esterni che possono servire di guida; e poichè tu stessa narri le avventure galanti di queste signore... - Ma sono cose che si vedono tutti i giorni, che non hanno nessuna importanza. Si capisce proprio che hai vissuto in un deserto. Sofia diventava sempre più nervosa, acre; la voce le usciva dalla gola, con un sibilo acuto. Si seccava immensamente. Maria non si sgomentò; vedeva la crisi vicina e le moveva incontro coraggiosamente. Oramai si comprendevano. In quella battaglia coperta giuocavano la loro amicizia; o ne uscivano insieme abbracciate o diventavano nemiche per sempre. - Mia cara Sofia, quando una donna che ha un marito buono, onesto, leale, si lascia trascinare da frivole apparenze di passioni... - La signora Bonamore è vedova - interruppe Sofia seccamente. - Ed anchè la signora Guidobelli?... E Nina Menni ?... - Sì, sì, anche quelle, è vero. - Sofia era al massimo grado dell'eccitazione nervosa. - Ebbene, sono tutte così, che farci? È una marea che sale, sale sempre, ci avvolge, ci stringe, ci soffoca. Essa parte dai luoghi più turpi, attraversa la società equivoca, serpeggia nel mondo elegante, arriva fino alle donne oneste... ne siamo innondate addirittura. Difendersi è inutile. È come quando si cammina in mezzo al fango. Sulle prime si evita di fare la più piccola macchia, poi ci si adatta ad averne qualcuna, ma solamente sul tacco degli stivaletti; il fango cresce e ne abbiamo fino alla caviglia; un bel momento ci accorgiamo che esso è spruzzato anche sull'abito.... Ah! in fede mia, ciò stanca; e allora... Gettò la sigaretta, e si rovesciò sulla poltrona, accesa in volto, con le tempie che le battevano forte. Maria, tranquilla, ripetè: - Allor ? - Scusa sai? - si rizzò sulla vita, un po' dura - mi fai dei discorsi così strani... Se non ti dispiace parliamo d'altro. - Come vuoi. La calma severa di Maria suscitò nell'altra una specie di rimorso e di vergogna, per cui soggiunse con accento più dolce. - Della festa che darò e che mi preoccupa molto, del mio bambino, di... - Sì - interruppe Maria, afferrando questo soccorso inaspettato - parlami di tuo figlio. Non me lo hai ancora descritto. È biondo? nero? - Biondo, cogli occhi neri. I capelli di suo padre, gli occhi miei. La bocca non c'è che dire, anche quella è tutta di Emanuele. Hai osservato la bocca di mio marito? A questa improvvisa domanda il volto di Maria si contrasse dolorosamente; ma Sofia non ne fece caso, gettandosi a capo fitto nel nuovo argomento, felice di essere sfuggita all'argomento di prima. Continuò: - Ciò che mi incanta è la sua intelligenza. A undici mesi, figurati, balbettava mamma; e mi conosceva, e mi tendeva le sue manine, così... Uno dei passati giorni, quando stava molto male, vegliai molte ore alla sua culla. La nutrice, intanto, dormiva. Io sola lo avevo in custodia e guardando quel visino fatto pallido dalla febbre, quel corpicciuolo dimagrato, un pensiero atroce mi attraversò la mente. Mi figurai che fosse morto. Morto, mio Dio!... Sofia, volubile, si abbandonava adesso colle sue smanie solite ai trasporti dell'amor materno; e, sincera sempre, null'altro sentiva in quel momento che una ineffabile tenerezza. - Oh! se morisse davvero... Io non sono molto pia, no, credo poco... Non so precisamente quello che credo: ma allora mi rivolsi al Dio delle madri. Egli deve esistere, e gli chiesi a qualunque costo la vita del mio bambino. Piangeva. - Egli te l'ha concessa - disse Maria. - Sì. - E - le prese la mano con dolcezza somma, guardandola negli occhi, - non ti chiese a sua volta il patto? - No davvero - mormorò Sofia, sorridendo attraverso le lacrime. - Eppure, nell'istante che fra te e Dio si dibatteva la vita di tuo figlio, dimmi, non saresti stata disposta a concedere qualunque cosa? - Oh! senza dubbio. - Tu dunque sentivi che questa creaturina appena nata esercitava su di te un potere che supera tutti gli altri? Presso quella culla hai dimenticata la società, il mondo... se quella marea montante, se quel fango di cui parlavi poco fa, fosse salito a macchiare la coltre del tuo bambino, a coprirlo, a soffocarlo non ti saresti slanciata in suo aiuto? - Maria!... - Non avresti voluto, per lui, essere pura d'ogni colpa, monda perfin d'ogni sospetto? Erano, entrambe, immensamente commosse. Maria col volto presso il volto dell'amica, mormorava accentuando appena: - Non avresti voluto annientare ogni pensiero che non fosse nobile e santo? Distruggere qualunque traccia di debolezza? Fuggire le tentazioni, che ti rapiscono a lui?... Si guardavano negli occhi, dritto, fino in fondo, come due pantere in lotta. Sofia sentiva la propria debolezza e cedeva, vinta, spossata dalle emozioni. In quel mentre entrò la cameriera: - Il signor Bandini manda a prendere il portafogli che ha dimenticato qui. Sofia, senza muoversi, tese la mano; prese il portafogli, lo aperse e stracciò il primo foglietto - non abbastanza rapidamente che Maria non potesse leggervi un sì, scritto a grossi caratteri tremanti, con matita rossa; poi lo rese. Appena la cameriera fu uscita, le due amiche caddero nelle braccia l'una dell'altra; Sofia in preda a una convulsione di nervi, singhiozzando sulla spalla di Maria.

Pagina 89

Cerca

Modifica ricerca

Categorie