Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbandonasti

Numero di risultati: 2 in 1 pagine

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Angiola Maria

207098
Carcano, Giulio 2 occorrenze
  • 1874
  • Paolo Carrara
  • Milano
  • Paraletteratura - Ragazzi
  • UNICT
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Perché abbandonasti il can- tuccio della stanza di tua madre, e la tua piccola finestra incoronata di fiori? Ahimè! chi non conosce l' amarezza del pianto che si versa quando l' innocenza è morta, riguarda il futuro attraverso al prisma ingannevole del presente; e il cuore, se non è ferito, non crede al dolore. - Povera Maria! come benediresti quella voce che ti dicesse: Hai tempo ancora: tu sei troppo ingenua, troppo sicura di te stessa!

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io t' ho conosciuta appena: ero così piccina ancora, quando ci abbandonasti per andare in paradiso!... Ma pure mi ricordo di te, mi ricordo de' tuoi baci, delle tue carezze.... Tu eri malinconica! Oh se tu fossi qui con noi; non piangerei, ma così!... - E sollevava la faccia al sereno del cielo. Venne in quella sul terrazzo un vecchio signore, d'alta statura, di contegno serio e severo; il quale salutò d' un cenno della mano le due giovinette, poi si mise a sedere. Vittorina gli corse al fianco, e lo baciò in fronte, con una tenerezza infantile, dicendogli: «Buon giorno, padre mio! come state? » « Bene. » « Volete ch'io serva il tè? farei subito colezione ben volentieri! Via, non siate così brusco: l'aria di questo paese non vi rallegra? » « Si, quel che vuoi, cara. Ma Elisa che fa? » « Eccomi, padre mio! perdonate, ero distratta ne' miei pensieri.» Intanto che le due sorelle apprestavano il tè, lord Guglielmo Leslie se ne stava taciturno, corrucciato in viso, e le gomita appoggiate alla tavola, in atto d'interno dispetto; le due' giovinette si sogguardavano tacitamente a ora a ora. Ma la fronte di Vittorina era serena e gaia, e sulla sua bocca scherzava sempre un ingenuo sorriso; Elisa invece levava gli occhi azzurri, intenti, e pareva voler leggere nella cupa meditazione del padre, come sentisse il bisogno di dividere il suo dolore e di confortarlo. Quella era dunque una mattina assai mesta, in faccia a un cielo incantevole, nel giorno più bello della primavera. Dopo un lungo silenzio, e finita la colezione, Elisa si volgeva a suo padre, e vincendo una certa titubanza, dicevagli con tutta soavità: «Perdonategli, padre mio, perdonate al nostro buon Arnoldo! Ditemi che non è vero che voi non l'amiate più!... Dunque, se l'amate ancora....» « Chi mi parla di colui?... » rispose con piglio severo il lord. « È la vostra Elisa, padre mio, la vostra Elisa, a cui pur volete tanto bene.- Ma ne volete anche ad Arnoldo, e nel vostro cuore gli perdonate, non è vero?» « Finitela, » riprese il padre, « finitela! Guai a chi mi parla di riconciliazione con quell' uomo indegno!... È troppo! » - E battè con tal impeto di rabbia il pugno sulla tavola, che la povera Elisa si levò sbigottita; e Vittorina, che già stava per aggiunger la sua alla preghiera della sorella, balzò indietro, e mise un grido di spavento. Il vecchio lord, mormorando ancora: - È troppo! - aggrottava le ciglia; poi, alzatosi dispettosamente, voltava le spalle alle figliuole; e rientrato in casa, chiudevasi dietro le imposte. Elisa e Vittorina rimasero guardandosi l' una l'altra, senza osare seguirlo cogli occhi, nè dir parola. Lord Guglielmo Leslie discendeva da una famiglia antica e chiara. I Leslie avevano avuta non l' ultima parte nelle vicende politiche del loro paese; e quantunque scaduti da quell'antico splendore di potenza famigliare che i secoli e le ricchezze avevano sancita, serbavano tuttavia gli avanzi di quell'orgoglio aristocratico, e di quella superbia, direi quasi dinastica, che i severi Inglesi, più che tutti gli altri, seppero mantenere in mezzo a tutte le loro cittadine libertà e a' loro civili progressi. Non c' è popolo, che al pari dell' Inglese sia così ostinato e sdegnoso sostenitore de' privilegi e delle franchigie che i nobili vantano sui cittadini, e che mentre combatte in pace e in guerra per la causa della libertà delle nazioni, conservi con tanta gelosia le sue prerogative, i suoi diritti; i quali almeno non sono colà, come altrove, una boria ridicola, poichè posano saldi sopra una base di fatto, come il cammino degli avvenimenti e le vicende del potere civile ve li hanno essenzialmente stabiliti. I Leslie di Falconbridge tenevano ancora alcuni vasti poderi in una delle più colte contrade del mezzodì d'Inghilterra. Al principiar del nostro secolo, non erano rimasti di quella famiglia che due fratelli, lord Giorgio e sir Guglielmo. Il primo, dopo che sostenne una grave magistratura dello Stato, andò a ritirarsi nelle sue terre, in seguito d'una mutazione del ministero: il re aveva premiato le sue fatiche e il suo ritirarsi a tempo, col titolo di barone. Ma lord Giorgio non aveva figliuoli, e la sua recente dignità doveva passare nella linea cadetta. Sir Guglielmo dunque tenne aperti gli occhi sull' andar delle cose; accarezzò sempre le opinioni di suo fratello, e aspettò quel giorno che doveva dargli nuovi diritti e nuovi doveri. Nella futura grandezza dell' unico suo figliuolo Arnoldo egli concentrava tutta la propria potenza, tutta quella del nome della sua famiglia, del quale era così geloso veneratore. Altero per costume e per educazione, tenace, fino allo scrupolo, di sua antica nobiltà e delle domestiche abitudini alle quali era stato ligio per tant' anni, dal tempo che viveva nell' antico castello di suo padre, là nell'Hampshire, sir Guglielmo pareva, dispettoso d'invecchiare, senza vedere che le sue speranze s' avverassero mai. Non dirò che avesse desiderata la morte di suo fratello lord Giorgio, per venire in possessione delle sue grandi tenute e per andarne esso pure a sedersi nel parlamento; ma stava ad aspettarla, essendo Giorgio d' alcuni anni più vecchio di lui, e di salute logora e fiacca. A quarant' anni, sir Guglielmo s' era ammogliato con Arabella Randale, che l' aveva fatto padre d' Arnoldo e di quelle due care giovinette, Elisa e Vittorina. La povera Arabella non era stata felice! Sacrificata, come pur troppo avviene spesso anche fra noi, all' orgoglio e all' interesse, era stata gettata, qual vittima, nelle braccia d'un uomo da lei non amato, e che le tolse il suo per darle un nome, che non le fece palpitare soavemente il cuore, se non quando divenne il nome de' suoi figli. Ma l' anima sua era pia, la sua volontà docile e rassegnata. Tutta la vita di lei, che non fu lunga, era stata uno studio costante e secreto d' amar l'uomo ch' girale toccato a compagno, di cercare le più sane e oneste idee della mente di quest' uomo, le sue virtù sebben piccole, e le affezioni del suo cuore, per rispettarlo e amarlo in quelle. Ma sir Guglielmo era uno di coloro a' quali la natura sembra aver rifiutato il dovere amoroso di marito e di padre. Agitato da continui pensieri di fumo e d'ambizione, travagliato da mala vicenda nella domestica economia, era quasi sempre meditabondo, accigliato, dispettoso : fosse il cielo torbido o sereno, si raccontasse di fortune o di miserie, si spargesse la gioia o il dolore nella famiglia o ne' circoli, sempre la stessa nube era sulla sua fronte, lo stesso amaro sorriso sulle sue labbra. Non mai egli sovvenne la disgraziata sua donna di quelle consolazioni che cancellano tante memorie penose, nè mai le fu largo di quelle sollecite cure che medicano anche le più triste piaghe della vita. Arabella avea vent'anni quando fu maritata a sir Guglielmo; a trentadue ella moriva, moriva portando con sè tutto il cordoglio della sua vita sconosciuta e negletta. Aveva compiuto il sacrifizio di tutto ciò che v'ha di più sacro, la fede e l' amore, e non lasciava in terra che un pensiero di rammarico e un ultimo ardente desiderio; il pensiero de' suoi tre figliuoli, i quali, così giovani ancora, restavano senza di lei; il desiderio ch'essi almeno, più di lei, potessero esser felici. Dopo la morte di sua moglie, sir Guglielmo si mise dentro, assai più che prima non avesse fatto, nelle pubbliche cose. Si dimostrò allora uno de' più caldi sostenitori della parte de' tory, come già era sempre stato, e adoperò nome, fatiche e promesse al trionfo di quella. Sebbene non fosse quel che si chiama uom di Stato, e i più lo tenessero in conto di persona di comune levatura, nondimeno aveva quella prudenza politica che insegna di non arrischiar mai troppo, e quell'accorgimento che consiglia i mediocri d'appoggiarsi a' potenti senza farseli necessarii, e di giovarsene a tempo, facendo sembiante d'aiutarli. Mandò, com' è quasi legge pe' ricchi Inglesi, il suo Arnoldo a viaggiare sul continente; affinchè poi, tornato in

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