Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbandonasse

Numero di risultati: 4 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Signorilità

199531
Contessa Elena Morozzo Della Rocca nata Muzzati 1 occorrenze
  • 1933
  • Lanciano
  • Giuseppe Carabba Editore
  • paraletteratura-galateo
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Se anche ti abbandonasse, aspettalo; perchè tu non sei solamente sua moglie, ma sei l'onore del suo nome. Ed egli un giorno tornerà e ti benedirà.

Pagina 447

Eva Regina

203967
Jolanda (Marchesa Plattis Maiocchi) 1 occorrenze
  • 1912
  • Milano
  • Luigi Perrella
  • paraletteratura-galateo
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Lo stesso abito a bruno sarebbe una stonatura indossato da una persona che si mostrasse eccessivamente gaia, o civettuola, o procace: che si abbandonasse ad esercizi di sport esagerati e prendesse parte a riunioni brillanti, a divertimenti, fosse pure a scopo di beneficenza. Se l' animo non consente, meglio astenersi dal lutto, ma dacchè si adotta è indispensabile accettare anche tutti gli obblighi e sacrifici che impone.

Pagina 468

Contessa Lara (Evelina Cattermole)

220183
Storie d'amore e di dolore 1 occorrenze
  • 1893
  • Casa editrice Galli
  • Milano
  • Paraletteratura - Romanzi
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Pagina 239

Il ritorno del figlio. La bambina rubata.

245486
Grazia Deledda 1 occorrenze
  • 1919
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
  • Verismo
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Cominciai ad assisterla, dapprima per un rigido sentimento di dovere, di sacrifizio, poi perchè mi pareva ch'ella si abbandonasse al suo male con un nascosto desiderio di morte. In fondo ero contento della sua malattia, che m'impediva di tornare in casa del nostro creditore: un odio sordo mi vinceva per quella gente, compresa la donna: mi pareva avessero tutti fatto lega contro di me, la famiglia del nano con la famiglia del gigante, per togliermi quanto avevo, proprietà, onore, sangue. "Zia, - scrissi un giorno in cui ella mi pareva un po' sollevata, - s' avvicina il tempo.... Ho sognato stanotte ch'era venuto il nano con un involto. Ho pensato bene, e vorrei che la creatura si allevasse da noi.,, La zia lesse, poi volse la testa sul guanciale, con un atto stanco indifferente. Bastò questo per farmi risovvenire di tante cose, e sopratutto della mia incapacità a provvedere a me stesso nonchè ad altri. Ma quell'indifferenza della zia ricominciò ad irritarmi, poi mi impensierì sul serio, perchè oramai si stendeva a tutte le cose. Nei primi giorni della malattia ella si preoccupava ancora per la casa, per gli animali, e si faceva venire in camera i gatti e i piccioni: adesso non si curava più di nulla. Mi aveva dato la chiave del cassetto dove teneva denari ed io prendevo e spendevo: è vero che prendevo e spendevo con un certo timore, senza neppure osare di contare quanti denari ci fossero ancora, ma avrei potuto prendere e spendere tutto senza ch'ella se ne curasse. E intanto vivevo in un'attesa che di giorno in giorno si faceva più ansiosa e impaziente: qualche cosa doveva pur arrivare: una lettera, una chiamata, una visita: andavo sempre ad aprire la porta come se là fuori mi aspettasse un essere misterioso che portasse un messaggio al destino. E un giorno, finalmente, mentre la zia stava peggio del solito, vedo davanti alla nostra porta una donna di campagna; secca, nera come un'araba, con una gonna larghissima, un grosso nodo di capelli neri sulla nuca e due grandi cerchi d'oro alle orecchie. Teneva in mano una lettera e guardava il numero della nostra casa. Vedendomi domandò qualche cosa, e non ottenendo risposta non si sorprese: doveva essere bene avvertita di tutto. La feci entrare e lessi la lettera ch'ella mi porgeva. Era del nano: mi diceva che in seguito alla mia necessità di procurarmi una balia forte e sana mi mandava quella. Aggiungeva le condizioni: tanto al mese, buon trattamento, regali e mancie. Infine avvertiva che potevo trattenerla, se credevo, perchè la bambina mi verrebbe portata verso sera. Una bambina! Era dunque una bambina. Era già nata! Di tutto il messaggio non capivo che questo. Stetti a lungo con gli occhi fissi sul foglietto, come sprofondato in un sogno. Quando li sollevai vidi lì davanti a me la donna, con un viso avido, con gli occhi scuri che guardavano attorno fissando ogni oggetto come per impossessarsene. Come dire alla zia tutto questo? Avevo paura di aggravare il suo male: ma in fondo la mia incertezza aveva un'altra causa. Feci capire alla donna che c'era in casa una persona malata: che avesse quindi pazienza di aspettare un poco prima di avere la risposta: e l'introdussi nella cucina. Rientrai dalla zia: aveva la febbre, era un po' agitata: pareva sentisse che qualche cosa di nuovo, d'inquietante accadeva. Per tre, quattro volte, andai da una camera all'altra, dall'ingresso alla cucina: mi pareva di cercare qualche oggetto che non riuscivo a trovare. La balia stava in cucina, col suo fagotto per terra, seduta con la gonna tesa e gonfia come un pallone, coi lunghi orecchini che le pendevano fin sul petto, le mani incrociate sul grembo come chi è deciso a non far niente, nè durante quella giornata nè poi. Pensai che bisognava offrirle da mangiare: c'era del latte preparato per la zia, un po' di pane e d'altro per me. Le indicai di prendersi, di prepararsi un po' di caffè e latte, e tornai di là in camera: quando rientro in cucina mi accorgo con terrore che la balia s'è bevuto tutto il latte, e mangiato tutto ii resto. E non aveva neppure rimesso a posto le tazze! Fuggii disperato: avevo l'impressione che quel castigo di donna ingombrasse tutta la casa, che fosse lì pronta a divorarsi tutto. E noi avevamo lo stretto necessario: i denari del cassetto della zia diminuivano di giorno in giorno, e c'era da pagare il medico, le medicine. Senza contare una cosa che cercavo sempre di dimenticare ma che più scacciavo più tornava insistente al mio pensiero: il debito.... Però non potevo, non volevo rimandare la balia. Finchè più tardi venne, come usava spesso, a domandare notizie della zia, il vecchio marinaio. Mi parve d'essere nuovamente salvato da lui. Lo feci entrare dov'era la donna e vidi che parlavano, ch'ella gli raccontava il perchè della sua presenza. Egli si mise a ridere; l'unica volta che l'ho veduto ridere senza freno; un riso che pareva spandersi a tutta la sua persona e faceva financo vibrare i suoi piedi di bronzo. E quando riuscii a capirne il perchè, risi anch'io, sebbene così triste e inquieto: la balia credeva fosse la donna giacente nella camera attigua, a partorire.

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