Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbandonarvelo

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Il sistema periodico

681216
Levi, Primo 1 occorrenze

È in nostro arbitrio abbandonarvelo per un anno o per cinquecento: diremo che dopo vent' anni (siamo nel 1.6.) se ne occupa un tarlo. Ha scavato la sua galleria fra il tronco e la corteccia, con la voracità ostinata e cieca della sua razza; trapanando è cresciuto, il suo cunicolo è andato ingrossando. Ecco, ha ingoiato ed incastonato in se stesso il soggetto di questa storia; poi si è impupato, ed è uscito in primavera sotto forma di una brutta farfalla grigia che ora si sta asciugando al sole, frastornata ed abbagliata dallo splendore del giorno: lui è là, in uno dei mille occhi dell' insetto, e contribuisce alla visione sommaria e rozza con cui esso si orienta nello spazio. L' insetto viene fecondato, depone le uova e muore: il piccolo cadavere giace nel sottobosco, si svuota dei suoi umori, ma la corazza di chitina resiste a lungo, quasi indistruttibile. La neve e il sole ritornano sopra di lei senza intaccarla: è sepolta dalle foglie morte e dal terriccio, è diventata una spoglia, una "cosa", ma la morte degli atomi, a differenza dalla nostra, non è mai irrevocabile. Ecco al lavoro gli onnipresenti, gli instancabili ed invisibili becchini del sottobosco, i microrganismi dell' humus. La corazza, coi suoi occhi ormai ciechi, è lentamente disintegrata, e l' ex bevitore, ex cedro, ex tarlo ha nuovamente preso il volo. Lo lasceremo volare per tre volte intorno al mondo, fino al 1960, ed a giustificazione di questo intervallo così lungo rispetto alla misura umana faremo notare che esso è invece assai più breve della media: questa, ci si assicura, è di duecento anni. Ogni duecento anni, ogni atomo di carbonio che non sia congelato in materiali ormai stabili (come appunto il calcare, o il carbon fossile, o il diamante, o certe materie plastiche) entra e rientra nel ciclo della vita, attraverso la porta stretta della fotosintesi. Esistono altre porte? Sì, alcune sintesi create dall' uomo; sono un titolo di nobiltà per l' uomo-fabbro, ma finora la loro importanza quantitativa è trascurabile. Sono porte ancora molto più strette di quella del verde vegetale: consapevolmente o no, l' uomo non ha cercato finora di competere con la natura su questo terreno, e cioè non si è sforzato di attingere dall' anidride carbonica dell' aria il carbonio che gli è necessario per nutrirsi, per vestirsi, per riscaldarsi, e per i cento altri bisogni più sofisticati della vita moderna. Non lo ha fatto perché non ne ha avuto bisogno: ha trovato, e tuttora trova (ma per quanti decenni ancora?), gigantesche riserve di carbonio già organicato, o almeno ridotto. Oltre al mondo vegetale ed animale, queste riserve sono costituite dai giacimenti di carbon fossile e di petrolio: ma anche questi sono eredità di attività fotosintetiche compiute in epoche lontane, per cui si può bene affermare che la fotosintesi non è solo l' unica via per cui il carbonio si fa vivente, ma anche la sola per cui l' energia del sole si fa utilizzabile chimicamente. Si può dimostrare che questa storia, del tutto arbitraria, è tuttavia vera. Potrei raccontare innumerevoli storie diverse, e sarebbero tutte vere: tutte letteralmente vere, nella natura dei trapassi, nel loro ordine e nella loro data. Il numero degli atomi è tanto grande che se ne troverebbe sempre uno la cui storia coincida con una qualsiasi storia inventata a capriccio. Potrei raccontare storie a non finire, di atomi di carbonio che si fanno colore o profumo nei fiori; di altri che, da alghe minute a piccoli crostacei, a pesci via via più grossi, ritornano anidride carbonica nelle acque del mare, in un perpetuo spaventoso girotondo di vita e di morte, in cui ogni divoratore è immediatamente divorato; di altri che raggiungono invece una decorosa semi-eternità nelle pagine ingiallite di qualche documento d' archivio, o nella tela di un pittore famoso; di quelli a cui toccò il privilegio di fare parte di un granello di polline, e lasciarono la loro impronta fossile nelle rocce per la nostra curiosità; di altri ancora che discesero a far parte dei misteriosi messaggeri di forma del seme umano, e parteciparono al sottile processo di scissione duplicazione e fusione da cui ognuno di noi è nato. Ne racconterò invece soltanto ancora una, la più segreta, e la racconterò con l' umiltà e il ritegno di chi sa fin dall' inizio che il suo tema è disperato, i mezzi fievoli, e il mestiere di rivestire i fatti con parole fallimentare per sua profonda essenza. È di nuovo fra noi, in un bicchiere di latte. È inserito in una lunga catena, molto complessa, tuttavia tale che quasi tutti i suoi anelli sono accetti dal corpo umano. Viene ingoiato: e poiché ogni struttura vivente alberga una selvaggia diffidenza verso ogni apporto di altro materiale di origine vivente, la catena viene meticolosamente frantumata, ed i frantumi, uno per uno, accettati o respinti. Uno, quello che ci sta a cuore, varca la soglia intestinale ed entra nel torrente sanguigno: migra, bussa alla porta di una cellula nervosa, entra e soppianta un altro carbonio che ne faceva parte. Questa cellula appartiene ad un cervello, e questo è il mio cervello, di me che scrivo, e la cellula in questione, ed in essa l' atomo in questione, è addetta al mio scrivere, in un gigantesco minuscolo gioco che nessuno ha ancora descritto. È quella che in questo istante, fuori da un labirintico intreccio di sì e di no, fa sì che la mia mano corra in un certo cammino sulla carta, la segni di queste volute che sono segni; un doppio scatto, in su ed in giù, fra due livelli d' energia guida questa mia mano ad imprimere sulla carta questo punto: questo.

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