Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbandonarlo

Numero di risultati: 1 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Passa l'amore. Novelle

241847
Luigi Capuana 1 occorrenze
  • 1908
  • Fratelli Treves editori
  • Milano
  • verismo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Don Basilio lo spauriva con la minaccia di abbandonarlo nelle prossime elezioni municipali; donna Mita lo minacciava di ricorrere al Sotto-prefetto, al Prefetto, al Ministro, a Vittorio Emanuele in persona. E temporeggiava: domani, domani l'altro. Ora mancava il segretario, ora la Giunta non s'era potuta riunire. E i giorni, le settimana, i mesi passavano, tra le imprecazioni di donna Mita che andava a sbraitare al Municipio, e i brontolii di don Basilio che andava a fargli ressa di tener duro, a casa, ad ora tarda, per non essere veduto. Ma un giorno, donna Mita s'era buttata su la prima carretta che andava a Caltagirone per ricorrere dal Sotto-prefetto. Per via le era capitata addosso una pioggia torrenziale che l'aveva inzuppata fino alle ossa. Il Sotto-prefetto, spaventato dalla vista di quella figura di strega che spandeva acqua dalle vesti e allagava il tappeto della stanza, e che strillava e imprecava contro il Sindaco, rispose che avrebbe scritto a quel funzionario una lettera un po' aspra. Donna Mita avrebbe voluto portarla lei, e già aveva cavato fuori il fazzoletto da involtarla per mettersela in seno, e già si sganciava il corpetto sotto gli occhi del regio funzionario che la guardava stupito. Ed era ripartita con la pioggia, senza curarsi di prendere un malanno. Infatti fu ad un pelo di andarsene all'altro mondo; ma, mezza morta, a chi veniva a farle visita, ripeteva: - Dite a don Basilio che devo prima seppellire lui e vederlo all'inferno. E cercava con lo sguardo le figliuole. Non vedeva Rita. - Dov'è Rita? - È malata anche lei. Le risposero così finchè stette a letto. Ma quando si levò e volle vedere la figlia, non fu possibile nasconderle che Rita era in casa del massaio, e che mancava solo il consenso della madre perché quei due si mettessero in grazia di Dio. Donna Mita allibì. Il suo consenso? Mai e poi mai! Già potevano farne a meno. Se quella disgraziata aveva disonorato la famiglia, lei, moglie di don Paolo Cuti, figlia del dottore Rinaldi, lei non si sarebbe prestata, mai, a legittimare quel disonore! E s'ingolfò nelle liti, nel codice, nelle procedure, ora che le cause erano già messe a ruolo, come dicono i curiali, e bisognava scaldare i ferri e non lasciar dormire gli avvocati, e spalancare tanto d' occhi per sorvegliare le mosse di quel ladro di don Basilio, che il Signore castigava, quasi per darle ragione: Debbo seppellire prima lui! Ma no, non voleva rallegrarsi perchè lo sapeva in pericolo di vita. No, lei non desiderava la morte di nessuno. - Se il Signore lo leva da questo mondo, sia fatta la sua volontà! Lo perdoni ed anche se lo porti in Paradiso; io non voglio entrarvi per niente. Le pareva che se si fosse rallegrata della disgrazia del suo avversario, Domineddio avrebbe dovuto punirla. Non desiderare agli altri il male che non vuol fatto a te stesso. Non si è cristiani battezzati per niente. Se il Signore però voleva levarlo via da questo mondo, poteva lei forse dirgli: Signore, lasciatelo stare qui? Doveva lei dar consigli a chi sa benissimo quel che fa e che è il padrone della vita e della morte? Questi buoni sentimenti intanto non le impedirono di sentirsi un po' seccata e di mordersi leggermente le labbra il giorno che si vide davanti, in Tribunale e poi in Corte di appello, don Basilio grasso e roseo, quasi non fosse stato malato, che portava sottobraccio un fascio di carte, accompagnato da tre avvocati, tanto doveva essere convinto anche lui che uno solo non sarebbe bastato a dare apparenza di ragione alle sue storte pretese! - E la sentenza? - ella domandò all'avvocato, dopo la discussione. - Fra otto, dieci giorni. Potete andarvene. Vi spedirò un telegramma. Il telegramma invece arrivò quella stessa sera dal paese: "Quarinta sta molto male, con una polmonite! Venite subito„. - Ah queste benedette figlie - esclamò donna Mita, torcendosi le mani, quasi la povera Quarinta si fosse ammalata a posta per farle un dispetto in quel punto. Fu un gran colpo! Le parve che la casa si fosse vuotata, che con Quarinta le fosse venuta meno l'aria, la luce, tutto! E non poteva guardare nè sentire Rosa che la esortava a rassegnarsi alla volontà di Dio! In quei primi giorni di dolore si sentiva diventata turca, com'ella diceva: Non c' erano più, per lei nè Madonna, nè santi. Aveva pregato, aveva fatto dire tre messe, aveva promesso una collana d'oro alla Madonna degli Ammalati, un paio di orecchini a Santa Agrippina!... Niente! La Madonna era rimasta sorda; Sant'Agrippina più sorda ancora! Rosa si turava gli orecchi udendola parlare a quel modo e scappava per chiudersi nella sua cameretta. Ma c'era da occuparsi degli affari: notificare a quello scellerato di don Basillo la sentenza, spogliarlo, come si meritava, di tutto il mal tolto; donna Mita così si rabboniva, riprendeva la sua attività. E parlando con Rosa si dichiarava più rassegnata alla volontà di Dio; doveva pero rassegnarvisi anche lei. Rosa non la intendeva a quel modo, e glielo fece capire col silenzio. Povera donna Mita! Che le importava ora di aver vinto le liti e d'essersi messa in possesso del palazzo Cuti, delle terre, dei giardini di aranci? Per chi avea lavorato, stentato? Per la Scellerata, disonore della famiglia, e pel villano di suo marito, poichè quella stupida di Rosa si ostinava a rimanere monaca di casa e non pensava più al mondo? - Non voleva saperne delle persone di questa terra! Si era sposata con Gesù! - Dove? Quando? Chi era stato il sindaco che l'aveva sposati, chi era stato il parroco che li aveva benedetti? Se il Signore si era preso Quarinta - la migliore, la più buona delle figlie! voleva dire che destinava tutto per lei, Rosa: palazzo, terre, giardini! Era dunque d'accordo con la scellerata, e col villano, per riempire la pancia a loro con tutte le sostanze dei Cuti? Era dunque d'accordo? Rosa, che aveva preso il nome di suor Veronica, non rispondeva niente; e usciva di casa per la messa o pel vespro, e andava a raccomandarla al Signore, o a raccontare tutto al confessore e a pregarlo di parlare lui con la madre perchè la lasciasse tranquilla. Donna Mita lo interruppe prima che finisse di spiegarle il motivo della sua visita: - Di che vi mescolate, signor canonico? Vorreste forse papparvi voi le duemila onze? Già, finchè campo, l'usufrutto è mio; e non sono disposta a morir presto. E poi bisogna levar via la mia dote e quel che mi spefta per successione, articolo 753.... E disporrò della roba mia come mi pare e piace; la darò ai poveri, al diavolo anche, ma non alla Scellerata! Urlava, gesticolava come un'ossessa, sciatta e mal vestita, quasi se non avesse vinto le liti. Il povero canonico era andato via balbettando scuse. Scena peggiore accadde la mattina che il notaio Crisanti, notaio di famiglia, venne a farle l'imbasciata che Rita e suo marito volevano venire a baciarle la mano e chiederle perdono del mal fatto: - Ormai, cara donna Mita! - Oramai un corno! — Anche perchè voi avete bisogno di un braccio pratico delle cose di campagna! No, non aveva bisogno di nessuno! Dopo aver fatto dieci anni la litigante, ora si metteva a fare la massaia meglio dell'assassino che le aveva rubato la figlia! Non gli dava altro nome a massaio Cudduzzu. Infatti, ella andava in campagna a sorvegliare i contadini, nel tempo delle messi, con un cappellaccio di paglia, tra i seminati, dietro i mietitori; durante la trebbia, per l'aia notte e giorno come un campaio, perchè quei ladri dei contadini non le rubassero il grano; in novembre, sotto gli ullvi, tra le donne che raccoglievano le ulive bacchiate, risparmiando una coglitrice, facendo per due; o nel frantoio, quando cavavano l'olio. Oggi qua, domani là, a cavallo della mula morella, piombando addosso ai contadini quando meno se l'aspettavano, facendo miglia e miglia sotto la sferza del sole, per valli e pianure, come una tregghia che va scavizzolando tirata dai buoi; e per ciò i contadini le avevano appiccicato il nomignolo di donna Stràula, che significava la stessa cosa e le stava a cappello. Ma una sera, tornando dal giardino di aranci, dove aveva intascato cinquecento lire dagli aranciai messinesi venuti a incassare la produzione, aveva trovato in casa Rita e Cudduzzu che le si buttarono ai piedi. Si sentì vinta, tutt'a un tratto. Era la volontà di Dio! Brontolò, però, ripetè cento volte che la padrona assoluta era lei, e citò solennemente l'articolo 753 del codice civlle. Una settimana dopo, massaio Cudduzzu cavalcava allato di lei, per accompagnarla in campagna come un garzone, rispondendo sempre dimessamente; Eccellenza, sì; Eccellenza, no! Era il meno che potesse fare; dopo di essersi imparentato per violenza, per tranello, con la nobilissima famiglia Cuti. Donna Mita lo trattava d'alto in basso, per fargli intendere che non era diventato con questo un galantuomo, e che c'era una bella distanza fra lei e lui, quantunque suo genero. Gli teneva broncio specialmente perchè, dopo tre anni, non era riuscito ad avere un flgliuolo. Non sarebbe stato un Cuti - ahimè, pur troppo no - ma un po' del sangue dei Cuti, insomma lo avrebbe avuto nelle vene, giacchè il Signore aveva voluto così! - Che fate dunque, se non fate un figliuolo? - gli diceva spesso. E massaio Cudduzzu una volta le rispose: - Ah, voscenza, se sapesse con che buona volontà!... Donna Mita gli aveva rotto la frase fra le labbra: - Non dite porcherie, villano che siete! E siccome un giorno, lagnandosi con suor Veronica di quel figliuolo di Cudduzzu che non veniva al mondo, e tornando ad assalirla perchè si decidesse finalmente a prender marito lei, che era ancora in tempo, suor Veronica le aveva detto: - Gesù Cristo vuole così; sia fatta la sua santa volontà! - Donna Mita perdette la pazienza: - Gesù Cristo! Gesù Cristo! Qualche volta nemmeno lui sa quel che fa!... M'è scappata! FINE

Pagina 323

Cerca

Modifica ricerca

Categorie