Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIFI

Risultati per: abbandonarla

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Racconti 3

662759
Capuana, Luigi 2 occorrenze
  • 1905
  • Salerno Editrice
  • prosa letteraria
  • UNIFI
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Quell'ignorantaccia intanto supponeva che fosse un pretesto per distaccarsi da lei a poco a poco, per abbandonarla! E per ciò non voleva sentir parlare di acido fenico, di sublimato, di disinfettanti di nessuna sorta. Oh, meglio quando egli non sapeva nulla! E la chiamavano scienza questa che, invece di guarire la gente, la faceva morire di paura! Mangiando un boccone, bevendo un dito di vino, o di acqua bollita e ribollita, insipida da far nausea, il poveretto si domandava spesso: «Ci sono? Non ci sono?» E il minimo dolorino di pancia, la minima accapacciatura lo tenevano in ambascia mortale. Eppure vedeva che la gente se n'infischiava della scienza e dei microbi; mangiava a crepapelle, si ubbriacava, faceva stravizi di ogni genere, e campava allegra, e moriva ... quando doveva morire; giacché una volta o l'altra, con una scusa o con un'altra, bisognava fare, pur troppo, quella bestialità! Ma subito si riprendeva: «Non è una bella ragione! Se gli altri vogliono ammazzarsi, padronissimi! Io ora so; io ora debbo premunirmi!» Si premuniva, si, ma dimagrava, diveniva giallo come una carota, a furia di privazioni, a furia di regime scientifico. Egli, che, prima, avrebbe digerito anche il ferro, era già ridotto a non poter digerire piú, chi sa per quale razza di microbi acchiappati non ostante le cautele! Ah, Signor Iddio! Ed erano questi i benefici della scienza? Perché non lasciare in pace la umanità, visto che i microbi erano invincibili, onnipossenti, eserciti, miriadi, da starne due, tre milioni rannicchiati nello spazio di un foro fatto con la punta di uno spillo? Era scoraggiato; non li combatteva piú con fede, dopo di aver letto che, ammazzati i microbi di una specie, si faceva un favore a quelli di un'altra; la quale cosí prendeva rigoglio, si moltiplicava piú rapidamente. E l'infelice impallidiva leggendo giornali, riviste mediche, che poi - si lamentava - parlavano turco per non farsi capire e far disperare un galantuomo che voleva istruirsi. Lotta a corpo a corpo! Ma che lotta, con un nemico invisibile, con cui non si sapeva precisamente mai chi aveva vinto o chi era rimasto sconfitto? Si rassegnava a vivere solo, come un cane, lontano da tutti. «Eh, cavaliere? Non vi si vede piú! Che avete? Non state bene? ... Dio, come siete ridotto!» «Beato voi, che siete un ignorante!» rispondeva l'infelice. «Ah! ... La solita storia dei microbi!» Ma una mattina, che è che non è, ecco il cavaliere, vispo e gaio, che va in piazza a far la spesa, senza piú badare a niente. Una catasta di roba! Erbaggi, frutta, pesce, carne, salami, pasta, burro, conserva, mostarda: una catasta! E un barile di vino rosso, di quello! Era ammattito all'incontrario? «Insomma, che è accaduto, cavaliere?» «Ah, la scienza! La scienza! È come la spada di ... di quel tale, che feriva e sanava nello stesso punto! Gli scienziati, ecco la rovina della scienza! ... Microbi? Sissignori! Ma, Dio benedetto, aspettate un po', studiate bene prima di scompigliare il mondo con certe scoperte! Finalmente c'è stato chi ha messo a posto ogni cosa! ... Farò un viaggio per andate a baciargli la mano, quella mano che ha scritto l'opuscolo La funzione dei microbi nell'organismo umano !» Lo guardavano sbalorditi, pensando: «Senti come parla quel bestione del cavaliere! È proprio ammattito all'incontrario!» Ma egli continuò per settimane a predicare il nuovo vangelo, la vera Buona Novella dei microbi. E prendeva indigestioni per nutrirli, per amicarseli tutti quelle care «virgole» ... e «punti» - diventava faceto - che gli stavano annidati addosso, tra i denti, tra l'orlo delle ugne, negl'intestini, nel sangue, nelle ossa; convinto ormai che l'uomo non fosse altro che un vasto «microbaio» a cui bisognava dar nutrimento, se si voleva star bene. Vedevano? Egli era ritornato grasso, roseo, forte: gli si era fin stirata la pelle vaiolata della faccia, ora che badava lui a dar da mangiare scientificamente ai microbi; i quali, poverini, non chiedevano niente di meglio che di vivere in pace, ben nutriti, quasi accarezzati! «Questo, pei microbi della mucosa! Questo, pei microbi del sangue! Questo, pei microbi dei nervi! Questo, pei microbi dei muscoli! Questo pei microbi delle ossa! Sissignori, anche per quelli delle ossa». E piú essi divoravano, piú egli stava bene! Se li sentiva rimescolare addosso, dentro, nelle piú intime fibre del corpo; ma ora li conosceva perfettamente quei cari amici! Amici, sí, sí! Lavoravano per lui, combattevano per lui, distruggendo i nemici che lo assalivano di fuori. Se non si trovavano in forza, come potevano resistere? E certi imbecilli di scienziati avevano proclamato la crociata: «Morte ai microbi!» Imbecilli! Viva i microbi! si doveva gridare. E il giorno che un capo ameno gli disse: «Ebbene, insegnatemi il vostro metodo di dar il pasto a coteste feroci bestioline!» il cavaliere lo invitò a pranzo, e gli spiegò tutto «Questo, pei microbi della mucosa! Questo ... » Intanto divorava come un lupo affamato, e beveva, beveva, perché bisognava anche dar da bere a quei carissimi «amici!» All'ultimo, si levò in piedi, alzando il bicchiere ricolmo per fare un bel brindisi. Ma barcollava, il braccio non gli stava fermo, e la lingua gl'impastava le parole in bocca. «Viva i microbi! - balbettò. - Viva i microbi!» E ruzzolò sotto la tavola.

L'operazione poteva venir fatta con tale semplicità di mezzi, con tale sicurezza di riuscita, che non è da maravigliarsi se nel cervello del professore, continuamente agitato dal timore di perdere per lo meno l'esclusività del possesso del suo tesoro coniugale, nascesse subitanea la diabolica idea di servirsi di quella scoperta unicamente per sua personale difesa, finché durava il pericolo, prima di abbandonarla all'universale patrimonio della scienza. Ed ecco come cominciò a procedere e continuò per due anni a Entmannt il terribile difensore del suo diritto di marito. Adocchiato il piú assiduo e il piú intraprendente dei corteggiatori di sua moglie, lo invitava a pranzo e lo ubbricava. Appena l'infelice, designato a esser vittima del fatale bisturi, cascava col capo su la tavola, il professore, aiutato dal servo, lo trasportava nella stanza dov'era già preparato un letto per riceverlo. Con la scusa di vegliar l'amico, egli si chiudeva per pochi minuti con l'addormentato suo ospite, lo rovesciava bocconi, metteva a nudo quel punto che la sua scoperta gli aveva additato, faceva la invisibile puntura ... e tutto era finito! La mattina dopo, colui si svegliava, oh quantum mutatus ab illo ! ... E cosí lo sterilizzato personaggio - come egli con moderno vocabolo scientifico lo chiamava - poteva rimanere assiduo frequentatore della casa e dei pranzi, senza che la virtú della bella e seducente signora von Schwächen corresse pericolo. Il delitto scientifico - bisogna qualificarlo tale - rimaneva, non che impunito, ignorato, perché le povere vittime non erano in caso neppur di supporre d'onde poteva essere derivata la loro disgrazia; e avevano il piú grande interesse di non divulgarla. Se non che c'è nel mondo, a quel che sembra, una giustizia assai piú oculata e piú tremenda della pretesa giustizia umana! E, tardiva ma inesorabile, essa raggiunse il colpevole al suo ottavo o nono delitto. Ermanno Hart era uno dei piú bravi discepoli del professore, e suo aiuto in molte delicatissime esperienze. La giovinezza, la natura estremamente vigorosa, anzi eccessiva, lo spingevano a lusingarsi di poter essere anche aiuto del professore in certe intime funzioni, che questi, da buon marito, pretendeva di eseguire da solo. Quando si accorse delle mostruose intenzioni del prediletto discepolo - mostruose, perché rivelavano la nera ingratitudine di cui egli era capace - il professore non poté frenarsi dal prorompere in eloquentissimi sfoghi contro la precoce perversità dei giovani moderni; ma il suo sdegno si centuplicò allorché poté accertarsi che la sua fin'allora impeccabile metà incoraggiava, forse inconsapevolmente, gli slanci amorosi dello studente con occhiate e sorrisi in modo insolito prodigatigli ogni volta che quegli veniva a trovare il professore in casa o lo accompagnava nelle passeggiate e nelle diverse stazioni alle birrerie assieme con la sua bionda metà. Occorreva provvedere e subito; e per ciò Ermanno Hart ricevette, da lí a due giorni, un invito a pranzo, pel quale non seppe nascondere la grandissima gioia e la immensa soddisfazione. Lo studente, a tavola, non ebbe bisogno di incitamenti a bere e a ribere. Era già di sua natura bevitore poderosissimo; e il fuoco dei begli occhi della signora von Schwächen gli produsse quel giorno tale irritante senso di aridità alla gola, che egli vuotò piú bottiglie di vino e piú scioppi di birra in due ore che non avesse mai fatto in un mese. Cadde quant'era lungo, come morto, per terra, nel punto che voleva alzarsi dalla seggiola per propinare alla salute della bionda signora del suo professore. Il quale, mal dissimulando la infernale contentezza, lo raccolse, aiutato dal fido servitore, e lo trasportò nella solita stanza, dove poco dopo si chiuse, solo con lo studente, per procedere alla premeditata operazione sterilizzatrice. Fosse però il turbamento che il delitto desta sempre, anche nei cuori piú induriti; o avesse il professore ecceduto nel bere per dare il buon esempio alla sua futura vittima, fatto sta che l'occhio e la mano non solamente non furono fermi e sicuri come le altre volte, ma il caso se ne mescolò forse per far fare al chiarissimo neurologo una scoperta in opposizione a quella malefica e sterilizzante. Sia che egli abbia operato la puntura nel lato destro invece che nel sinistro, o in un altro impercettibile punto non ancora scrutato dalla scienza, il resultato fu terribile. E prima ad accorgersene fu la dolce signora von Schwächen, che il marito, chiamato per non so quale seduta coi suoi colleghi di università, aveva dovuto lasciar sola a guardia dell'addormentato. Ella era entrata nella camera, assai commossa dal caso; e si era permesso un castissimo gesto di carezza alla fronte del giovane, quando lo vide saltar giú dal letto ... Ah Signore Iddio! E non ebbe tempo di indignarsi, di gridare al soccorso. Non aggiungerò altro, - s'interruppe il dottor Maggioli, a un vivissimo gesto della baronessa - quantunque, se veramente avesse voluto, nelle tre ore che passarono - egli soggiunse subito, sornione - prima che il professore fosse tornato a casa, la onesta signora avrebbe potuto indignarsi, gridare al soccorso e fare ben altro! Il professore trovò il giovane già desto, un po' abbattuto, e gli sorrise col piú ipocrita dei sorrisi che mai labbro umano avesse abbozzato. E sicuro del fatto suo, trionfante, sprezzante, da quel giorno permise che il giovane Hart rinnovellasse piú frequentemente le visite alla signora, e acconsentí anche che l'accompagnasse qualche volta, e solo, al passeggio. La signora von Schwächen scoprí un giorno, fra gli appunti dei cartolari scientifici del marito, la spiegazione della sua sicurezza e della sua tranquillità, e fu indignata dell'infamia commessa contro quei poveri otto o nove timidi adoratori di lei. Palesò la scoperta al suo Hart; il quale sospettando quel che doveva essere accaduto con lui, si dié segretamente a fare esperienze che lo condussero a verificare, in modo assolutamente scientifico, quel che il caso aveva fatto operare al ferocissimo sterilizzatore. I due amanti, per ciò, stimandosi troppo protetti dalla sicurezza del professore, non presero piú, da allora in poi, tante precauzioni nelle loro gioie, e un bel giorno si fecero sorprendere. Ma allora si vide quel che può la passione scientifica in un alto intelletto. Invece di buttarsi addosso al vituperatore del suo talamo e strozzarlo, il professore von Schwächen volle persuadersi come mai la sua operazione fosse fallita. Si mise a discutere con lo scolare, quasi niente di male fosse accaduto, quasi si trovassero rinchiusi nel laboratorio. Il professore espose la sua scoperta e le sue otto o nove esperienze in anima vili ; Hart riferí i resultati opposti, ottenuti per via delle ricerche da lui iniziate, e addusse in prova se stesso. E di accordo, come contratto di pace, professore e scolare stabilirono di non propalare le loro rispettive scoperte. «La mia è malefica!» conchiuse il professore. «La mia è peggio; è superflua!» conchiuse il discepolo -.

Le Fate d'Oro

678854
Perodi, Emma 1 occorrenze

Gli schiavi dovevano darsi il turno per vegliare la notte; le donne di Fatima non dovevano abbandonarla un minuto, pena la vita, ed egli stesso stava più di frequente nelle stanze della figlia e faceva sforzi inauditi affinchè le notizie delle sue sventure non giungessero alle orecchie di lei. Una mattina le donne di Fatima mandarono a destare in fretta il padrone. - Tua figlia è sparita; abbiamo tro- vato la camera vuota, i suoi gioielli, le sue vesti, tutto è sparito con lei. - La fiera testa di Hamid s'incurvò a quella notizia e una lacrima gli cadde sulla barba. Quel giorno non andò al bazar; quel giorno non ebbe la forza di moversi, e nel suo dolore neppur si rammentò della mi- naccia che aveva fatta alle donne di Fatima. Verso sera entrò la Sventura e gli si mise accanto. - Perché non mi scacci? - gli disse. - I tuoi tesori sono inghiottiti dal mare, sepolti nelle sabbie, distrutti dal fuoco; i tuoi figli, tua moglie sono morti; Fatima, rubata dai corsari, sarà a quest'ora ven- duta su un pubblico mercato come schiava; Fatima sarà battuta da un padrone duro come te.... perchè non mi scacci? - Il mercante era scivolato ginocchioni. - Pietà! - diceva - pietà! non per me, ma per Fatima, per la figlia mia. - La Sventura lo respinse sogghignando, e sparì in un attimo com'era venuta. Hamid non si mosse da quella stanza; Hamid non aveva più forza. Gli schiavi, temendo la sua collera, fuggirono a uno a uno; il suo palazzo rimase aperto ai ladri, aperto alle intemperie, aperto agli animali vaganti. I primi lo saccheggiarono; il vento, il sole, la pioggia vi entrarono schiantando, bruciando, putrefacendo i legnami e gli ornamenti preziosi; gli animali vi presero stanza. Alcuni anni dopo, quando Fatima, di- ventata libera, volle sapere quel che era avvenuto di suo padre e volle tornare al palazzo paterno, lo trovò devastato e po- polato di immondi animali di ogni specie. Il cadavere di Hamid, intatto, era an- cora nella camera dove l’aveva colpito la notizia tremenda, e il suo capo, umiliato dalla Sventura, toccava la terra.

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