Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Le buone maniere

202883
Caterina Pigorini-Beri 1 occorrenze
  • 1908
  • Torino
  • F. Casanova e C.ia, Editori Librai di S. M. il re d'Italia
  • paraletteratura-galateo
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L'ermellino al di fuori non ha mai tolto, è vero, l'asprezza del di dentro, come sotto il guanto di velluto del gattino ci sta costantemente l'unghia adunca e traditrice; ma per quello che ne dovete far voi d'uno sconosciuto, per quel quarto d'ora che ci dovete stare insieme, per quel giorno, per quella settimana, per quel lavoro intellettuale comune, è sempre da apprezzarsi l'esteriore di esso, salvo la prudenza di non abbandonargli il vostro cuore e la vostra amicizia. In treno, in un battello a vapore, in un omnibus o diligenza che sia, senza privarci del nostro comodo assolutamente, saremo discreti di offrire il miglior posto alle donne, ai fanciullini, ai vecchi, agli apparentemente gracili o ammalati. Un uomo si scopre sempre per salutare dove entra; e foss'egli il più ricco, il più nobile, il più delicato, non permetterà mai ad una donna, ad un vecchio esausto e intirizzito di stare in piedi nella piattaforma d'un omnibus, a soffrire il vento o le intemperie. Se le persone del vagone non rispondessero al primo saluto, egli potrà dispensarsi dal fare il secondo; ma se ci sono signore esso lo ripeterà non solo, ma le aiuterà a far calare le valigie, ad aprire una portiera, ecc. Chiuderà o aprirà il finestrino pel comodo comune; non imporrà le sue infermità od i suoi gusti ad un compagno di viaggio. Come l'uomo è tenuto al saluto, la donna è tenuta al ringraziamento; ma le persone bene educate, salvo casi eccezionalmente straordinarii, non s'impegnano mai in conversazioni anche indifferentissime con sconosciuti. Non si sa mai quel che può celarsi sotto apparenze anche gentilissime, e chi può nascondersi sotto l'aria apparentemente noncurante delle persone che viaggiano. Per questa stessa ragione le persone che viaggiano in comitiva non parlano troppo rumorosamente tra loro, e molto meno si intrattengono di soggetti particolari, di affari intimi, di politica o di religione o di finanza o pronunciano nomi proprii o raccontano particolarità di luoghi o di istituzioni. Questa stessa riserva è a raccomandarsi nei caffè, ritrovi, luoghi pubblici, alberghi, anticamere ministeriali o altro simile. Chi scrive queste parole è venuta in cognizione talvolta di fatti curiosi e di si dice, per tutt'altri interessantissimi in simili occasioni; e chi legge si è certamente trovato in casi identici. L'applicazione positiva della prudenza si deve esercitare specialmente quando si crede di non essere conosciuti, e di non conoscere alcuno. Ai bagni, nelle stazioni estere, nei luoghi di passatempo o di cura vi intervengono moltissime persone di diversa specie, una società mista di buontemponi e di ipocondriaci, di permalosi e di insolenti, di giuocatori e di gente allegra che cerca ingannare il tempo, intanto che il tempo, implacabile burlone, li inganna tutti alla sua volta e li fa vecchi e brutti. Bisogna in questi casi guardarsi bene dal contrarre leggermente delle amicizie con persone che, malgrado tutte le apparenze, non potrebbero essere quello che sembrano, e farci poi pentire di esserci lasciati andare ad una famigliarità pericolosa. Per questo alcune persone, di consueto cordialissime nella loro città natale, in questi ritrovi si manifestano d'una rigidezza aristocratica che alcuni non comprendono, oppure anche in casa loro ammettono con tanta difficoltà i forestieri. Lungi dall'essere questa una sgarbatezza è la consegna data dalla prudenza alla cordialità. Al teatro le signore non si faranno visite nei palchetti per non destare troppo l'attenzione; daranno il miglior posto all'invitata e lo cambieranno dopo; una giovinetta non guarderà troppo in qua e in là col binoccolo in alcun luogo, molto meno in platea; questa è la prudenza dell' occhio, che è come la forma decisiva ed esteriore del pudore. L'occhio fuggitivo di una fanciulla ne rivela il candore e quella timidezza inconsapevole che la fa temere degli sguardi cattivi e procaci d'un pubblico, il quale non ha altro a fare in quel momento che divertirsi. L'ingresso al teatro, come l'intervenire ad un concerto, ad una conferenza, sarà fatto al tempo stabilito con puntualità e compostezza. Nessuna cosa rivela più la volgarità o l'impertinenza d'una persona, che l'andare a mezzo d'uno spettacolo o l'uscirne prima facendo rumore, o parlando forte o ridendo, o sbattacchiando le porte o facendo scorrere una sedia, o producendo altro rumore o movimento brusco e repentino. Così, se uno ha la corizza, non interverrà nè ad una conferenza, nè al teatro e neppure ad una conversazione. E in ogni modo si ricorderà sempre di avere in tasca la pezzuola per non schifire gli altri o per non rendersi ridicolo con certi, diremo così, bisogni insoddisfatti. La pezzuola ha un grandissimo còmpito nella vita d'un uomo e d'una donna; la pezzuola è l'ausiliario della pulitezza e della decenza; è anche un oggetto di eleganza per le signore, dal giorno che l'hanno ornato d'una trina meravigliosa e collocato visibilmente nel busto per essere pronto a rispondere presente, ad uno starnuto, ad ogni sbadiglio, ad ogni piccolo insulto di tosse. Per quanto sembri naturale e indispensabile l'uso della pezzuola, c'è purtuttavia moltissima gente che non ne conosce ancora bene il pregio e l'utilità, massime i fiutatori di tabacco e le signore che si affacciano alla finestra colla brezza vespertina, o che non vorrebbero sollevare il velo del loro cappellino per non scomporre la loro capigliatura, o far volar via la farina del loro viso. Perchè è pur troppo vero che le signore si dipingono o almeno s'infarinano ancora, come alla fine del secolo in cui l'altissimo poeta civile dannava alla gogna la pudica sposa e il giovin signore, e il Goldoni metteva in beffe le sue Clarici e le sue Eleonore, le virtuose di ballo, e le suocere pazze, che facevano una guerra ridicola e puerile ai solchi dell'età. La tintura del viso è una mancanza di buon senso e di buon gusto, e quindi non può far parte della buona educazione. Della quale fa parte invece il guanto, il quale toglie il contatto immediato delle più nobili membra umane cogli oggetti scabri o sudici, col sudore della mano altrui, o con tutto quello che essendo mondo e lucido può essere appannato dalle nostre mani. I guanti si portano fuori di casa, nelle visite, in ferrovia, pel freddo e pel caldo. Una donna bien gantée et bien chaussée, come dicono i Francesi, cioè con bei guanti e belle scarpe, è già una signora; ma sarebbe ridicolo il tenere i guanti a tavola: e per dir tutto e poichè ogni cittadino italiano può ottenere una udienza dalla sua Regina, è utile anche di sapere che, presentandosi con tre profondi inchini, dovrà avere nuda la mano destra, e le dovrà avere nude entrambe se interverrà ad una udienza privata o pubblica del Papa. Come e perchè questa prammatica sia da osservarsi sarebbe lungo e difficile indagare. Certo è usanza tradizionale, come quella del bacio al piede di Sua Santità; ma se fosse lecito ad una dilettante di tradizioni popolari di fare una induzione, si direbbe quasi che presentandosi colle mani nude e monde (sopratutto monde) si vuol dimostrare che il presentato non ha filtri o malie, veleni o pugnali, come quando si presentavano con quei grossi guantoni alla scudiera; i quali se erano di ferro, di per sè costituivano un pericolo o non potevano in alcun modo stringere un'altra mano; se erano di seta o di pelle, potevano celare dei veleni. Renato il parrucchiere li preparava così per Caterina de' Medici, e tutti lo sanno, e i Borgia erano maestri di queste belle cose. Il bacio al piede poi deve avere un'origine molto più antica. Esso deve risalire al tempo in cui Arrigo andò a Canossa e il fiero Papa gli calcò il piede sul collo: super aspidem et basiliscum conculcavit leones et dracones: e l'imperatore baciò il piede che gli imponeva l'obbedienza. Ora il simbolo è rimasto nel costume. Chi si sentisse così altiero di non saper camminare senza voltare le terga a S. M. o avesse difficoltà ad inchinarsi fino a terra davanti al Pontefice, non cerchi di andare o di essere presentato. Questi altissimi personaggi non sono tali da essere visitati o per curiosità o per leggerezza o per vanità. PIGORINI-BERI C., Le buone maniere. 15 Essi hanno altro a fare che curarsi delle nostre ciarle, e sarà opera doverosa l'astenersene. Ma se la fortuna, il caso, il dovere, il desiderio ci portasse ad avere questo onore, ricorderemo le prammatiche necessarie; non trascureremo di farci insegnare il cerimoniale, e sapremo così: che a Sua Santità una donna non potrà presentasi che vestita di nero; che da S. M. la Regina non potrà invece essere vestita di nero salvo che la Maestà Sua non sia in lutto di Corte, nel qual caso il nero stretto è obbligatorio ed è perfino notato nelle lettere di udienza; che dal Re nessuna donna ardirà chiedere udienza particolare per presentazioni all'infuori di parte ufficiale, e che, comunque, con questi altissimi personaggi la persona presentata non parlerà per la prima,e non si permetterà il tono interrogativo, aspettando sempre di essere interrogata e incoraggiata a parlare. Il cerimoniale è rigido anche in paesi che hanno la forma di governo puramente democratico. Non ci sarà il bacio della mano, ma il potere è in sè stesso rispettabile e autoritario, e il sedersi di fronte al superiore è vietato, a meno che egli non ve lo comandi. Da questi grandi della terra nessuno si congeda da sè; sono essi che vi congedano con un semplice atto della mano o alzandosi da sedere. Essi sono in casa loro dovunque intervengono; sarà dunque un dovere imprescindibile di non far trovare alcuno che non possa essere ammesso convenientemente alla loro presenza, o in casa vostra o in un vostro istituto o galleria, o museo, o concerto, o comitato, o in una festa data in loro onore, eccetto il caso in cui non sia stato da essi precedentemente indicato, sia pure vostro padre, vostra madre, il vostro figliuolo, il marito o la moglie vostra. Coloro i quali trovassero eccessivi questi dettami, possono sempre fare a meno di osservarli. Non ci sarà per essi la pena dei tre tratti di corda et maggiore ad arbitrio di S. E. - Soltanto saranno gente fuori delle buone costumanze e ne avranno delle pessime, di cui poi saranno servi nello stesso modo, come noi lo siamo di quelle che, pel quarto d'ora, ci sembrano buone. Si potrebbe rispondere con poche varianti a coloro che si vantassero di essere indipendenti fino al limite di essere ineducati, quel che rispose il confessore a Filippo II: Le prerogative della vostra libertà, cosa sono esse se non una etichetta? Michele Lessona in una lettera piena di spirito raccontò alla compilatrice di queste regole, che ancora fino al 1848, nelle feste dell'Università torinese, usava, passando davanti al ritratto di S. M. Re Carlo Alberto, di levarsi rispettosamente il cappello come se egli fosse presente in persona. Con questo rispondeva ad una pubblicazione su un battesimo principesco nel secolo XVIII accaduto in Camerino, quando Maria Amalia, infanta di Spagna e Duchessa di Parma, sesta figlia di Maria Teresa e sorella di Maria Antonietta, si fece rappresentare da una gentildonna camerinese, come madrina in un battesimo, ma che nè alla surrogante nè alla Duchessa sarebbe parsa cerimonia riuscita, se il ritratto di essa non fosse posto a sedere in una poltrona dorata PIGORINI-BERI C., Le buone maniere. 15* nell'oratorio, vale a dire nel concerto musicale che si diede in suo onore al teatro. La Duchessa, cioè il suo ritratto, aveva le dame a sedere a latere, e tutti gli spettatori sfilavano davanti a S. A. R. dipinta a guazzo, inchinandosi profondamente. Dal ritratto seduto della Duchessa di Parma nel secolo XVIII, al ritratto in piedi di Re Carlo Alberto di mezzo secolo fa, c'è poco divario nelle etichette cortigiane: ce n'è ancora meno nelle presentazioni alla Regina, non solo colle Corti d'Europa attuali, ma perfino col presidente d'una gran repubblica democratica. «Qui, come in tutto, dice il più volte citato autore francese parlando del secolo passato, è una questione di misura, d'usi istituiti, consacrati dal tempo, e che cadono poi in dissuetudine crollando con esso. Cacciare col Re, montare nelle sue carrozze e cenare nei piccoli appartamenti, ecco le presentazioni degli uomini alla Corte. «.....Le donne sono presentate in cerimonia, la domenica in grande abito di corte, da una dama già presentata: esse hanno un enorme guardinfante, una coda smisuratamente lunga, e ci vogliono dalle 20 alle 22 aune per fare un grande abito senza guarnizione. Prima riverenza alla porta; qualche passo e seconda riverenza; terza riverenza in faccia alla regina: allora la presentata si levava il guanto destro, s'inchinava profondamente e prendeva un lembo della veste della regina per baciarlo; la regina lo impediva ritirando la veste, diceva qualche parola amabile, faceva una riverenza segno della ritirata, che si operava andando all'indietro malgrado la grande coda che si manovrava accortamente, eseguendo le tre riverenze di commiato». Si vede, il costume ha mutato poco come etichetta: ha mutato come sentimento e sopratutto ha mutato come carattere nazionale: ha mutato in quanto non solo nessuno bacia il lembo della veste, ma tutti possono aspirare all'onore di entrare alla reggia: ha mutato come amore di popolo e affabilità di principe, lasciando intatto il simbolo esteriore degli antichi riti tradizionali. L'insistere che facciamo in questi costumi gentili non potrà parere superfluo in un trattato dei costumi. Giova ripetere essere necessario che nessuna delle cose lecite e oneste, che si leggono nei giornali e di cui si parla nei ritrovi e nelle adunanze, sia sconosciuta ai giovani che debbono fare la loro strada nel mondo. Siamo passati di volo sui piccoli balli, i festini antichi a cui un tempo le fanciulle non intervenivano che sotto certe cautele, e non abbiamo parlato dei grandi balli che sono la stessa cosa, con qualche impegno di più e qualche gaiezza di meno. I balli grandi e piccini esigono la presentazione alle signore e signorine, prima di potere invitare alla danza: per una presentazione alle signorine sarà di obbligo che l'uomo si faccia presentare prima alle mamme o a chi le rappresenta e avere il permesso di ballare con esse. L'uomo sarà rispettoso e la donna contenuta: egli non cingerà la signorina alla cintura, ma le porrà la destra aperta nel mezzo delle spalle e colla sinistra terrà appena, lontano dalla sua persona, la destra di lei. Una signora non potrà rifiutarsi di ballare con alcuno dei signori presentati a meno che il suo carnet non fosse tutto impegnato. Se avesse per qualche particolare e grave cagione dovuto rifiutare un ballerino, non ballerà più per tutta la sera con alcuno e si ritirerà presto. Essa non si abbandona al suo cavaliere, ma tiene il capo un po' a sinistra in alto e poggiando la mano sinistra sulla sua spalla. Non dà in custodia ad alcuno fuorchè a sua madre o ad altra signora il suo ventaglio o il carnet: non ciarla, non ride troppo, non si permette curiosità o dimestichezze e non deride quelle che hanno pochi inviti e stanno a sedere aspettando la buona fortuna. La quale vien dormendo, come dice il proverbio; e chi ha spirito anderà a dormire il più presto possibile, anzichè fare il viso lungo o rider giallo o malignare invidiosamente contro le preferite. In queste regole generali di ben condursi nelle diverse contingenze della vita sociale non è da trascurarsi neppure quella che chiameremo l'etichetta del sigaro e del tabacco. Non occorre dire che noi intendiamo sempre che queste due droghe come il cognac e il rhum e in genere le cose alcooliche sono riservate agli uomini, come quei gabinetti di storia naturale in cui è scritto sulla porta: Le donne non entrano qui. Non si entra mai in casa altrui fumando nè sigaro, nè sigaretta e tanto meno la pipa. Si può fumare dopo un pranzo, un convito, un lunch, col permesso e anzi coll'offerta della padrona di casa; ma non mai nel suo salotto particolare o in una sala da ballo. I francesi, come hanno introdotto l'uso in Italia della salle à manger (sala da pranzo), hanno anche portato quello del fumoir (fumatoio). Se quest'ultimo salottino non esiste, sarà bene di fare come gl'inglesi: fermarsi nella sala da pranzo intanto che le signore vanno nel salotto. Pei fumatori ci sono usi singolari in tutti i paesi del mondo; noi non guarderemo nei paesi che quantunque originarii del tabacco non possono passare per modelli di civiltà fumatrice, cominciando dalla Spagna la più civile e finendo all'isola di Cuba la più barbara, in cui si dà all'ospite quasi l'avanzo della fumata, come per dirgli: Tieni, è buona! In Ispagna, dice la baronessa Staaffe, che fa testo di eleganza, il padrone accende il suo sigaro e dà al vicino il proprio fiammifero, evidentemente per togliere ad esso l'odor di zolfo. In Francia invece si accende sempre il fiammifero per l'ospite e gli si dà perchè se ne serva; ed egli lo restituisce ancora acceso. L'abitudine di cercar fuoco dal sigaro del vicino è un'usanza troppo americana, per poter essere adatta ai nostri costumi. E una cattiva educazione che mette troppo vicini due aliti, due visi, e fa fare specchio degli occhi. Tanto peggio poi chiedere fuoco ad uno che si incontra per la strada: ciò può produrre degli accidenti spiacevolissimi per parte di chi non vuol essere conosciuto. Questo servigio nell'etichetta del s igaro è l'indizio di una spensieratezza inescusabile; ad ogni modo nessuno può, richiesto, esimersi dal concederlo; le persone per bene si guarderanno dal chiederlo e richieste si guarderanno bene dal negarlo, come succede in tante altre cose nella società. In viaggio, anche nei vagoni dei fumatori, se c'è una signora se ne chiederà licenza. Ci sono degli esseri timidi che non sanno mai scegliersi un vagone, un posto in un tram o in un omnibus e non arrivano mai a salirvi in tempo. Di questi era il Renan, chiamato a Parigi l'uomo del tram. Il tabacco da fiuto non si offre mai ad alcuno; è un'offerta da sagristia che non entra nella buona educazione; e per questo appunto che non può offrirsi, è la sola cosa che può chiedersi da tutti. Le solite contraddizioni della vita, che noi ci contenteremo di constatare senza discuterle, perchè il mondo è fatto così, ed è di queste piccole transazioni e convenzioni che si compone la società costituita in tutti i tempi, in tutti i luoghi e perciò anche in Italia e in questo secolo XX.

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