Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Si fa non si fa. Le regole del galateo 2.0

180724
Barbara Ronchi della Rocca 1 occorrenze
  • 2013
  • Vallardi
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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La mano va stretta brevemente, senza stritolarla, ponendo a contatto i palmi (è sgarbato «concedere» due sole dita o abbandonare svogliatamente un arto molliccio e inerte) e guardandosi in viso. Quanto alle strette «a due mani», con I'aggiunta di pacche sulle spalle e prese al gomito, lasciamole ai politici in campagna elettorale. Se I'incontro avviene per strada, in ascensore, in un locale pubblico, su un mezzo di trasporto, niente stretta di mano: basta un «Buongiorno» con un bel sorriso. Mai salutare senza togliere gli occhiali da sole: sarebbe come parlare con qualcuno attraverso una porta chiusa. Passiamo ora alle presentazioni, una «grammatica» che vale la pena di imparare, onde evitare errori che possono offendere gli altri sminuendone il ruolo e l'importanza. Si presenta, indipendentemente dal sesso, la persona meno importante alla più importante, la più giovane alla più anziana, il singolo al gruppo, un collega a un estraneo, l'invitato abituale al nuovo arrivato, I'italiano allo straniero. Per quanto riguarda l'età, fermo restando il rispetto per le persone anziane, e a meno che non entrino in gioco prestigio e fama, si tende a considerare soprattutto l'anzianità professionale, cioè da quanto tempo si è in un certo posto di lavoro. È sempre la persona alla quale si presenta qualcuno a tendere la mano per prima: il neoassunto dimostrerà di «saper stare al mondo» evitando di porgere la mano al capufficio, in un contatto fisico magari non gradito. Siccome non siamo in salotto, anche le signore si devono alzare in piedi per presentare ed essere presentate. Ricordiamo che ormai usa chiamare «Signora» tutte le donne, senza indagare sul loro stato civile: «Signora o signorina?» è una domanda antiquata, da non fare mai. Chi presenta pronuncia chiaramente nomi, titoli di studio, mansioni, rapporti di lavoro: «Il nostro titolare, geometra Goffredo di Buglione», «La mia assistente, la dottoressa Bianchi», «II ragionier Rossi, direttore della nostra filiale di Cuneo». I presentati diranno semplicemente «Buongiorno» o «Buonasera», evitando l'abusato «Piacere» - spesso falso: quasi mai un incontro di lavoro risulta piacevole! In caso di autopresentazioni, se non siamo medici (nel qual caso il «dottore» è d'obbligo, per evitare confusioni di ruolo con altre figure dell'ambiente sanitario), è garbato tralasciare il titolo di studio, ma senza cadere nell'errore (e orrore) di definirsi «il signor Rossi» o «la signora Bianchi». Lasciamo che siano gli altri ad attribuirci la signorilità, che vale molto di più di un blasone o di un titolo di studio. L'importante è che ce la meritiamo. Durante un meeting o una riunione, ci si autopresenta a chi è seduto accanto a noi, rimandando il «giro del tavolo» di saluti individuali alla fine dei lavori, quando avverrà anche lo scambio dei biglietti da visita.

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IL nuovo bon ton a tavola e l'arte di conoscere gli altri

190631
Schira Roberta 2 occorrenze
  • 2013
  • Salani
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Vietato però abbandonare il proprio ospite o accompagnatrice per interminabili pause. Posate. Oggi si tende a snellire il più possibile il numero delle posate. L'ideale è il tris: una forchetta, un coltello e un cucchiaio, se serve; man mano che si susseguono le portate si cambiano le posate. Posti. L'uomo siede alla destra della donna, le riserva il posto lungo la parete o che comunque le permetta di vedere la sala. Ogni uomo siede a fianco di una signora che non sia sua moglie (o compagna). Nel caso di due coppie, ogni signora siederà alla destra dell'uomo che non è suo marito. Se invece l'uomo e la donna siedono da soli, ai due lati consecutivi di un tavolo quadrato, lui siederà alla sua destra per poter utilizzare il braccio destro e quindi versarle da bere con più agio. I signori siedono un attimo dopo le signore. Lo so, non lo fa quasi più nessuno tranne che in certi adorabili ambienti. Durante il pasto se una signora si allontana dal tavolo, per qualunque motivo, gli uomini si alzano contemporaneamente a lei, si risiedono appena si allontana e si rialzano appena riappare. A una cena in casa privata, ricordate, l'ospite d'onore uomo si siede alla destra della padrona di casa, mentre l'ospite d'onore donna si siede alla destra del padrone di casa. Prenotazioni. Se avete prenotato in un ristorante e poi per qualsiasi motivo cambiate idea, soprattutto se il locale possiede coperti limitati, telefonate sempre per disdire. All'estero nei ristoranti stellati si lascia il numero di carta di credito perché in caso di mancato avviso viene addebitata una mora. Presentazioni. Prima di imparare qualsiasi altra regola, la buona educazione ci impone di presentarci ogni volta che ci troviamo a dividere una tavola. In teoria dovrebbero pensarci i padroni di casa, ma se chi ospita è assente lo faremo noi dicendo il nostro nome con un sorriso accompagnato da un buongiorno o da un buonasera. Prezzemolo. Che dilemma, dire o non dire della fogliolina di prezzemolo tra i denti del nostro commensale. Sì, meglio dirlo. Basta sussurrarlo discretamente in un orecchio. Ribes e frutti di bosco. Si servono in coppette con il cucchiaio da frutta. Reclami. Nel caso di un cibo malcucinato, di un vino che sa di tappo o di una posata o un piatto non pulitissimi, ci si limita, senza recriminazioni, a chiedere che vengano sostituiti spiegando il problema con gentilezza. Con educazione e garbo è giusto sottolineare gli errori da parte della cucina o del servizio, nei locali pubblici. È peraltro di cattivo gusto mostrarsi incontentabili, critici, polemici, commentare la scelta dei piatti al cameriere o parlare dei propri disturbi intestinali agli altri ospiti. Ricci di mare. Solo se volete male ai vostri ospiti li servirete a una cena formale. Meglio lasciare questo ingrediente sensuale per uno spaghetto a due, magari cucinato insieme e consumato su una terrazza al tramonto. Riso e risotto. Si mangia con la forchetta, non si soffia sul risotto e non si allarga nel piatto come si vede fare. Ritardo. Mai arrivare in ritardo a un appuntamento galante, anche se alla signora è permesso un indugio di dieci minuti. Se arriviamo in ritardo in una casa privata o al ristorante è d'obbligo telefonare per avvisare. Sale e pepe. Non si chiede al ristorante di classe se non strettamente necessario, è come sottolineare che il piatto non era perfetto. In casa, durante i pasti quotidiani si mette in tavola, ma è meglio non farne uso. Salame. In una cena formale non si serve. Con gli amici e in famiglia ben venga qualche fetta di salame. Si può prendere con le mani e mangiarlo accompagnato dal pane; si eviti il classico panino, a meno che non ci si trovi a un bel picnic. Salmone. Si consuma con le posate da pesce, se accompagnato da crostini non va messo sul pane ma consumato a parte. Salse. Le salse non si raccolgono se non con il salsacoltello, una posata a forma di cucchiaio, ma con un lato tagliente creata apposta per tagliare e tirar su ciò che rimane nel fondo del piatto. Scampi. Serviteli già sgusciati quando è possibile. Consigliati per le cene private a due. Scarpetta. Mi dispiace, ma il galateo non ammette scarpette di sorta e soprattutto non tollera surrogati, e cioè tutte quelle pratiche che i commensali ingegnosi si inventano per raccogliere un buon sugo dal fondo del piatto. Non esistono deroghe. Via libera alla scarpetta, invece, nelle riunioni familiari e per lo Sgalateo. Segnaposti. È un bel gesto predisporre i segnaposti quando si hanno tanti ospiti e soprattutto se vogliamo mantenere la regia a tavola. Potete sbizzarrirvi con oggetti di ogni genere, che servano da supporto al cartoncino sul quale sarà scritto il nome. Soffiare. È molto maleducato soffiare sul cucchiaio o sul piatto per raffreddare il cibo. Sottopiatti. Sono utili e doverosi nelle cene formali, belli quelli in argento, ma sono ammessi tutti i materiali. Spaghetti. Si mangiano arrotolandoli alla forchetta, che non va puntata sul piatto, ma tenuta leggermente inclinata, quasi orizzontale. Si raccolgono pochi fili di pasta per volta, in modo da portare alle labbra un boccone piccolo. Evitate accuratamente risucchi di ogni tipo e rimasugli di sugo sul mento. Orribile l'utilizzo del cucchiaio o, peggio ancora, del coltello per tagliarli! Spumante. Quello secco non si serve mai a fine pasto insieme ai dolci. Se volete mostrarvi esperto di vino, dite «metodo classico», oggi lo spumante si chiama così. «Bollicine» pare sia superato, ma rende l'idea. Quando si stappa tenete la mano destra sopra l'imboccatura della bottiglia per evitare che il tappo colpisca qualcuno nella stanza e soprattutto cercate di essere silenziosi. Starnuto. L'ideale sarebbe reprimerlo, soffocarlo, ucciderlo, specialmente durante cerimonie e pranzi formali. Quando vi accorgete che lo starnuto sta arrivando, conviene alzarsi e procurarsi un fazzoletto pulito. Se proprio dovete restare seduti, voltate il viso all'esterno del tavolo e starnutite dentro il fazzoletto, badando di fare meno rumore possibile. In Giappone è considerato ripugnante starnutire a tavola. Stuzzicadenti. Come tutte le operazioni riguardanti il proprio corpo, stuzzicarsi i denti a tavola non è ammesso. In realtà i ristoratori dovrebbero mettere il contenitore degli stuzzicadenti in bagno. Se il fastidio è insopportabile, alzatevi dal tavolo. Sushi. Se non sapete usare le bacchette, non pasticciate inutilmente. Usate le mani, che è consentito, oppure chiedete una forchetta. Ogni pezzo di sushi va intinto nella soia dalla parte del pesce, mai dal riso. Le bacchette si appoggiano all'apposito utensile che assomiglia a un poggiaposate, e quando avete finito si mettono allineate sulla ciotola che contiene la salsa di soia. Al sushi bar, se sedete al bancone, non date soldi al maestro sushi presi dall'entusiasmo: non può toccarli. Tavola. Sulla tavola non si appoggia nessun oggetto, niente chiavi, occhiali, portafogli o telefoni. Tè. Si beve sorseggiando dalla tazza senza sollevare il mignolo, per carità. Non vi si inzuppano dolci o tartine, ma si alternano piccoli bocconi e sorsi di bevanda. La padrona di casa che invita per il tè predispone zucchero, latte e fettine di limone, qualche biscotto ed esorta gli ospiti a servirsi da soli dopo aver versato il tè nelle tazze. Toilette. Non c'è bisogno di annunciarlo rumorosamente, se si vuole andare in bagno ci si alza con un semplice «Scusate». Alle signore consiglio di non abbandonare per ore il proprio cavaliere ad aspettare al tavolo. Torta. Si mangia con l'apposita forchetta a tre punte. Tovaglia. La tovaglia, di qualsiasi colore sia, dovrà essere stirata alla perfezione e questo va fatto una volta che viene stesa sulla tavola, sopra un «mollettone», così si chiama il telo morbido di protezione alla superficie del tavolo. Scegliete tessuti naturali in colori contrastanti con i piatti la cui base, sarò tradizionalista, deve essere rigorosamente bianca. Tovagliolo. Solitamente piegato e posato sopra il piatto o il sottopiatto va a destra, ma si può semplicemente piegare a triangolo e adagiare sul piatto. Evitate piegature fantasiose e laboriose. All'inizio del pasto va steso sulle ginocchia, sempre dopo la padrona di casa o, al ristorante, dopo la persona che ha invitato. Non va mai legato al collo. Si usa prima di bere, sempre, e dopo aver appoggiato il bicchiere. Alla fine del pasto si lascia alla sinistra del piatto. In alcuni ristoranti di alto livello, prima del servizio del dolce, il tovagliolo viene cambiato con uno più piccolo. È un atto di grande cortesia. Signore, cercate di non lasciare vistose impronte di rossetto, signori non usatelo per detergervi il sudore dalla fronte. Ubriachezza. Può succedere che un ospite esageri con l'alcol: che fare? Un bravo anfitrione cerca di arginare come può la serata, ma di certo non lo abbandona fuori dalla porta a fine cena. Si preoccupa di accompagnarlo a casa e di assicurarsi che stia bene. Uomo. Uomini, ricordate! Basterà un gesto come aprirle la portiera o alzarsi nel momento in cui lei lascia il tavolo per farsi ricordare a lungo. Insomma, vi verrà perdonato anche qualche sbaglio, se saprete usare qualche galanteria al momento giusto. L'uomo entra per primo in un locale, comunica con i camerieri, versa da bere, si dimostra più interessato alla compagnia che al cibo, conversa e dovrebbe pagare il conto. Uova. Non si usa mai il coltello, in qualsiasi modo siano cucinate. Lo si può usare solo per tagliare il prosciutto o la pancetta che le accompagna. Uva. Va tenuta con la mano sinistra, mentre con la destra si staccano gli acini che andranno alla bocca. Verdure. Non si tagliano mai con il coltello. Vino. Non si versa mai sino al collo del bicchiere. Si stappa sempre davanti agli ospiti, e così pretendete al ristorante. Si fa scegliere alla signora e se questa si rifiuta si prende l'iniziativa chiedendo almeno «bianco o rosso». Chi invita, sia a casa sia al ristorante, propone i vini e chiede se gli invitati sono d'accordo. Il vino non si mescola con l'acqua e non deve essere raffreddato con il ghiaccio. Si lascia in un secchiello di qualsiasi materiale, possibilmente su un tavolino a parte. Zotico. È l'epiteto che si merita chi a tavola pecca di prepotenza e maleducazione. Per neutralizzare lo zotico recidivo è necessaria più fermezza che ironia, la seconda non la coglierebbe. Un seccato richiamo ha più probabilità di venire accolto. Zuppa, zuppiera. Non si soffia sulla minestra o la zuppa. In Inghilterra, il cucchiaio non viene introdotto in bocca di punta, ma appoggiato lateralmente alle labbra. In Italia il cucchiaio viene introdotto in bocca di punta. Ma ciò non vuol dire, beninteso, che lo si debba inghiottire fino al manico. È tollerato che, arrivati agli ultimi cucchiai di minestra, si sollevi appena il piatto inclinandolo verso il centro della tavola. Zuzzurellone. Avete presente quei soggetti che pur essendo adulti si comportano come ragazzini e si divertono a fare i giocherelloni? È il buontempone, il burlone che a tavola gioca con il cibo, estenua i commensali con storielle imbarazzanti, indovinelli, racconti di vita privata e via discorrendo. Basterà ignorarlo senza ridere delle sue battute pesanti per neutralizzarlo.

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. - Scegliete ricette che si possono preparare prima per non abbandonare gli ospiti. - Evitate piatti complicati; non sopravvalutate le vostre doti culinarie. - Comprate acqua e bevande nel caso qualcuno sia astemio e qualche bottiglia di vino in più (una potrebbe sapere di tappo). - Evitate assolutamente di cucinare un piatto che non avete mai preparato prima, magari ispirandovi a un bel ricettario di cucina che vi hanno appena regalato. Ricordate cosa dice Artusi nell'introduzione della Scienza in cucina: «Diffidate dei libri di cucina», e ve lo dice una che ha pubblicato un migliaio di ricette. Il che significa che anche i piatti che vi sembrano spiegati meglio vanno provati almeno un paio di volte per essere messi a punto; lo fanno anche i grandi chef. - Prima di iniziare a cucinare mettete tutti gli ingredienti sul tavolo: eviterete di correre al supermercato all'ultimo momento per comprare la bottarga. - Mai saltare il dolce. Se optate per una cena leggera, per non appesantire i vostri ospiti pensate a un menu di tre portate: entrata, piatto forte, dolce. - Informatevi su eventuali allergie e intolleranze degli ospiti. Non dimenticate le diete e le prescrizioni religiose. - Non inserite più di una volta lo stesso ingrediente in un pranzo. L'ultimo punto è importante. Una volta fui invitata a casa di una conoscente e mia lettrice che voleva farmi buona impressione. Aveva un'insana fissazione per lo zenzero, a suo parere molto esotico. Quindi preparò sfogliatine allo zenzero, maccheroni con verdure e zenzero, cous cous allo zenzero e infine budino allo zenzero. Capite che una cena così diventa davvero indimenticabile: un incubo. Ricordate: varietà negli ingredienti. Le uniche eccezioni sono ammesse per tartufi e funghi, che si possono inserire in più di una portata in un prestigioso menu a tema. Altro dettaglio importante: quando decidete le portate di un menu non preoccupatevi solo della bontà del piatto in sé o del fatto che «vi viene bene», ma considerate quel piatto in relazione a cosa viene prima e a cosa viene dopo. Un bravo gourmet infatti si preoccupa soprattutto della sequenza dei piatti, più che della loro singola presenza all'interno di un pasto. Un libro utile a riguardo è L'arte del menu di Fabiano Guatteri. Già che ci siamo, vi spiego la differenza tra menu e carta: la conoscono in pochi. Quando andate al ristorante, fate bella figura e chiedete «la carta», non il menu. La carta include tutte le proposte della cucina, mentre un menu è l'insieme di più portate pensate in sequenza logica. Quindi una carta può contenere uno o più menu.

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