Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Quell'estate al castello

213895
Solinas Donghi, Beatrice 1 occorrenze
  • 1996
  • Edizioni EL - Einaudi Ragazzi
  • Trieste
  • Paraletteratura - Ragazzi
  • UNICT
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Lei avrebbe persino fatto i salti mortali, credo, pur di non abbandonare quell'idea che le piaceva tanto, perciò disse subito: - Non è detto. Anche le lettere potevano essere un buon nascondiglio - . Qui le scappò un sorriso: - Ma tanto è inutile discuterne; certo a quest'ora le avran buttate via. - Per quello puoi star tranquilla, la mia nonna non butta mai via niente. Mamma la sgrida per questo, ma qui è in casa sua e fa come vuole. Cosí la prossima mossa fu di tornare di nuovo a consultare la nonna. Lei non domandava di meglio: da tanto che era contenta e lusingata le vennero in mezzo alle guance come due roselline color del corallo, in tinta coi suoi orecchini all'antica. E dunque disse che sí, le lettere esistevano ancora. Quando era mancato il povero Pio le aveva messe via lei personalmente in un baule, su in solaio: nessun altro le aveva toccate e nemmeno ci aveva pensato, insomma non erano sembrate importami a nessuno. Erano ancora lassú, se ci faceva piacere vederle. Eccoci dunque ripartite in esplorazione, come ai bei tempi, però in su invece che in giù, verso il solaio polveroso invece che nei sotterranei del castello. Il mio solletico dietro le costole era sempre piú forte. Sentivo odore di avventura. Il baule era di ferro, di quelli che usavano una volta: per metter via la roba, io credo, piú che per viaggiare. Non era chiuso a chiave, bastava tirare su il coperchio. Nell'aprirsi fece uno gnau lamentoso. Mi ricordai del suono che aveva fatto la botola dello scheletro, quando Remigio l'aveva tirata su e si era visto che sotto non c'era niente. Qui c'erano le lettere, una quantità. Nessun topo era arrivato a rosicchiarle, lí dentro il metallo, però erano parecchio sbiadite. Sulle buste l'indirizzo era diventato marroncino, oppure lilla quando era stato scritto con l'inchiostro violetto. - Quante! - disse Ippolita, tutta felice. - Ce ne vorrà, a passarle tutte! Si lasciò andare senz'altro in ginocchio sulle assi polverose e cominciò a tirar su una lettera dopo l'altra, allargando con due dita ogni busta e guardando anche in mezzo ai fogli piegati, caso mai ci fosse la banconota. Allora mi ci misi anch'io, un po' piú al ral - lentatore perché non ero tanto convinta. Leggevo qualche parola, dove mi cadeva l'occhio e dove la calligrafia si capiva. Caro e Reverendo Amico, tutto con le maiuscole. Due righe di scrittura inclinata dove si dava la notizia di un'invasione di cavallette che aveva portato molto danno ai campi della Missione; la data di un certo giorno di un anno lontano. C'era un odore di scartoffie vecchie che mi metteva tristezza. Quello dell'avventura non lo sentivo piú. Ero sempre meno convinta, cosí dissi: - Mah! per me stiamo facendo un lavoro inutile. I missionari, se avevano dei soldi, li avranno spesi per le loro Missioni, ti pare? Perché dovevano mandarli proprio al prozio Pio? Lei rispose solo: - Sarà, ma lasciami finir di guardare. Lo sapevo com'era fatta: quando si appassionava per qualcosa non era tanto facile smuoverla. Io invece mi ero stufata. Pian piano mi allontanai, girellando qua e là a guardare negli angoli piú scuri se anche quest'anno c'erano i pipistrelli. Ne trovai due, piccolini, appesi a testa in giú dietro a una trave. Nel sonno muovevano continuamente il muso in una maniera molto buffa. Gli idem-come- sopra. Pensare che mi avevano fatto paura, nelle catacombe! Per cambiare, andai a guardar fuori dall'unico finestrino che c'era. Si vedeva la strada, il pergolato, la casa del vicino, l'orto con le prime macchie gialle, tutto un po' diverso, almeno mi pareva, di quando lo guardavo dalle finestre di gíú. Non era più la solita roba che vedevo tutti i giorni, ma un quadretto lucido, un po' rimpicciolito. Bello. Forse era cosí che lo vedeva Ippolita, dal suo punto dí vista di persona venuta di fuori: ecco perché le piaceva tanto. - Gina, - disse in quel momento, con una voce strana. Mi voltai. Era seduta sui talloni, con le mani aperte ai lati del corpo e cinque o sei di quelle lettere sparse in grembo. Le guardava senza nessuna espressione particolare, eppure mi sembrò di vedere, sospesa sulla sua testa, la lampadina accesa, con scritto IDEA!!, del detective che ha capito tutto. - Hai, hai trovato qualcosa? - Vieni un po' qua. Andai là. - Avevi ragione, sai. È un lavoro inutile guardar dentro a queste lettere. Bastava guardarle di fuori. - Come sarebbe, di fuori? - Le buste, polla che sei! Ti dicono niente le buste? Le guardai; e non mi dicevano niente. Un po' gialle di vecchiaia, con l'indirizzo sbiadito. Spiccavano, in confronto, i colori dei francobolli, tanto píú che c'erano rappresentati uccelli esotici e fiori strani e altre cose

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