Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbandonare

Numero di risultati: 8 in 1 pagine

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Il successo nella vita. Galateo moderno.

175001
Brelich dall'Asta, Mario 8 occorrenze
  • 1931
  • Palladis
  • Milano
  • Paraletteratura - Galatei
  • UNICT
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Se qualcuno fosse costretto di abbandonare prima dell'ora solita la società, lo fa senza attrar l'attenzione degli altri: si congeda piano dai padroni di casa e se ne va. Per lo più i vecchi sono quelli che cominciano a congedarsi presto. L'ospite accompagna ogni invitato sino alla porta; poi s'occupa di nuovo degli altri suoi ospiti, in modo che la sala da ricevimento si vuoti soltanto man mano. Ognuno che ha una casa, accettando un invito, dovrà occasionalmente ricambiarlo. Non occorre che questi inviti siano sempre dei grandi pranzi o colazioni ognuno inviterà e farà secondo i suoi mezzi; però si deve accettare soltanto degli inviti, che si può anche ricambiare.

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La probabilità d'una riforma nella moda per signori, veramente troppo pesante per l'estate, non ti autorizza di levar dappertutto la giacchetta, e sarebbe molto indecente di levartela, p. e. in un locale o ristorante di primo ordine, dove il proprietario potrebbe benissimo invitarti a indossarla di nuovo, o abbandonare il suo locale. Il meglio è: di acclimatizzarsi alle usanze del paese, con riguardo al tuo rango sociale. La stessa regola vale anche per la moda « senza cappello » che, oltre ai punti di vista della comodità, non è una cattiva idea, neanche dal punto di vista igienico. Eppure non si può lasciare a casa il cappello, se si voglia apparire elegante, con un vestito da strada ben fatto. Darebbe l'impressione d'un abbigliamento imperfetto, ed è specialmente fuori di luogo quando si sia indossato anche un soprabito. Si sollevi il bavero del cappotto soltanto in caso di cattivo tempo. E' molto indecente terminare la « toilette » soltanto per strada; quindi un vero signore non vestirà mai i guanti per strada, se già non li tiene in mano, come si usa. Se si è costretti a rimediare a qualche difetto di « toilette » per strada, non lo si faccia in mezzo al marciapiede, ma si vada in un portone, o si stia fermi almeno in un luogo poco frequentato. Chi, prima di abbandonare il suo appartamento, esaminerà i nastri, o i legacci delle sue scarpe, si risparmierà certamente qualche situazione penosa.

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Quando i giocatori osservano che una lepre rincorsa dal cane si stanca, essi possono « tagliare la pista » cioè passare fra la lepre ed il cane e questi allora è obbligato ad abbandonare la preda per rincorrere la lepre che gli ha tagliato la pista.

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Dando un colpo maestro, si deve abbandonare assolutamente la sostituzione delle carte, che è molto incerta; invece, volendo giuocare un piccolo colpo, è utile lo scarto: perchè deve migliorare le carte sostituite a meno che non si tratti di carte le più opposte al giuoco, o di minimo valore. Scartando, si deve ancora cercar di fare i quattordici. Si chiamano 14, l'insieme dei 4 assi, 4 re, 4 dame, 4 fanti; e, favoriti dal 14 d'asso, se ne può contare uno ben più basso, come quello di dieci, quantunque l'avversario ne abbia uno di re, di dame, o di fanti; perchè il quattordici più forte annulla il minimo. In mancanza del quattordici, si contano 3 assi, 3 re, 3 dame, 3 fanti o 3 dieci. Si noti che 3 assi valgono più di 3 re e che il più piccolo quattordici impedisce 3 assi, col favore di un quattordici, si contano non soltanto altri quattordici minimi; ma anche 3 dieci, ed altri 3, purchè non siano di 9, di 8, o di 7, quantunque l'avversario abbia 3 di un valore superiore. Un po' d'esercizio renderà famigliare questa regola, che sembra tra le più difficili del giuoco. Lo stesso s'ha da praticare in rapporto alle ottave, settime, seste, quinte, quarte e terze, alle quali un giuocatore, che fa il suo scarto, deve pensare a fine di procurarsene colla sua rientrata di carte. Questo studio è ciò che di più bello ha il giuoco di cui si tratta. Nel capitolo seguente è indicato il valore e il numero delle carte; ciò che servirà a far conoscere ai giuocatori poco esperti quali carte sia meglio e più vantaggioso di conservare e quali da scartare.

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Non pochi si piccano di avere scoperto un sistema per vincere sicuramente; ma in effetto finiscono per perdere e per rovinarsi, poichè non c'è sistema che tenga, ed il banco, se talvolta paga somme favolose ai giuocatori, le ricupera ben tosto, quando i fortunati non hanno il criterio di abbandonare subito e per sempre il giuoco. A Montecarlo, per esempio, ho udito io con le mie orecchie uno dei tanti croupiers esclamare, indicando un vincitore assai fortunato: - Se non parte, stanotte dorme col danaro vinto e domani ce lo rende!

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Gli alfieri procedono sempre diagonalmente, ma non possono abbandonare mai il loro colore, bensì possono avanzare di una o di tutte le caselle che si trovano sulla linea del loro giuoco. La regina può procedere in linea retta, orizzontale o verticale o diagonalmente. Avanza di una o di più caselle, ed ha perciò il cammino della torre e quello degli alfieri. Il re non può muoversi che di una casella per volta ma in tutti i sensi. Però, quando si arrocca ne può fare due. Arroccare o roccare il re si dice quando gli spazi tra esso e la torre sono vuoti e nè il re nè la torre sono stati per anco giuocati. Allora si avvicina la torre al re, e questi salta per fare 2 invece di un passo solo. Collocate le pedine al posto assegnato a ciascuna di esse, il primo a giuocare fa avanzare un pedone e l'avversario a sua volta un altro. Così impegnata la partita, la vittoria resta a colui che per primo avrà fatto (o dato) scacco matto al re avversario. Dare o fare scacco matto vuol dire giuocare una pedina che minaccia di prendere il re. S'egli si salva è scacco; ma se non può giuocare senza essere preso, allora è scacco matto.

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Se un giuocatore indebolisce il proprio giuoco da una parte è opportuno aggredirlo con forza su quel punto, onde, con un cambio o con il sacrificio di una pedina, si possa andare sollecitamente a dama, senza però abbandonare o indebolire il lato contrario. Chi possiede una dama, si ricordi di non tenerla inattiva; ma cerchi con quella di infliggere il maggior numero di perdite all' avversario. Il buon giuocatore si rende sempre conto di tutte le mosse e delle conseguenze, anche lontane, che ne possono derivare. Scoprendo o indovinando il giuoco avversario, gli si crei subito una opposizione; e si abbandonino subito i progetti, che risultassero indovinati dalla parte avversa. La posizione, più che il numero delle pedine, contribuisce a far guadagnare la partita. Quando la partita sta per decidersi si raggruppino i propri pezzi e si lotti in massa, affinchè gli uni possano riescire di aiuto agli altri pericolanti. Quando la partita sembra perduta, si cerchi, sacrificando tutto, di giungere almeno a dama. Se l'avversario si è impadronito degli scacchi, è opportuno manovrare nel mezzo del damiere, procurando di chiudere i pezzi avversari.

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Abbandonare la chiesa durante la predica sarebbe una grave offesa a tutti e un disturbo sconveniente, perciò si deve sempre rimanere in chiesa sino alla fine. Dopo la predica il pastore va di nuovo innanzi all'altare, dice una preghiera e distribuisce la benedizione che viene accolta dalla comunità stando in piedi. Gli uffizi divini luterani terminano con un canto finale. Alle porte della chiesa ci sono dei « salvadanai » per raccogliere i doni di denaro dei credenti che escono. Lo scopo della beneficenza viene annunziato dal pulpito. Naturalmente la carità non è obbligatoria, ma ognuno dà secondo la sua capacità. In certe chiese di villaggio il servo della chiesa raccoglie gli oboli dopo la predica con un piccolo sacco, però senza campanello secondo l'uso cattolico.

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