Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbandonare

Numero di risultati: 9 in 1 pagine

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Eva Regina

204414
Jolanda (Marchesa Plattis Maiocchi) 9 occorrenze
  • 1912
  • Milano
  • Luigi Perrella
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Negli ultimi quattro mesi, poi, la futura mammina dovrà abbandonare assolutamente ogni abitudine di vita mondana. Non più veglie, non più passeggiate fra la gente, non più ritrovi con le amiche. Eviterà le fatiche d' ogni genere, i lunghi tragitti in carrozza, o i lunghi viaggi in ferrovia. L' abitudine d' una passeggiata igienica quotidiana è però da serbarsi fino all'ultimo, così la signora farà uso di grandi mantelli che sovrapporrà ai suoi abiti sciolti onde non venga profanato da sguardi curiosi e beffardi il geloso secreto della sua maternità. Ora vi sono le fogge Empire che furono inventate, dicesi, appunto per le conseguenze della licenziosità dei costumi sotto il regno Napoleonico, e che servono a mera- viglia ad attenuare l' alterazione delle linee della persona. Ma la signora, in istato di avanzata gravidanza, dovrà pure omettere i colori troppo vistosi e certe fogge troppo ardite di cappellini che stonerebbero troppo col suo volto un po' patito e col suo personale sformato. Del resto in questo periodo della vita la sua femminilità individuale passa in seconda linea : non più ammirazione o desiderio la circondano, ma rispetto: ell'è sacra, ell'è madre solamente. E secondo questo pensiero, secondo questa convinzione, è necessario ch' essa ordini e regoli tutto nella sua esistenza, dall' intimo sentimento alle forme esteriori.

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. — È, quindi, la camera che amiamo di più, che soffriamo più di abbandonare quando vi siamo costrette; dove ci rifugiamo nei giorni di malessere, nelle ore d' angoscia e di dolore : dove portiamo a nascondere le nostre gioie più fulgide, le nostre pene più amare. E appunto per questo suo carattere intimo, nella camera da letto non si ammettono che le amiche più di confidenza, le parenti più prossime, e nessun personaggio dell' altro sesso, a meno che non sia un fratello o che non si tratti di circostanza speciale. Una signora che abbia un quartiere ristretto o poco riscaldabile, potrà anche rimanere tutto il giorno in camera da letto e ricevervi le persone amiche, purchè un cortinaggio, un paravento, nasconda il letto, e il resto della stanza abbia un po' il carattere d' un salottino. L'arte nuova, però, vuole che la camera da dormire resti ciò che è, e sia sopratutto conforme alle regole dell' igiene. Banditi i cortinaggi, i tappeti : mobili dagli angoli arrotondati, a vernici chiare, scarse imbottiture, forme sobrie, pareti lucide invece che rivestite di carta. E le stanze da bagno e da toilette sono oggi quanto di delizioso si possa desiderare, con tutti gli accessori in marmo, ferro e cristallo, acqua a profusione; grosse stuoie, vetri smerigliati : la frescura d' estate, d' inverno il tepore. Avendo la fortuna di possedere una casa tutta per sè, o di abitare un vasto appartamento, mi sembrerebbe preferibile, per due sposi, avere ciascuno la propria stanza, anzichè una camera comune. Il letto matrimoniale è antiestetico, ridicolo, incomodo, offensivo al pudore. Nessuna giovine sposa accoglie senza arrossire una visita nella sua stanza, a motivo di quel gran letto impuro che fa fare alle fanciulle ignare le più strane considerazioni, ed eccita la fantasia e i sensi delle altre. Molte poesie, molti delicati riguardi che avrebbero potuto durare, si sono dissipati nel matrimonio a motivo di questa camera comune che abbassa l' amore alla sua semplice funzione di riproduttore della vita. Vi sono certi pudori che una donna di fine educazione non può sacrificare nemmeno al proprio marito; vi sono promiscuità ripugnanti, specialmente fra esseri il cui organismo è così diverso e dà abitudini e necessità così differenti. E poi l' indipendenza individuale è offesa continuamente dai gusti e dalle consuetudini spesso opposte : al signore piacerà dormire al buio, alla signora tenere il lume ; il marito avrà l' abitudine di fumare una sigaretta prima di prender sonno, alla moglie darà noia l' odor del fumo; l' uomo soffrirà il caldo e non sopporterà che coltri leggere, la donna sarà freddolosa e vorrebbe addosso una montagna ; qualche volta l' uno o l' altra vorrebbe leggere un poco ; il coniuge che non capisce questo gusto si lamenta. Poi l' uno rincasa tardi e sveglia l' altra ; lei vorrebbe alzarsi presto e si sacrifica per non svegliar lui; insomma, a pensarci bene, è un conflitto continuo, preludiante spesso a divergenze più gravi. E la vita ha già tante noie, costringe già a tanti sacrifizi, che non mi pare giusto nè ragionevole che si debba fabbricarne apposta quando si potrebbe farne a meno.

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Forse può dispiacerle di abbandonare un tappeto a quei piedi voraci, di sacrificare un'accordatura al pianoforte, di vedersi prolungare la veglia sino alle ore piccine, ma questi rammarichi dovrà tenerli per sé e cedere di buon grado al desiderio comune. Anzi se nessuno altro si offre, spetta a lei di darsi vittima volontaria e sedere al piano a discrezione dei suoi ospiti: se poi qualcuno la previene non manchi di sostituirlo dopo un po' di tempo. Poi si occuperà delle signore che non ballano, e declinerà per sè ogni invito, anche se è gio vine e se adora la danza. Se si accorge che qualche signorina è trascurata, preghi con garbo qualche signore, col quale abbia una certa confidenza, d' invitarla: se qualcuna vuol ritirarsi prima delle altre, faccia in modo che la società non se ne avveda considerandosi obbligata a sciogliersi. Provveda che ognuno dopo il ballo trovi da rinfrescarsi o da rifocillarsi : faccia star pronta la cameriera nel gabinetto di toilette o in qualche stanza attigua, nel caso che alle danzatrici abbisognasse il suo aiuto: non si mostri stanca nemmeno se è esausta, e trattenga per dieci minuti gli invitati a sera finita perchè abbiano modo di rimettersi se accaldati, prima d'uscire nella via. Vegli che ogni signora abbia quanto le occorre e l' accompagni sino all' anticamera.

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Gli scaldapiedi di ferro a carboni ardenti sono da abbandonare come nocivi. Si sostituiscano con un cilindro di metallo pieno d'acqua bollente od anche con una di quelle borse rivestite internamente di pelliccia, assai confortatrici. Anche l'uso dello scaldino è brutto e antiestetico e conduce, piano piano all'ignavia. Pure è un gran rimedio contro i geloni e i medici ne raccomandano l' uso per tempo alle persone che soffrono di questo antipatico incomodo. Una volta si credeva che il coricarsi in un letto freddo fosse più igienico che l' entrare in un letto riscaldato. Ma l' igiene moderna ci dice invece che l'asciugar bene le lenzuola col trabicolo o i recipienti d'acqua bollente, è più vantaggioso alla salute. Il freddo sofferto in letto è dannosissimo alle persone delicate, ai bambini, ai vecchi : ma è poi da consigliarsi di non dormire in un ambiente troppo riscaldato e di guardarsi bene dall' addormentarsi con la stufa accesa. Incomparabili riparatrici del freddo, sono le pelliccie. Ora se ne possono avere anche ad un prezzo relativamente mite, ed io consiglierei tutte le signore a far a meno piuttosto di un mantello dì lusso ma non privarsi di questo così pratico indumento. E nella scelta degli abiti e della biancheria si guardi piuttosto alla qualità del tessuto che alla sua pesantezza. Vi sono panni, fustagni, maglie, che opprimono il corpo senza tenerlo caldo; mentre certe flanelline morbide, lanuginose, certi panni di tutta lana, aderenti, riparano assai meglio essendo più leggeri. Molti medici proclamano la superiorità igienica del cotone sulla lana che è buona sviluppatrice di microbi; infatti, ora l'industria tessile del cotone è giunta ad una tale eccellenza da farla preferire volentieri. Meglio di tutti la seta che ripara dal freddo ed isola dal caldo. Ma ha due difetti : dura poco e costa molto. Continueremo dunque ad usare per noi e per i nostri bambini, le benefiche camiciole di lana, le flanelline sempre così convenienti, il delizioso tessuto dei Pirenei per le sottane e le vestaglie. Chi soffre di bronchiti, tenga caldo oltre il petto l'alto del braccio, dal gomito alla spalla e usi bevande di latte tepido con fusione di lichene. Chi è soggetto ai gastricismi, avvolga lo stomaco e il ventre con una fascia di lana e tenga molto caldi i piedi.

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Inoltre la promiscuità con gli studenti negli anni di pratica e la frequentazione degli Ospizi di Maternità dove molte madri sono donne infime e corrotte, contribuiscono ad allontanarle, a far abbandonare l'ostetricia in mano a quelle che non hanno più scrupoli perchè non hanno più nulla da perdere. Questo fatto è deplorevole perchè al letto d'una partoriente, nel momento più difficile e più sacro della vita femminile, in presenza al miracolo augusto della maternità, sarebbero più che mai necessarie donne di vita austera, di coscienza delicata, di specchiati costumi. È vero che le studentesse di ostetricia sono destinate ad essere sparse nelle varie campagne e nei piccoli paesi, dove la clientela non è poi così schizzinosa e sentimentale. Ma la loro responsabilità è maggiore e più assoluta ivi che negli ospizi di città: e una levatrice di coscienza elastica può lasciarsi corrompere e prestar mano a molte brutture... oltre che servire di malo esempio se la sua condotta è riprovevole. La loro vita, nell'esercizio della professione penosa da esse scelta, dovrebbe essere di completa abnegazione, di disagio, di carità e di prudenza. Come i medici e i preti esse non dovrebbero appartenersi più per dedicarsi interamente all'umanità che soffre. A qualunque ora, con qualunque tempo, in qualunque località : attraverso monti, attraverso deserte pianure, attraverso boscaglie e dirupi, le raccoglitrici delle generazioni venture mai devono rifiutarsi o differire di compiere il loro dovere. E spesso devono assistere a scene strazianti, di miseria, di morte... Io credo che se ognuna di queste belle giovani liete che intervengono in sciame vivace alle lezioni si rendesse conto con coscienza di ciò che significa quella professione ch' essa ha scelto come avrebbe scelto quella della commessa o della kellerina, la metà, almeno, tornerebbe indietro.

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Il collo è la parte che prima reca le tracce dell'età : bisogna quindi abbandonare prestissimo le fogge che lasciano di giorno il collo scoperto, o almeno sostituire il colletto con qualche sciarpa di velo, qualche nastro di velluto o di seta. Per la sera sono veramente provvidenziali quei cosidetti collier de chien in piccole perle sostenuti da barrette di pietre dure, che lasciano alla scollatura la sua grazia e nello stesso tempo adornano un collo un po' magro o non più fresco.

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E come negli Stati, anche nelle famiglie accadono talora fatti così dolorosi e tremendi che la sua regina, colei che ne reggeva lo scettro d' impero, si trova nella necessità d' abbandonare il suo posto, di prendere la via dell' esilio. Le cause possono avere origine diversa : o una passione illecita e colpevole che parla al cuore della donna più forte degli altri suoi affetti e dei suoi doveri e la strappa dalla casa coniugale che è oramai divenuta un carcere per lei e la costringe, come attirata da un fluido ipnotico, fatale, a compiere l'irreparabile : — o una insofferenza giunta oramai all' estremo limite di convivere ancora con lo sposo il cui carattere, le cui abitudini, si trovano in perfetto contrasto con quelli di lei e dànno origine continuamente a violenze scandalose. Oppure qualche offesa ricevuta che non si vuol perdonare, che si vuol punire con la separazione assoluta, con l' abbandono. Ad ogni modo il motivo deve essere d' una potenza straordinaria per costringere una donna alla risoluzione suprema d' abdicare al suo regno, di spezzare la catena dei suoi affetti, delle sue dolci consuetudini, di sacrificare forse i figliuoli, di rinunziare alla sua casa, alla sua città, alle sue amicizie, e fuggirsene sola verso l'ignoto, forse verso la catastrofe. E per quanto maturato questo partito che le pare il solo a cui le sia possibile oramai di appigliarsi, pure nel momento di mettere in atto la determinazione il cuore le si schianta, la testa le turbina, il senso della vita le vien meno come ad una moritura. È lei che lo vuole, sì ; essa non obbedisce che alla propria volontà, che al proprio istinto, forse : si sente arbitra sola del proprio destino ; ma questo appunto le dà un brivido di sgomento, uno spasimo d'angoscia. Eppure non voile ascoltare nessun consiglio, e non lo ascolterebbe neppure in quell' ora — ma la sua solitudine, la sua indipendenza stessa, le dànno le vertigini. Ed affretta, affretta i preparativi per togliersi al più presto di là, per mettere al più presto l' irreparabile fra l' avvenire e il passato : per togliersi ogni possibilità di pentimento, di riflessione, di transazione. « Ciò che deve avvenire avvenga ! » è il grido disperato dei suicidi ; ed essa lo ha sulle labbra in quell' istante in cui rinunzia per sempre al suo posto di battaglia che doveva occupare sino alla morte : al suo regno che mai doveva essere privo della propria regina.... Anna Robertson Brown giustamente scrisse: « Consideriamo bene la vita da tutti i lati, prima di gettarci a capofitto in un nuovo cammino dal quale non sarà poi sempre facile ritrarci. » Infatti quante volte queste donne impulsive, sconsiderate, insofferenti, credendo di raggiungere il meglio, precipitarono nella rovina !

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Nè traviamento di passione, nè rimorsi, nè discordia, nè insofferenza, nè sdegno obbligano la sovrana ad abbandonare il suo regno, ad esulare da esso. Non è felice, giacchè mille indizî la fanno oramai consapevole che il suo sposo non l' ama più, che l'amore di cui era altera e lieta si è andato raffreddando grado grado sino a giungere a una indifferenza distratta che la stringe al cuore, che le dà acute pugnalate di gelosia, poichè nemmeno ignora che il suo sposo, il padre dei suoi figli, ha l'anima e i sensi rivolti altrove. Conosce anche il nome di questa donna, le circostanze che determinarono la attrazione fatale, che ne favorirono lo sviluppo ; spesso la incontra per la via, a qualche ritrovo, a teatro. È bella e giovine, più bella e più giovine di lei che la tristezza consuma : è elegante e raffinata, provocante, perchè nessun scrupolo la trattiene dal fare spese pazze, dall'adottare le mode più impudiche : e sulle sue labbra, e nel suo sguardo la moglie infelice legge quell'espressione d' ebbrezza e di vittoria che fu già sua, che le è stata tolta. Eppure tutto tollera e comprime nel suo segreto, perchè è virtuosa, perchè ama ancora e nel suo intimo spera. Spera che si tratti soltanto di un traviamento passeggero, che la sua dolcezza, la sua indulgenza le rendano prima o poi lo sposo tenero e pentito. Ma gli uomini non solo non vogliono essere contrariati nelle loro tendenze e nei loro desideri, ma nemmeno tollerano intorno la tristezza, le lagrime, la rassegnazione dolorosa, tutto ciò che li costringe a pensare al loro errore, a sentire più o meno pungente l' aculeo del rimorso. Essi vogliono essere liberi d'amare, di disamare, di prendere, di lasciare, secondo dice loro l' istinto, e non soffrono il più lieve impedimento e si sentono tratti a sbarazzarsi la via ad ogni costo, anche a quello di commettere un delitto.... Dopo aver cercato invano di stancare la pazienza, la bontà della moglie con l'abbandono e le cattive maniere per obbligarla a cedere il campo, visto che il sentimento che ancora sopravvive in lei è più forte della sua crudeltà, quel sentimento ch'egli si nega di riconoscere e chiama caparbia, ostinazione, sfida : istigato senza posa, esasperato dalle perfide suggestioni dell'amante e dai consigli di lei, l' uomo, un giorno compie il supremo atto di viltà. Schiaffeggia quella guancia smorta, afferra quella fragilità che non si ribella e la scaccia dal suo trono e dal suo regno dove vagheggia condurre un'altra regina, la bella che lo inebbria e lo soggioga. E la povera offesa, la povera reietta ancora obbedisce, sopporta e tace. Se ne va stringendo al seno i figliuoletti, traditi come lei, se ne va piangendo mentre le si spezza il cuore nell'abbandonare il suo nido d'amore, il suo regno di cui prevede la profanazione. E l' accolga pietosamente la casa che la vide nascere, o cerchi rifugio fra estranee pareti dove ricomincierà la vita dedicandosi tutta ai suoi bimbi innocenti e sventurati, ella si sente pròfuga, errante, sperduta, senza tetto. Giacchè la vera dimora a cui la donna aderisce con le più delicate e tenaci fibre dell'anima non è quella dove nasce o dove morirà, ma quella dove l'amore le rivelò il mistero della vita, e le diede le indimenticabili emozioni della maternità. Fuori di essa non vi è che l'esilio.

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Una madre di famiglia sgomenta e addolorata di dover abbandonare una casa dove abitava da molti anni e nella quale erano nati tutti i suoi bambini, non osò più lamentarsi dopo le tragiche vicende di Reggio Calabria e di Messina : e infine una signora di mia conoscenza costretta da rovesci di fortuna a guadagnarsi il pane in casa altrui, dopo aver conosciuto una disgraziata che non ha nemmeno la salute e non riesce a provvedere a sè e al suo figliuolo, disse: « Ho potuto constatare che al mondo vi è sempre chi sta peggio di noi. » « Possiamo salvarci da molti guai semplicemente col guardarci attorno — scrive la Pezzé Pascolato — con l' osservare quel che accade agli altri e col dire : Così potrebbe accadere anche a noi. » Prendere le sventure che toccano agli altri come proficui avvertimenti ; riguardare quasi come un privilegio l' immunità da danni maggiori ; quando si è all'ombra non osservare invidiando quelli che stanno al sole, ma meditare su quelli che sono al buio : ecco il vero rimedio nelle traversie della vita.

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