Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbandonare

Numero di risultati: 3 in 1 pagine

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Le buone maniere

202636
Caterina Pigorini-Beri 1 occorrenze
  • 1908
  • Torino
  • F. Casanova e C.ia, Editori Librai di S. M. il re d'Italia
  • paraletteratura-galateo
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E così questa grande rivoluzione intellettuale ha stipato i cervelli senza fecondarli e minaccia di abbandonare i popoli alla follia della loro intelligenza. Ora è all'educatrice che è riservato il Sursum corda! E questo otterrà per sè e per gli altri non colle pedanterie scolastiche, coll'orpello d'una laurea, colla vanità d'una patente, colle pretese di un titolo rimbombante, colle arti o colle scienze o col sapere la storia greca, romana, la teoria darwiniana o fare dei versi; ma coll'essersi assimilati gli studi che nel campo morale e intellettuale le vietino le mode bizzarre negli abiti e le maniere virili o scomposte, o sconvenienti. Questa salutare assimilazione le indicherà quella perfetta educazione civile, la quale irradiandosi da lei porterà ne' suoi discepoli l'urbanità, e spronerà allo studio, al rispetto delle consuetudini paesane e delle altrui opinioni e condurrà le giovani menti a venerare in essa non soltanto il sapere ma la virtù; onde poi accoglieranno nei cuori quel possente anelito, per cui la civiltà si diffonde, si stabilisce e rende meno aspro e meno difficile il vivere in comune. PIGORINI-BERI C., Le buone maniere. 11

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Passa l'amore. Novelle

241514
Luigi Capuana 2 occorrenze
  • 1908
  • Fratelli Treves editori
  • Milano
  • verismo
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Passava la giornata o parte della serata seduto sur un gran sasso davanti al portone, con una specie di coma che gli faceva socchiudere gli occhi e abbandonare la testa sul petto. Il vecchio contadino, che era stato antico fittaiolo di casa Zingàli, una sera finalmente era andato dalla baronessa, non ostante il divieto del barone. - Dovrà morire colà, come un cane? - Che possiamo farci?... Ha parlato di noi? - Mai, mai! Dice che aspetta una lettera dell'avvocato. Mandino almeno un dottore.... e un letto. Dorme vestito su la paglia, in un canto del trappìtu.... Fa pietà! Una mattina stava seduto su quel sasso fin dall'alba, ostinato a restare in quell'edificio dalle mura spaccate, dal tetto sconquassato, su quel po' di paglia, che gli serviva di giacigllo, fino al giorno in cui avrebbe avuto in mano la copia legale della sentenza. Aveva sbattuto i denti pel ribrezzo della febbre durante la nottata; ora si sentiva scoppiar la testa dal calore, quasi il sangue gli si fosse mutato in liquido ardente dentro le vene, quantunque l'aria mattutina fosse fresca. Sentendo uno scalpitìo di vetture, volse la testa. - Ah, signor barone!... Ah, signor barone!... Il canonico Rametta gli stendeva da lontano le braccia, il dottor La Barba Io salutava cavandosi il cappello. Egli fece uno sforzo per rizzarsi ed evitar di riceverli, ma ricadde sul sasso, appoggiandosi con le spalle al muro, mentre essi scendevano da cavallo. - Non ho bisogno di medico; non sono in punto di morte da dovermi confessare, signor canonico. Siete venuti come i corvi all'odor del cadavere? No, no.... Sono più vivo di tutti coloro che vi mandano.... Andate a dirglielo. - Siamo venuti per conto nostro, signor barone; pel bene che vi vogliamo, pel rispetto che vi dobbiamo.... - Ho qui un plico per lei, da Catania. L'ha portato ieri sera mio cognato.... - Grazie! Date qua.... Grazie! Gli occhi torbidi e stanchi gli si rianimarono un poco. Le mani palpavano con un tremito di carezza il plico, ma non tentavano di aprirlo. La commozione gli aveva tolto ogni forza,... Sorrideva, agitava le labbra, ma non poteva parlare. Accennò al dottore che lo aprisse lui e leggesse.... - Che cosa è, dottore? - lo interruppe. - Qui!... Qui!... Accennava al cuore. Soffriva una smania dolorosa, una puntura acutissima. - Non voglio morire!... Non devo morire! - balbettava. Il dottore e il canonico si guardarono in viso. Mentre il dottore lo sosteneva per le spalle, il canonico, chinatosi premurosamente su lui, gli susurrò con voce compunta: - Faccia la volontà di Dio, signor barone! Dio padrone della vita e della morte!... Il barone spalancò gli occhi. - Non voglio morire! Non voglio morire!... Soffoco!... Dottore!... Implorava disperatamente aiuto. - Si rassegni, faccia la volontà di Dio! - ripeteva il canonico inginocchiato davanti a lui. Il povero moribondo scosse la testa, raccolse le forze: - Ah!... Questa, no, Cristo non doveva farmela! E portando le mani al cuore e tentando di strapparsi il vestito, con le sopracciglia corrugate e l'espressione dura e orgogliosa dei Zingàli nello sguardo, soggiunse, balbettando quasi con minaccia: - Ma.... ce la vedremo lassù!... Non.... doveva.... far.... E il rantolo dell'agonia gli troncò la parola su le labbra convulse.

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E si era tanto divertito, che aveva dovuto abbandonare la costruzione del palazzo, darsi in mano agli strozzini, troncare, di nascosto dagli avvocati e con enorme suo danno, liti che non si potevano perdere, pur di raccapezzare alla lesta, a furia di transatti, i quattrini che gli occorrevano per un viaggio a Napoli, per una apparizione da Cavaliere d'onore alle Corti di Ferdinando I e di Francesco I, per una ballerina dal Bellini di Palermo o del San Carlo di Napoli riducendosi, negli ultimi anni, ad abitare in quel paesetto, in quel palazzo che già rovinava prima di essere finito, dopo aver visto vendere all'asta i due bei palazzi e la loro ricca mobilia - uno in Palermo, l'altro in Catania - che l'avolo di lui s'era fatto fabbricare verso la fine del 1600, ed erano passati intatti di padre in figlio, fino al suo matto pronipote! Per questo la baronessa donna Fidenzia osservava con una specie di terrore tutto quel rimescolìo di cartaccie che teneva occupato suo marito, e si era sentita stringere il cuore alla risposta di lui: - Cento-Salme è nostro, non del marchese di Camutello!

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