Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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L'angelo in famiglia

182201
Albini Crosta Maddalena 9 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Il nostro Raineri non le ha stampate lui le sue Istruzioni catechistiche, le hanno stampate i suoi successori, che giustamente deploravano di abbandonare all'oblìo quelle istruzioni, le quali fatte dal pio sacerdote sul pergamo della nostra Cattedrale, trascinavano e miglioravano la folla colta che correva a sentirlo. Oh! sì, prenditi il Raineri; leggilo, studialo, meditalo, poi torna da capo, e te ne troverai contenta. Compatisci i poveretti i quali credono di saper tutto, e sanno nulla; ma tu dal canto tuo fa di non trascurare lo studio della Dottrina Cristiana, procura anzi d'invogliarne quante più persone puoi; allorchè ne avrai fatto la prova, troverai atto di vergognosa debolezza l'astenertene per paura di quello che ne dirà il mondo. Il mondo se sa che tu frequenti una scuola di letteratura, o di fisica, o di geografia, o non ti deride, o tu te ne ridi delle sue beffe; e sarà solo se frequenti la cattedra più difficile, importante e necessaria, che ti lasci prendere dalla paura? Forte delle tue convinzioni, procedi sicura nell'impreso cammino; arricchisci quanto più puoi la tua mente di cognizioni religiose, e ne avrai riscaldato il cuore di santi affetti per quel Gesù, il quale nella Dottrina che ti amministra come pane che mantiene e fortitica, ti assicura che per un giorno solo, anzi per un solo istante Egli sarà Dio giudice, ma che per tutta una eternità Egli, Dio rimuneratore, premierà la tua fede e le tue buone azioni con una felicità che non avrà mai fine, e che genio nè fantasia umana valgono ad immaginare. Animosa e costante segui fedelmente, coraggiosamente ed allegramente i miei consigli, i quali infine non sono altro se non i dettami della nostra santa religione, da Dio buono posti sulla mia bocca e nel mio e nel tuo cuore. Sì, seguili giocondamente, e nelle spinosità della vita avrai sempre un pensiero consolante, il quale addolcirà ogni tua pena, tergerà ogni tua lacrima. Quel pensiero ti dirà che ogni cosa passa, che l'anima nostra dura sola con Dio eternamente, con quel Dio che l'ha creata per farla per tutta l'eternità felice con sè in Paradiso.

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Ma, non ti abbandonare soverchiamente al tripudio, poichè se puoi e devi fidarti degli ottimi tuoi parenti, non puoi nè devi fidarti troppo spesso di te, poichè tu ed io siamo facili a commettere molti spropositi, ad inciampare e cadere... Ma no, che nè tu, nè io cadremo, se non ci fideremo punto punto di noi, e baderemo sempre dove poggiamo il piede. Oh! cara mia giovinetta, io non voglio serrarti il cuore, non voglio vedere mesto quel viso che sta sì bene sorridente e gajo come la primavera che tu rappresenti, e che è la tua immagine; no, non voglio soffocare le effusioni gioconde dell'animo tuo. Di' pure, oh! che gioja! e goditi i doni di Dio. Ma, per carità, per ben tuo, te ne prego, sta in guardia, bene in guardia, perchè la tua gioja sia duratura, e non si muti in dolore in... Tu lo sai, lo devi sapere, il mondo non è buono, ma forse neppur tanto cattivo quanto lo dipingono alcuni veristi, i quali per una delle innumerevoli incongruenze alle quali vanno soggetti, o te ne fanno un paradiso o addirittura un inferno. Però, credilo, figliuola mia, il mondo è pur abbastanza cattivo, e dirò meglio, insidioso per te: dopo d'averti festeggiata appena t'ha veduta in mezzo a lui, e d'aver lodato tutte le tue qualità, anche le meno lodevoli, cercherà di toglierti dal tuo cantuccio, di levarti la vernice di collegiale, di farti spigliata, di farti insomma tutt'un'altra da quella che sei, da quello che vuoi, e che devi essere. Poverina! tu fanciulla ancora inesperta, tal fiata ti vergognerai perfino della tua modestia e delle tue migliori qualità, e ti sforzerai di ostentare un brio, una galanteria di cui prima non conoscevi che il nome. Per pietà, amica carissima, per pietà, non fare questo passo falso, o se sventuratamente lo hai fatto, ritirati prontamente, se non vuoi legare il tuo cuore vergine e libero al primo anello di quella catena, che, sotto il nome bugiardo di emancipazione, non è altro invece se non schiavitù e schiavitù abbominevole. Ascoltami, o anima sorella, perchè creata dallo stesso Iddio Padre, dallo stesso Gesù redenta, dallo stesso Spirito Santo illuminata; ascoltami, o cara; io non ti parlo per piacerti, o per dilettarti, io ti parlo solo per farti del bene, per rendere tranquilla e buona la tua vita, la tua morte, la tua eternità, e, lascia che tel ripeta, anche perchè serena ti scorra l'esistenza, e inalterata sia la tua pace. Io, prima di scrivere queste pagine, ho piegato le ginocchia davanti all'Immacolata, le ho chiesto d'inspirarmi quello che debbo dire a te per toglierti ai travagli delle passioni, per ajutarti a combattere e vincere la guerra terribile che il mondo, il demonio e la carne ti faranno, e la Madonna mi ascolterà. Non credere, sai, a quei cotali che ti van ripetendo che i libri di pietà ti renderanno uggiosa, melanconica, egoista: Oh! non creder loro; essi o sono ingannati, o sono ingannatori. Gli è appunto per recare al tuo labbro quel sorriso che tanto ti stupisce sul labbro di quell'anima afflitta, travagliata, ch'io ti parlo come faccio, e cerco di riverberare, sulla tua mente e sul tuo cuore la luce soave e smagliante del Vangelo. Allorchè io mi sento l'animo oppresso, mi reco appiè dell'altare, poi, sai dove vado? vado a ritemprare l'animo mio a fianco di una vecchia inferma che, caduta da condizione civile in bassa fortuna, conserva tra gli stenti e gli acciacchi de' suoi ottantotto anni un'inalterabile serenità. Essa ha trovato il segreto di tutto sopportare non solo coraggiosamente, ma allegramente, e da lei emana come un effluvio di pace che non può a meno di comunicarsi a tutti quanti la circondano. Allorchè esco da quell'umile cameretta mi trovo assai rincorata, ma vergognosa però d'essere tanto da meno di colei che mi ha sovranamente edificata. Sì, credilo, te lo dico in nome di Dio; io desidero vivamente di farti lieta e contenta; e per far ciò debbo metterti sull'avviso, affinchè quel brutto mondo, dal quale sei circondata, non ti prenda di sorpresa, non ti allucini co' suoi falsi splendori e ti rapisca quella cara serenità che ora allieta il vergine tuo cuore. Anche la mia cara inferma è vergine ancora, e pura è stata tutta la sua lunga vita: basta solo vederla per leggerglielo in fronte, in quegli occhi limpidi, in tutta la sua persona. Tempera adesso, mia cara, la foga della tua gioja, e non abusare di quel tanto di libertà che il tuo ritorno alla casa ti ha accordato, per non dover poi pentirtene più tardi. No, no, non abbandonarti soverchiamente alla gioja, se vuoi stare sollevata anche nei giorni tristi, se vuoi tenere un po' d'equilibrio. Sta tanto bene l'uguaglianza di umore, di carattere, che per acquistarla o mantenerla non è soverchio, nè ti deve parer grave alcun sagrificio. Tante e tante sono le cose che vorrei dirti e che mi fanno ressa alla mente, che non so veramente per ora a quale appigliarmi. Temo tu mi sfugga, temo di pesarti troppo addosso, ed io vorrei che la parola mia ti suonasse cara come quella di tua madre, dolce come quella della più cara amica della tua infanzia. Ebbene, non voglio affollarti la testa con troppe considerazioni serie; mi basta per oggi ripeterti di stare in guardia con te stessa, cogli altri, con tutto e con tutti, se non vuoi essere presa incautamente a qualche laccio. Ogni giorno io tornerò probabilmente su questo soggetto, e tu mi ascolterai sempre, n'è vero? Oh! quanto desidero che tu sii felice! ma per essere felice bisogna essere buona, dolce, pia, caritatevole, tollerante, anzi più, indulgente; bisogna insomma che tu sii veramente virtuosa e santa. Io pregherò sempre con gran cuore il buon Dio di renderti tale, e forse in fondo in fondo ci ho anche un po' d'egoismo; mi lusingo che quando la mia parola ajutata, anzi inspirata da Dio stesso, avrà cooperato a renderti virtuosa, allora tu pure pregherai per me, affinchè io divenga un po' buona; e mi dimentichi una volta di me medesima, per non ricordarmi che degli altri.

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l'egoista non vuol abbandonare il suo danaro all'indigente, senza averne la sua parte nel godimento o di una veglia sfrenata, o di una fiera annunciata colle testuali parole:Baldoria e carità, come io con quest'occhi miei ho letto negli affissi a lettere cubitali; o senza per lo meno ottenere il plauso e l'encomio della moltitudine ammirata, nel dare il proprio obolo, col proprio nome, in una lista destinata a fare nel mondo il giro più lungo che sarà possibile. L'angelo dell'annegazione invece non contento di risparmiare sul superfluo, risparmia fino sul suo necessario, per recarsi nel segreto di un'oscura soffitta a portare un po' di sollievo non al corpo soltanto; ma all'anima ancora di coloro che sotto il peso delle maggiori sofferenze, covano un fondo di sdegno contro l'umanità che si figurano gaudente e... Vivi sicura, dove penetra l'angelo dell'annegazione, si smorzano gli strali del comunismo e degli odj inveterati; il pugnale affilato si spezza, e la parola della maledizione si muta in preghiera! Siamo nella seconda metà del secolo XVI. Agli anni d'abbondanza è successa la carestia, alla carestia la peste. L'egoista si nasconde, fugge, e porta via con sè tutto quanto possiede, geloso che una sola sua moneta gli sfugga di mano o gli venga carpita. La città è pressochè unico asilo d'infermi e d'indigenti; la peste aumenta ogni dì il suo dominio, perchè sua maggiore sorella è la fame. Ma Iddio ha suscitato l'angelo dell' annegazione e di un'annegazione eroica; questi non si contenta di dare il superfluo, dà lo stesso bisognevole: vende le suppellettili preziose, i giojelli, perfino i sacri arredi, ed ancora non basta. Gli resta un principato, vende quello ancora, ne distribuisce il prezzo ai poveri, ai quali non il solo suo denaro, ma dona tutto sè stesso. Ecco Carlo Borromeo, e con esso la numerosa schiera di quelli che il mondo dice egoisti, e che sono i ministri di Dio; eccoli dentro gli spedali, al letto degli ammalati, vivere con essi, perchè con essi sono pronti a morire!... Mia dolce amica, è tardi, t'ho già soverchiamente intrattenuta; ma dimmi, dimmi, se la storia ha registrato i fatti di coloro che ci hanno preceduti, quali essa ha scritto con colori più brillanti ed incancellabili, i nomi degli eroi della carne od i nomi degli eroi dello spirito? Quale più t'intenerisce e più ti trae ad imitarlo, il nome del primo Napoleone o del Borromeo? Pensa e decidi, e vivo sicura che dovunque toccherà il tuo piede sarà bandito l'egoismo, ed avrà vita quell'eroismo piccolo, minuto, nullo, se vuoi, agli occhi degli uomini; ma preziosissimo agli occhi di Dio, poichè quell'eroismo non è altro se non quella morte continua della nostra volontà che ci viene insegnata dall'Apostolo.

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Ma non ti lagnare, figliuola, non ti abbandonare allo scoramento, e se jeri io ti diceva di frenare gl'impeti di una gioja eccessiva, oggi ti ripeto di frenare quelli di un irragionevole dolore. Mi pare d'avertelo già detto, e dovrò replicartelo spesso: nella vita molti sono i contrasti, scarse e numerate le gioje; ma tu, se saprai vivere del Vangelo, potrai menare una vita tranquilla e contenta. Ho detto se saprai vivere del Vangelo, poichè tu sai bene essere ben altra cosa il credere senza l'operare, dall'operare appunto come e perchè si crede. Nel leggere i Promessi Sposi, mi ha sempre fatto impressione quel passo in cui l'autore, parlando dell'educazione impartita alla Signora di Monza, dice di essa:Privata così della sua essenza, non era più la religione, ma una larva come l'altre. Difatti non è che un simulacro di religione quella pietà che non ci fa entrare nello spirito della religione istessa, ma ci fa tenere soltanto attaccati alle pratiche esteriori. Non credere ch'io ti voglia distornare dalle pratiche religiose. Dio me ne guardi, anzi spero e desidero parlartene presto e diffusamente; voglio dire soltanto che le pratiche debbono essere non causa, ma effetto delle nostre credenze; giusto come quando tu baci la tua mamma con grandissimo affetto, sarebbe stolto chi credesse che l'affetto consistesse nel bacio, mentre il bacio non è se non un'emanazione ed un'esplicazione dell'amore grandissimo che tu le porti. Infatti l'amore per la tua mamma sta vivo ed ardente anche quando non te la puoi stringere al seno, anche allorchè sei forzata a vivere lontana da lei. Dunque tu devi essere, e se già non lo sei, devi diventare profondamente religiosa, senza timore di diventar troppo pia. Io credo che se anche tu il volessi, troppo religiosa non ci sarebbe pericolo tu diventassi e nemmanco io, e nessuno di coloro obbligati a respirare come noi l'aria del dubbio che cerca filtrarsi dovunque. Poi non si può essere troppo religiosi, come non si può essere troppo santi. E lì torniamo sempre alla medesima ragione che già ti ho accennato. Il mondo taccia di eccesso di religiosità coloro che non avendone lo spirito, eccedono, e lasciamelo dire, ostentano anche un po' quelle pratiche, le quali dovrebbero sempre essere regolate da un giusto e cristiano criterio. Come il bacio che tu dai alla mamma, benchè sia una bella cosa, non è sempre opportuno, e tu mancheresti allorchè essa avendo bisogno del tuo ajuto o di un servigio, te ne stessi lì oziosa ad abbracciarla; così la vera cristiana sa e deve alle volte lasciare Dio per Iddio; rinunciare alla propria volontà; anticipare l'ora del levarsi e rinunziare fors'anche non solo ai divertimenti ed ai passeggi, ma ancora a qualche pratica non obbligatoria di religione, quando la necessità e la carità la chiamano al letto di un infermo, o in soccorso di un tribolato. Per oggi lasciamo lì a mezzo questo discorso, che avremo occasione di ritornarci, poichè è molto, ma molto importante. Tu continui ad esclamare:Povera me, che faccio? ed io continuo a dirti:leva in alto il tuo cuore, non ti abbandonare allo scoramento, poichè dopo il peccato io non conosco male peggiore di quello. Lo scoraggiamento è appunto cattivissimo per mille ragioni; credo 3 però lo sia primieramente perchè esso si presenta sotto forma d'umiltà; mentre il maligno è invece figlio e figlio non degenere della superbia. Noi temiamo di non tenerci all'altezza dei tempi o della società, e ci scoraggiamo: vedi, gli è proprio perchè temiamo di non ottenere un certo primato che, come suol dirsi, ci buttiamo a terra. Lo scoraggiamento, figlio della superbia, è fratello dell'accidia, e ci suona all'orecchio che tanto tanto per noi possiamo giacercene inerti, poichè non facciamo ugualmente nulla di bene. Lo scoraggiamento, figlio e fratello della superbia e dell'accidia, diventa padre a sua volta, e, per carità, non mi domandare di quali e quanti brutti figli sia fecondo! Io credo che la maggior parte dei malfattori e dei cattivi soggetti che contaminano la società, abbiano incominciato dallo scoraggiarsi; hanno detto a sè stessi: io per me non riesco certo a bene, e si sono dati al male, passo passo, od a salti, o slanciandosi una volta per sempre... ma poco su poco giù è questa la storia di tutti i tristi. Dunque tu, figliuola amatissima, ravviva la tua fisionomia rattristata, ritorna il sorriso sulle tue labbra e la giocondità nel tuo cuore. Ti sta tanto bene su quel giovane viso l'allegria che, malinconica, ti si riconosce appena, non sei più quella. Oh! sorridi; tutto quanto ti fa dire con un sospirone povera me! non è forse altro se non un'immaginazione della tua vivace fantasia, un'esagerazione che fai a te stessa di quei vincoli, di quei pericoli che tu puoi scongiurare se il vuoi. Oh! tu la conosci la ricetta, tu la conosci; pure io te la voglio ricordare perchè ti voglio bene, perchè ti voglio sana; ma sana non di corpo soltanto, ma altresì di anima. La ricetta è sempre, sempre il buon Gesù e la sua legge d'amore. Ma questo Gesù in forma umana è vissuto una sol volta sulla terra; noi non abbiamo il benefizio di sentire la sua parola viva, di ascoltare i suoi dolci ammaestramenti; ma non è con noi nel Sacramento? Non ci resta il Vangelo? Oh! il Vangelo è l'acqua che lava ogni lordura; è il balsamo che sana ogni piaga; è l'alito che vivifica, che ricrea, che rinnova. Il buon Dio mi ha chiamata all'alto ministero di spiegarti la sua parola di amore, d'insegnarti come devi diportarti nella famiglia e nella società; ed io nella confusione che Iddio abbia voluto scegliere un mezzo cotanto basso per un fine sì alto, mi piego all'ubbidienza, lascio libero sfogo alla sollecitudine grandissima che mi desta nel cuore l'età delle speranze, che è appunto la tua, e ti parlo. Nei tuoi sfoghi tu hai detto lagnandoti quasi,che faccio? Io te lo dirò, mia cara, o piuttosto non io te lo dirò, ma tel dirà al cuore col mio mezzo la cara Mamma nostra Maria, quella Vergine benedetta che ci ama tanto e che io prego m'inspiri tutto quanto può e deve riuscire utile alle anime delle care giovinette. Sì, in voi è la speranza della famiglia, della società, della patria, in voi, fanciulle, che avete lunghi anni a voi davanti, e dovete e potete recare al mondo l'esempio, il conforto, l'appoggio che solo può dare la vera virtù. Che faccio? Domani, mia cara, ti risponderò: oggi rialza l'animo tuo abbattuto, rianima il tuo cuore; abbandonati nelle braccia della Provvidenza, di quella Provvidenza che ci è madre amorosa, e vivi sicura: tu sarai piùforte che oste schierata in campo contro i nemici della tua salute.

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Se tu poi hai condannato te stessa a restar priva di uno sposo, di una famiglia, di tutto ciò insomma cui ti sentivi inclinata, soltanto per provvedere ai bisogni di una famiglia della quale fatalmente ti trovasti a capo quand'era il tempo di pensare al tuo avvenire; se non avesti la debolezza di abbandonare l'aratro e voltarti indietro per pensare a te stessa, ma coraggiosamente posponesti i tuoi interessi ed i tuoi voti più giusti e più sacri per pensare agli altrui,leva in alto il tuo cuore! Tu hai servito un padrone che è buon pagatore; quel padrone ti darà il centuplo di quanto hai fatto per lui e pel prossimo tuo, e l'appellativo di zitellona suona per te quello di cara eletta da Dio, di vera eroina della carità. A te più che ad ogni altra spetta il soave incarico di essere l'angelo di chi ti possiede, ti avvicina; pure cosa vuol dire che ciò ti costa tanta fatica, che incespichi ad ogni piè sospinto, che minacci cadere? Lo so, la vita, una simile vita ben sovente ti pesa; usa a dirigere ed a governare una famiglia che sotto le tue mani camminava colla massima regolarità, colla migliore riuscita e colla più invidiabile armonia, ti è forza oggidì sottostare ai capricci d'una cognata buona o cattiva non importa, ma spesso bisbetica, intollerante, gelosa del potere, della stima, della tua stessa virtù. Io ti ho vista cogli occhi umidi, io ti ho sentita abbandonata e stretta al mio seno sfogare in esso la piena del tuo, dirmi che è pesante il tuo giogo, umiliante, difficile: io ti ho baciata in fronte, ti ho stretta la mano, ti ho susurrato all'orecchio: Coraggio, coraggio, e ti ho additato il cielo; ma ora ho meditato sul tuo dolore, sulla tua condizione, e mi pare di poterti dire qualche parola di più, di poterti dare perfino qualche consiglio. Lascia alla cognata od alla madre sua il maneggio della casa; la sposa ha il diritto ove non vi sia la suocera, di essere la padrona; tu hai quello più prezioso di essere premiata da Dio dei tuoi sacrificj; ma per ottenere il tuo premio, sei tenuta a rinunciare coraggiosamente adesso a quanto va unito allo stato conjugale al quale tu hai eroicamente rinunciato. Talvolta vedi camminare le cose a rovescio? Ove non t'inganni od esageri, il che pur avviene sovente, fa di volgerle a meglio se le son cose di qualche rilievo, e lascia andar l'acqua per la sua china se si tratta di cose indifferenti o senza importanza, ovvero di cose che direttamente non ti appartengono. Se nella cognata, nelle cognate, o negli altri di casa avverti qualche grave mancanza o difetto o peccato, colla penetrazione e colla dolcezza d'un angelo, non mai coll'asprezza e col comando, correggi e consiglia; ma guardati bene dal parlare mai collo sposo o colla sposa delle colpe del compagno, tranne il caso che il tuo Confessore tel comandi. Lo vedo, il tuo stato visto coll'occhio materiale è tutt'altro che invidiabile; ma se tu lo circonderai di annegazione, di amore, di operosità, non anderà molto e ti sarà resa giustizia, se non apertamente, almeno nel cuore dei parenti e degli amici. Ho sentito dire più fiate: se non fosse lei, poveretta, mia cognata o mia zia, che pensa a tutto, che ha occhio e cuore ad ogni cosa, io sarei disperata; essa è un angelo, Iddio l'ha conservata a benedizione della mia casa e dei miei figli. - Coraggio, amica, se per colpa tua o altrui, o per colpa delle circostanze, od in causa della generosità e tenerezza dell'animo tuo, ti trovi di aver passato il meriggio senza aver provveduto a crearti una famiglia, un avvenire, fa di essere angelo nella famiglia che ti alberga, angelo di pace e di conforto. Se tu invece hai rinunciato a crearti una famiglia in casa tua, od a trovarne una nel chiostro, per solo amore di serbar puro il tuo giglio in mezzo alle lotte del secolo, per combatterne gli errori a forza di virtù e di buon esempio, io m'inchino a te dinanzi e ti addito il cielo dove ti è serbato un premio ineffabile. Ma sulla terra anche gli angeli non sono creduti o sono contristati; a te pure potrà toccare in parte l'amarezza: ma Iddio, se tu operi per Lui solo, volgerà quell'amarezza in gaudio inenarrabile, e facendo brillare sul tuo seno il giglio della verginità, ti porrà in capo le rose dell'amor santo, di un amore che sarà coronato e premiato in eterno, e ti compenserà largamente dei dolori patiti.

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Che se il premio quaggiù ti viene negato, non ti abbandonare, amica, ad una funesta disperazione; essa anzichè scemare il tuo strazio lo renderebbe più acuto ed insopportabile. Vedi là su quell'altare l'immagine della Madre nostra trafitta non da una, ma da sette acutissime spade? E perchè Iddio ha addolorato cotanto la più sublime creatura che abbia mai calpestato questo misero mondo?... Perchè Ei le voleva accordare non in terra, ma in cielo, un premio, una gloria che tutte quelle sorpassa degli altri beati; perchè Ei voleva mostrare a noi, che battiamo con passo vacillante ed incerto la via che ci segna la fede, essere quaggiù tempo di prova, non di premio, nè di gaudio. Levate al cielo i vostri cuori, dice il ministro di Dio nel Santo Sacrificio. Levate al cielo i vostri cuori, ci dice la fede; levate a Dio i vostri cuori, ci ripete la ragione, se un insano errore non la devia. A Dio il nostro cuore, ed impareremo a tutto accettare da Lui ed a pronunciare con verità quella parola:La vostra volontà si compia e non la mia.

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Non mi farebbe alcuna meraviglia se nelle attuali disposizioni dell'animo tuo, con uno di quegli slanci proprj delle tempre giovanili e sensibili, tu stabilissi risolutamente di fuggire per sempre quei ritrovi nei quali puoi incontrare una pietra d'inciampo; e sono convinta che se per poco venisse favorito il tuo proposito, ti crederesti chiamata ad abbandonare la simpatica tua cameretta per una povera cella, il tuo elegante abitino per un rozzo sajo, il mondo pel chiostro. Io lodo altamente, ed invidio quelle anime avventurate le quali sono chiamate da Dio al suo stretto servizio, e ricevono da Lui la forza di tutto abbandonare, casa, averi, parenti, comodi, volontà propria, tutto insomma, per abbracciare la santa povertà e custodire la verginale purezza ad imitazion sua e della sua Santissima Madre. Ma, ti confesso, a quelle risoluzioni subitanee che nascono da una lettura, da una predica, meno ancora poi da un disinganno o da un capriccio, io credo un po' pochino, e vorrei proprio fossero poste in quarantena, sottoposte al maturo giudizio di un savio e prudente confessore, il quale, avendone ricevuto dall' alto il mandato, ha insieme ricevuto i lumi per giudicare se sia oro o lustrino, gemma o vetro, quel luccicore che si presenta sì promettente. Io qui non entro in consigli particolari, poichè il mio scopo diretto è quello di guidare ed accompagnare nella famiglia e nella società la damigella cattolica che vi si sente chiamata, e che desiderosa di seguire il bene sente il bisogno di un'amica, di una maggiore sorella che le comunichi il frutto della propria esperienza ed i lumi ricevuti dal Signore. Ora io suppongo nella mia lettrice il caso più comune, quello cioè che il confessore le dica essere molto dubbia la sua vocazione, o che essa stessa si accorga non essere la sua se non un fuoco di paglia, ed ancora un giuoco dell'immaginazione. Se la tua vocazione sarà vera, e tu vivrai in modo da non demeritarti i doni superni, essa ben lungi dal venir soffocata, tornerà a galla, e tu potrai dar corpo a quella che ora ti si presenta come una nebulosa, lontana ed incerta. Ma intanto, per chi non è decisamente e subito chiamata a monacarsi, sta il debito e il dovere di vivere in famiglia ed in società adempiendone fedelmente gli obblighi, non tanto per parere, quanto per esserne veramente l'angelo dell'ajuto, del buon esempio, del conforto. Qui sta un punto difficilissimo a definire, poichè varia pressochè all'infinito, e subisce cioè i mutamenti e le modificazioni tutte che le imprimono le condizioni speciali degl'individui e delle famiglie; ma per chi, sinceramente volonteroso del bene, unicamente lo cerca, non mancherà il direttore sagace di rappresentare in terra la Provvidenza celeste collo snebbiare ogni dubbio, porre in luce il vero, additare la via sicura. Che se per un impossibile il direttore errasse nel suo giudizio, non erra già chi fedelmente lo segue, poichè il Signore sa volgere in bene lo stesso male, e premiare contro speranza chi fedelmente ubbidisce ed ascolta la parola dei suoi Ministri in quanto è del loro ministero. Ma tu vuoi alcunchè di dettagliato da me; tu pretendi che io trascinata al bivio fra due opposti sentieri, alla tua domanda questo o quello, ti risponda decisamente e senza ambiguità come ho fatto sempre; è difficile e penoso quanto tu esigi da me; ma coll'ajuto della Madre del buon consiglio vedrò di dirti una parola sana, cristiana, efficace, capace a guidarti ed a consolarti. Non credo che molto frequentemente sia lasciata a te liberissima la scelta fra i due sentieri, quello della ritiratezza nel seno della famiglia, e quello di una vita sbattuta e battagliera in mezzo alla società; ma se ti credessi padrona di scegliere, tranne alcuni casi specialissimi, e piuttosto unici che rari, non esiterei a consigliarti ed inculcarti la vita ritirata, e ti porrei innanzi tanti e poi tanti quadri di felicità e di santità nascosti, ma viventi nel segreto delle domestiche pareti, che certo tu acquisteresti coraggio di rinunziare a tutti gli adescamenti, a tutte le lusinghe che una società frivola e leggiera ti vien esponendo allo sguardo. Ma... pur troppo, tu finchè sei figlia di famiglia, sei condannata ad una vita pressochè passiva. Che ho detto, pur troppo? Anzi gli è pel tuo meglio che il buon Dio ti toglie la responsabilità della scelta fino al tempo in cui dotata di maggiore serietà ed esperienza potrai a tua volta sceglierti la parte migliore, vo' dire una vita intima, ritirata, tranquilla, i di cui godimenti hanno minor apparenza, ma maggiore sostanza, ed in cui la lotta tra il volere ed il dovere è meno ardita e gagliarda. Intanto vivi soggetta ai tuoi maggiori, e fa di regolarti in modo che negli anni avvenire la memoria della tua giovinezza ti ricorra scevra da pene, da rimorsi, e tu ne possa con dolcezza ricordare un giorno ai figli ed ai nipoti le gesta innocenti. Se tu fai parte di una famiglia abituata alle visite, ai ricevimenti, alle adunanze, alle feste, me ne duole per te, amica buona, perchè prevedo che la tua virtù sarà contrastata, e se non ha profonde radici in una pietà soda e sincera, a somiglianza del grano della parabola evangelica, seminato sui sassi, seccherà e non darà frutto. Una parola io ti posso dire con sicurezza, una preghiera ho in cuore di farti, ed è questa; che tu sfugga tutte quelle adunanze e quei ritrovi ai quali non sei obbligata, poichè in essi potrebbe mancarti quell'ajuto che Dio non ti lascerà invece mancare in quelli ai quali ti trovi forzata di prender parte. Stabilito il principio che tu devi obbedire i tuoi, seguendoli in mezzo alla società quando essi vi ti conducono, resta a vedere come tu abbi ivi a regolarti, ed è appena necessario notare che mai e poi mai ti è lecito recarti, specialmente ad una festa, senza tua madre od una maggiore sorella maritata; senza insomma una dama di una certa età, poichè il padre od i fratelli non bastano a formare quella siepe di cui è necessario circondare una giovane esistenza. Secondo il tuo stato, la tua età e le tue finanze, ti è lecito un abbigliamento non solo decente, ma discretamente elegante, ed in relazione con quello delle tue coetanee, contenta di stare un gradino sotto per non essere e parere vana ed orgogliosa; ma sotto verun pretesto non ti è lecito mai tradire le leggi della modestia e del pudore, poichè non solo verresti posta in canzone e disistimata dalla stessa gioventù mascolina cui credevi di piacere: ma ben più tradiresti le leggi della tua religione, della virtù; diventeresti forse oggetto di scandalo, e ti caricheresti il cuore di un rimorso. Nè la modestia deve figurar solo nelle tue vestimenta; ma altresì nel tuo contegno timido e riguardoso, nei tuoi tratti, nelle tue parole; e se qualche impudente, uomo o donna non monta, se qualche impudente tocca qualche discorso o fa qualche gesto che leda menomamente il tuo delicato e cristiano sentire, salta a piè pari l'argomento, parla di altro, o con altri; che se l'impudente non desiste dal suo insidioso procedere, e tu non hai il coraggio d'imporgli silenzio nel timore non ne nasca uno scandalo od una pubblicità, levati di botto, corri in cerca della mamma o del babbo, o recati in un altro crocchio, in un'altra sala; credilo, non te ne mancheranno i pretesti, se con pia industria cercherai in tuo soccorso. Non differente dev' essere il tuo procedere coi detrattori, con quelli cioè che mormorano del prossimo, o lo calunniano, o ne giudicano temerariamente; tu, come angelo della famiglia e della società, devi essere la difesa dei deboli e degli assenti, te l'ho già detto nella Prima Parte di questo mio lavoro; ma se condizioni di luogo, di tempo, o di età non te ne danno il diritto, ritirati, e mostra chiaramente che vuoi serbarti innocente da tale lordura. Con coloro i quali ti adulano o t'incensano, tu ben sai come devi regolarti; ora, io credo, ci resta a ragionare soltanto delle chiacchiere vuote ed inutili che ti si faranno d'attorno, e delle quali tu non devi entrar complice, per non diventare chiacchierina ed essere e parere frivola e cinguettiera. Qui ho un consiglio di peso, d'oro massiccio anzi, un consiglio indispensabile a darti, ed 43 è questo; di volgere sempre a serio i discorsi leggieri soliti a tenersi tra fanciulle, rispondendo in fretta, e vorrei dira di fuga, a quelle prolusioni nojosissime che esse hanno l'abitudine di sfoggiare sulla moda, sull' incostanza o sulla durezza della stagione, o peggio ancora sui difetti altrui. Se tu saprai cavar profitto dello spirito che il Signore ti ha donato, ne avrai sempre abbastanza per piegare il discorso dalle schiocche mode ai costumi ed alle usanze dei diversi popoli; dai difetti altrui, ai meriti che sono da essi adombrati o velati; dall'incostanza o durezza della stagione alla compassione che ti fanno i poveri sprovvisti di tutto, ed alla necessità di porger loro ajuto e soccorso colla mano e col cuore. Se tu farai in questo modo, benchè abbigliata un grado meno delle altre, benchè acconciata senza civetteria, benchè timida e forse pure di minor spirito e coltura delle tue compagne, ne diventerai non l'idolo (ciò è illusorio) ma il modello e l'anima; e su te ridonderà gran parte del bene che sarà fatto dietro il tuo esempio, e largo premio n'avrai dal Signore. Nelle adunanze sono compresi i balli, i teatri, i pranzi, le comparse, e se il Signore m'inspirerà quello che sarà pel tuo bene, ti dirò qualche cosa partitamente anche su di essi. Ma, tel ripeto, nè mi stancherò dal ripetertelo; se ti è dato vivere modestamente e lontana da questi ritrovi, oh! fuggili senza indugio, e senza dolore, nè ti lasciar tentare mai da un desiderio insano, da un insano timore, poichè la quiete di una vita intima non turbata da rumori profani, siine certa, procura gioje incomparabilmente maggiori a quei piaceri convulsi, febbrili, che ti potrebbero venire dalle riunioni mondane, dove il pudore, la carità, e sovrattutto l'umiltà, sono esposti ai maggiori pericoli. Se a te è lasciata la scelta fra i due sentieri, quello della casa e quello della società, non ti appigliare a questo ma a quello, te lo ripeto, te lo ripeterò senza posa; non già coll'intendimento di rendere monotona o grave la tua esistenza, ma per rendere il suo corso limpido, dolce e specchiato come l'onda del ruscello che, scesa da eccelsa montagna, scorre gorgogliando placidamente, e lambendo i fiori che costeggiano la riva verdeggiante, fino al flume, per gettarsi con esso nel mare, senza aver punto toccato la città: nella città avrebbe potuto conservare la sua purezza e la sua pace? Questo o quello, tu mi domandi di nuovo? Ama la ritiratezza, la casa; come il ruscello guardati dal mescolare le tue acque con quelle degl'immondi pantani, affinchè dopo un viaggio che ti auguro lunghissimo, tu le possa confondere con quelle del fiume reale, per gettarsi con esse nel mare... La morte sarà per te in allora una rapida e fortunata corrente che ti unirà alla sorgente d'ogni bene; sì, ti unirà a Dio, poichè per una lunga e faticosa carriera l'onda del tuo ruscello avrà saputo serbarsi incontaminata, pura, e sulle sue sponde non avrà fiorito il vizio, ma l'amor santo di Dio e del prossimo suo. Ama la ritiratezza, la casa, la preghiera, e ti sarà facile e spontanea la virtù, anche a costo dei più lunghi e penosi sacrificj.

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Io lo so, e tu pure lo sai, noi dobbiamo essere pronti a sostenere la nostra santa fede, anche col sacrifizio della nostra vita, ove siamo posti nell'alternativa di dover abbandonare l'una o l'altra. Io son certa che nel tuo cuore tu hai rinnovato il giuramento fatto nel santo Battesimo, di essere pronta a tutto perdere, fuorchè la grazia di Dio, ed a sopportare ogni tormento piuttosto che piegarti a tradire gl'interessi del nostro buono e carissimo Padre. Lodo altamente le ottime tue disposizioni, ed auguro e prego che ti regoli mai sempre seguendo il loro dettame. Ma, entriamo, se mel consenti, entriamo nei dettagli della vita, poichè lo so, pur troppo, per esperienza! colle migliori disposizioni del mondo in teoria, si casca poi miseramente nella pratica, ove non ci siamo rafforzati in precedenza colla meditazione dei nostri doveri verso Dio e verso noi medesimi. Tu dici: darei la vita piuttosto che rinnegare il mio Dio ed anche uno solo, anche il minore dei suoi dommi; e poi se ti trovi vicino ad un beffardo o ad un incredulo che sparla di Dio o della verità rivelata, perchè egli ha nome di essere o un grande, o un uomo di alta coltura e di dottrina (non però certo della vera), non hai forza bastevole per dirgli che tu la pensi ben diversamente, e che augurandogli una riforma nelle sue credenze lo preghi a non ripetere più, nè prolungare un discorso che ti ferisce nelle più intime e care tue convinzioni! Lo so bene; non sempre è doveroso e neppure opportuno mettersi a discutere di religione, poichè bene spesso molte persone, ignorantissime in punto di fede, sanno sostenere le loro false argomentazioni con tale loquacità e con tale apparenza di dottrina da porre in un sacco chicchessia. A te non istà bene mai e poi mai metterti in cattedra a sdottorare, neppure a profitto della religione, ove non sia per istruire od illuminare persone decisamente e marcatamente a te inferiori; poichè, per me, vale più assai di una splendida difesa, la parola timida ma sicura d'una povera fanciulla che ripete: credo e voglio credere sempre, di quanto non valga un'arringa brillante. Ho conosciuto molto davvicino una ragazza di una discreta coltura e di sentimenti cattolici radicati, che avvicinata, per permissione di Dio, da uno di quei serpi che tentano portare la loro bava velenosa ovunque ponno trascinare il sozzo loro corpo, lo dovette solo all'aver superato ogni rispetto umano, se non bevve con esso nella tazza dell'incredulità. Con ogni lusinga quel serpe, che non era altro se non un colto e forbito cavaliere, cercava scuotere le credenze della giovinetta, e vedutala inaccessibile alla corruzione del costume, perchè la buona e sana educazione ricevuta ed una certa maturità di mente ai suoi sedici anni le servivano di corazza, tentò un veleno più insidioso e micidiale, sotto l'apparenza di bevanda ristorante, e grata, e benefica. La buona madre, appunto perchè buona, non si accorse dapprima delle arti del maligno, e consentì di buon grado che il cavaliere forbito e colto cercasse perfezionare l'istruzione letteraria della sua figliuola. Ma ahimè! qui appunto stava l'inganno e la figlia e la madre non sarebbero sfuggite all' agguato, se Iddio in premio della rettitudine del loro buon volere, non avesse loro concessa la grazia di disprezzare coraggiosamente la vergogna d'essere tenute dappoco. Il tristo, Dio gliel perdoni, incominciò a dare alla giovinetta alcune lezioni di letteratura che non avevano apparenza, anzi neppure un principio di male. Compra così la fiducia delle due donne, la mamma lasciò qualche volta sola la figlia; e questa dopo poco tempo si accorse da qualche sogghigno beffardo e da qualche motto insidioso, che il sedicente maestro tentava scuotere la sua fede. Ella si vergognò di parlarne alla madre; ma ebbe forza sufficiente di contrapporre all'eretico le proteste della sua ferma credenza; e comechè egli fosse persona più che mediocremente colta e straordinariamente eloquente, ed ella fosse d'una coltura appena mediocre e priva di esperienza, non fu menomamente scossa nella sua fede, ma coprì di confusione in quella voce colui che tentava pervertirla. Questi allorchè vide inutile ogni suo iniquo tentativo e seduzione, ebbe a confessarle che aveva cercato smuovere dapprima la sua fede pensando che, ceduto anche d'un punto solo in questa, d'un tratto avrebbe poi sceso tutta la scala che guida alla corruzione e... diritto diritto all'inferno. La condotta di quella fanciulla è da biasimarsi in parte almeno, poichè essa doveva aprirsi tosto colla madre, e doveva correre dal suo confessore a chiedergli consiglio, e non aspettare un mese od un mese e mezzo a ricorrere a questi mezzi di salute; ma possiamo rifiutarci di approvare in essa quel coraggio e quella costanza colle quali oppose le proteste della sua fede alle irrisioni del corruttore? Ecco a che si ridusse tutta l'eloquenza usata per ribattere le cattive dottrine del maestro: o credo fermamente nella veracità delle mie credenze; ma fosse anche un sogno, amerei meglio sognare con esse che essere desta con lei. Saresti forse tentata di credere questo un racconto romantico, ed un volo poetico della mia fantasia? No, mia cara, la fanciulla della quale ti parlo non è più fanciulla; io la conosco molto davvicino, ha la mia età, e se ti dicessi ancora qualche altra cosa, forse troveresti di conoscerla tu pure. Quello che ti posso dire si è che quella fanciulla si è poi mantenuta fermissima nella sua fede, e che quel cotale, allorchè vide che non la poteva scuotere in verun modo, cambiò paese... ma pur troppo non d'opinione. Ed ora che ne è di lui? Che ne sarà? Prega Iddio di toccargli il cuore. T'ho trattenuta più - dell'usato, ed ancora mi resta tanto tanto da aggiungerti in proposito al rispetto umano, che mi piange il cuore a troncare lì a mezzo. Ma abusare di tua bonta e trattenerti più lungamente non mi regge l'animo: se saprò resistere alla tentazione di ritornare domani nell'argomento, te ne riparlerò allorchè saremo a trattare dell'adempimento delle pratiche positive di nostra santa Religione. Altrimenti? Intanto tieni bene a mente quel che diceva quella giovinetta:Meglio sognare con Dio che essere desti con coloro che lo negano e lo bestemmiano. Dio, ricordatelo sempre, Dio ti ha creata, ti ha beneficata, ti conserva l'esistenza e ti prepara e ti promette un premio eterno, il Paradiso, se ti conservi fedele a Lui, che come Dio non può ingannarsi, nè ingannare. L'incredulo all'incontro nulla ti dona, anzi cerca rapirti quello che hai di più caro e prezioso, la pace del cuore, per gettarti nell' angustia e nel dubbio, e ti prepara una pena eterna, l'inferno, mentre ti promette il nulla. Oh! s'egli è ingannato, non lasciare che ti inganni egli mai! 7

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Ma senti nell'orecchio una parola: non ti abbandonare a troppa confidenza ed a soverchia dimestichezza, sotto verun pretesto con persone dell'altro sesso, e neppure con quelle del tuo, poichè il demonio maligno, è potente, e ti potrebbe trascinare al peccato. Sgorghi frequente ed ardente dal tuo cuore la preghiera, e quale soave profumo imbalsami l'aria che ti circonda, migliori te non solo; ma le persone tutte che ti avvicinano, ed a te ed a esse insegni ad amar Dio, ad accostarsi ai Sacramenti dell'amor suo, ad essere più buone, più virtuose, più sante. Io non ti voglio zotica no, o rozza; mi piace che tu coltivi lo spirito, e più specialmente in cognizioni utili e sode, non in quelle cognizioni superficiali e vaporose, che colla pretesa di darti una coltura enciclopedica, ti lascerebbero vuota e manchevole di quanto costituisce la scuola della vita. Tra parentesi, ti ho notato i pericoli che ti potrebbero venire dai falsi insegnamenti e dai cattivi insegnanti; e tu avrai dovuto convenir meco che i tuoi genitori ed il tuo Confessore, edotti puntualmente di tutto, potranno porre un riparo al precipizio che forse ti minaccia. È più che mezzo salvo chi s'accorge del pericolo, appunto perchè accorgendosene può schivarlo. L'abito non fa il monaco è vero, ma pur troppo dall'abito si conosce il monaco: abbi dunque cura grandissima affinchè dal tuo modo di vestire, di camminare, di posare, come dalla buccia di una pianta, si rilevi giustamente l'interna modestia, la serietà, la virtù vera; e, senza tradire la sincerità, vale a dire senza ammantarti delle penne del pavone, ed ostentare pregi non tuoi, conserva nella tua persona un'assoluta pulitezza ed una graziosa semplice eleganza. Se t'abituerai a vestire con modestia, e sempre un grado meno di quanto permette il tuo stato, dato che la ruota girasse, e girando ti facesse decadere di fortuna, sapresti adattarti e rassegnarti alla fatica, al lavoro, alla privazione. Guarda a quale estremo ha ridotto lo spreco di molte famiglie già ricchissime, anzi di una ricchezza principesca! Pensa al povero duca di Lusignano morto or son pochi anni nello spedale maggiore di Milano, e non ti riuscirà penoso mantenere in te e intorno a te una prudente economia, la quale perchè appunto saggia e prudente ti salverà dall'avarizia, e ti renderà larga la mano alla beneficenza, assicurandoti che la carità non impoverisce mai. La bellezza non è altro se non un fiore che passa rapidamente; per conservarne la fragranza havvi solo la virtù e la modestia... La deficienza e la mancanza assoluta della bellezza costituisce una spina crudele per molte anime; ma tu se le conosci, consolale: di' loro che un Dio in cielo le riguarda; di' loro che Gesù nostro pure divenne deforme sotto il vituperio fattone dagli uomini; di' loro che il loro corpo come il suo diverrà risplendente e luminoso... Per coloro che tuttora zitelle si trovano sul meriggio della vita, o l'hanno varcato, una parola d'incoraggiamento e di conforto, specialmente se hanno sacrificato la propria vocazione per l'utile altrui; se spostate ed ormai vecchie non hanno un nido e sono ritenute quasi un ingombro nella famiglia da esse allevata: quell'Iddio che conta i capelli del nostro capo conterà le loro lacrime, e preparerà loro un premio eterno. Se mai un giorno pel tuo stesso bene, permettesse il Signore che tu diventassi poveretta, credilo, il lavoro destinato a procacciarti il pane, e l'essere ed il parere poveretta non ti torrà dall'essere insieme signora, se nobile e generoso conserverai il sentire, e non ti lascerai dominare dall'invidia o da altri abbominevoli vizj. Nella vita balenano i lampi, scrosciano i tuoni, e tu li devi attendere imperturbata nella tua, supplicando il Signore di tener sospesa la grandine; chè se la grandine cade ed imperversa, e tutto rovina, non vi ha ancora altri che Dio il quale ti possa salvare e liberare dai suoi tremendi flagelli. L'arco baleno si distende luminoso nel tuo orizzonte, le onde si acquietano, viene la bonaccia e l'anima accidiosa, come il marinaio, si bea di una vita senza contrasti, senza fatiche e quindi senza meriti? Il marinaio s'accorge che nella bonaccia perirà miseramente: l'anima invece si giace inerte, nè cerca, nè accetta un Vapore che la salvi da morte sicura: essa l'avrebbe una forza motrice, la carità; questa posta in azione la torrebbe dal letargo in cui l'egoismo l'ha posta... Amatevi, amatevi l'un l'altro, ripeteva continuamente l'Apostolo diletto. Sì, amiamoci, poniamo in azione la carità, e diventeremo santamente industriose a beneficare i nostri fratelli e noi con essi, poichè la beneficenza giova non tanto a chi la riceve, quanto e assai più a chi la fa. L'immaginazione giovanile è un narcotico dell'anima, che facendola sognare continuamente, la sfibra, la sposta e le fa attribuire a sè medesima i pregi datile in certo modo a prestito da Dio. Dunque non sognare, nè accettare le adulazioni che ti vengono prodigate, poichè devi sempre ricordare che l'incenso, ossia l'adorazione, è riservato a Dio solo. Se ti è data la scelta fra una vita ritirata ed una vita brillante, rinuncia a questa, attienti a quella e ti toglierai all'orgasmo indivisibile delle veglie danzanti, delle conversazioni, dei teatri e fino dei banchetti, i quali anzichè agape o mensa fraterna con a capo Dio, sono simposj profani con a capo gl'idoli. Ricordati il detto del nostro Parini, quando seduto nell' aula municipale vedendo fugata l'immagine del Crocifisso, si levò in piedi dicendo: Dove non puó stare il cittadino Cristo, non puó stare neanche il cittadino Parini; ed uscì. Mangia di ciò che ti viene posto davanti come dice il Vangelo, che vorrà dire mangia di quanto ti vien offerto lecitamente, di ciò che ti offre la famiglia, quando non siano cibi vietati, e per ubbidire all'uomo tu non debba disobbedire a Dio nella sua Chiesa. Il Confessore potrà giudicare se tu sii dispensata, ove tu ne abbisogni; ma di tua testa, o pel comando di superiori civili, non puoi esserne prosciolta. Supera la gran tentazione degli spettacoli cospiratori contro la modestia e l'onestà, ed ai divertimenti ed agli spassi preferisci un po' d' aria pura o lo svago utile che viene dai viaggi o dallo studio di essi. Ama e tieni care le domestiche pareti nelle quali la sincerità, l'affetto, la pietà, ti daranno quelle gioie intime che sono altrove un enimma. La sanità del corpo è un gran dono; ma quella dell'anima è un dono infinitamente maggiore, e questo pensiero come balsamo cada ad allenire i dolori delle tue infermità, le quali ti parranno leggiere e dolci se saprai prenderle dalle mani stesse di Dio. Non ho temuto di farti le intime mie confidente, di palesarti le pene, le trepidanze ed i desiderj del mio cuore, e segnando a dito le pratiche, le preghiere fatte senza spirito, senz'anima, non ho temuto paragonarle ai fiori artificiali i quali pajono e non sono. Se tu hai bisogno d'espansione, come lo zampillo di chiara fontana, riversa le tue acque sulle zolle fiorite che la circondano, voglio dire sui cari parenti, sulle persone intime e di antica e provata probità, nè, rimproverata, rispondi con mal garbo, nè voler esser tu mai l'ultima a parlare. Gli è d'uopo estinguere in noi la soverchia suscettibilità, fonte perenne della maggior parte dei guai, e farci piccini riconoscendo la nostra miseria, affinchè essendo gli ultimi in questo mondo possiamo diventare i primi nell'altro, secondo la cara promessa del nostro divin Salvatore. La perdita dei Beni, della sanità, della riputazione, ci colpisce amaramente, la nostra mente si smarrisce, il cuor nostro cade quasi spezzato e dilaniato aspramente?... Oh! Cuore adorabile del nostro Gesù, dateci Voi grazia di pronunciare fiat, ad imitazione vostra, quel fiat che ci faccia accettare le croci, ce ne renda dolce, leggiero, soavissimo il peso! Che se l'animo mio sdegnoso in attesa di grandi occasioni per mostrare e per esercitare il bene, disprezzasse quelle virtù minute che si presentano ogni giorno, ogni ora, anzi ogni istante, fatemi capire la mia somma stoltezza, fatemi capire che in tal modo io perdo meriti immensi! E tu, mia dolce amica, non ti lasciar sfuggir mai la benchè minima occasione di porre una nuova gemma nella splendente corona che ti s'apparecchia nel cielo, moderando il tuo carattere, sacrificando le tue inclinazioni, sopportando senza lagnartene una mancanza di riguardo, uno sgarbo, un disappunto. Quando poi le lacrime ti cadono amare dal ciglio e l'angoscia ti opprime, cerca nell'esercizio della cristiana carità la tua gioja, la tua pace, il tuo conforto, e dagli occhi tuoi sgorgheranno abbondanti le lacrime di consolazione. Oh! prova e vedrai, come alleviando i mali e le miserie altrui saranno addolcite le tue miserie, i tuoi mali! Prova e vedrai quanta virtù e quanta letizia è nel sacrificio e nell'eroismo di dimenticar sè per gli altri!

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Galateo della borghesia

201206
Emilia Nevers 2 occorrenze
  • 1883
  • Torino
  • presso l'Ufficio del Giornale delle donne
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abbandonare un povero vecchio!... Poi sbadiglia, sbuffa, si lamenta della noia; se gli si offre di giuocare, risponde: Che! giuocar di giorno! Non sono un vizioso io; se gli si propone di fargli la lettura: Eh! i libri d'oggi non fanno per me! Che mondaccio!..... E dà a maledir la vita, a parlar male della gente, a dichiarare che tutto è menzogna, che non val la pena di venir al mondo. Nel dir queste cose consolanti, si riempie il naso, la barba (che ha lunghissima e ispida), lo sparato della camicia, le mani, di tabacco; ne manda negli occhi dei vicini. Se capitano visite, fa predicozzi anche a quelle. A tavola mangia con le mani, piglia il cibo sul piatto comune con la propria forchetta o vi ripone i bocconi che gli avanzano; insomma si diporta come un bimbo, col peggiorativo che non lo si può correggere. La nonna - ah! qui il tipo ideale sarà, se permettete - un ricordo. La nonna ideale ha una cameretta per sè, poichè i vecchi hanno bisogno di quiete; ma è un asilo - non una prigione. Quella cameretta è tutta popolata di ricordi d'ogni genere - si vedono insieme sull'antico canterano tutto oro, che rammenta l'impero, i dagherrotipi dei bisavoli e le dei nipotini, i bei ricami delle figliuole, ed i primi fotografie tentativi delle bimbe, e tanti gingilli, tante cosine care che danno alla camera della nonna I'aspetto d'un museo, senza che perciò appaia meno ridente. E come è linda! Ella stessa, ogni mattina, aiuta a rigovernarla e toglie con amore ogni granello di polvere da quelle sue reliquie. Tutti in quella camera si trovano bene e non c'è bisogno di spingerveli. - Lasciaci andare dalla nonna, balbettano i bimbi. - Vo a lavorare colla nonna, dicono le ragazze. - Mostro i punti della scuola alla nonna! gridano i maschi al ritorno. E la nonna li accoglie tutti con lo stesso amore. Fin dalle nove della mattina è seduta sul suo seggiolone, con davanti l'oriuolo, con gli occhiali sul naso, vestita di tutto punto. È ancora dritta e snella come una giovine, la nonna, e par sempre che vada ad una festa a vederla attillata nel suo vestito di seta nera, col goletto ed i polsini di neve e la bella cuffia di trine a nastri, annodata sotto al mento. Lavora senza posa, con passione, e provvede di calze tutta la famiglia, dalle grosse calze di lana del nipote vontario, alle finissime calzine dei bimbi. Alla domenica legge. Tutti quelli che vengono a vederla sono i benvenuti, ed essa sa stare con ognuno. Non cerca di stendere su chi l'avvicina l'ombra fredda della sua tarda età; non vuol che altri sia vecchio e sfiduciato con lei, ma invece rivive lei coi piccini e coi giovani. Al bimbo, racconta storie e spesso fatti di cui è stata testimone, parla dell' epopea dell'impero che l'ha appassionata, ricordando, in mezzo al circolo dei ragazzi accesi di meraviglia, le strofe di Béranger:

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L'arte di abbellir la casa, l'home, era una volta un po' trascurata da noi, bisogna convenirne: la lasciavamo ai tedeschi, agli inglesi, col pretesto che il nostro bel cielo ci invitava fuori all'aperto, che per noi la casa non era un soggiorno, ma un ricovero, e che bisognava abbandonare alle genti del Nord, afflitte da nebbie e geli, la cura di ornare la propria prigione. Questo pregiudizio non esiste più. Dobbiamo confessare che, anche da noi, il gennaio si fa sentire, e che è più aggradevole lavorare al tepore d'una parisiennne che inchiodarsi, ben imbaccuccati, davanti ad un camino che fuma - più aggradevole aver sotto i piedi un impiantito di legno che dei mattoni agghiacciati - riposare su poltroncine soffici che rimaner duri duri sopra dei sedili a spalliera dritta, buoni pei nostri antenati vestitid'acciaio. A poco a poco,anche da noi, italiani, l'antico casone semi-vuoto, con gli affreschi anneriti dal tempo, col suolo umido, le porte mal chiuse, ha ceduto il posto alle linde e ridenti casine moderne (che Dio volesse la speculazione rendesse meno anguste), alle casine dove chi non può pretendere a sfarzo principesco trova però una certa eleganza e tutti quegli agi che son necessari a chi fatica col pensiero, come accade a tanti oggidì. Il primo precetto perchè un'abitazione riesca gradita a tutti quei di casa ed ai visitatori, si è che sia arredata, non con ricchezza, ma con buon senso e con un certo buon gusto. Spesso la pretesa ed il soverchio sfarzo nuociono alla comodità, anzichè accrescerla. Un ricco salotto, per esempio, dove non si entri che per due ore alla settimana, ed una sala da pranzo buia ed angusta sono contrarii alla buona disposizione d'un appartamento. Nelle casine inglesi ed in molte delle tedesche v'ha una stanza speciale che da noi finora non ho veduto che in pochi appartamenti; una stanza, detta in Inghilterra parlour, ed in Germania Wohnzimmer, che non è nè la sala delle visite, nè il salottino della signora, ma ha in pari tempo qualcosa dell'uno e dell'altro, e serve tanto per ricevere gli intimi, come per lavorare, studiare, suonare. Vi si trovano solitamente una libreria,una scrivania, un pianoforte, delle buone poltrone, delle tavole con i giornali, albums, libri,scacchieri, scatole di domino; insomma quanto può occorrere per passar aggradevolmente le ore della sera ed accudir alle occupazioni del giorno. Non occorre che quel parlour sia sfarzoso, basta che sia un po' ridente, e quello scopo si raggiungerà, ornandolo di qualche bella pianta verde,di qualche ricamo, di qualche maiolica artistica. Badisi ad escludere affatto gli ornamenti volgari, le litografie ed oleografie, i fiori artificiali sotto campane di vetro,certi lavori in lane di colori troppo vivi, tutto ciò insomma che ha un carattere dozzinale. Il parlour sia popolato di ritratti di famiglia, di ricordi; abbia qualcosa di raccolto e d'intimo; diventerà così il luogo prediletto, il centro della casa. Non esito a credere che fino ad un certo punto si debbano al parlour le abitudini più casalinghe degli uomini inglesi e tedeschi. L'aver un luogo dove riposare e ciarlare ad agio è un conforto che manca ai signori nelle nostre case, dove spesso non v'ha scelta tra l'incomodità della sala da pranzo, invasa dal canestro del bucato, dai bimbi, e l'etichetta del salotto, dove si teme di sciupare i mobili e di rovesciare le scansie coperte di gingilli. Spesso, venuta notte, si presenta in famiglia questo quesito:Come passare il tempo? Ciarlare? Ma dopo pranzo, per ciarlare, piace star comodamente seduti, e le sale da pranzo alla moda non hanno poltrone. Leggere? Ma i libri sono nello studio del marito, in fondo alla casa, e non s'ha voglia di andarli a pigliare. Suonar il pianoforte? Ma il pianoforte è in sala (vestito di panno verde per soprappiù) e la sala è una ghiacciaia... E così? E così il marito va al circolo, dove troverà una bella sala di lettura tepida, od al caffè, dove c'è un'orchestrina. La moglie sospira, sbadiglia, e si rassegna ad andarsene a letto, oppure esce anche lei: va in casa d'altri a cercare ciò che non ha in casa sua: una buona poltrona, un buon fuoco. Insomma, a farla breve, in molti l'amore alla casa si confonde con l'idea del lusso ed esclude quella della vera comodità. N'ebbi una prova recentemente da due signore che avevano mutato alloggio, e mi facevano vedere con certa compiacenza la nuova abitazione. L'una mi condusse attraverso ad una bella anticamera, una sala da pranzo con mobili di acero e cuoio, una sala di noce d'India e damasco azzurro, un gabinetto tutto oro e felpa, una stanza da letto di damasco giallo, tutto nuovo fiammante e stupendo; ma, in nessun luogo trovai traccia di occupazione manuale ed intellettuale, non vidi un cantuccio dove lavorare e scrivere, un libro, un foglio di musica: sicchè, alla fine, con involontaria ingenuità esclamai: - Ma dove abitate? Ella rimase perplessa. - Ah!... non ho scelto,... non ho deciso... Por ora sto... nello stanzone di guardaroba... Quella signora quindi aveva trasformato il suo appartamento in una specie di teatro, dove rappresentava la signora elegante per poi ritirarsi nelle quinte. L'altra mia amica aveva posto in non cale l'aurea massima di Beniamino Franklin (l'inventore del parafulmine, il tipografo fatto illustre): Ogni occupazione abbia la sua ora, ogni cosa il suo posto, ed aveva creduto di raggiungere il non plus ultra dell'eleganza coll'ammobiliare il suo appartamento in modo ibrido, sicchè non vi fossero stanze a destinazione speciale. V'era una fila di pseudo-salottini, con tavole, librerie, divani da letto, seggiolini e seggioloni,il tutto senza fisionomia, per così dire. -Ma, e dov'è la sala da pranzo? Dove la camera da letto? Dove sta la servitù? Dove vi vestite? chiesi colpita. -Quante sale, eh? rispose ella con orgoglio, che bell' effetto per chi viene in visita! E nello stesso tempo, vedi, si può mangiare dappertutto, dormir dappertutto; il divano della sala da pranzo è per mia sorella, quello dell'anticamera per la fantesca.... -E lavarsi? vestirsi? - Oh! c'è di dietro uno stanzino buio dove stiamo mio marito ed io, e c'è da lavarsi.... In buona fede quella signora credeva d'aver fatto bene e non s'accorgeva di essere accampata e non alloggiata. Ma, direte voi, e quando non c'è spazio davvero? Allora sicuramente bisogna adattarsi, cercando però d'evitare certi crimenlesi contro il buon gusto. Una sposina di mia conoscenza si trovò, per vari motivi, a non poter disporre che di un quartierino di quattro locali - poca cosa eh? E di questi, uno era la cucina, e due erano molto piccoli.Che fece? Prese la stanza più grande per stanza da letto, nell'anticamera pose,per la fantesca, una di quelle brande di ferro le quali chiuse e ricoperte da un tappeto figurano una tavola - poi vi aggiunse una cassapanca dove la cuoca riponeva le sue robe, un cantonale chiuso per appiccarvi i vestiti, il tutto inverniciato color rovere, ed un attaccapanni - sembrava davvero un'antisala, eppure rispondeva perfettamente all' uso di stanza. Nel salottino poi, che era ad un tempo sala da pranzo, sala e parlour, c'era una libreria in cui alloggiavano fraternamente, in un riparto i libri, nell'altro il servizio di porcellana per tavola - un pianoforte, una gran tavola per pranzare, un tavolino da lavoro, una scrivania, tende di yuta scuro, tappeti a disegno antico, piante verdi, specchio a cornice di velluto assortito alle tende, porta-musica ricamato, qualche scansia, qualche seggiola di fantasia, ed ecco che la mia amica aveva una sala presentabile ed in pari tempo un luogo comodo da abitare. Mi riassumo: potendolo si eviti sempre di mettere cassettoni, armadi e letti in anticamera: potendo, si cerchi di dissimularli, grazie all' inventiva dell'industria moderna. Si tenga a mente che, come disposizione, possibilmente, dall'antisala si deve passar nei salotti, dove si mettono canapè, poltrone, seggiole, pianoforti, scansie, mobili di capriccio, poi nelle camere da dormire che esigono oltre al letto, un cassettone, un tavolo da notte, un armadio con specchio, un lavabo; la sala da pranzo non deve essere dietro alle camere da letto, ma vicino ai salotti od all'antisala e non vi si deve mettere che una dozzina o più di seggiole di rovere,od acero e cuoio, una o due credenze, la tavola da pranzo, e, se mai, uno o due canapè, di quelli a forma diritta come panchini ricoperti di velluto: le tinte preferite sono il bruno o il verde scuro. Generalmente avendo bimbi piccoli, convien tenerli in uno stanzone a suolo di legno e pochi mobili sicchè siano liberi di giuocare a loro agio. Ciò che si deve poi tenere per norma si è di non far sotto nessun pretesto una babilonia del parlour o della sala da pranzo.Ognuno si vesta in camera propria; mangi ad ora fissa e su tavola appositamente apparecchiata, e se la signora si occupa di certi lavori molto casalinghi, non li trasporti seco, ma si trattenga in guardaroba od in cucina. Conosco una famiglia di cui, all'inverno, la sala da pranzo sembrava un attendamento di zingari. Stavano lì raccolti in otto o dieci persone a far le cose più diverse e le più strambe. La figlia maggiore vi si pettinava,mettendo in fraterno contatto l'accappatoio coi tovaglioli ed il pettine con le forchette; il figlio vi si faceva la barba; i bimbi studiavano o giuocavano; la mamma e la cameriera vi sciorinavano il bucato, cosicchè non era possibile sedere senza correre pericolo di cadere sull'acqua insaponata o sulla biancheria umida, o - peggio - su qualche rasoio. Nè il disordine regnava solo negli oggetti. L'era una torre di Babele: l'uno studiava la lezione; l'altro suonava il pianoforte; l a mamma faceva la predica or a questo or a quello dei ragazzi, i canarini strillavano, ed il papagallo motteggiava tutti quanti.... Era cosa da inorridire e bastava mettere il piede là dentro per accorgersi di essere da persone - forse ottime - ma certamente digiune di ogni norma di creanza e di ogni finezza. Una casa per bene deve essere sempre linda e ben rigovernata, ed anche dove si lavora e si studia, bisogna industriarsi a mantenere l'ordine, il che non riesce difficile purchè si assegni ad ognuno il suo posticino, ed ognuno si tenga il suo buvard, il suo calamaio, la sua cartella per riporre i libri, il suo canestrino da lavoro coll' aggiunta d'un gran canestro per gli oggetti di biancheria, infine un armadio dove riporre i balocchi dei bimbi. Allora, chi entrerà non capiterà in una baraonda; troverà sempre una seggiola libera e leggerà sul viso di tutti un sorriso sincero di cortesia e non uno sgomento di gente sorpresa in flagrante delitto di disordine. E sebbene costi, un po' di fatica, io concedo, il mantenere quella regola, è fatica grata, poichè ha il suo premio, e nelle buone abitudini che i ragazzi prendono senza sforzo - grazie all' esempio - e nella schietta ammirazione dei visitatori, e nella contentezza del marito, il quale - ecco il punto capitale - si trova bene, così bene a casa sua che non ha mai voglia d'uscirne, che finisce spesso col rinunziare al caffè, al teatro, al circolo, per godersi l'intimità e gli agi del domestico focolare.

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