Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbandonare

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Angiola Maria

207178
Carcano, Giulio 8 occorrenze
  • 1874
  • Paolo Carrara
  • Milano
  • Paraletteratura - Ragazzi
  • UNICT
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non abbandonare, te ne scongiuro, la tua povertà e il silenzio dell'oscurità nella quale sei nata. Addio, mia sorella! Che il Signore t'accompagni! « CARLO » Caterina pianse nel leggere questa lettera così semplice, ma non ebbe cuore di stornar la figliuola dalla proposta partenza. Maria mise insieme le sue poche robe; e la mattina, nell'andare dall'una all'altra stanza, le pareva che quell'abbandono le pesasse sul cuore, e quel breve viaggio le fosse imposto come una penitenza. La buona madre anch'essa, venuto il momento di staccarsi dalla sua Maria, sentì un segreto dispiacere, quasi un pentimento d'avere accondisceso all'impensata a quella partenza; e le tornarono in mente le parole che ripeteva un tempo il suo pover uomo, quando la signora contessa volle tenere con sè la fanciulletta: - Verrà un.-giorno che ve ne pentirete, e non vi sarà più rimedio! - Ma non disse nulla, e le cacciò via quelle parole, come un tristo pensiero. Nel tragittare il lago, per raggiungere le carrozze del lord, le quali stavano aspettando su l' opposta riva, Maria non potè nascondere l' angoscia che la stringeva, benché non piangesse. Dilungandosi dalla sponda, guardava la madre sua e la vecchia Maria, che dalla soglia della casa le mandavano ancora baci d'amore; guardava la sua finestretta e la pergola del cortile. E certamente, se non era la presenza del vecchio signore, che quantunque buono e carezzevole con lei, pure la teneva nell' imbarazzo della suggezione, avrebbe lasciato libero sfogo alle lagrime. Elisa, guardandola con mestizia, la compativa; Vittorina l'abbracciava, ripetendole le più liete cose che siensi dette mai, per consolare chi abbandona la prima volta i luoghi a cui una vita serena di molt' anni donò tanta e così vera bellezza. Nel tempo di quel tragitto, un giovane barcaiuolo accompagnava il lento batter del remo nell' acqua cori una semplice canzone del suo paese, su andar della seguente: IL COMMIATO. CANZONE DEL BARCAIUOLO.

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Maria non voleva abbandonare la sua solitaria cameretta; e una muta malinconia occupava il suo cuore, in luogo dell' amore e del pianto. Le due sorelle la credevano ammalata, Vittorina la guardava mestamente, dicendole che non era più quella, nè sapeva che pensarne; ma Elisa, più tenera e dotata di più squisito senso non fu tarda a sospettare la cagione di quel segreto tormento, quantunque non avesse animo di parlarne con Maria; la quale intanto languiva, e si teneva per sè tutto il suo dolore. In quelle due o tre notti, che sogni, che sogni terribili e confusi avevano turbato i pochi, interrotti riposi della povera innocente! Era stato il delirio, il primo spavento d' un' anima vergine e angosciata. Sognava le cime delle sue montagne, i temporali del lago, il fulmine che incendiava la casa di sua madre; sognava d' essere portata attraverso a un turbine di polvere, In una carrozza che cavalli coperti di schiuma trascinavano; e si vedeva seder vicino un giovine, vestito di nero, pallido e muto, che la guardava con occhi immoti, ardenti.... Ella voleva dare un grido, ma la voce le moriva soffocata nel seno; sentiva un gran peso sul cuore, un fuoco in ogni vena, e il cocchio fuggiva, volava, senza calpestio di cavalli, senza strepito di ruote, e per l' aria morta non veniva un soffio di vento: a' lati, di fronte, passavano, sparivano come per magia, selve, case, rupi, rovine; e quel giovine era sempre al suo fianco, immobile, e sorrideva con ùn sorriso che la faceva abbrividire.... Voleva essa gettarsi dalla carrozza, ma l' impeto del balzo che arrischiava non finiva mai, e le toglieva il respiro; era come un' agonia eterna. - Poi la scena mutavasi.... Le pareva di trovarsi nella camera in cui era nata, nella camera del suo povero padre; Avvicinavasi allo scomposto letto, sul quale giaceva addormentata la madre sua; s'inginocchiava a lato del capezzale, pregando in silenzio, aspettando ch' ella si svegliasse; poi sollevata la testa, tendeva l'orecchio, ma non udiva nè respiro nè anelito; quel sonno era dunque sì grave?... Levavasi allora, stringeva tra le sue mani la destra della dormente; quella destra era fredda, fredda.... Si chinava per baciar la fronte materna.... ahi! sua madre era morta! - Ma quest'affanno non bastava; altro era il luogo del sogno, altri i terrori. Era la chiesa del suo paesetto, era il confessionale del vecchio parroco; ella si metteva in ginocchioni presso la piccola grata, tentava di parlare, e non poteva.... alla fine mormorò una parola sola, e la voce del confessore proferì sul suo capo la maledizione del Signore e la dannazione eterna.... Gran Dio era quella la voce del fratel suo! Allora la poveretta cadde all' indietro tramortita sul pavimento della chiesa.... E risvegliavasi coperta di freddo sudore, senza conoscenza del dove si trovasse, senza saper quasi di tornare alla vita; tremava di raccapriccio, sentiva uno spasimo, una contrattura in ogni fibra, le si oscuravano gli occhi, la mente si smarriva; le pareva che il dolore e lo spavento fossero per finire con la sua vita. Poi ricadde assonnata, nulla più seppe. Alla tarda mattina, nel ridestarsi, trovossi fra le braccia della buona Elisa. E l' Elisa solamente aveva qualche parola di conforto per la sua povera amica. Come volentieri Maria avrebbe versato nel seno di lei il suo caro e penoso segreto! ma troppo temeva che nè lei nè nessuno avrebbe voluto credere mai alla sua pura intenzione. Finalmente, passato il terrore di quella notte, e riavutasi un poco, lasciò il letto, dicendo di sentirsi bene, ma di non essere ancora in istato d'abbandonar la sua camera. Si mise a lavorare, ma quasi le sue dita non potevano adoperar l' ago, nè tenere le cesoine, e la mano tremante le cadeva spesso sul grembo. Traevasi lenta presso alla finestra, stava talvolta per diverse ore a guardare il cielo cenerognolo, i tetti coperti di neve delle case dirimpetto, e le persone che passando per la strada apparivano al suo sguardo appannato come ombre indifferenti. Pure, dopo quella muta quiete, v' eran momenti in cui l' anima sua s' apriva ancora alla gioia d'una candida speranza, ai pensieri del suo affetto virtuoso. Quando ricordava que' giorni felici del passato autunno, ne' quali ancora non sapeva d'amare; quando dimenticava sè stessa, e l'assenza di lui faceva, per un istante, più ardita la sua timida fiamma, allora il sorriso di prima le rasserenava ancora il volto, e un sospiro di segreta dolcezza scopriva involontariamente la fiducia del suo cuore. Erano quattr'ore dopo mezzodì, quell'ora in cui la nostra città è così malinconica e tetra nell'inverno, dopo che un breve saluto di sole, apparso a consolar la fredda mattina, è già fuggito, e quando la nebbia bassa, densa, umidiccia, nasconde tutto il nostro bel cielo lombardo. Erano dunque quattr'ore, e una fanciulla ravvolta in una mantellina di seta oscura, e chiusa nel velo nero di che aveva coperto, il modesto cappellino, attraversava il ponte, che dalla via dov' era la casa de' Leslie mette presso alla piccola chiesa di san ****. Ella entrava nella chiesa, dopo d'aver più d' una volta lasciato sfuggire indietro uno sguardo, quasi temesse d'esser veduta o seguita. Chi in quel momento le fosse passato vicino si sarebbe accorto che la giovinetta camminava incerta e paurosa, avrebbe dubitato ch'ella entrasse nel luogo santo, non già per deporre a' piedi del Signore una preghiera, ma per cercare un ricovero, un luogo qualunque, dove le fosse concesso d' adagiarsi e riposare; perchè pareva veramente ch'ella a stento potesse reggersi sulla persona. La chiesetta era vòta; solo una povera donnicciuola stava pregando a un altare, ginocchione sul gradino della balaustrata; e il susurrío delle sue orazioni interrompeva la solennità di quel sacro silenzio. Faceva buio all' intorno; e la luce moribonda del giorno si spargeva appena nell'alto della nuda volta. Il vecchio sagrestano, uscito del piccolo coro, veniva a versar novo olio nelle lampare; poi, attraversata la chiesa, andava ad accendere un cero innanzi a un'immagine dell'Angelo custode, in una cappella a fianco dell' altare. Rientrato ch' egli fu nella sagrestia, s' intesero indi a poco i rintocchi lenti, malinconici, della campana. Era il primo segno della benedizione della sera. La giovinetta si collocava in un canto, su d' una panca ch'era presso la parete, poco lungi dalla cappella dell'Angelo custode. Sedette in quell' angolo oscuro, dove le pareva di starsene all' ombra del Signore; e cercando invano un pio raccoglimento, tentò di superare il terrore segreto che l'agitava. Perché mai era venuta sola, a ora così tarda, e che grazia voleva implorare?... Non lo sapeva; cercava un momento di pace, aveva bisogno di respirare un' aria benedetta, di piangere, non veduta che da Colui il quale può consolare tutte le afflizioni. Sollevò al vicino altare gli occhi, che s' arrestarono su quel sacro quadro rischiarato da fioco lume; la celeste figura dell'Angelo, in quel momento, la illuse propria come fosse viva; poiché, rivolta la testa al cielo e alzata la destra, pareva anche a lei ricordare che soltanto lassù è il tesoro della misericordia e della pace d' ogni cuore. Allora ella fede per inginocchiarsi, ma il rumore d' alcuno ch' entrava in quel punto nella chiesa la riscosse subitamente. Soprastette, e guardò da quella parte. Ah! il suo timore non era stato dunque vano: riconobbe il giovine che poco prima l'aveva seguita per tutta la via.... Egli era là, vicino a lei, e la chiamava sotto voce per nome. La fanciulla non rispose, non si rivolse a lui; ma cadendo su le ginocchia, e nascondendo il volto nelle mani tremanti, effuse l'anima sua nella più calda e pietosa preghiera che possa l' innocenza innalzare al Signore. Era un voto timido, celestiale; una parola profferita dal cuore, col più puro palpito dell'amore e della fede; una parola che il labbro non avrebbe potuto articolare. Essa dimandò al Signore che la salvasse da quella tentazione, che le concedesse di morir presto, anche lontana da tutto ciò che aveva di più caro al mondo, lontana da sua madre, piuttosto che abbandonarla alla passione di quel giovine, del quale, senz'esser rea, non poteva ascoltare le parole. Ma Arnoldo le s' era fatto più accosto, e con voce di sommessa preghiera: « O Maria, » diceva, « non aver nessuna tema, se ho voluto parlarti, se l' ho voluto qui, in questo luogo santo. Io rispetto il tuo cuore e la tua onestà; ma sappi che nessuno deve conoscere il sentimento che ci unisce. E poi, è qui che ho pensato di confidarti un altro segreto, un segreto, il quale non può essere inteso che da te e da Dio.... Dio, spero, lo benedirà!... » Maria tacque ancora. « Tu tremi, povera e buona fanciulla! » continuava il giovine. « Forse in questo momento l'anima tua mi respinge, e ha terrore delle mie parole; forse mi credi un uomo senza cuore, senza nessuna fede. Ma rassicúrati! Tu non sai nè puoi immaginare quanto bene m' abbia fatto il conoscerti, l'esserti vicino.... » « Oh cosa dice mai? » ardi rispondere allora, con accento languido, la giovinetta. « Non profferisca queste parole! Noi siamo in faccia al Signore, in chiesa. Almeno, abbia compassione di me.... Anche lei ha una religione, anche lei ha bisogno di Dio! » « Ascoltami, Maria! sto per metterti a parte d'un grave segreto; la tua anima pura sarà la prima che lo riceva, la sola che, per ora, possa saperlo. Verrà tempo, e forse non è lontano, che si farà noto a tutti questo mistero, la cui conoscenza adesso sarebbe causa della mia e della tua perdita. » Maria non replicò, ma levando il capo rivolse al giovine un'occhiata, in cui appariva tutta l'angoscia del dubbio e del sospetto. « Io sono cattolico, o Maria, » riprese Arnoldo con voce grave e commossa; « la tua religione è la mia! ho conosciuto errori antichi e fatali, e ormai sento d'esser rinato a una nuova vita. Dio, che t'ha fatta bella come l'anima tua, Egli che ha voluto ch'io ti donassi ogni mio pensiero, ebbe finalmente pietà delle battaglie sofferte dal mio cuore, delle inutili speranze che mi agitarono per tanto tempo! Chi, se non Egli, mandò sul mio cammino, incontro a me, quell'anima forte e credente del fratel tuo? Chi, se non Egli, da tanti anni, mi tormenta con questa smania che provo di riposare in una fede, in una verità, che non mi riuscì di trovare mai in nessuna cosa mortale?... Tu, colla pura affezione dell' anima, hai cominciata l' opera pietosa della mia conversione; tuo fratello, in quel tempo d'una felice e tranquilla amicizia, la indirizzò; un altro giusto, un uomo oscuro e sapiente da me conosciuto in questa stessa città, or fan tre anni, e che adesso mi rivide e m'accolse come un suo figlio perduto, ha persuasa la mia mente, ha vinto e mutato il mio cuore. » Queste parole penetravano fino al fondo l'anima di Maria. Un turbamento sconosciuto, misterioso, la commosse; fissò incerta il giovine, con uno sguardo impossibile a dirsi: egli si tacque, e prostratosi a canto di lei, stette per qualche tempo in mesta meditazione. Poi si levò, e in atto più rispettoso e sicuro ripigliò: « Maria, ora lo vedi: non può essere che io t'abbandoni; ora sai quanto sia grande il bene che m'hai fatto, e conosci che il Signore non vorrà punirmi, se venni qui ad aprirti il mio cuore, se qui, innanzi a Lui, son pronto a giurarti.... » « No! non dica di più! » la fanciulla l'interruppe, sostenuta da un' occulta forza della sua virtù. « Io benedico il Signore, perchè ha esaudita la più viva delle mie preghiere; ma altro non posso fare che questo... No, no da qui innanzi non pensi più a me.... Io sono abbastanza felice! » « Di che parli tu mai? la tua virtù, la tua innocenza meritano ben altro premio, e maggiore di quello ch'io ti posso dare. Ma forse dubiti ancora, pensi che io non ti dica la verità!... Oh credilo, Maria, non potrei mentire con te! la sola cosa che m' affanni, è il dovere aspettar tanto ancora a far palese a tutti la mia conversione. Tu non conosci il mondo e le sue opinioni, più dure d' ogni legge; e io non ne ho mai sentito il peso, come in questo momento: mi è forza tacere e nascondere a tutti, e più che ad ogni altri a mio padre, questo segreto che confidai a te sola. Qual ch'essa sia la mente d'un padre, dev'essere venerata, temuta: e io non avrei la forza adesso di andare incontro a tutto il suo sdegno, e più che allo sdegno, al suo dolore; ma presto verrà il momento propizio per rivelargli ogni cosa.... Tu vedesti, Maria, com'egli pensa, come vive: ma non sai che una risoluzione come la mia è per lui un delitto, una vergogna da non esser perdonata mai più a un uomo; tu non sai ch'egli potrebbe fors'anche arrivare a maledirmi! » « Oh! che dura prova le toccherà di sostenere » rispondeva la fanciulla, con atto pietoso. « Ma Dio le ha fatto conoscere la verità. Egli le donerà anche la sua grazia. » « Se tu lo preghi per me, o Maria, Egli lo farà!... Ma intanto non costringere il tuo cuore a rifiutarmi! » « No, no! sento ch' è impossibile.... Devo abbandonarla, devo tornare presso a mia madre. » « Giammai, giammai!... Consòlati, o Maria, e spera! » In quel mezzo entravano alcuni buoni fedeli. Arnoldo s'allontanò dalla fanciulla, e maravigliando quasi di quel severo senso di rispetto ch' essa, con le sue poche parole, aveva saputo destargli nel cuore, turbato e incerto, uscì della chiesa. Maria restava tuttavia inginocchiata. S'udì il secondo, poi il terzo tocco della campana; il sagrestano ricomparve, e accese le lampade e i ceri dell'altare. Il piccolo tempio, a poco a poco, s'affollò di modesta e buona gente, venuta dalle soffitte, dalle botteghe, dalle cure casalinghe, dal lavoro a ringraziare il Signore; anime contente e semplici, a cui la fede non manca mai, perch'è necessaria alla loro vita, come la fatica delle braccia. Echeggiò la volta della chiesa delle sacre litanie , e il fumo dell' incenso avvolse con l' odorosa sua nube I' altare. Il popolo era d' ogni parte divotamente inginocchiato sul nudo terreno; la sua orazione fu breve e rozza, ma incera; e il sacerdote la benedisse in nome del Signore. Tutti se n' andarono; la chiesa tornò vòta e oscura; e Maria era ancora prostrata in umile, fervida preghiera. L'anima sua, nella pace di quelle sante pareti, abbandonò la memoria de' giorni dolorosi da lei passati, e quella stessa timida e vereconda speranza che faceva l'unico suo bene su questa terra; domandò a Dio di vivere pura e senza rimorso com' era stata fin allora, e nelle sue mani pose la propria vita e tutti gli affanni che a Lui fosse piaciuto di mandarle. Poi disse le sue orazioni della sera, con quell'ardente affetto, con che le ripeteva ne' primi anni della sua fanciullezza; e non dimenticò il nome della madre lontana, nè l'anima benedetta del padre suo. Una fiducia mesta, ma pur soave, e una consolazione che non era di questa terra, furono quasi benefica rugiada al cordoglio della sua vita debole e combattuta; la sollevarono, e la fecero ritornare alla pace della sua mansueta virtù. Quando si rilevò, s'accòrse d'esser sola nella chiesa; e in quella, il sagrestano le s'accostò, per avvertirla che l'ora di chiudere le porte era venuta. - Uscì chetamente, ma appena trovossi in mezzo della via, in quell'ora insolita, e intese il noioso frastono ch' empie le strade al cominciar della notte, smarrita tra l' ombre fitte che le pareva di vedere agitarsi, e tra lo smorto chiarore delle lanterne che tremolava in mezzo alla nebbia, quasi non sapeva a qual parte indirizzarsi. Per buona ventura, la casa non era lontana, e si sforzò di raddoppiare i passi e il coraggio. Ma il giovine amante, che poco lontano l'aspettava, appena la scòrse uscire della chiesa, le si mise dietro a breve distanza, e la accompagnò fino a casa. Nè Maria se n' avvide; tutta ricreata de' suoi nuovi e tranquilli pensieri, e nella sua gioia nascosta, ella confidava di poter essere ancora felice.

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Ma, innanzi abbandonare la stanza bella e modesta, dov' essa aveva per la prima volta sognata la speranza e l'amore, non potè a meno di volgere ancora un mesto sguardo a quelle care pareti, a quegli arredi, a quei pochi libri che lasciava sopra la tavola.... L' addio della fanciulla non fu che un profondo e doloroso sospiro; ma con esso Maria accompagnava una muta preghiera dell' anima, una preghiera per l' uomo che le aveva per sempre rapito la pace.

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Per allora m'accommiatai, non senza chieder licenza di tornare a presentargli il mio rispetto innanzi di abbandonare il paese. E per tutto il giorno andai vagando in compagnia del mio ospite su per le vicine montagne, al raggio d' un bel sole d'autunno, e lieto di vedere un lembo di quella terra che nel passato secolo era stato testimonio di lunghe e feroci guerre di parte, quando in essa soffiarono sì forte la libertà e la riforma. Ma la ritrosia del signor curato non mi tolse dall' intento mio: e quella sera medesima, io era amichevolmente seduto vicino a lui ad un piccolo desco, dinanzi a un cotal botticello di legno, colmo dell'ottimo vin di Sassella: un orciuolo d'antica foggia, col beccuccio sporgente, che quegli alpigiani chiamano ancora galéda, come lo chiamavano press' a poco i Romani, forse da certa somiglianza al loro elmetto, galea. Fosse virtù di qualche libagione del patrio vino, fosse consiglio della fedele sua Brigida e del mio ospite montanaro, il vecchio parroco s' era ammassato, e potei a poco a poco entrargli in grazia. Tempestato dalle mie inchieste sulle cose antiche del paese, e non trovando più il filo d'uscir del labirinto in che s' era messo, egli scappò a dire che se ci fosse stato ancora il suo quondam vicecurato, il quale ne sapeva anche di troppo e aveva scritto un mucchio di scartafacci appunto sulle antichità da me cercate, m' avrebbe potuto dire di quegli antichi tempi di miseria tutto quanto io voleva e non voleva sapere. Allora lo posi alle strette; e mi confessò come, difatti, don Carlo gli avesse lasciato una confusione di quadernacci e di fogli sparsi, dove forse avrei potuto pescar notizie; ma che, non avendo egli mai avuto nè tempo nè voglia di leggere quella scrittura così fina e minuta, giacevano tuttora dimenticate in un cassettone del suo studio, se pure i topi n' avevano avuto misericordia. In quella, con generoso atto, si cavò dal taschino la chiave dello studio e me la porse. Non mi parve vero d'avere così presto ottenuta la vittoria; e cita la palla al balzo, come si dice, presi un lume, e, fatto ardito da quella sua facile concessione e dal desiderio che mi aveva condotto a lui, penetrai nello studio del curato. Apersi senza scrupolo, e frugai nel barcollante cassettone, ove rinvenni molte memorie di cose antiche, delle quali forse mi gioverò un' altra volta, se a me non verranno meno il tempo, l' amicizia del lettore e la sua pazienza. Fra quelle, venni a capo di raccogliere le poche e scucite pagine del manoscritto del buon prete, e stimai di darlo fuori tal quale; perchè, leggendo que' caratteri e ripensando a quell'uomo del sagrificio, mi rasciugai qualche lagrima, e dissi nell'anima mia: - Tu solo il giudicasti, o Signore! e i figliuoli degli uomini avranno sempre speranza sotto il velame delle tue ale.

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Egli non ebbe più cuore, l'Andrea, di mettersi al servizio d' altri padroni; e neppure per diventare il più ricco fittaiuolo della Bassa, avrebbe consentito di abbandonare la riva del suo lago, l'acqua sulla quale era nato. E se ne morì contento in quel fidato ricovero, in faccia ai monti e al cielo che aveva amato sempre come cosa sua. I suoi settant' anni erano corsi in tanta oscurità, in tanta quiete! Carlo, il suo figliuolo maggiore, era in quel tempo vicecurato in un povero paese della Valtellina: e anche questa fortuna egli la doveva al conte Francesco, il quale alcuni anni prima aveva fondato apposta un piccolo beneficio per il giovine abate. La signora contessa poi, un'aurea donna, piena di bontà e d'amore, avendo messo una singolare affezione nella piccola Angiola Maria, poi che dal cielo le era stata negata la consolazione d'aver figliuoli, si teneva cara quella fanciulletta, come la fosse sua propria. É inutile ch' io vi dica, perchè ben lo pensate, come, ogni volta la buona contessa Anna ne venisse a passare i lieti mesi d' autunno nella villa del lago, la prima cosa a chiedere fosse della piccola Maria. Quella ragazzetta era così graziosa e bellina fin da' suoi primi anni, aveva il volto cosi ritondetto e color di rosa, e i capegli tra il biondo e il bruno così lucidi e inanellati, che rubava al primo vederla i baci e le carezze di tutti. La sua voce ancor fanciullesca aveva già quell'insinuante dolcezza ch'è segno di un'anima timida, amorosa; e l' ingenuo parlare e le schiette domande che faceva, mostravano bene quanto la sua nascente ragione fosse semplice e retta, e la sua mente già commossa dal trepido desiderio di pensare e di conoscere. La contessa Anna dunque rapiva spesso alla madre quella cara creaturina così bella, ch' era la sua piccola delizia. E qualche volta pure la condusse con sè alla città; nè poco ci voleva allora per vincere una certa ritrosia del buon Andrea; il quale finiva con obbedire, perchè la era volontà dei padroni, ma in cuor suo pensava da quella domestichezza co'signori non poterne venir bene a una povera figliuola come la sua. Alla madre invece, la pareva una benedizione del cielo: ella si trovava, è vero, come perduta, quand'era sola, ma il suo orgoglio materno, com'è naturale, n'andava consolato, vedendo crescere così bianca e bella la figliuola, da lei chiamata sua perla, sua ricchezza. Quando la fanciulla si fe' più grandicella, la contessa se la teneva più spesso in compagnia, talvolta per le lunghe ore della mattina, talvolta per l' intera giornata, e le prodigava ogni cura, con sollecitudine quasi materna. Sotto gli occhi suoi, la fanciulla imparò a legger que' libri che sono l'amore delle tenere menti, appena s'aprono facili agli accorti consigli del senno; e di que'libri, una Storia Sacra, tutta adorna di belle figure miniate, era il suo prediletto. Poi, seduta accanto dell'amorosa protettrice, Maria attendeva a qualche gentile lavoro d' ago o di spola; o si piaceva, sullo medesimo scrittoio della contessa, di sgorbiar de' fogli copiando e ricopiando il nome della buona signora e quelli di suo padre, della mamma e del fratello: era la sua gran gioja. Oh! quanto l' amorevole donna sentivasi dolcemente rapita da quell'anima candida e ingenua, vedendola a poco a poco prender come una nuova vita, alle semplici lezioni del bello e della virtù! Oh quanto era commossa dalle parole di Maria che rispondevano alle sue, dall'affetto di quella innocente che le chiedeva la grazia d'un bacio, dalle stesse sue lagrime, quando, per qualche lieve cruccio, il picciol cuore di lei non trovava altra risposta che un largo pianto! Quella era una beatitudine: e non di rado la contessa, dopo avere a lungo contemplata la fanciulla, si faceva mesta, pensava che felicità sarebbe stata la sua, se anch' ella avesse potuto sentirsi chiamar madre, se anche a lei fosse stato dal cielo concessa una figliuola come quella. Ma la felicità di questi anni doveva presto finire. Il conte Francesco morì, e l' ottima sua compagna lo seguì presto nel sepolcro. Erano svaniti i bei sogni di mamma Caterina: il compare Andrea aveva avuto ragione. Angiola Maria non abbandonò più la casa paterna, pur vi crebbe bella e serena com'era sempre stata; perchè quell'impronta virtuosa che il suo cuore aveva ricevuto, non poteva cancellarsi più. Pareva che la giovinetta portasse la pace e il bene con sè; il vecchio suo padre menava giorni tranquilli, d'altro non ragionando che delle sue lontane memorie, de' tempi burrascosi di sua gioventù, e de'suoi buoni padroni; e Caterina divideva colla figliuola le poche faccende della casa, serbando però sempre le più dure per sè; paga abbastanza nella sua tenerezza di vedersi sorridere d'intorno quel fior sì gentile della sua Maria. Solo il giovine vicecurato

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