Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbandonare

Numero di risultati: 56 in 2 pagine

  • Pagina 1 di 2

Enrichetto. Ossia il galateo del fanciullo

179063
Costantino Rodella 2 occorrenze
  • 1871
  • G.B. PARAVIA E COMP.
  • Roma, Firenze, Torino, Milano
  • paraletteratura-galateo
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Bastava che Enrichetto richiamasse alla mente quel brutto dì per tosto divenir serio, serio, abbandonare la compagnia, e ritirarsi cupo a meditare; tutta quella scena gli veniva innanzi: la mamma coi capelli scarmigliati, abbandonata sur una seggiola in un angolo oscuro della camera, a forti singulti piangeva; il padre muto, cogli occhi rossi, colla fronte cupa andava e veniva a presti passi per la stanza; il fratello e le sorelle sopra scranne qua e là guardando la mamma a grosse lagrime singhiozzavano: le campane della vicina parrocchia suonavano a distesa; orfanelli, frati, preti processionalmente si sentivano per la via e su per le scale cantare il miserere; ed egli, sbalordito, fuor di sé, s’era accostato alla porta, e vedendo trasportare fuori una cassa coperta di nero: nonna, nonna, si pose a gridare, e dietro le rapidamente nonna, nonna, seguitava a chiamarla dal pianerottolo, mentre giù per gli svolto delle scale spariva la processione. Ma la nonna non rispose, né più la vide ritornare se non ne’ sogni!

Pagina 17

Come ad esempio: non dover costringere persona alcuna ad abbandonare la sua diritta nella strada; i giovanetti aver a cedere sempre la via più comoda a’vecchi, e specie alle donne; per istrada non correre, nè andar troppo lento; passeggiando coi compagni non appoggiarsi sulle spalle del vicino, nè, dando braccetto, far sostenere tutto il peso del nostro corpo sul braccio dell’amico; non dimenar le braccia a foggia di chi semina ne’campi; nè doversi gesticolar troppo, nè discorrendo ad ogni piè sospinto fermarsi. Badare segnatamente nella calca dove si mette il piede, schivando di calpestare i piedi de’ vicini, e specie se vi son donne, perché si rischia di strappare un abito di gran prezzo e di pigliarsi il nome di tanghero zoccolato; non si parli troppo ad alta voce, nè si zufoli o si canti, per non buscarsi il titolo di matto o di ubbricao; non essere troppo curiosi da cacciarsi nella folla per scoprir chi sa che ne’ tafferugli; fuggi i rumori, diceva spesso col poeta. Certe sere il padre conduceva la famiglia al caffè e nuova messe qui si presentava alle osservazioni di Enrichetto: ragazzi sdraiati poltronescamente sui divani. inzaccherando cogli stivaletti i sedili; una mano di giovinotti, schiamazzanti di politica scapigliata, senza badare a’ segni d’inquietudine che danno alcuni uomini più posati, che non possono leggere con attenzione la gazzetta; un altro che tiene eternamente in mano un giornale, che è aspettato dal vicino. A questo proposito il padre raccontava che ad una parete d’un gabinetto di lettura stava scritto: Le persone che imparano a compitare sono invitate a non prendere che i fogli di ieri; nuvole di fumo di zigaro da levar il respiro; ragazzi strepitanti che vogliono ora questo ora quello. Ammirava invece quelli che si comportavano con rispetto e con dignità, avendo riguardo di non incomodare nessuno; quelli che s’affrettavano di scorrere il giornale e concederlo tosto, quando sentivano esser ricercato; quelli che entrando od uscendo facevano col cappello cenno di saluto.

Pagina 39

Per essere felici

179396
Maria Rina Pierazzi 2 occorrenze
  • 1922
  • Linicio Cappelli - Editore
  • Rocca San Casciano - Torino
  • paraletteratura-galateo
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Prima di abbandonare l'argomento dei piccoli trattenimenti, diciamo una parola sulle conferenze. Pur troppo l'argomento è di attualità, perchè siano in un periodo travolgente di eloquenza storico-politico-letteraria. Non so se abbia o no ragione colui che sentenziò: — La conferenza è quella cosa in cui uno parla e gli altri dormono — Ma ragione o no, siccome, tranne casi eccezionali, nessuno è obbligato ad assistere alle conferenze, così quando ci si va è desiderabile di contare sul silenzio e sull'attenzione del pubblico. Non è proibito, talora, di annoiarsi — ma i più elementari canoni della educazione proibiscono di dimostrare la propria noia e la propria stanchezza. Parlare quando il confereziere parla è scorretto e scortese; sottolineare con esclamazioni o brontolii le frasi che vanno a genio o quelle che non vanno affatto è peggio che mai. C'è sempre tempo a comunicarci l'un l'altro le nostre impressioni e a fare raffronti e confronti. Una conferenza, checchè se ne dica, è sempre frutto di studio e di lavoro — e il lavoro e lo studio meritano rispetto, specialmente da parte di coloro i quali passano l'esistenza divertendosi, non facendo nulla di serio nè di faticoso e trasvolando "di gioia in gioia„ come la Signora delle camelie.... Se poi la lettura o la dizione ha luogo in qualche salone particolare dove siete stati invitati, è consigliabile alle intervenute di non ripetere l'aneddoto narrato da una spiritosa francese, Madame de Boigne, nelle sue memorie, a proposito di Châteaubriand. Non voglio togliere la freschezza del racconto traducendolo e lo trascrivo così com'è. Ella scrive: "le me rappelle une lecture des Abèncerages faite chez Madame de Ségur. Il "lisait de la voix la plus touchante et la plus émue, avec cette foi qu' il a "pour tout ce qui èmane de lui. Il entrait dans le sentiment de ses personna "ges, au point que les larmes tombaient sur le papier. Nous avons partagé cette "vive impression et j'étais vèritablement sous le charme. La lecture finie on "apporta du thè. "— Monsieur de Châteaubriand, voulez vous du thè? "— Je vous en demanderai. "Aussitôt un echo se répandit dans le salon. "— Ma chére, il va prendre du thè! "— Donnez lui du thé! "— Il demande du thè! "Et des dames se mirent en mouvement pour servir l'idole.„ "C'était la première fois que j'assistais à un pareil spectacle et il me "sembla si ridicule que je me promis de n'y jamais jouer un rôle...

Pagina 100

L'irrequietezza che predomina l'intiera umanità non può far grazia alla classe che serve; basta il miraggio di un salario più pingue per far abbandonare senza scrupoli la famiglia ove un servo era ben trattato e non oberato di lavoro; ed ecco, perciò, annullata la possibilità d'esser certi d'avere in casa persone sicuramente affezionate.

Pagina 212

Le belle maniere

180030
Francesca Fiorentina 2 occorrenze
  • 1918
  • Libreria editrice internazionale
  • Torino
  • paraletteratura-galateo
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Non ci mancherebbe altro che la madre fosse obbligata ad abbandonare quattro volte il giorno le sue faccende per accompagnare alla scuola o riprendere la sua figliola! O che la domestica - se c'è - dovesse lasciar tutto il lavoro nelle mani della padrona per mettersi a fianco della padroncina! Oppure, se la mamma non può assentarsi da casa nella stess'ora che la figliola, questa non potesse andare a messa, la festa! Non fareste però bella figura, mie care, lasciandovi vedere tuttè sole a un pubblico passeggio, o fuori di porta, e neppure - è inutile dirlo - in piazza ad ascoltare la musica, o ne' giardini più frequentati della città. Anche uscendo per uno scopo prefisso, mi piacerebbe che non vi confondeste nel guazzabuglio delle vie più popolate, ma vorrei che prendeste le scorciatoie per ritrovarvi al luogo a cui siete dirette. Camminando, non voltate in qua e in là la faccia, e, soprattutto indietro a guardare le persone già passate; non fissate quelle con cui v'imbattete, nè squadrate curiosamente le toelette delle signore come se fossero mannequins; o, peggio ancora, non dimostrate, coll'insistente fissare, d'accorgervi della deformità d'un infelice. Non c'è bisogno che stiate impettiti come tacchini, ma nemmeno che vi lasciate andar giù come cenci; nè occorre tener le braccia in modo che sembrino stecchi diritti o, al contrario, nastri svolazzanti. Del resto un pacchettino o, se non altro, la borsetta aiuteranno a dare un contegno alle appendici superiori del corpo. Anche l'estremità inferiori richiedono riguardo e moderazione: il passo è sempre meglio corto e affrettato, che lungo e sgangherato. La giovinetta non deve aver mai l'aria d'andare a zonzo, di bighellonare:ma la sua andatura, se è strascicata, può farlo credere. Neppure, se non volete farvi dare delle curiose, e peggio, vi fermerete a guardare un ubriaco che traballa, un cavallo che scappa, due donne che litigano, un uomo fra le guardie; l'educazione e la prudenza vi consigliano di seguitar la vostra strada come se nulla fosse. E', invece, doveroso tirar via un bimbo dal pericolo, aiutare un vecchio che incespica, a un altro raccattare il bastone, lasciar posto a una persona d'età o vestita di lutto, anche se umile, a un disgraziato, a una donna che porti un carico o tenga in braccio un bambino. Sono pietose eccezioni alla regola:come quella di voltarsi, e prontamente, se un urlo ci avverte del rischio d'una persona o se un'automobile ci strombazza improvvisamente alle spalle. Prima la pelle nostra e degli altri, poi. . . la creanza. Fate a meno, quando siete sole, di fermarvi davanti alle vetrine:ce ne sono delle belle, non c'è che dire, delle attraenti, che mani esperte hanno aggiustate con gusto e furbizia; ma spesso le cose belle ingannano, e le ingannate sareste voi, se vi lasciate tentare. Di quanti gingilli, che non vi bisognano, sentite il desiderio! Quante spesette non necessarie derivano da quelle fermatine imprudenti! Date un'occhiata fuggitiva, e scappate via dalle tentazioni: è tanto di guadagnato per voi e per il vostro contegno. Se vi passa vicino una signora di vostra conoscenza, salutate voi per le prime; rispondete garbate, senza sciocche ostentazioni di pudicizia, al signore o al giovine dabbene che vi fa di cappello; nè crediate d'umiliare la vostra femminilità chinando la testa al vostro professore, anche senz'aspettarne il saluto:la riconoscenza che gli dovete sposta la relazione che comunemente esiste fra signore e signorina. E non vi vergognate a salutare con affabilità una persona povera, vestita male; voi non ci perderete nulla, e otterrete anzi un granello d'affetto di più. Se incontrate un'amica intima, non v'abbandonate a espansioni sentimentali, nè vi perdete in lunghe conversazioni, sostando nella strada come le comari. In compagnia con altre giovinette credete quasi lecito il lasciarvi andare a una maggior libertà di contegno; e, comunicandovi l'argento vivo l'una con l'altra, parlate ad alta voce, sghignazzate sguaiatamente, gestite come burattini, e, quel ch'è peggio, vi sciacquate la bocca sul conto di questo e di quello. Se sapeste che mormorio di disapprovazione si risveglia dietro di voi! Se siete con la mamma, o con altra persona a voi superiore, usatele rispetto, dandole la destra o il posto migliore, contro il muro o sul selciato, portatele i pacchi, entrate dopo di lei in un negozio, porgetele la mano nel salire sul tranvai, e scendete prime per aiutare nuovamente. Se vi càpita d'uscire con la domestica, guardatevi bene dal tenerla quattro o cinque passi indietro, come un cane; statele a fianco e, pur senza giungere a un'eccessiva intimità, rivolgetele la parola, come a una creatura umana. Ricordatevi che molti sguardi, e non sempre tutti benevoli, possono posarsi su voi; comportatevi dunque per la strada in modo da ottenere l'approvazione del giudice più severo, ma prima di tutto della vostra coscienza.

Pagina 128

Intanto la giovinezza del poveretto sfioriva inutilmente nella scuola, come una rosa che lascia cadere i pètali a uno a uno, e nessuno li raccoglie; e tremava la madre lontana, che, dopo averlo, fino a pochi anni prima, corazzato del suo amore contro ogni insidia, ogni male, ora l'aveva dovuto abbandonare all'ingratitudine di quelle fanciulle. Alcune al mio rude"zero! "avevano risposto con un torcere sdegnoso della bocca, altre con un alzare di sopracciglia, altre con un chinare della testa cocciuto, che più m'aveva irritata e quasi avvilita. Mi sentii un groppo alla gola; pensai all'adolescenza, ancor lontanamente futura, delle mie bimbe, con un senso di terrore. No, no! non dovranno esser così. Giorno per giorno parlerò loro delle pene di questi umili martiri che sono i maestri, i professori, dirò della lunga e faticosa preparazione agli studi, circondata spesso da stenti e privazioni domestiche, dalle disillusioni patite poi, appena raggiunto lo scopo. Tutte le belle idealità, che accompagnano i futuri docenti nei penosi anni di lavoro assiduo, svaniscono davanti alla piccola realtà racchiusa fra le quattro pareti della scuola e fremente sui banchi allineati come tante fosche categorie di regolamenti carcerari.

Pagina 147

Si fa non si fa. Le regole del galateo 2.0

180724
Barbara Ronchi della Rocca 1 occorrenze
  • 2013
  • Vallardi
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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La mano va stretta brevemente, senza stritolarla, ponendo a contatto i palmi (è sgarbato «concedere» due sole dita o abbandonare svogliatamente un arto molliccio e inerte) e guardandosi in viso. Quanto alle strette «a due mani», con I'aggiunta di pacche sulle spalle e prese al gomito, lasciamole ai politici in campagna elettorale. Se I'incontro avviene per strada, in ascensore, in un locale pubblico, su un mezzo di trasporto, niente stretta di mano: basta un «Buongiorno» con un bel sorriso. Mai salutare senza togliere gli occhiali da sole: sarebbe come parlare con qualcuno attraverso una porta chiusa. Passiamo ora alle presentazioni, una «grammatica» che vale la pena di imparare, onde evitare errori che possono offendere gli altri sminuendone il ruolo e l'importanza. Si presenta, indipendentemente dal sesso, la persona meno importante alla più importante, la più giovane alla più anziana, il singolo al gruppo, un collega a un estraneo, l'invitato abituale al nuovo arrivato, I'italiano allo straniero. Per quanto riguarda l'età, fermo restando il rispetto per le persone anziane, e a meno che non entrino in gioco prestigio e fama, si tende a considerare soprattutto l'anzianità professionale, cioè da quanto tempo si è in un certo posto di lavoro. È sempre la persona alla quale si presenta qualcuno a tendere la mano per prima: il neoassunto dimostrerà di «saper stare al mondo» evitando di porgere la mano al capufficio, in un contatto fisico magari non gradito. Siccome non siamo in salotto, anche le signore si devono alzare in piedi per presentare ed essere presentate. Ricordiamo che ormai usa chiamare «Signora» tutte le donne, senza indagare sul loro stato civile: «Signora o signorina?» è una domanda antiquata, da non fare mai. Chi presenta pronuncia chiaramente nomi, titoli di studio, mansioni, rapporti di lavoro: «Il nostro titolare, geometra Goffredo di Buglione», «La mia assistente, la dottoressa Bianchi», «II ragionier Rossi, direttore della nostra filiale di Cuneo». I presentati diranno semplicemente «Buongiorno» o «Buonasera», evitando l'abusato «Piacere» - spesso falso: quasi mai un incontro di lavoro risulta piacevole! In caso di autopresentazioni, se non siamo medici (nel qual caso il «dottore» è d'obbligo, per evitare confusioni di ruolo con altre figure dell'ambiente sanitario), è garbato tralasciare il titolo di studio, ma senza cadere nell'errore (e orrore) di definirsi «il signor Rossi» o «la signora Bianchi». Lasciamo che siano gli altri ad attribuirci la signorilità, che vale molto di più di un blasone o di un titolo di studio. L'importante è che ce la meritiamo. Durante un meeting o una riunione, ci si autopresenta a chi è seduto accanto a noi, rimandando il «giro del tavolo» di saluti individuali alla fine dei lavori, quando avverrà anche lo scambio dei biglietti da visita.

Pagina 210

L'angelo in famiglia

182201
Albini Crosta Maddalena 6 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Ma, non ti abbandonare soverchiamente al tripudio, poichè se puoi e devi fidarti degli ottimi tuoi parenti, non puoi nè devi fidarti troppo spesso di te, poichè tu ed io siamo facili a commettere molti spropositi, ad inciampare e cadere... Ma no, che nè tu, nè io cadremo, se non ci fideremo punto punto di noi, e baderemo sempre dove poggiamo il piede. Oh! cara mia giovinetta, io non voglio serrarti il cuore, non voglio vedere mesto quel viso che sta sì bene sorridente e gajo come la primavera che tu rappresenti, e che è la tua immagine; no, non voglio soffocare le effusioni gioconde dell'animo tuo. Di' pure, oh! che gioja! e goditi i doni di Dio. Ma, per carità, per ben tuo, te ne prego, sta in guardia, bene in guardia, perchè la tua gioja sia duratura, e non si muti in dolore in... Tu lo sai, lo devi sapere, il mondo non è buono, ma forse neppur tanto cattivo quanto lo dipingono alcuni veristi, i quali per una delle innumerevoli incongruenze alle quali vanno soggetti, o te ne fanno un paradiso o addirittura un inferno. Però, credilo, figliuola mia, il mondo è pur abbastanza cattivo, e dirò meglio, insidioso per te: dopo d'averti festeggiata appena t'ha veduta in mezzo a lui, e d'aver lodato tutte le tue qualità, anche le meno lodevoli, cercherà di toglierti dal tuo cantuccio, di levarti la vernice di collegiale, di farti spigliata, di farti insomma tutt'un'altra da quella che sei, da quello che vuoi, e che devi essere. Poverina! tu fanciulla ancora inesperta, tal fiata ti vergognerai perfino della tua modestia e delle tue migliori qualità, e ti sforzerai di ostentare un brio, una galanteria di cui prima non conoscevi che il nome. Per pietà, amica carissima, per pietà, non fare questo passo falso, o se sventuratamente lo hai fatto, ritirati prontamente, se non vuoi legare il tuo cuore vergine e libero al primo anello di quella catena, che, sotto il nome bugiardo di emancipazione, non è altro invece se non schiavitù e schiavitù abbominevole. Ascoltami, o anima sorella, perchè creata dallo stesso Iddio Padre, dallo stesso Gesù redenta, dallo stesso Spirito Santo illuminata; ascoltami, o cara; io non ti parlo per piacerti, o per dilettarti, io ti parlo solo per farti del bene, per rendere tranquilla e buona la tua vita, la tua morte, la tua eternità, e, lascia che tel ripeta, anche perchè serena ti scorra l'esistenza, e inalterata sia la tua pace. Io, prima di scrivere queste pagine, ho piegato le ginocchia davanti all'Immacolata, le ho chiesto d'inspirarmi quello che debbo dire a te per toglierti ai travagli delle passioni, per ajutarti a combattere e vincere la guerra terribile che il mondo, il demonio e la carne ti faranno, e la Madonna mi ascolterà. Non credere, sai, a quei cotali che ti van ripetendo che i libri di pietà ti renderanno uggiosa, melanconica, egoista: Oh! non creder loro; essi o sono ingannati, o sono ingannatori. Gli è appunto per recare al tuo labbro quel sorriso che tanto ti stupisce sul labbro di quell'anima afflitta, travagliata, ch'io ti parlo come faccio, e cerco di riverberare, sulla tua mente e sul tuo cuore la luce soave e smagliante del Vangelo. Allorchè io mi sento l'animo oppresso, mi reco appiè dell'altare, poi, sai dove vado? vado a ritemprare l'animo mio a fianco di una vecchia inferma che, caduta da condizione civile in bassa fortuna, conserva tra gli stenti e gli acciacchi de' suoi ottantotto anni un'inalterabile serenità. Essa ha trovato il segreto di tutto sopportare non solo coraggiosamente, ma allegramente, e da lei emana come un effluvio di pace che non può a meno di comunicarsi a tutti quanti la circondano. Allorchè esco da quell'umile cameretta mi trovo assai rincorata, ma vergognosa però d'essere tanto da meno di colei che mi ha sovranamente edificata. Sì, credilo, te lo dico in nome di Dio; io desidero vivamente di farti lieta e contenta; e per far ciò debbo metterti sull'avviso, affinchè quel brutto mondo, dal quale sei circondata, non ti prenda di sorpresa, non ti allucini co' suoi falsi splendori e ti rapisca quella cara serenità che ora allieta il vergine tuo cuore. Anche la mia cara inferma è vergine ancora, e pura è stata tutta la sua lunga vita: basta solo vederla per leggerglielo in fronte, in quegli occhi limpidi, in tutta la sua persona. Tempera adesso, mia cara, la foga della tua gioja, e non abusare di quel tanto di libertà che il tuo ritorno alla casa ti ha accordato, per non dover poi pentirtene più tardi. No, no, non abbandonarti soverchiamente alla gioja, se vuoi stare sollevata anche nei giorni tristi, se vuoi tenere un po' d'equilibrio. Sta tanto bene l'uguaglianza di umore, di carattere, che per acquistarla o mantenerla non è soverchio, nè ti deve parer grave alcun sagrificio. Tante e tante sono le cose che vorrei dirti e che mi fanno ressa alla mente, che non so veramente per ora a quale appigliarmi. Temo tu mi sfugga, temo di pesarti troppo addosso, ed io vorrei che la parola mia ti suonasse cara come quella di tua madre, dolce come quella della più cara amica della tua infanzia. Ebbene, non voglio affollarti la testa con troppe considerazioni serie; mi basta per oggi ripeterti di stare in guardia con te stessa, cogli altri, con tutto e con tutti, se non vuoi essere presa incautamente a qualche laccio. Ogni giorno io tornerò probabilmente su questo soggetto, e tu mi ascolterai sempre, n'è vero? Oh! quanto desidero che tu sii felice! ma per essere felice bisogna essere buona, dolce, pia, caritatevole, tollerante, anzi più, indulgente; bisogna insomma che tu sii veramente virtuosa e santa. Io pregherò sempre con gran cuore il buon Dio di renderti tale, e forse in fondo in fondo ci ho anche un po' d'egoismo; mi lusingo che quando la mia parola ajutata, anzi inspirata da Dio stesso, avrà cooperato a renderti virtuosa, allora tu pure pregherai per me, affinchè io divenga un po' buona; e mi dimentichi una volta di me medesima, per non ricordarmi che degli altri.

Pagina 20

l'egoista non vuol abbandonare il suo danaro all'indigente, senza averne la sua parte nel godimento o di una veglia sfrenata, o di una fiera annunciata colle testuali parole:Baldoria e carità, come io con quest'occhi miei ho letto negli affissi a lettere cubitali; o senza per lo meno ottenere il plauso e l'encomio della moltitudine ammirata, nel dare il proprio obolo, col proprio nome, in una lista destinata a fare nel mondo il giro più lungo che sarà possibile. L'angelo dell'annegazione invece non contento di risparmiare sul superfluo, risparmia fino sul suo necessario, per recarsi nel segreto di un'oscura soffitta a portare un po' di sollievo non al corpo soltanto; ma all'anima ancora di coloro che sotto il peso delle maggiori sofferenze, covano un fondo di sdegno contro l'umanità che si figurano gaudente e... Vivi sicura, dove penetra l'angelo dell'annegazione, si smorzano gli strali del comunismo e degli odj inveterati; il pugnale affilato si spezza, e la parola della maledizione si muta in preghiera! Siamo nella seconda metà del secolo XVI. Agli anni d'abbondanza è successa la carestia, alla carestia la peste. L'egoista si nasconde, fugge, e porta via con sè tutto quanto possiede, geloso che una sola sua moneta gli sfugga di mano o gli venga carpita. La città è pressochè unico asilo d'infermi e d'indigenti; la peste aumenta ogni dì il suo dominio, perchè sua maggiore sorella è la fame. Ma Iddio ha suscitato l'angelo dell' annegazione e di un'annegazione eroica; questi non si contenta di dare il superfluo, dà lo stesso bisognevole: vende le suppellettili preziose, i giojelli, perfino i sacri arredi, ed ancora non basta. Gli resta un principato, vende quello ancora, ne distribuisce il prezzo ai poveri, ai quali non il solo suo denaro, ma dona tutto sè stesso. Ecco Carlo Borromeo, e con esso la numerosa schiera di quelli che il mondo dice egoisti, e che sono i ministri di Dio; eccoli dentro gli spedali, al letto degli ammalati, vivere con essi, perchè con essi sono pronti a morire!... Mia dolce amica, è tardi, t'ho già soverchiamente intrattenuta; ma dimmi, dimmi, se la storia ha registrato i fatti di coloro che ci hanno preceduti, quali essa ha scritto con colori più brillanti ed incancellabili, i nomi degli eroi della carne od i nomi degli eroi dello spirito? Quale più t'intenerisce e più ti trae ad imitarlo, il nome del primo Napoleone o del Borromeo? Pensa e decidi, e vivo sicura che dovunque toccherà il tuo piede sarà bandito l'egoismo, ed avrà vita quell'eroismo piccolo, minuto, nullo, se vuoi, agli occhi degli uomini; ma preziosissimo agli occhi di Dio, poichè quell'eroismo non è altro se non quella morte continua della nostra volontà che ci viene insegnata dall'Apostolo.

Pagina 299

Ma non ti lagnare, figliuola, non ti abbandonare allo scoramento, e se jeri io ti diceva di frenare gl'impeti di una gioja eccessiva, oggi ti ripeto di frenare quelli di un irragionevole dolore. Mi pare d'avertelo già detto, e dovrò replicartelo spesso: nella vita molti sono i contrasti, scarse e numerate le gioje; ma tu, se saprai vivere del Vangelo, potrai menare una vita tranquilla e contenta. Ho detto se saprai vivere del Vangelo, poichè tu sai bene essere ben altra cosa il credere senza l'operare, dall'operare appunto come e perchè si crede. Nel leggere i Promessi Sposi, mi ha sempre fatto impressione quel passo in cui l'autore, parlando dell'educazione impartita alla Signora di Monza, dice di essa:Privata così della sua essenza, non era più la religione, ma una larva come l'altre. Difatti non è che un simulacro di religione quella pietà che non ci fa entrare nello spirito della religione istessa, ma ci fa tenere soltanto attaccati alle pratiche esteriori. Non credere ch'io ti voglia distornare dalle pratiche religiose. Dio me ne guardi, anzi spero e desidero parlartene presto e diffusamente; voglio dire soltanto che le pratiche debbono essere non causa, ma effetto delle nostre credenze; giusto come quando tu baci la tua mamma con grandissimo affetto, sarebbe stolto chi credesse che l'affetto consistesse nel bacio, mentre il bacio non è se non un'emanazione ed un'esplicazione dell'amore grandissimo che tu le porti. Infatti l'amore per la tua mamma sta vivo ed ardente anche quando non te la puoi stringere al seno, anche allorchè sei forzata a vivere lontana da lei. Dunque tu devi essere, e se già non lo sei, devi diventare profondamente religiosa, senza timore di diventar troppo pia. Io credo che se anche tu il volessi, troppo religiosa non ci sarebbe pericolo tu diventassi e nemmanco io, e nessuno di coloro obbligati a respirare come noi l'aria del dubbio che cerca filtrarsi dovunque. Poi non si può essere troppo religiosi, come non si può essere troppo santi. E lì torniamo sempre alla medesima ragione che già ti ho accennato. Il mondo taccia di eccesso di religiosità coloro che non avendone lo spirito, eccedono, e lasciamelo dire, ostentano anche un po' quelle pratiche, le quali dovrebbero sempre essere regolate da un giusto e cristiano criterio. Come il bacio che tu dai alla mamma, benchè sia una bella cosa, non è sempre opportuno, e tu mancheresti allorchè essa avendo bisogno del tuo ajuto o di un servigio, te ne stessi lì oziosa ad abbracciarla; così la vera cristiana sa e deve alle volte lasciare Dio per Iddio; rinunciare alla propria volontà; anticipare l'ora del levarsi e rinunziare fors'anche non solo ai divertimenti ed ai passeggi, ma ancora a qualche pratica non obbligatoria di religione, quando la necessità e la carità la chiamano al letto di un infermo, o in soccorso di un tribolato. Per oggi lasciamo lì a mezzo questo discorso, che avremo occasione di ritornarci, poichè è molto, ma molto importante. Tu continui ad esclamare:Povera me, che faccio? ed io continuo a dirti:leva in alto il tuo cuore, non ti abbandonare allo scoramento, poichè dopo il peccato io non conosco male peggiore di quello. Lo scoraggiamento è appunto cattivissimo per mille ragioni; credo 3 però lo sia primieramente perchè esso si presenta sotto forma d'umiltà; mentre il maligno è invece figlio e figlio non degenere della superbia. Noi temiamo di non tenerci all'altezza dei tempi o della società, e ci scoraggiamo: vedi, gli è proprio perchè temiamo di non ottenere un certo primato che, come suol dirsi, ci buttiamo a terra. Lo scoraggiamento, figlio della superbia, è fratello dell'accidia, e ci suona all'orecchio che tanto tanto per noi possiamo giacercene inerti, poichè non facciamo ugualmente nulla di bene. Lo scoraggiamento, figlio e fratello della superbia e dell'accidia, diventa padre a sua volta, e, per carità, non mi domandare di quali e quanti brutti figli sia fecondo! Io credo che la maggior parte dei malfattori e dei cattivi soggetti che contaminano la società, abbiano incominciato dallo scoraggiarsi; hanno detto a sè stessi: io per me non riesco certo a bene, e si sono dati al male, passo passo, od a salti, o slanciandosi una volta per sempre... ma poco su poco giù è questa la storia di tutti i tristi. Dunque tu, figliuola amatissima, ravviva la tua fisionomia rattristata, ritorna il sorriso sulle tue labbra e la giocondità nel tuo cuore. Ti sta tanto bene su quel giovane viso l'allegria che, malinconica, ti si riconosce appena, non sei più quella. Oh! sorridi; tutto quanto ti fa dire con un sospirone povera me! non è forse altro se non un'immaginazione della tua vivace fantasia, un'esagerazione che fai a te stessa di quei vincoli, di quei pericoli che tu puoi scongiurare se il vuoi. Oh! tu la conosci la ricetta, tu la conosci; pure io te la voglio ricordare perchè ti voglio bene, perchè ti voglio sana; ma sana non di corpo soltanto, ma altresì di anima. La ricetta è sempre, sempre il buon Gesù e la sua legge d'amore. Ma questo Gesù in forma umana è vissuto una sol volta sulla terra; noi non abbiamo il benefizio di sentire la sua parola viva, di ascoltare i suoi dolci ammaestramenti; ma non è con noi nel Sacramento? Non ci resta il Vangelo? Oh! il Vangelo è l'acqua che lava ogni lordura; è il balsamo che sana ogni piaga; è l'alito che vivifica, che ricrea, che rinnova. Il buon Dio mi ha chiamata all'alto ministero di spiegarti la sua parola di amore, d'insegnarti come devi diportarti nella famiglia e nella società; ed io nella confusione che Iddio abbia voluto scegliere un mezzo cotanto basso per un fine sì alto, mi piego all'ubbidienza, lascio libero sfogo alla sollecitudine grandissima che mi desta nel cuore l'età delle speranze, che è appunto la tua, e ti parlo. Nei tuoi sfoghi tu hai detto lagnandoti quasi,che faccio? Io te lo dirò, mia cara, o piuttosto non io te lo dirò, ma tel dirà al cuore col mio mezzo la cara Mamma nostra Maria, quella Vergine benedetta che ci ama tanto e che io prego m'inspiri tutto quanto può e deve riuscire utile alle anime delle care giovinette. Sì, in voi è la speranza della famiglia, della società, della patria, in voi, fanciulle, che avete lunghi anni a voi davanti, e dovete e potete recare al mondo l'esempio, il conforto, l'appoggio che solo può dare la vera virtù. Che faccio? Domani, mia cara, ti risponderò: oggi rialza l'animo tuo abbattuto, rianima il tuo cuore; abbandonati nelle braccia della Provvidenza, di quella Provvidenza che ci è madre amorosa, e vivi sicura: tu sarai piùforte che oste schierata in campo contro i nemici della tua salute.

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Se tu poi hai condannato te stessa a restar priva di uno sposo, di una famiglia, di tutto ciò insomma cui ti sentivi inclinata, soltanto per provvedere ai bisogni di una famiglia della quale fatalmente ti trovasti a capo quand'era il tempo di pensare al tuo avvenire; se non avesti la debolezza di abbandonare l'aratro e voltarti indietro per pensare a te stessa, ma coraggiosamente posponesti i tuoi interessi ed i tuoi voti più giusti e più sacri per pensare agli altrui,leva in alto il tuo cuore! Tu hai servito un padrone che è buon pagatore; quel padrone ti darà il centuplo di quanto hai fatto per lui e pel prossimo tuo, e l'appellativo di zitellona suona per te quello di cara eletta da Dio, di vera eroina della carità. A te più che ad ogni altra spetta il soave incarico di essere l'angelo di chi ti possiede, ti avvicina; pure cosa vuol dire che ciò ti costa tanta fatica, che incespichi ad ogni piè sospinto, che minacci cadere? Lo so, la vita, una simile vita ben sovente ti pesa; usa a dirigere ed a governare una famiglia che sotto le tue mani camminava colla massima regolarità, colla migliore riuscita e colla più invidiabile armonia, ti è forza oggidì sottostare ai capricci d'una cognata buona o cattiva non importa, ma spesso bisbetica, intollerante, gelosa del potere, della stima, della tua stessa virtù. Io ti ho vista cogli occhi umidi, io ti ho sentita abbandonata e stretta al mio seno sfogare in esso la piena del tuo, dirmi che è pesante il tuo giogo, umiliante, difficile: io ti ho baciata in fronte, ti ho stretta la mano, ti ho susurrato all'orecchio: Coraggio, coraggio, e ti ho additato il cielo; ma ora ho meditato sul tuo dolore, sulla tua condizione, e mi pare di poterti dire qualche parola di più, di poterti dare perfino qualche consiglio. Lascia alla cognata od alla madre sua il maneggio della casa; la sposa ha il diritto ove non vi sia la suocera, di essere la padrona; tu hai quello più prezioso di essere premiata da Dio dei tuoi sacrificj; ma per ottenere il tuo premio, sei tenuta a rinunciare coraggiosamente adesso a quanto va unito allo stato conjugale al quale tu hai eroicamente rinunciato. Talvolta vedi camminare le cose a rovescio? Ove non t'inganni od esageri, il che pur avviene sovente, fa di volgerle a meglio se le son cose di qualche rilievo, e lascia andar l'acqua per la sua china se si tratta di cose indifferenti o senza importanza, ovvero di cose che direttamente non ti appartengono. Se nella cognata, nelle cognate, o negli altri di casa avverti qualche grave mancanza o difetto o peccato, colla penetrazione e colla dolcezza d'un angelo, non mai coll'asprezza e col comando, correggi e consiglia; ma guardati bene dal parlare mai collo sposo o colla sposa delle colpe del compagno, tranne il caso che il tuo Confessore tel comandi. Lo vedo, il tuo stato visto coll'occhio materiale è tutt'altro che invidiabile; ma se tu lo circonderai di annegazione, di amore, di operosità, non anderà molto e ti sarà resa giustizia, se non apertamente, almeno nel cuore dei parenti e degli amici. Ho sentito dire più fiate: se non fosse lei, poveretta, mia cognata o mia zia, che pensa a tutto, che ha occhio e cuore ad ogni cosa, io sarei disperata; essa è un angelo, Iddio l'ha conservata a benedizione della mia casa e dei miei figli. - Coraggio, amica, se per colpa tua o altrui, o per colpa delle circostanze, od in causa della generosità e tenerezza dell'animo tuo, ti trovi di aver passato il meriggio senza aver provveduto a crearti una famiglia, un avvenire, fa di essere angelo nella famiglia che ti alberga, angelo di pace e di conforto. Se tu invece hai rinunciato a crearti una famiglia in casa tua, od a trovarne una nel chiostro, per solo amore di serbar puro il tuo giglio in mezzo alle lotte del secolo, per combatterne gli errori a forza di virtù e di buon esempio, io m'inchino a te dinanzi e ti addito il cielo dove ti è serbato un premio ineffabile. Ma sulla terra anche gli angeli non sono creduti o sono contristati; a te pure potrà toccare in parte l'amarezza: ma Iddio, se tu operi per Lui solo, volgerà quell'amarezza in gaudio inenarrabile, e facendo brillare sul tuo seno il giglio della verginità, ti porrà in capo le rose dell'amor santo, di un amore che sarà coronato e premiato in eterno, e ti compenserà largamente dei dolori patiti.

Pagina 578

Che se il premio quaggiù ti viene negato, non ti abbandonare, amica, ad una funesta disperazione; essa anzichè scemare il tuo strazio lo renderebbe più acuto ed insopportabile. Vedi là su quell'altare l'immagine della Madre nostra trafitta non da una, ma da sette acutissime spade? E perchè Iddio ha addolorato cotanto la più sublime creatura che abbia mai calpestato questo misero mondo?... Perchè Ei le voleva accordare non in terra, ma in cielo, un premio, una gloria che tutte quelle sorpassa degli altri beati; perchè Ei voleva mostrare a noi, che battiamo con passo vacillante ed incerto la via che ci segna la fede, essere quaggiù tempo di prova, non di premio, nè di gaudio. Levate al cielo i vostri cuori, dice il ministro di Dio nel Santo Sacrificio. Levate al cielo i vostri cuori, ci dice la fede; levate a Dio i vostri cuori, ci ripete la ragione, se un insano errore non la devia. A Dio il nostro cuore, ed impareremo a tutto accettare da Lui ed a pronunciare con verità quella parola:La vostra volontà si compia e non la mia.

Pagina 606

Non mi farebbe alcuna meraviglia se nelle attuali disposizioni dell'animo tuo, con uno di quegli slanci proprj delle tempre giovanili e sensibili, tu stabilissi risolutamente di fuggire per sempre quei ritrovi nei quali puoi incontrare una pietra d'inciampo; e sono convinta che se per poco venisse favorito il tuo proposito, ti crederesti chiamata ad abbandonare la simpatica tua cameretta per una povera cella, il tuo elegante abitino per un rozzo sajo, il mondo pel chiostro. Io lodo altamente, ed invidio quelle anime avventurate le quali sono chiamate da Dio al suo stretto servizio, e ricevono da Lui la forza di tutto abbandonare, casa, averi, parenti, comodi, volontà propria, tutto insomma, per abbracciare la santa povertà e custodire la verginale purezza ad imitazion sua e della sua Santissima Madre. Ma, ti confesso, a quelle risoluzioni subitanee che nascono da una lettura, da una predica, meno ancora poi da un disinganno o da un capriccio, io credo un po' pochino, e vorrei proprio fossero poste in quarantena, sottoposte al maturo giudizio di un savio e prudente confessore, il quale, avendone ricevuto dall' alto il mandato, ha insieme ricevuto i lumi per giudicare se sia oro o lustrino, gemma o vetro, quel luccicore che si presenta sì promettente. Io qui non entro in consigli particolari, poichè il mio scopo diretto è quello di guidare ed accompagnare nella famiglia e nella società la damigella cattolica che vi si sente chiamata, e che desiderosa di seguire il bene sente il bisogno di un'amica, di una maggiore sorella che le comunichi il frutto della propria esperienza ed i lumi ricevuti dal Signore. Ora io suppongo nella mia lettrice il caso più comune, quello cioè che il confessore le dica essere molto dubbia la sua vocazione, o che essa stessa si accorga non essere la sua se non un fuoco di paglia, ed ancora un giuoco dell'immaginazione. Se la tua vocazione sarà vera, e tu vivrai in modo da non demeritarti i doni superni, essa ben lungi dal venir soffocata, tornerà a galla, e tu potrai dar corpo a quella che ora ti si presenta come una nebulosa, lontana ed incerta. Ma intanto, per chi non è decisamente e subito chiamata a monacarsi, sta il debito e il dovere di vivere in famiglia ed in società adempiendone fedelmente gli obblighi, non tanto per parere, quanto per esserne veramente l'angelo dell'ajuto, del buon esempio, del conforto. Qui sta un punto difficilissimo a definire, poichè varia pressochè all'infinito, e subisce cioè i mutamenti e le modificazioni tutte che le imprimono le condizioni speciali degl'individui e delle famiglie; ma per chi, sinceramente volonteroso del bene, unicamente lo cerca, non mancherà il direttore sagace di rappresentare in terra la Provvidenza celeste collo snebbiare ogni dubbio, porre in luce il vero, additare la via sicura. Che se per un impossibile il direttore errasse nel suo giudizio, non erra già chi fedelmente lo segue, poichè il Signore sa volgere in bene lo stesso male, e premiare contro speranza chi fedelmente ubbidisce ed ascolta la parola dei suoi Ministri in quanto è del loro ministero. Ma tu vuoi alcunchè di dettagliato da me; tu pretendi che io trascinata al bivio fra due opposti sentieri, alla tua domanda questo o quello, ti risponda decisamente e senza ambiguità come ho fatto sempre; è difficile e penoso quanto tu esigi da me; ma coll'ajuto della Madre del buon consiglio vedrò di dirti una parola sana, cristiana, efficace, capace a guidarti ed a consolarti. Non credo che molto frequentemente sia lasciata a te liberissima la scelta fra i due sentieri, quello della ritiratezza nel seno della famiglia, e quello di una vita sbattuta e battagliera in mezzo alla società; ma se ti credessi padrona di scegliere, tranne alcuni casi specialissimi, e piuttosto unici che rari, non esiterei a consigliarti ed inculcarti la vita ritirata, e ti porrei innanzi tanti e poi tanti quadri di felicità e di santità nascosti, ma viventi nel segreto delle domestiche pareti, che certo tu acquisteresti coraggio di rinunziare a tutti gli adescamenti, a tutte le lusinghe che una società frivola e leggiera ti vien esponendo allo sguardo. Ma... pur troppo, tu finchè sei figlia di famiglia, sei condannata ad una vita pressochè passiva. Che ho detto, pur troppo? Anzi gli è pel tuo meglio che il buon Dio ti toglie la responsabilità della scelta fino al tempo in cui dotata di maggiore serietà ed esperienza potrai a tua volta sceglierti la parte migliore, vo' dire una vita intima, ritirata, tranquilla, i di cui godimenti hanno minor apparenza, ma maggiore sostanza, ed in cui la lotta tra il volere ed il dovere è meno ardita e gagliarda. Intanto vivi soggetta ai tuoi maggiori, e fa di regolarti in modo che negli anni avvenire la memoria della tua giovinezza ti ricorra scevra da pene, da rimorsi, e tu ne possa con dolcezza ricordare un giorno ai figli ed ai nipoti le gesta innocenti. Se tu fai parte di una famiglia abituata alle visite, ai ricevimenti, alle adunanze, alle feste, me ne duole per te, amica buona, perchè prevedo che la tua virtù sarà contrastata, e se non ha profonde radici in una pietà soda e sincera, a somiglianza del grano della parabola evangelica, seminato sui sassi, seccherà e non darà frutto. Una parola io ti posso dire con sicurezza, una preghiera ho in cuore di farti, ed è questa; che tu sfugga tutte quelle adunanze e quei ritrovi ai quali non sei obbligata, poichè in essi potrebbe mancarti quell'ajuto che Dio non ti lascerà invece mancare in quelli ai quali ti trovi forzata di prender parte. Stabilito il principio che tu devi obbedire i tuoi, seguendoli in mezzo alla società quando essi vi ti conducono, resta a vedere come tu abbi ivi a regolarti, ed è appena necessario notare che mai e poi mai ti è lecito recarti, specialmente ad una festa, senza tua madre od una maggiore sorella maritata; senza insomma una dama di una certa età, poichè il padre od i fratelli non bastano a formare quella siepe di cui è necessario circondare una giovane esistenza. Secondo il tuo stato, la tua età e le tue finanze, ti è lecito un abbigliamento non solo decente, ma discretamente elegante, ed in relazione con quello delle tue coetanee, contenta di stare un gradino sotto per non essere e parere vana ed orgogliosa; ma sotto verun pretesto non ti è lecito mai tradire le leggi della modestia e del pudore, poichè non solo verresti posta in canzone e disistimata dalla stessa gioventù mascolina cui credevi di piacere: ma ben più tradiresti le leggi della tua religione, della virtù; diventeresti forse oggetto di scandalo, e ti caricheresti il cuore di un rimorso. Nè la modestia deve figurar solo nelle tue vestimenta; ma altresì nel tuo contegno timido e riguardoso, nei tuoi tratti, nelle tue parole; e se qualche impudente, uomo o donna non monta, se qualche impudente tocca qualche discorso o fa qualche gesto che leda menomamente il tuo delicato e cristiano sentire, salta a piè pari l'argomento, parla di altro, o con altri; che se l'impudente non desiste dal suo insidioso procedere, e tu non hai il coraggio d'imporgli silenzio nel timore non ne nasca uno scandalo od una pubblicità, levati di botto, corri in cerca della mamma o del babbo, o recati in un altro crocchio, in un'altra sala; credilo, non te ne mancheranno i pretesti, se con pia industria cercherai in tuo soccorso. Non differente dev' essere il tuo procedere coi detrattori, con quelli cioè che mormorano del prossimo, o lo calunniano, o ne giudicano temerariamente; tu, come angelo della famiglia e della società, devi essere la difesa dei deboli e degli assenti, te l'ho già detto nella Prima Parte di questo mio lavoro; ma se condizioni di luogo, di tempo, o di età non te ne danno il diritto, ritirati, e mostra chiaramente che vuoi serbarti innocente da tale lordura. Con coloro i quali ti adulano o t'incensano, tu ben sai come devi regolarti; ora, io credo, ci resta a ragionare soltanto delle chiacchiere vuote ed inutili che ti si faranno d'attorno, e delle quali tu non devi entrar complice, per non diventare chiacchierina ed essere e parere frivola e cinguettiera. Qui ho un consiglio di peso, d'oro massiccio anzi, un consiglio indispensabile a darti, ed 43 è questo; di volgere sempre a serio i discorsi leggieri soliti a tenersi tra fanciulle, rispondendo in fretta, e vorrei dira di fuga, a quelle prolusioni nojosissime che esse hanno l'abitudine di sfoggiare sulla moda, sull' incostanza o sulla durezza della stagione, o peggio ancora sui difetti altrui. Se tu saprai cavar profitto dello spirito che il Signore ti ha donato, ne avrai sempre abbastanza per piegare il discorso dalle schiocche mode ai costumi ed alle usanze dei diversi popoli; dai difetti altrui, ai meriti che sono da essi adombrati o velati; dall'incostanza o durezza della stagione alla compassione che ti fanno i poveri sprovvisti di tutto, ed alla necessità di porger loro ajuto e soccorso colla mano e col cuore. Se tu farai in questo modo, benchè abbigliata un grado meno delle altre, benchè acconciata senza civetteria, benchè timida e forse pure di minor spirito e coltura delle tue compagne, ne diventerai non l'idolo (ciò è illusorio) ma il modello e l'anima; e su te ridonderà gran parte del bene che sarà fatto dietro il tuo esempio, e largo premio n'avrai dal Signore. Nelle adunanze sono compresi i balli, i teatri, i pranzi, le comparse, e se il Signore m'inspirerà quello che sarà pel tuo bene, ti dirò qualche cosa partitamente anche su di essi. Ma, tel ripeto, nè mi stancherò dal ripetertelo; se ti è dato vivere modestamente e lontana da questi ritrovi, oh! fuggili senza indugio, e senza dolore, nè ti lasciar tentare mai da un desiderio insano, da un insano timore, poichè la quiete di una vita intima non turbata da rumori profani, siine certa, procura gioje incomparabilmente maggiori a quei piaceri convulsi, febbrili, che ti potrebbero venire dalle riunioni mondane, dove il pudore, la carità, e sovrattutto l'umiltà, sono esposti ai maggiori pericoli. Se a te è lasciata la scelta fra i due sentieri, quello della casa e quello della società, non ti appigliare a questo ma a quello, te lo ripeto, te lo ripeterò senza posa; non già coll'intendimento di rendere monotona o grave la tua esistenza, ma per rendere il suo corso limpido, dolce e specchiato come l'onda del ruscello che, scesa da eccelsa montagna, scorre gorgogliando placidamente, e lambendo i fiori che costeggiano la riva verdeggiante, fino al flume, per gettarsi con esso nel mare, senza aver punto toccato la città: nella città avrebbe potuto conservare la sua purezza e la sua pace? Questo o quello, tu mi domandi di nuovo? Ama la ritiratezza, la casa; come il ruscello guardati dal mescolare le tue acque con quelle degl'immondi pantani, affinchè dopo un viaggio che ti auguro lunghissimo, tu le possa confondere con quelle del fiume reale, per gettarsi con esse nel mare... La morte sarà per te in allora una rapida e fortunata corrente che ti unirà alla sorgente d'ogni bene; sì, ti unirà a Dio, poichè per una lunga e faticosa carriera l'onda del tuo ruscello avrà saputo serbarsi incontaminata, pura, e sulle sue sponde non avrà fiorito il vizio, ma l'amor santo di Dio e del prossimo suo. Ama la ritiratezza, la casa, la preghiera, e ti sarà facile e spontanea la virtù, anche a costo dei più lunghi e penosi sacrificj.

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Galateo popolare

183650
Revel Cesare 1 occorrenze
  • 1879
  • Vinciguerra
  • Torino
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Se dopo essere stato il giovine ammesso come aspirante in una casa, delle ragioni gravi lo consiglino di abbandonare le trattative, si deve in tale rottura, usare ogni sorta di riguardo. Ordinariamente si prende a pretesto, una malattia o un viaggio, che obbligano a sospendere le visite: poi si scrive direttamente al padre o al tutore della giovine una lettera rispettosa, nella quale si esprime tutto il dispiacere di essere obbligato a ritirarsi per delle ragioni o affari di famiglia impossibili ad essere significati, ecc. A datare da questo giorno, si deve cessare di andare in ogni casa ove si crede possibile l'incontro sia della famiglia, sia della giovine che si è obbligato di rifiutare. Se alla prima visita che il giovine ha fatto alla famiglia della giovine, le condizioni di dote, di speranze future della giovine non hanno soddisfatto il giovine, egli deve l'indomani scrivere alla famiglia non una lettera di rifiuto, ma una lettera nella quale annuncia che un piccolo viaggio lo priva dal piacere di fare la visita alla quale era stato autorizzato ecc. Una volta ammesso nella casa come aspirante il giovine deve andarvi sovente ma sempre in cerimonia, e ogni giorno della sua visita deve farsi annunciare con un mazzo di fiori che invia alla sua fidanzata. Se è una signorina di un'età matura o una vedova che si desidera sposare, cioè una donna indipendente e padrona della propria mano non è a lei che bisogna indirizzarsi per conoscerne le intenzioni, ma al suo notaio o a una delle sue amiche intime: convien astenersi da ogni visita sino a che non si abbia avuta la risposta. Se la domanda è accettata s'invia subito un mazzo di fiori con un biglietto per domandare a qual ora si può essere ricevuto. In caso di rifiuto bisogna continuare ancora le visite, soltanto se ne fa una ogni tanto e non si presenta che nelle ore nelle quali si è sicuro di trovare altre persone. Infine se si ha intenzione di rompere affatto la relazione, si fa poco alla volta con bella maniera. È di cattivissima educazione il parlare ad una donna del suo rifiuto sia direttamente sia indirettamente. È sottinteso che non si deve mai discorrere d'interessi con la fidanzata: si incarica di ciò o il notaio o un amico comune. II matrimonio deve tenersi celato sino al momento del contratto, ed è soltanto pochi giorni prima di effettuarlo che si annuncia ufficialmente agli amici.

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Come devo comportarmi. Le buone usanze

184874
Lydia (Diana di Santafiora) 2 occorrenze
  • 1923
  • Tip. Adriano Salani
  • Firenze
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Sicchè, o babbi e mamme che leggete queste pagine, ascoltate il mio consiglio: non fate castelli in aria, non pigliate decisioni che poi, novantanove su cento, sarete costretti ad abbandonare. Finchè i vostri figliuoli sono piccoli, abbiate cura soltanto che studino, che crescano buoni e onesti. La carriera se la sceglieranno poi, quando i venti anni saranno ormai vicini. Con questo non intendo dire che i ragazzi non comincino molto presto a discutere fra loro e coi genitori su quello che faranno da grandi; ma finchè l'età e l'intelligenza non sono mature, son tutti disegni senza importanza. Domandate a un bambino di dieci anni che cosa farà da grande, ed egli avrà subito la sua risposta pronta; domandateglielo quattro o cinque anni dopo, e la risposta sarà ugualmente pronta, ma diversa; con tutta probabilità sceglierà poi, a diciott'anni, una carriera che non sarà nè la prima nè la seconda. Nell'età fra l'infanzia e l'adolescenza, i ragazzi hanno una grande ammirazione per tutto ciò che fa effetto, che s'impone per dignità o per abilità. Di ritorno da una rivista, dichiareranno che da grandi saranno soldati; uscendo dal teatro, s'innamoreranno della professione di comico o di direttore d'orchestra. Due miei bambini, a nove e dieci anni giuravano che sarebbero divenuti un giorno l'uno cocchiere, l'altro carabiniere! A quindici anni, la naturale tendenza agli esercizi ginnastici e violenti, la lettura di libri di viaggi e d'avventure fanno inclinare i giovinetti verso carriere eroiche e pericolose: chi vuol farsi marinaro per andare al polo, chi esploratore per studiare le sorgenti del Nilo, chi poliziotto dilettante per arrestare i ladri e gli assassini.... Lasciateli dire e, finchè non è giunto il momento di discutere sul serio, non vi preoccupate delle loro idee fantastiche. Quei genitori che credono utile di discutere coi loro bambini su simili argomenti e di ricondurli alla ragione, sprecano il tempo e il fiato e mostrano di non conoscere la psicologia infantile. I ragazzi hanno bisogno di vagare con la mente fuori della realtà della vita, di crearsi un mondo a modo loro, senza limiti e senza inciampi. Togliete loro questa bella prerogativa e li renderete inquieti e tristi. Del resto, ogni vostro sforzo riuscirebbe vano: nessun ragionamento al mondo potrà convincere un bambino di dieci anni che la vita del cocchiere, con la frusta a con le briglie in mano dalla mattina alla sera, non sia la più bella di tutte; nè un ragazzo di quindici si piegherà ad ammettere che la carriera dell'impiegato, sempre chiuso in una stanza, sia da preferirsi a quella dell'esploratore, che s'aggira liberamente nelle foreste del centro dell'Affrica. Soltanto l'esperienza, e la realtà della vita, lo indurrà un giorno a più miti propositi. Quando il giovinetto sta per finire gli studi medi, quando da ragazzo è per diventare un giovinotto, allora, s'egli non ha ancor preso una decisione, è il caso d'intavolare con lui colloqui seri e gravi, di esaminarne le tendenze, di guidarlo e d'indirizzarlo. Nel consigliarlo sulla futura carriera, si deve tener conto, e indurlo a tener conto, delle condizioni della famiglia e, se esistono, delle difficoltà che si oppongono a studi lunghi e costosi. Se si tratta di un giovane diligente e studioso, d'ingegno pronto e vivace, ogni sacrifizio, anche grave, sarà giustificato per assicurargli un brillante avvenire; ma se l'ingegno non è troppo sveglio, se l'amore allo studio è meno che normale, si farà il bene della famiglia, e di lui stesso, persuadendolo a scegliere una carriera dignitosa ma modesta, adatta alla condizione e ai mezzi paterni. Nè si creda, con ciò, di sacrificarlo: meglio un buon impiegato che un cattivo medico o avvocato, così dal lato morale, come da quello materiale. Oggi, la spietata concorrenza in ogni ramo professionale elimina senza pietà tutti gli spostati. Di cento laureati in medicina o in legge, solo gli ottimi riescono a conquistare una posizione capace di dar loro fama e ricchezza; gli altri stentano la vita, scontentando se e il prossimo. Nella carriera degli impieghi invece c'è posto per molti, e chi non ha ingegno può facilmente supplire con la diligenza e la buona condotta. Soprattutto, non si creda che una carriera modesta sia poco dignitosa: ogni professione è onorevole, se esercitata con onore; e un onesto meccanico o un abile tipografo sono più degni di rispetto d'un medico ignorante o d'un avvocato senza coscienza. La moderna società soffre assai della tendenza dei genitori a dare ai loro figliuoli una posizione superiore alla propria; e se tale tendenza è scusabile, anzi, degna d'approvazione in certi casi eccezionali, quasi sempre serve soltanto a sparger nel mondo degli spostati.

Pagina 290

In presenza di uomini che osino parlare sconvenientemente, una signora deve trovar sempre modo di mostrare il suo disgusto: basterà quasi sempre l'atteggiamento del viso e un significativo silenzio; ma se questo non bastasse, essa potrà anche ricorrere a un atto più grave: secondo i casi, potrà alzarsi e abbandonare la compagnia, e magari, se le circostanze lo permetteranno, intimare ai maleducati di togliersi dalla sua presenza. Nessun gastigo è troppo grande per chi osa così dimenticare il rispetto dovuto al sesso gentile. D'un altro difetto, che può, in un certo modo, considerarsi come diametralmente opposto al primo, devono guardarsi tutti coloro che amano aver fama di persone veramente civili e disinvolte: cioè da una certa ricercatezza di modi e di linguaggio. C'è molta gente la quale, trovandosi in presenza d'un personaggio illustre o d'una signora, si crede in obbligo di abbandonare il suo solito linguaggio e di parlare, come si suol dire, in punta di forchetta, scegliendo frasi e parole e dando al loro periodo una tornitura speciale. Credono così di far buona impressione in chi ascolta e di suscitare stima e ammirazione. Quanto s'ingannano costoro! Bisognerebbe che potessero ascoltare quel che si dice di loro non appena hanno varcato la porta del salotto! Bisognerebbe che vedessero i sorrisi di compatimento delle belle signore, che udissero qualcheduno rifar loro il verso, smascellandosi dalle risa. No, no: semplicità, e naturalezza, sempre e soprattutto. Il modo di parlare deve esser come connaturato in noi, deve far parte della nostra esistenza, deve esser sempre uguale in ogni occasione: e se avremo, come dobbiamo avere, l'abitudine di parlar correttamente, non c'è nessun bisogno di mutar sistema in occasioni speciali. Del resto - l'abbiamo detto più volte e lo ripeteremo spesso anche in seguito - ogni esagerazione, ogni caricatura, anche nelle cose migliori, è sempre tutta a nostro danno.

Pagina 31

Il saper vivere

186662
Donna Letizia 1 occorrenze
  • 1960
  • Arnoldo Mondadori Editore
  • Milano
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Recandosi a prendere una signora, il signore, appena giunto davanti al portone, scende dall'automobile (a meno che per qualche motivo non possa abbandonare il suo posto di guida). Se è accompagnato dall'autista sarà questi ad aprire e chiudere gli sportelli; ma lui dovrà ugualmente aspettare sul marciapiede. Le signore, invece, si aspettano a vicenda in macchina. La più giovane lascia alla più anziana il posto migliore.

Pagina 167

Galateo per tutte le occasioni

187795
Sabrina Carollo 5 occorrenze
  • 2012
  • Giunti Editore
  • Firenze-Milano
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Gli ospiti devono ricordare che sono tenuti alle regole della buona educazione, che non devono sporcare in giro né abbandonare piatti e bicchieri ovunque, ma riportarli al tavolo principale.

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Vietati quindi i patetici tranelli organizzati per verificare la correttezza della propria colf, tipo abbandonare distrattamente dei soldi in bella vista. Sono umilianti per chi li pensa prima ancora che per chi li subisce. ✓ Ricordate che esisterà sempre una differenza tra il vostro modo di intendere le pulizie e quello di altre persone. Spiegatevi con cura invece di lamentarvi e comunque siate comprensivi. Meglio ricevere istruzioni precise che lamentele dopo, così come è meglio ricevere un appunto che respirare dei sottintesi sgradevoli. ✓ Se la domestica è fissa, deve avere la possibilità di accedere al frigorifero tutte le volte che desidera. Se si tratta di una persona che presta servizio a ore, è carino da parte vostra offrirle un caffè se siete in casa, oppure farle trovare la caffettiera pronta e il necessario per servirsi. ✓ Si dice sempre grazie e per favore. ✓ Eventuali problemi o appunti si discutono in privato, mai davanti a terzi. ✓ Le persone di servizio sono tenute alla discrezione riguardo alle abitudini personali dei padroni di casa, ma sta anche a questi ultimi evitare di mostrarsi in situazioni imbarazzanti o abbandonare oggetti stravaganti e/o personali in giro per la casa. ✓ Se si vuole assumere domestici fissi, è indispensabile che abbiano una loro stanza personale, possibilmente con il televisore e il bagno, e la massima libertà possibile (ovviamente nel rispetto dei termini contrattuali). ✓ Se volete far indossare una divisa, meglio che la scegliate con la persona che dovrà usarla, in modo che non si senta costretta ma a proprio agio. ✓ Insegnate ai bambini il rispetto per chi vi aiuta in casa e seguite personalmente gli animali domestici, che non devono necessariamente piacere a tutti. ✓ Assolutamente doveroso pagare con puntualità e precisione quanto dovuto. ✓ A Natale, oltre alla tredicesima, è cosa carina far trovare un pensierino, che non sia ovviamente un grembiule nuovo o un piumino per spolverare.

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Dunque la buona educazione diventa indispensabile per non abbandonare cadaveri galleggianti al largo. Essere amici da molto tempo e godere di un certo affiatamento può aiutare, ma non è sufficiente, così come una compagnia eterogenea raccolta per l'occasione può rivelarsi la migliore possibile. L'unica condizione utile è quella di rispettare con estrema educazione gli altri, il capitano e lo spirito della navigazione. Innanzitutto va sempre ricordato che una vacanza in barca è - nell'ambito delle possibili variazioni di misura - pur sempre una vacanza sportiva. Dunque evitate di mettere in valigia un guardaroba eccessivamente elegante. Per la medesima ragione, se siete tipi troppo formali esimetevi dall'accettare inviti in barca a vela, dove la vita necessariamente tende a essere più spartana e la confidenza maggiore. Il piacere di uno soggiorno in barca è qualcosa di cui tutti, a parte chi soffre di mal di mare, possono godere facilmente, senza necessariamente intendersi di spinnaker, boma o bolina. Quindi se invitate qualcuno sulla vostra imbarcazione non obbligatelo a imparare tutti i movimenti e il curioso quanto complicato vocabolario dei velisti, né ammorbatelo con discorsi e dimostrazioni di destrezza non richiesti. Condividere la propria passione per il mare non significa costringere i propri ospiti a un corso accelerato di navigazione. Allo stesso modo, se siete ospiti o viaggiate con persone che non conoscete non cercate a tutti i costi di dimostrare la vostra partecipata conoscenza dell'argomento intromettendovi nell'affiatata orchestrazione delle manovre dell'equipaggio o consigliando il capitano sulla direzione dei venti solo per sfoderare una manciata di assurdità.

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Per gli spiriti impavidi, abbandonare ogni tanto la macchina per sgranchirsi le gambe in bicicletta o facendo una passeggiata è una possibilità da considerare. Infine gli automezzi pubblici: è vero, non sono così frequenti, non sempre ci si può sedere, il biglietto è tutto fuorché economico. Eppure sono le ultime biblioteche che ci sono rimaste: dove se no trovare il tempo di leggere qualche buon libro (azzardiamo addirittura qualche quotidiano?). Lo stress da traffico metropolitano se lo becca tutto il conducente, e con qualche accorgimento utile, tipo controllare in anticipo gli orari, è possibile fare un viaggio magari anche più piacevole che inscatolati in automobile. È vero, gli autobus stipati delle ore di punta non sono un bello spettacolo - e soprattutto una gradevole esperienza - ma se dovete spostarvi in altri momenti, almeno prendete in considerazione la possibilità. Infine evitate anche l'inquinamento acustico: se il vostro scooter - ormai noto tra i vostri amici come motorino a scoreggetta - o l'auto fanno troppo rumore, sistemateli in modo da risolvere il problema.

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Il pollo non si mangia con le mani. Galateo moderno

188818
Pitigrilli (Dino Segre) 3 occorrenze
  • 1957
  • Milano
  • Casa Editrice Sonzogno
  • paraletteratura-galateo
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Il grammatico francese Beauzée, avendo notato che sua moglie manifestava delle debolezze per il suo segretario, ebbe uno scambio di parole con costui, il quale gli propose lealmente di abbandonare l'impiego. Poichè però le cose fino a quel momento si erano fermate agli aperitivi, il grammatico lo trattenne, invitandolo a un maggior rispetto per il pudore della casta sposa e per la santità del focolare. Ma la carne è fragile, e qualche tempo dopo Beauzée sorprese i due infedeli in un atteggiamento che non lasciava dubbi di interpretazione, e il giovanotto, ravviandosi i capelli, gli disse: - Vous voyez Bien qu'il fallait que je m'en aille. - Que je m'en aillasse - corresse il grammatico, ferito più per l'oltraggio al congiuntivo che per l'oltraggio al suo onore. Non so se fu un grande cornuto, ma aveva dello stile. Almeno in questa seconda parte cercate di imitarlo.

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Costoro hanno dimenticato che la parola è un mezzo, uno strumento, e che se eccezionalmente ci si può abbandonare all'inconcludente «bavardage», al mondano «marivaudage», e ammettiamolo pure, alla «stultiloquentia» deprecata dai classici romani, questa distensione igienica dello spirito va considerata come il fare «quattro passi» senza direzione e senza scopo, quando si vogliono sgranchire le gambe. Affinchè il parlare inconcludente non si trasformi in un abito mentale bisogna non contrarre l'abitudine di parlare da sé. E' un avvertimento che riservo in modo particolare alle donne. Da giovinette cominciano col canterellare, automatismo che accompagna i loro gesti: infilarsi le calze, pettinarsi, contemplare le stelle. Questa distensione a fondo musicale si trasforma presto in parole, in frasi, in ragionamento. La signora che dispone in un cassetto i suoi fazzoletti, dirà a se stessa: - Uno... due... e quello dall'orlo celeste, dove sarà andato? Ah, è qui. E tre. Mi manca quello con le iniziali. Dev'essere, dev'essere, dev'essere... Beh, salterà fuori. Il marito, dall'altra stanza, domanderà: - Che cos'hai detto? - Ah, niente! Oppure la signora sta cucendo: - Queste forbici non tagliano più. Bisognerà portarle all'arrotino. Per ora le metto qui, per non dimenticarmene. Il marito, sollevando gli occhi dal giornale: - Hai detto a me? - No no, caro. Oppure fa un'addizione, a mezza voce; - Cinque e sei undici, e due tredici, e quattro diciassette, e tre venti, zero e ne riporto due. - Hai parlato? - No, non ho nemmeno aperto bocca - risponderà la signora, in perfetta buona fede. E il marito si abituerà a questo ronzìo di parole non dirette a lui, di frasi inutili, di divagazioni accompagnate da un bisbìglio che diventerà un bisbiglìo, e che finirà per non udire più, come non si sente più, dopo qualche notte, il treno che fischia sotto le nostre finestre, il chioccolìo della fontana vicina, le ore battute dall'orologio. Per quanto sonoro sia il campanello della pendola ed energico il suo martello, quando vogliamo sapere che ora è dobbiamo andare a vedere il quadrante. Verrà il giorno in cui la moglie dice: - Io esco. Sul fornello c'è il lesso. Fra mezz'ora, spegni. - Sì, cara, ci penso io - risponderà il marito leggendo, o facendosi la barba, o pensando ai casi suoi. E quando la signora rientra, il lesso è trasformato in un pezzo di carbon fossile e le patate di contorno in altrettante meteoriti. Nel primo stadio dell'avventura matrimoniale tutto si concluderà con una risata, e si rimedierà con due ova o con la risorsa del restaurant. Ma negli stadi successivi la moglie dirà: - Quando parlo io, è come se miagolasse il gatto. Rispondo io per il marito: nossignora, quando il gatto miagola, qualche cosa ha da dire: vuole da mangiare, o chiede che gli si apra la porta per andare in giardino, o per altri scopi onesti o disonesti. Il cane, il gatto, il canarino non fanno mai sentire la loro voce senza una ragione, e il marito si infilerà la giacca per condurre nella strada il cane, o andrà in cucina a cercare una foglia di lattuga, o domanderà al gatto che cosa desidera. Il soliloquio della moglie lascia solchi monotoni nella coscienza del marito, e le parole importanti, quando arriveranno, continueranno a dare il medesimo suono, senza imprimere tracce. - Quando parlo io, e come se parlassi al deserto. E' raccomandabile abituarsi a pensare in silenzio. La fuga di un pensiero può essere fatale come una fuga di gas. I giudici di un «bailliage» francese nel 1768 condannarono al supplizio della ruota - essere rotto vivo a colpi di sbarra di ferro - un vecchio padre di famiglia di nome Martin, per una sua frase infelice, sfuggitagli dalle labbra. Su una strada di grande comunicazione era stato commesso un delitto: furto e assassinio per rapina: a pochi passi dalla casa dell'accusato si trovarono sulla sabbia impronte di scarpe che la polizia scientifica d'allora attribuì a lui. Un testimone al fatto dichiarò categoricamente «non è lui l'assassino». Ce n'era abbastanza per farlo assolvere per insufficienza di prove. Ma il vecchio innocente, per un'involontaria reazione, disse fra sé e sé: «Dio sia lodato! Ecco uno che non mi ha riconosciuto!» Voleva dire: «Ecco finalmente un galantuomo che ha la lealtà di mettersi contro i testimoni di accusa, e con una probità che contrasta con la faciloneria e l'incoscienza dei soliti testimoni, ha l'onestà di non riconoscermi!». La frase fu raccolta da uno dei tre giudici, che la interpretò in altro senso, come se avesse voluto dire: « io sono colpevole e non mi ha riconosciuto!» Quelle parole significavano il contrario. Il tribunale (che il Cielo ci liberi dagli psicologi togati e dagli psicologi in uniforme!) aderì alla sua tesi, e pronunciò la condanna a morte, che fu confermata dalla Corte d'Appello de la Tournelle. Due giorni dopo che l'innocente fu giustiziato, un criminale condannato alla stessa pena per un altro delitto dichiarò sullo stesso patibolo che il colpevole era stato lui. Piccolo contrattempo che, come al solito, non compromise la carriera dei tre signori del Tribunale e delle cinque Eccellenze della Corte, né tolse loro l'appetito, ma intanto un innocente per mancanza di self-control aveva lasciato sulla ruota le ossa e la vita.

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Dai primi è facile difendersi perchè si autodenunciano alla prima idea che manifestano; e poichè nella loro intelligenza insufficiente o male orientata c'è fatalmente una percentuale di malvagità, ci sentiamo autorizzati ad abbandonare la tattica di difesa passiva, per passare noi all'attacco e fargli capire che lui e noi parliamo due differenti linguaggi. Ma lo spiritoso si considera investito di una missione benefica. Offre «bons mots», distribuisce «calembours» come un fumatore bene educato porge il suo pacco di sigarette. E' un uomo che ha rinunciato al sacrosanto diritto di ragionare e di formarsi delle opinioni, perchè la sua costante preoccupazione è scoprire coincidenze di vocabolario, similitudini tra incidenti che non hanno relazione fra di loro, accogliere la frase del suo interlocutore come un pretesto per costruirci sopra un gioco di parole. Nulla di più innocente, in apparenza. Ma fastidioso. Questo soggetto patologico può divenire un pericolo: chiamato come arbitro in una questione, torcerà il collo alla logica e alla verità per il gusto di far uscire dal suo cappello di prestidigitatore il coniglio, e, testimone a una discussione in cui è in gioco un punto di vista, rovescierà colui che ha ragione, col far ridere l'uditorio per mezzo della più consumata (e perciò più apprezzata, dagli ignoranti e dai superficiali) fra le facezie del suo repertorio. Se l'uomo ostinatamente spiritoso è un nostro amico, non possiamo far assegnamento sulla sua amicizia, non possiamo sperare che ci risparmi, perchè passerebbe sul nostro cadavere, oltraggerebbe la nostra reputazione, ci causerebbe un danno patrimoniale per il piacere di continuare a essere colui che ormai è qualificato dall'opinione pubblica un signore che «non prende nulla sul serio». Un giorno però giunge anche per lui il giusto castigo. Si racconta di un tale che disse allo zio: - Come stai, zio? Lo zio, sapendo di aver a che fare con un nipote spiritosissimo, esitò un momento a rispondere e poi gli disse: Vuoi ripetere, per favore? Il nipote ripetè : - Come stai, zio? Lo zio si strinse nelle spalle, dandosi per vinto, e confessò: - Abbi pazienza, ma questa non l'ho capita. Un duello recente fra due giornalisti parigini cominciò con un «calembour» che l'altro non capì, o comprese a modo suo. Replicò con un altro «calembour» che, per un perverso gioco di coincidenze, non piacque al primo. Si spiegarono sul terreno. Duello alla pistola. Come tutti i duelli alla pistola doveva finire zero a zero, o al massimo, con la morte di un passero che curiosava da un albero o con un proiettile nel cappello a cilindro di uno dei testimoni. Questa volta il destino volle fare dello spirito anche lui, e tutti e due gli avversari risultarono feriti. Ma il peggior castigo dello spiritosissimo a ogni costo, gli tocca quando va all'estero. Al di là della frontiera lo spiritosissimo non fa ridere. Sulla sua valigia di fuochi d'artificio c'è un divieto di importazione. Gli attori che mettono in scena commedie straniere sono costretti a dare grandi sciabolate di lapis rosso, perchè «qui questa battuta non sarebbe capita».

Pagina 322

Nuovo galateo

189765
Melchiorre Gioja 3 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
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Possono dunque innocentemente le donne abbandonare agli altrui sguardi

Pagina 126

Il desiderio di distinguersi induce allora i ricchi ad abbandonare quella foggia ed a seguire una seconda recentemente inventata. La prima foggia, tuttora atta al consumo, esce dunque dalla circolazione del mondo più elegante, per conseguenza ne decade il prezzo. Decadendo il prezzo diviene proporzionato alle finanze delle persone quasi povere, le quali per ciò vengono messe a parte di piaceri, da cui senza, le variazioni della moda resterebbero escluse. V. La moda, presentandosi sotto nuove forme, eccita nella massa popolare la voglia di parteciparvi; quindi diviene pungentissimo stimolo contro la naturale inerzia che tende all'assopimento: divengono dunque attive alcune forze che ristagnerebbero, sono messi a profitto de' momenti che andrebbero perduti. Le variazioni della moda tendono dunque a diminuire l'impero dell'ozio, che d'ogni specie di vizi è fonte copiosa e inesauribile. VI. I poeti satirici volendo far pompa di zelo, diedero prove d'ignoranza; essi accusarono di finzione i ritrovati della moda, quasi che le arti più ammirate a finzioni non si riducessero. Il pittore riesce a dare rilievo alle cose piane, luce alle scure, lontananza alle vicine, vita ed anima ad una tela inanimata. Il musico con finte imitazioni non solo esprime mirabilmente le passioni tutte e i più delicati sentimenti dell' animo, ma le stesse cose inanimate rappresenta alla fantasia in modo che crediamo di sentire rumoreggiar il tuono, scoppiar il fulmine, garrir gli augelli, calmarsi l' onde. . . Ora le invenzioni della musica e della pittura, per essere finte ed illusorie, lasciano forse d'essere piacevoli? Producono lo stesso effetto le invenzioni della moda. Eccovi ad un giardino d'ospitali ombre ridenti,

Pagina 142

Pagina 98

IL nuovo bon ton a tavola e l'arte di conoscere gli altri

190631
Schira Roberta 1 occorrenze
  • 2013
  • Salani
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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. - Scegliete ricette che si possono preparare prima per non abbandonare gli ospiti. - Evitate piatti complicati; non sopravvalutate le vostre doti culinarie. - Comprate acqua e bevande nel caso qualcuno sia astemio e qualche bottiglia di vino in più (una potrebbe sapere di tappo). - Evitate assolutamente di cucinare un piatto che non avete mai preparato prima, magari ispirandovi a un bel ricettario di cucina che vi hanno appena regalato. Ricordate cosa dice Artusi nell'introduzione della Scienza in cucina: «Diffidate dei libri di cucina», e ve lo dice una che ha pubblicato un migliaio di ricette. Il che significa che anche i piatti che vi sembrano spiegati meglio vanno provati almeno un paio di volte per essere messi a punto; lo fanno anche i grandi chef. - Prima di iniziare a cucinare mettete tutti gli ingredienti sul tavolo: eviterete di correre al supermercato all'ultimo momento per comprare la bottarga. - Mai saltare il dolce. Se optate per una cena leggera, per non appesantire i vostri ospiti pensate a un menu di tre portate: entrata, piatto forte, dolce. - Informatevi su eventuali allergie e intolleranze degli ospiti. Non dimenticate le diete e le prescrizioni religiose. - Non inserite più di una volta lo stesso ingrediente in un pranzo. L'ultimo punto è importante. Una volta fui invitata a casa di una conoscente e mia lettrice che voleva farmi buona impressione. Aveva un'insana fissazione per lo zenzero, a suo parere molto esotico. Quindi preparò sfogliatine allo zenzero, maccheroni con verdure e zenzero, cous cous allo zenzero e infine budino allo zenzero. Capite che una cena così diventa davvero indimenticabile: un incubo. Ricordate: varietà negli ingredienti. Le uniche eccezioni sono ammesse per tartufi e funghi, che si possono inserire in più di una portata in un prestigioso menu a tema. Altro dettaglio importante: quando decidete le portate di un menu non preoccupatevi solo della bontà del piatto in sé o del fatto che «vi viene bene», ma considerate quel piatto in relazione a cosa viene prima e a cosa viene dopo. Un bravo gourmet infatti si preoccupa soprattutto della sequenza dei piatti, più che della loro singola presenza all'interno di un pasto. Un libro utile a riguardo è L'arte del menu di Fabiano Guatteri. Già che ci siamo, vi spiego la differenza tra menu e carta: la conoscono in pochi. Quando andate al ristorante, fate bella figura e chiedete «la carta», non il menu. La carta include tutte le proposte della cucina, mentre un menu è l'insieme di più portate pensate in sequenza logica. Quindi una carta può contenere uno o più menu.

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La giovinetta educata alla morale ed istruita nei lavori femminili, nella economia domestica e nelle cose più convenienti al suo stato

191991
Tonar, Gozzi, Taterna, Carrer, Lambruschini, ecc. ecc. 1 occorrenze
  • 1888
  • Libreria G. B. Petrini
  • Torino
  • paraletteratura-galateo
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Ma per questi pochi giorni di vita che mi restano, non volermi abbandonare. » Il buon fanciullo smesse tosto i suoi disegni, e finché visse sua madre, le stette sempre vicino.

Pagina 31

Saper vivere. Norme di buona creanza

193351
Matilde Serao 1 occorrenze
  • 2012
  • Mursis
  • Milano
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Non basta, se siamo in estate e non in inverno, smettere le pellicce odorose, le vesti di panno e le mantelline di velluto, per darsi alle batiste, ai crespi e alle garze: non basta, se siamo in estate e non più in primavera, abbandonare le vesti di leggero drappo, e le giacchette meno pesanti, e le gonne di seta, per chieder al tussor, al foulard, allo chiffon, le loro aeree mollezze: vi è tutta un'altra categoria di cose, nella toilette femminile, che segna la profonda differenza fra l'estate e l'inverno, fra l'estate e la primavera. Prendiamo, per esempio, l'acconciatura dei capelli. Credete voi che, d'estate, ci si possa acconciare come d'inverno? Quei leggeri edifizii o quei pesanti edifizi ricciuti, e adesso già abbastanza complicati, non reggono in estate: qualunque leggiadra pettinatura, opera di mani pazienti, dopo due ore, è un ammasso informe. Il calore disfà i ricci, e le ondulazioni non naturali, ed esercita la sua azione demolitrice, anche su i ricci naturali. Vorreste voi, in estate, portare i capelli molto bassi sulla fronte? E non vi darebbero un fastidio enorme? Ed ecco, che l'estate consiglia la pettinatura bassa, a radici diritte, libera la fronte, libere le tempie, libera la nuca, e rialzati, questi capelli, sul sommo della testa. Prendete, per esempio, i guanti: vorreste voi, in estate, portare l'elegantissimo guanto glacé dell'inverno, che modella la perfetta mano, e non preferite voi il guanto largo, la pelle di Svezia, che si leva e si mette ogni minuto, di cui si può gittarne un paio anche ogni due giorni? Prendete, per esempio, le calze: vorreste voi portare, in estate, la indispensabile ineluttabile calza nera dell'inverno, quella calza nera, che è la civetteria egualmente delle gambe troppo sottili e delle gambe troppo grosse? Quella calza nera, che è la più profonda delle illusioni umane? Voi sapete bene che l'estate discaccia la calza nera, e permette ai piedini femminili di adornarsi dei colori più delicati e più estetici, che si intravvedono dalla scarpa di bulgaro, alla scarpa bianca, che bene si vedono dalla scarpetta nera. E voi sapete, sopra tutto, che l'estate rende immortale la fine, morbida, sottile calzetta di filo, la calza da viaggio o da escursioni, la calza da spiaggia e da montagna. Vorreste voi, come nell'inverno adornarvi di molti, di moltissimi gioielli? Essi vanno d'accordo con le stoffe pesanti, coi drappi serici, con le pellicce esotiche, e sono troppo grevi, troppo ricchi, troppo di lusso, per le trasparenti vesti dell'estate. Qua e là, un fermaglio, una barrette, un sottile filo d'oro, da cui pendono gli oggettini delle escursioni estive, ecco quello che l'estate vi consiglia: cioè, un completamento di toilette più semplice, più disinvolto, che quasi sempre ringiovanisce e rende più gaie le fisonomie.

Pagina 115

Marina ovvero il galateo della fanciulla

193768
Costantino Rodella 1 occorrenze
  • 2012
  • G. B. Paravia e Comp.
  • Firenze-Milano
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L'istruzione intellettuale le s'impartisce dai cinque ai dieci o dodici anni, quindi le si fa abbandonare la scuola e non se ne parla più, se non forse di qualche lezione per settimana di lingua francese. Tutta la sua vita viene quinc'innanzi divisa fra il pianoforte e que'lavori che si dicono femminili. Ora lasciatemi dimandare: quali occupazioni richiedono maggior forza intellettuale, gli studi o i lavori di mano? Ma questi lavori sono meccanici e la memoria e l'imitazione è tutto, e perciò si potevano tanto bene cominciare prima senza tanto detrimento. La signora Bianca, che poco si lasciava pigliar la mano dall'andazzo comune, diceva che per dare una buona istruzione alle giovani è necessario prolungare il tempo degli studi; e perchè l'una cosa non sia a disvantaggio dell'altra, approvava che contemporaneamente agli studi le si facessero apprendere i lavori femminili e le arti di ornamento. Fino ai diciott'anni non voleva che la ragazza facesse la signorina; lasciarle la testa ai grilli prima, è un metterla nei rischi del mondo, vana, senza studio e senza esperienza. Trovava che fino ai diciotto c'è abbastanza di tempo per istruirla in ogni ramo conveniente ai tempi progrediti, alla civiltà del secolo, e ritornava sempre alla sua idea, che dalla donna istruita infiniti beni ridondano alla società. E come pensava, praticò con Marina; il che spiega come questa abbia potuto erudirsi in tutte quelle materie che abbiam detto.

Pagina 79

Donnine a modo

194003
Camilla Buffoni Zappa 1 occorrenze
  • 1897
  • Enrico Trevisini - Editore
  • Milano
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Vi consiglio anche di abbandonare le poesie che in bocca alle fanciulle hanno quantomai del papagallesco. 6. Se ricevete un dono avete l'obbligo di mostrarvi contente anche se proprio non fosse di vostro gusto, e dovete ringraziare chi vi ha favorito. Se il donatore è lontano il dovere vostro è di scrivergli subito ringraziando. 7. Non rattristate mai un giorno di festa con ricordi dolorosi, con capricci indegni di fanciulle bene educate. A proposito di feste: badate che è da personcina poco educata ricordare ad alcuno il giorno in cui ricorre la vostra; non vi dico poi la mortificazione che fate subire con questo procedere ai vostri genitori. 9. Un altro giorno di festa è quello in cui la fanciulla sa di aver dato buona prova nell'esame finale. Se in casa vostra si dà questo caso siate generosi con colui o colei che si festeggia. Oso dire che è la solennità del lavoro, e mai come in essa il festeggiato ha il diritto di sentirsi felice. 10. Qualche volta vi capiterà di far parte di una gita di piacere. Non dovete credere che varcata la cinta daziaria cessi l'obbligo di mostrarsi personcine educate. Vi è lecito correre, divertirsi, saltare, ma non ridurvi in uno stato da metter pietà. E pietà mette davvero la fanciulla spettinata, sudata, piena di polvere, gli abiti spiegazzati e magari con qualche brandello lasciato lungo le siepi. Insomma intendiamoci: divertirsi non vuol dire dar la stura alla sguaiataggine. 11. Forse potrete essere portate durante una gita in una di quelle locande che si trovano sempre in campagna pel comodo dei gitanti e specialmente dei cacciatori, dove la biancheria non è certo di Fiandra, nè le posate d'argento, nè le stoviglie finissime. Non arricciate il naso, non mangiate a denti stretti, non criticate questo o quello per non dare a chi vi ha con sè il diritto di pensarvi digiuna d'ogni regola di galateo. 12. Feste carissime al vostro cuore di fanciulle la Cresima e la Prima Comunione. Mi raccomando, pensate più alla solennità del Sacramento che andate a ricevere che al regalo che aspettate. Lasciate la libertà di scegliervi la madrina ai vostri genitori, quando nessuno ancora si fosse offerto. Preferite sempre una conoscente di modeste condizioni a una estranea ricca. Prestate molta attenzione alle lezioni del portamento che dovete tenere durante la cerimonia per non commettere sconvenienze. Un'altra raccomandazione: la vostra toletta! Ci pensa la mamma! sento rispondermi. D'accordo, ma io so di molte fanciulle che colgono un momento che la mamma non le sente per raccomandare alla sarta di mettere sull'abito un nastro, un merletto, ecc. Quando la sarta manda il lavoro, o per ristrettezza di tempo, o per evitare lo sciupio che l'abito ne riceverebbe, la mamma, a malincuore, lascia la guarnizione che attribuisce a una cattiva idea della sarta, e le fanciulle si presentano all'altare con abiti carichi di guarnizioni. Fanciulle mie, non mi stancherò mai dal ripetervi: siate semplici, semplici nei modi, semplici nell'abbigliamento; i vostri giovani anni sono il più bell'ornamento che possiate desiderare. La veste da cerimonia lasciate che l'ordini la mamma, o se siete invitate a dire la vostra opinione sceglietela tutta bianca, di forma semplice e graziosa. Niente nastri, niente merletti, niente gioielli nella cresimanda o comunicanda. 13. La madrina ha diritto alla vostra obbedienza e al vostro rispetto nè più nè meno che se vi fosse madre. Ricevuto il regalo la fanciulla deve mostrarsene lieta e se è un oggetto personale deve subito subito adornarsene. 14. Dovete partecipare ai parenti che stessero in altra città o paese il lieto avvenimento con una bella letterina; lo farete, con una visita per i congiunti vicini. 15. Se la famiglia vostra seguisse l'uso ormai invalso di farvi fare per queste occasione la fotografia da regalare ai vostri cari, dovete dietro ogni copia scrivere una parola di dedica diversa a seconda della persona alla quale volete offrirla, ma sempre ricordando la lieta circostanza; qualcuno usa invece la fotografia commemorativa, nel qual caso scrivete sul lato posteriore una breve prece. Potete offrire di queste fotografie con una certa larghezza anche fra le compagne di scuola, invece delle fotografie vostre siate più parche nel dispensarne. 16. Altra festa per voi è un invito a teatro. In questo caso faccio qualche raccomandazione speciale. Alle più piccine, di non addormentarsi. A tutte: stare in silenzio. Non domandare ogni momento ciò che viene dopo. Di occupare nel palco il posto che vi assegna la mamma e non cercare di averne un altro. Di non rider forte, anche se il buffo è bravissimo, Non fissare gli spettatori col canocchiale, nè voltare le spalle al pubblico, di non cantarellare. Se occupate un posto in platea non fate sgabello pei vostri piedi della poltrona o sedia che vi sta innanzi, non vi mettete in piedi sulla vostra. Non battete le mani, è cosa sconveniente anche per una fanciulla.

Pagina 50

Galateo morale

197874
Giacinto Gallenga 5 occorrenze
  • 1871
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino-Napoli
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Per ogni reo esso deve ammettere una presunzione d'innocenza, come deve abbandonare tantosto l'accusa, allorché dal corso del processo questa innocenza viene sufficientemente stabilita. Esso non deve voler vincere ad ogni costo, avesse a restarne contaminata la stessa giustizia nel cui nome esso dice di combattere. Esso non deve far ispreco di facondia, di astuzia, di sofismi per intorbidare le intelligenze dei giurati ed ottenere ad ogni modo, dalle loro non sempre illuminate coscienze, una sentenza di condanna, come non deve sfogarsi di dare ad una semplice colpa le apparenze di un delitto; come non gli è lecito scherzare, per far pompa di spirito, sulla libertà, sull'onore, sulla vita di un suo concittadino.

Pagina 259

A malgrado degli sforzi di coloro che hanno interesse a farlo prevalere, a malgrado delle strane disposizioni di quei civili che vorrebbero vedere accanto ad ogni cittadino un soldato o un carabiniere, è lecito al buon borghese, al buon commerciante, al buon contadino il non andare in visibilio sulle delizie della coscrizione, delle guarnigioni, dei campi militari, delle guerre; è lecito a chi non si vergogna di nutrire sentimenti umani il non andare in solluchero allo spettacolo di quei coscritti, di quei contingenti che furono costretti ad abbandonare le loro famiglie, ad interrompere i lavori delle officine, dei campi, degli uffici e che vanno scorrazzando, ebbri di lagrime, di vino e di disperazione le città ed i villaggi onde cercar di annegare nel vino e nelle canzoni il dolor della separazione delle madri, dalle spose, dai figliuoli; il pensiero della miseria che andrà a battere all'uscio delle loro case allorché essi si troveranno ad annoiarsi negli ozi della caserma, o a far le esercitazioni nelle piazze d'armi, o a rischiar la vita negli assedi e nelle battaglie. E son d'avviso; checché ne pensino o ne scrivano certi militari, certi impresari, certi pubblicisti i quali hanno il coraggio di riferire nei loro giornali, parlando di questi spettacoli, che l'entusiasmo era grandissimo,indescrivibile, ecc...; son d'avviso che si possa essere buon patriota e deplorare contemporaneamente quelle fatali ambizioni così dannose alla pace, alle fortune di tante disgraziate famiglie. Son d'avviso che un Governo, che una nazione, i quali affidati — talora incautamente — al numero e al coraggio dei loro soldati, alla potenza delle loro armi, dichiarano sotto futili pretesti e per non giusti motivi la guerra e si mettono al bando della civiltà e dell'umanità; che nessuna sconfitta, nessuna umiliazione che ne rintuzzi l'orgoglio sarà sufficiente castigo a così turpe attentato contro le leggi della natura. D'altronde è mestieri il convincersi, non essere le battagliere tendenze di un popolo quelle che valgono a procacciargli sicurezza e potenza; ma bensì un sano spirito pubblico, l'amore al paese e alle istituzioni che lo regge che spingono i cittadini a mettere in atto, quando fa di bisogno, quello spirito militare che non è dote speciae di nessuna nazione, ma è comune a tutti i popoli della terra. In sostanza il coraggio nazionale è conseguenza di un buon Governo, di un buon sistema di leggi; il resto è bollore che sfuma dopo un breve esperimento; e proprio di chi è impotente, malgrado i suoi vanti, a reggere al disinganno d'una prima sconfitta.

Pagina 375

Un colonnello di mia conoscenza, militare valoroso quant'altri mai, e ne fan fede le medaglie da lui guadagnate al fuoco degli Austriaci, dovette or sono alcuni anni abbandonare il servizio in causa delle ferite che non cessavano di travagliarlo. Quando fu per lasciare il reggimento, i bassi ufficiali, i soldati piangevano come ragazzi. E non saprei se egli abbia avuto maggior conforto e se maggiore possa dirsi la gloria delle decorazioni guadagnate in battaglia, o la medaglia fattagli coniare da' suoi subordinati in riconoscenza dell'affezione e delle cure del loro amato colonnello. Su questa medaglia, il più prezioso ricordo della sua carriera militare, leggonsi le seguenti parole: AL LORO COLONNELLO - ANZI AL LORO PADRE A. P. I SOTT'UFFICIALI DEL REGGIMENTO. Il colonnello P. vive tuttora. Dire cosa che nessun militare potrà smentire. La disciplina è più osservata in quei corpi dove i colonnelli, i maggiori, i capitani, i tenenti hanno maggior cura di farsi amare che di farsi temere. E quante mancanze, quanti delitti non verrebbero evitati negli eserciti, quando alle insubordinazioni, alle diserzioni, alle rivolte, ai suicidi, alle vendette non venissero trascinati, il più delle volte, i militari dalle basse e feroci persecuzioni di qualche imprudente e disumano superiore! Dice con ragione Sallustio nella vita di Mario che il governar con soverchia rigidezza i soldati non è da capitano ma da padrone; ed o una povera ambizione quella che han certuni di voler comandare non a soggetti, ma a schiavi; come sarebbe una solenne ingiustizia quella di farsi bello dei pericoli da loro incontrati e di cogliere il premio dello loro fatiche; ovvero di intimar loro delle inutili privazioni non dandone loro pel primo l'esempio, vivendosi in morbidezze che contrasterebbero soverchiamente colle durezze a cui eglino son condannati. I soldati che hanno ricevuta una miglior educazione e sono dotati di maggior ingegno devono giovarsene per intromettersi nelle discussioni che possono insorgere fra i loro compagni procurando di calmarle, di sedarle prima che ne avvengano scandali e duelli. E questo è còmpito precipuo dei vecchi, i quali deggiono adoperarsi or tener lontani i giovani soldati dall'ubbriachezza, dai giuochi e da altre abitudini degradanti e dannose. Guardino anzitutto i soldati di non prendersi beffe dei loro compagni che peccassero per avventura dal lato dell'intelligenza; sarebbe azione vile e pericolosa. Quanto alle rivalità di arma e di reggimento pare impossibile che le possano tuttavia sussistere sotto il presente regime, in cui i privilegi sono ridotti a minime proporzioni e l'uniforme tende realmente ad uniformarsi, venendo poco per volta a scomparire quelle lussureggianti divise, mercé cui i militari potevano rivaleggiare, per la stranezza delle monture, per la moltiplicità dei coloni, con quei guerrieri che ci vengono rappresentati sulla scena dalle comparse dei melodrammi e delle commedie. I soldati devono oggimai andar superbi di una cosa sola; di esser figli tutti quanti di una sola patria, di militare sotto una sola bandiera, quella d'Italia. Lo spirito di corpo, che suppone una nobile emulazione in coloro che la sentono, non deve degenerare in astii ed invidie, nè far parere da meno colui che veste una divisa differente. Nei soldati finalmente deve prevalere la nettezza che è inseparabile dal rispetto che essi debbono aver cura d'ispirare, come è inseparabile dalle discipline che hanno l'obbligo di mantenere.

Pagina 384

Non siate voi il primo (se non contate per la persona di maggior importanza, o quella in cui onore ha avuto luogo il pranzo) né l'ultimo (se non siete amico e confidente della famiglia) ad abbandonare la riunione, non ecclissatevi al modo di quei parassiti che credono terminato il loro compito allorché hanno il ventre pieno. Nell'uscire salutate con garbo gli ospiti vostri, quelle altre persone colle quali vi trovate in più stretta relazione; ma non prolungate indefinitamente i saluti ed i complimenti, per non attirare soverchiamente su di voi l'attenzione o turbare i discorsi di coloro che rimangono.

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Ancora poche parole prima di abbandonare questo triste soggetto. È cosi poca cosa, al ricevere di un annunzio di morte di persona che vi sia appartenuta per vincoli di sangue o di affezione, il mandare una persona a rappresentarvi, almeno nel suo funebre corteggio; taluni, anche prossimi del trapassato, risparmiano questo leggero disturbo e mancano in tal guisa, per indolenza o per grettezza, a un dovere di civiltà che supplisce, benché debolmente, alla vecchia usanza di recarsi personalmente alla casa del defunto per accompagnarlo al Campo Santo. Non è mestieri di esser divoto per iscoprirsi il capo al passaggio di un feretro; basta per ciò essere soltanto civile. È poi malissimo scelta l'occasione degli accompagnamenti funebri per iscoccare delle celie triviali alle fanciulle dei pii istituti chiamati a quelle meste cerimonie; quanto allo sghignazzare, allo irridere, all'urtar coloro che fanno parte del corteo io le credo così scempie e così villane cose come l'insultare agli stessi morti; e penso sia dovere in tali casi di ogni buon cittadino il far intendere a questi scimuniti che i loro modi saranno per avventura d'uomini libertini, ma non d'uomini liberi e civili; che non è precisamente quella la via di farsi credere spiriti superiori; e che essi si mettono con queste lore sozze impertinenze, molto al disotto degli Indiani e dei Turchi.

Pagina 504

Come si fa e come non si fa. Manuale moderno di galateo

201123
Simonetta Malaspina 1 occorrenze
  • 1970
  • Milano
  • Giovanni de Vecchio Editore
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Se un collega vi chiede un favore non rifiutateglielo, purché non siate costretti ad abbandonare il vostro lavoro. Non criticate i vostri superiori non appena questi vi voltano le spalle. Inutile aggiungere che dovete essere sempre puntuali: in molti uffici c'è un orologio che controlla le entrate e le uscite, ma in altri gli orari sono affidati al vostro senso di responsabilità. Molto spesso i capufficio sono esigenti nel pretendere la puntualità all'entrata ma non altrettanto nel fare uscire gli impiegati all'ora stabilita. I supereroi devono rendersi conto che le persone hanno anche una vita privata e di conseguenza impegni diversi da quelli di lavoro. Gli impiegati spesso non sanno difendere quello che è un loro preciso diritto. Da una parte e dall'altra ci vuole comprensione. Il capufficio non pretenda che i suoi impiegati facciano più di quanto il loro stipendio e il loro contratto di lavoro li obbliga a fare, e gli impiegati non si sentano sempre vittime indifese. Un chiaro dialogo può eliminare certe scontentezze e organizzare meglio il lavoro. Consigli speciali per le donne che lavorano in ufficio. Anzitutto essere gentili ma diffidenti, cordiali ma prudenti. Astenersi dai pettegolezzi (nei quali sono più pronte a cadere), dal fare telefonate personali, distinguere la propria vita privata da quella di lavoro. Le ragazze non vadano in ufficio per trovare marito: lascino in pace gli scapoli e soprattutto i mariti delle altre, e scoraggino i primi tentativi di corte. Se accettano un passaggio in macchina dal superiore, non lo interpretino come una proposta di matrimonio o peggio. Una segretaria troppo cortese e troppo elegante può essere criticabile come una segretaria sgarbata e trasandata. Non tutte le segretarie sono in buona fede quando si dimostrano troppo solerti o scambiano l'ufficio per una sfilata di moda. In ufficio si deve andare soltanto per lavorare: la vita privata deve rimanere quanto più possibile al di fuori. Ne consegue che anche le donne (anzi, soprattutto loro) hanno il dovere di scoraggiare l'intrusione altrui nelle proprie questioni familiari e sentimentali. Se un collega comincia a essere troppo galante e servizievole, siate prudenti nell'accettare le sue attenzioni. È vero che molti matrimoni sono nati in ufficio, ma è anche vero che molti altri ci sono morti. Come vestirsi in ufficio? Con sobria eleganza e proprietà. Se siete uomini, barba fatta, camicia perfetta, impeccabile nodo alla cravatta. Siate sempre in ordine, e non disdegnate l'uso del deodorante che non serve soltanto alle donne. Se siete donne, vestite con semplicità, eliminando minigonne, scollature eccessive, bigiotteria vistosa, abiti troppo aderenti. Un po' d'acqua di colonia andrà bene, purché discreta; non mettete profumi, inadatti a un ambiente di lavoro. Potete truccarvi? Certo, anzi è necessario, entro certi limiti un trucco giovane e sobrio che dia un po' di colore alla pelle e alle labbra. Unghie curate, di giusta lunghezza. Anche per voi è necessario il deodorante. Nel cassetto della scrivania tenete magari un paio di calze di ricambio, nel caso le vostre si dovessero sfilare, e l'occorrente per riattaccare un bottone o rifare un orlo.

Pagina 372

Galateo della borghesia

201206
Emilia Nevers 1 occorrenze
  • 1883
  • Torino
  • presso l'Ufficio del Giornale delle donne
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abbandonare un povero vecchio!... Poi sbadiglia, sbuffa, si lamenta della noia; se gli si offre di giuocare, risponde: Che! giuocar di giorno! Non sono un vizioso io; se gli si propone di fargli la lettura: Eh! i libri d'oggi non fanno per me! Che mondaccio!..... E dà a maledir la vita, a parlar male della gente, a dichiarare che tutto è menzogna, che non val la pena di venir al mondo. Nel dir queste cose consolanti, si riempie il naso, la barba (che ha lunghissima e ispida), lo sparato della camicia, le mani, di tabacco; ne manda negli occhi dei vicini. Se capitano visite, fa predicozzi anche a quelle. A tavola mangia con le mani, piglia il cibo sul piatto comune con la propria forchetta o vi ripone i bocconi che gli avanzano; insomma si diporta come un bimbo, col peggiorativo che non lo si può correggere. La nonna - ah! qui il tipo ideale sarà, se permettete - un ricordo. La nonna ideale ha una cameretta per sè, poichè i vecchi hanno bisogno di quiete; ma è un asilo - non una prigione. Quella cameretta è tutta popolata di ricordi d'ogni genere - si vedono insieme sull'antico canterano tutto oro, che rammenta l'impero, i dagherrotipi dei bisavoli e le dei nipotini, i bei ricami delle figliuole, ed i primi fotografie tentativi delle bimbe, e tanti gingilli, tante cosine care che danno alla camera della nonna I'aspetto d'un museo, senza che perciò appaia meno ridente. E come è linda! Ella stessa, ogni mattina, aiuta a rigovernarla e toglie con amore ogni granello di polvere da quelle sue reliquie. Tutti in quella camera si trovano bene e non c'è bisogno di spingerveli. - Lasciaci andare dalla nonna, balbettano i bimbi. - Vo a lavorare colla nonna, dicono le ragazze. - Mostro i punti della scuola alla nonna! gridano i maschi al ritorno. E la nonna li accoglie tutti con lo stesso amore. Fin dalle nove della mattina è seduta sul suo seggiolone, con davanti l'oriuolo, con gli occhiali sul naso, vestita di tutto punto. È ancora dritta e snella come una giovine, la nonna, e par sempre che vada ad una festa a vederla attillata nel suo vestito di seta nera, col goletto ed i polsini di neve e la bella cuffia di trine a nastri, annodata sotto al mento. Lavora senza posa, con passione, e provvede di calze tutta la famiglia, dalle grosse calze di lana del nipote vontario, alle finissime calzine dei bimbi. Alla domenica legge. Tutti quelli che vengono a vederla sono i benvenuti, ed essa sa stare con ognuno. Non cerca di stendere su chi l'avvicina l'ombra fredda della sua tarda età; non vuol che altri sia vecchio e sfiduciato con lei, ma invece rivive lei coi piccini e coi giovani. Al bimbo, racconta storie e spesso fatti di cui è stata testimone, parla dell' epopea dell'impero che l'ha appassionata, ricordando, in mezzo al circolo dei ragazzi accesi di meraviglia, le strofe di Béranger:

Pagina 10

Le buone maniere

202636
Caterina Pigorini-Beri 1 occorrenze
  • 1908
  • Torino
  • F. Casanova e C.ia, Editori Librai di S. M. il re d'Italia
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E così questa grande rivoluzione intellettuale ha stipato i cervelli senza fecondarli e minaccia di abbandonare i popoli alla follia della loro intelligenza. Ora è all'educatrice che è riservato il Sursum corda! E questo otterrà per sè e per gli altri non colle pedanterie scolastiche, coll'orpello d'una laurea, colla vanità d'una patente, colle pretese di un titolo rimbombante, colle arti o colle scienze o col sapere la storia greca, romana, la teoria darwiniana o fare dei versi; ma coll'essersi assimilati gli studi che nel campo morale e intellettuale le vietino le mode bizzarre negli abiti e le maniere virili o scomposte, o sconvenienti. Questa salutare assimilazione le indicherà quella perfetta educazione civile, la quale irradiandosi da lei porterà ne' suoi discepoli l'urbanità, e spronerà allo studio, al rispetto delle consuetudini paesane e delle altrui opinioni e condurrà le giovani menti a venerare in essa non soltanto il sapere ma la virtù; onde poi accoglieranno nei cuori quel possente anelito, per cui la civiltà si diffonde, si stabilisce e rende meno aspro e meno difficile il vivere in comune. PIGORINI-BERI C., Le buone maniere. 11

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Eva Regina

204414
Jolanda (Marchesa Plattis Maiocchi) 9 occorrenze
  • 1912
  • Milano
  • Luigi Perrella
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Negli ultimi quattro mesi, poi, la futura mammina dovrà abbandonare assolutamente ogni abitudine di vita mondana. Non più veglie, non più passeggiate fra la gente, non più ritrovi con le amiche. Eviterà le fatiche d' ogni genere, i lunghi tragitti in carrozza, o i lunghi viaggi in ferrovia. L' abitudine d' una passeggiata igienica quotidiana è però da serbarsi fino all'ultimo, così la signora farà uso di grandi mantelli che sovrapporrà ai suoi abiti sciolti onde non venga profanato da sguardi curiosi e beffardi il geloso secreto della sua maternità. Ora vi sono le fogge Empire che furono inventate, dicesi, appunto per le conseguenze della licenziosità dei costumi sotto il regno Napoleonico, e che servono a mera- viglia ad attenuare l' alterazione delle linee della persona. Ma la signora, in istato di avanzata gravidanza, dovrà pure omettere i colori troppo vistosi e certe fogge troppo ardite di cappellini che stonerebbero troppo col suo volto un po' patito e col suo personale sformato. Del resto in questo periodo della vita la sua femminilità individuale passa in seconda linea : non più ammirazione o desiderio la circondano, ma rispetto: ell'è sacra, ell'è madre solamente. E secondo questo pensiero, secondo questa convinzione, è necessario ch' essa ordini e regoli tutto nella sua esistenza, dall' intimo sentimento alle forme esteriori.

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. — È, quindi, la camera che amiamo di più, che soffriamo più di abbandonare quando vi siamo costrette; dove ci rifugiamo nei giorni di malessere, nelle ore d' angoscia e di dolore : dove portiamo a nascondere le nostre gioie più fulgide, le nostre pene più amare. E appunto per questo suo carattere intimo, nella camera da letto non si ammettono che le amiche più di confidenza, le parenti più prossime, e nessun personaggio dell' altro sesso, a meno che non sia un fratello o che non si tratti di circostanza speciale. Una signora che abbia un quartiere ristretto o poco riscaldabile, potrà anche rimanere tutto il giorno in camera da letto e ricevervi le persone amiche, purchè un cortinaggio, un paravento, nasconda il letto, e il resto della stanza abbia un po' il carattere d' un salottino. L'arte nuova, però, vuole che la camera da dormire resti ciò che è, e sia sopratutto conforme alle regole dell' igiene. Banditi i cortinaggi, i tappeti : mobili dagli angoli arrotondati, a vernici chiare, scarse imbottiture, forme sobrie, pareti lucide invece che rivestite di carta. E le stanze da bagno e da toilette sono oggi quanto di delizioso si possa desiderare, con tutti gli accessori in marmo, ferro e cristallo, acqua a profusione; grosse stuoie, vetri smerigliati : la frescura d' estate, d' inverno il tepore. Avendo la fortuna di possedere una casa tutta per sè, o di abitare un vasto appartamento, mi sembrerebbe preferibile, per due sposi, avere ciascuno la propria stanza, anzichè una camera comune. Il letto matrimoniale è antiestetico, ridicolo, incomodo, offensivo al pudore. Nessuna giovine sposa accoglie senza arrossire una visita nella sua stanza, a motivo di quel gran letto impuro che fa fare alle fanciulle ignare le più strane considerazioni, ed eccita la fantasia e i sensi delle altre. Molte poesie, molti delicati riguardi che avrebbero potuto durare, si sono dissipati nel matrimonio a motivo di questa camera comune che abbassa l' amore alla sua semplice funzione di riproduttore della vita. Vi sono certi pudori che una donna di fine educazione non può sacrificare nemmeno al proprio marito; vi sono promiscuità ripugnanti, specialmente fra esseri il cui organismo è così diverso e dà abitudini e necessità così differenti. E poi l' indipendenza individuale è offesa continuamente dai gusti e dalle consuetudini spesso opposte : al signore piacerà dormire al buio, alla signora tenere il lume ; il marito avrà l' abitudine di fumare una sigaretta prima di prender sonno, alla moglie darà noia l' odor del fumo; l' uomo soffrirà il caldo e non sopporterà che coltri leggere, la donna sarà freddolosa e vorrebbe addosso una montagna ; qualche volta l' uno o l' altra vorrebbe leggere un poco ; il coniuge che non capisce questo gusto si lamenta. Poi l' uno rincasa tardi e sveglia l' altra ; lei vorrebbe alzarsi presto e si sacrifica per non svegliar lui; insomma, a pensarci bene, è un conflitto continuo, preludiante spesso a divergenze più gravi. E la vita ha già tante noie, costringe già a tanti sacrifizi, che non mi pare giusto nè ragionevole che si debba fabbricarne apposta quando si potrebbe farne a meno.

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Forse può dispiacerle di abbandonare un tappeto a quei piedi voraci, di sacrificare un'accordatura al pianoforte, di vedersi prolungare la veglia sino alle ore piccine, ma questi rammarichi dovrà tenerli per sé e cedere di buon grado al desiderio comune. Anzi se nessuno altro si offre, spetta a lei di darsi vittima volontaria e sedere al piano a discrezione dei suoi ospiti: se poi qualcuno la previene non manchi di sostituirlo dopo un po' di tempo. Poi si occuperà delle signore che non ballano, e declinerà per sè ogni invito, anche se è gio vine e se adora la danza. Se si accorge che qualche signorina è trascurata, preghi con garbo qualche signore, col quale abbia una certa confidenza, d' invitarla: se qualcuna vuol ritirarsi prima delle altre, faccia in modo che la società non se ne avveda considerandosi obbligata a sciogliersi. Provveda che ognuno dopo il ballo trovi da rinfrescarsi o da rifocillarsi : faccia star pronta la cameriera nel gabinetto di toilette o in qualche stanza attigua, nel caso che alle danzatrici abbisognasse il suo aiuto: non si mostri stanca nemmeno se è esausta, e trattenga per dieci minuti gli invitati a sera finita perchè abbiano modo di rimettersi se accaldati, prima d'uscire nella via. Vegli che ogni signora abbia quanto le occorre e l' accompagni sino all' anticamera.

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Gli scaldapiedi di ferro a carboni ardenti sono da abbandonare come nocivi. Si sostituiscano con un cilindro di metallo pieno d'acqua bollente od anche con una di quelle borse rivestite internamente di pelliccia, assai confortatrici. Anche l'uso dello scaldino è brutto e antiestetico e conduce, piano piano all'ignavia. Pure è un gran rimedio contro i geloni e i medici ne raccomandano l' uso per tempo alle persone che soffrono di questo antipatico incomodo. Una volta si credeva che il coricarsi in un letto freddo fosse più igienico che l' entrare in un letto riscaldato. Ma l' igiene moderna ci dice invece che l'asciugar bene le lenzuola col trabicolo o i recipienti d'acqua bollente, è più vantaggioso alla salute. Il freddo sofferto in letto è dannosissimo alle persone delicate, ai bambini, ai vecchi : ma è poi da consigliarsi di non dormire in un ambiente troppo riscaldato e di guardarsi bene dall' addormentarsi con la stufa accesa. Incomparabili riparatrici del freddo, sono le pelliccie. Ora se ne possono avere anche ad un prezzo relativamente mite, ed io consiglierei tutte le signore a far a meno piuttosto di un mantello dì lusso ma non privarsi di questo così pratico indumento. E nella scelta degli abiti e della biancheria si guardi piuttosto alla qualità del tessuto che alla sua pesantezza. Vi sono panni, fustagni, maglie, che opprimono il corpo senza tenerlo caldo; mentre certe flanelline morbide, lanuginose, certi panni di tutta lana, aderenti, riparano assai meglio essendo più leggeri. Molti medici proclamano la superiorità igienica del cotone sulla lana che è buona sviluppatrice di microbi; infatti, ora l'industria tessile del cotone è giunta ad una tale eccellenza da farla preferire volentieri. Meglio di tutti la seta che ripara dal freddo ed isola dal caldo. Ma ha due difetti : dura poco e costa molto. Continueremo dunque ad usare per noi e per i nostri bambini, le benefiche camiciole di lana, le flanelline sempre così convenienti, il delizioso tessuto dei Pirenei per le sottane e le vestaglie. Chi soffre di bronchiti, tenga caldo oltre il petto l'alto del braccio, dal gomito alla spalla e usi bevande di latte tepido con fusione di lichene. Chi è soggetto ai gastricismi, avvolga lo stomaco e il ventre con una fascia di lana e tenga molto caldi i piedi.

Pagina 331

Inoltre la promiscuità con gli studenti negli anni di pratica e la frequentazione degli Ospizi di Maternità dove molte madri sono donne infime e corrotte, contribuiscono ad allontanarle, a far abbandonare l'ostetricia in mano a quelle che non hanno più scrupoli perchè non hanno più nulla da perdere. Questo fatto è deplorevole perchè al letto d'una partoriente, nel momento più difficile e più sacro della vita femminile, in presenza al miracolo augusto della maternità, sarebbero più che mai necessarie donne di vita austera, di coscienza delicata, di specchiati costumi. È vero che le studentesse di ostetricia sono destinate ad essere sparse nelle varie campagne e nei piccoli paesi, dove la clientela non è poi così schizzinosa e sentimentale. Ma la loro responsabilità è maggiore e più assoluta ivi che negli ospizi di città: e una levatrice di coscienza elastica può lasciarsi corrompere e prestar mano a molte brutture... oltre che servire di malo esempio se la sua condotta è riprovevole. La loro vita, nell'esercizio della professione penosa da esse scelta, dovrebbe essere di completa abnegazione, di disagio, di carità e di prudenza. Come i medici e i preti esse non dovrebbero appartenersi più per dedicarsi interamente all'umanità che soffre. A qualunque ora, con qualunque tempo, in qualunque località : attraverso monti, attraverso deserte pianure, attraverso boscaglie e dirupi, le raccoglitrici delle generazioni venture mai devono rifiutarsi o differire di compiere il loro dovere. E spesso devono assistere a scene strazianti, di miseria, di morte... Io credo che se ognuna di queste belle giovani liete che intervengono in sciame vivace alle lezioni si rendesse conto con coscienza di ciò che significa quella professione ch' essa ha scelto come avrebbe scelto quella della commessa o della kellerina, la metà, almeno, tornerebbe indietro.

Pagina 382

Il collo è la parte che prima reca le tracce dell'età : bisogna quindi abbandonare prestissimo le fogge che lasciano di giorno il collo scoperto, o almeno sostituire il colletto con qualche sciarpa di velo, qualche nastro di velluto o di seta. Per la sera sono veramente provvidenziali quei cosidetti collier de chien in piccole perle sostenuti da barrette di pietre dure, che lasciano alla scollatura la sua grazia e nello stesso tempo adornano un collo un po' magro o non più fresco.

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E come negli Stati, anche nelle famiglie accadono talora fatti così dolorosi e tremendi che la sua regina, colei che ne reggeva lo scettro d' impero, si trova nella necessità d' abbandonare il suo posto, di prendere la via dell' esilio. Le cause possono avere origine diversa : o una passione illecita e colpevole che parla al cuore della donna più forte degli altri suoi affetti e dei suoi doveri e la strappa dalla casa coniugale che è oramai divenuta un carcere per lei e la costringe, come attirata da un fluido ipnotico, fatale, a compiere l'irreparabile : — o una insofferenza giunta oramai all' estremo limite di convivere ancora con lo sposo il cui carattere, le cui abitudini, si trovano in perfetto contrasto con quelli di lei e dànno origine continuamente a violenze scandalose. Oppure qualche offesa ricevuta che non si vuol perdonare, che si vuol punire con la separazione assoluta, con l' abbandono. Ad ogni modo il motivo deve essere d' una potenza straordinaria per costringere una donna alla risoluzione suprema d' abdicare al suo regno, di spezzare la catena dei suoi affetti, delle sue dolci consuetudini, di sacrificare forse i figliuoli, di rinunziare alla sua casa, alla sua città, alle sue amicizie, e fuggirsene sola verso l'ignoto, forse verso la catastrofe. E per quanto maturato questo partito che le pare il solo a cui le sia possibile oramai di appigliarsi, pure nel momento di mettere in atto la determinazione il cuore le si schianta, la testa le turbina, il senso della vita le vien meno come ad una moritura. È lei che lo vuole, sì ; essa non obbedisce che alla propria volontà, che al proprio istinto, forse : si sente arbitra sola del proprio destino ; ma questo appunto le dà un brivido di sgomento, uno spasimo d'angoscia. Eppure non voile ascoltare nessun consiglio, e non lo ascolterebbe neppure in quell' ora — ma la sua solitudine, la sua indipendenza stessa, le dànno le vertigini. Ed affretta, affretta i preparativi per togliersi al più presto di là, per mettere al più presto l' irreparabile fra l' avvenire e il passato : per togliersi ogni possibilità di pentimento, di riflessione, di transazione. « Ciò che deve avvenire avvenga ! » è il grido disperato dei suicidi ; ed essa lo ha sulle labbra in quell' istante in cui rinunzia per sempre al suo posto di battaglia che doveva occupare sino alla morte : al suo regno che mai doveva essere privo della propria regina.... Anna Robertson Brown giustamente scrisse: « Consideriamo bene la vita da tutti i lati, prima di gettarci a capofitto in un nuovo cammino dal quale non sarà poi sempre facile ritrarci. » Infatti quante volte queste donne impulsive, sconsiderate, insofferenti, credendo di raggiungere il meglio, precipitarono nella rovina !

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Nè traviamento di passione, nè rimorsi, nè discordia, nè insofferenza, nè sdegno obbligano la sovrana ad abbandonare il suo regno, ad esulare da esso. Non è felice, giacchè mille indizî la fanno oramai consapevole che il suo sposo non l' ama più, che l'amore di cui era altera e lieta si è andato raffreddando grado grado sino a giungere a una indifferenza distratta che la stringe al cuore, che le dà acute pugnalate di gelosia, poichè nemmeno ignora che il suo sposo, il padre dei suoi figli, ha l'anima e i sensi rivolti altrove. Conosce anche il nome di questa donna, le circostanze che determinarono la attrazione fatale, che ne favorirono lo sviluppo ; spesso la incontra per la via, a qualche ritrovo, a teatro. È bella e giovine, più bella e più giovine di lei che la tristezza consuma : è elegante e raffinata, provocante, perchè nessun scrupolo la trattiene dal fare spese pazze, dall'adottare le mode più impudiche : e sulle sue labbra, e nel suo sguardo la moglie infelice legge quell'espressione d' ebbrezza e di vittoria che fu già sua, che le è stata tolta. Eppure tutto tollera e comprime nel suo segreto, perchè è virtuosa, perchè ama ancora e nel suo intimo spera. Spera che si tratti soltanto di un traviamento passeggero, che la sua dolcezza, la sua indulgenza le rendano prima o poi lo sposo tenero e pentito. Ma gli uomini non solo non vogliono essere contrariati nelle loro tendenze e nei loro desideri, ma nemmeno tollerano intorno la tristezza, le lagrime, la rassegnazione dolorosa, tutto ciò che li costringe a pensare al loro errore, a sentire più o meno pungente l' aculeo del rimorso. Essi vogliono essere liberi d'amare, di disamare, di prendere, di lasciare, secondo dice loro l' istinto, e non soffrono il più lieve impedimento e si sentono tratti a sbarazzarsi la via ad ogni costo, anche a quello di commettere un delitto.... Dopo aver cercato invano di stancare la pazienza, la bontà della moglie con l'abbandono e le cattive maniere per obbligarla a cedere il campo, visto che il sentimento che ancora sopravvive in lei è più forte della sua crudeltà, quel sentimento ch'egli si nega di riconoscere e chiama caparbia, ostinazione, sfida : istigato senza posa, esasperato dalle perfide suggestioni dell'amante e dai consigli di lei, l' uomo, un giorno compie il supremo atto di viltà. Schiaffeggia quella guancia smorta, afferra quella fragilità che non si ribella e la scaccia dal suo trono e dal suo regno dove vagheggia condurre un'altra regina, la bella che lo inebbria e lo soggioga. E la povera offesa, la povera reietta ancora obbedisce, sopporta e tace. Se ne va stringendo al seno i figliuoletti, traditi come lei, se ne va piangendo mentre le si spezza il cuore nell'abbandonare il suo nido d'amore, il suo regno di cui prevede la profanazione. E l' accolga pietosamente la casa che la vide nascere, o cerchi rifugio fra estranee pareti dove ricomincierà la vita dedicandosi tutta ai suoi bimbi innocenti e sventurati, ella si sente pròfuga, errante, sperduta, senza tetto. Giacchè la vera dimora a cui la donna aderisce con le più delicate e tenaci fibre dell'anima non è quella dove nasce o dove morirà, ma quella dove l'amore le rivelò il mistero della vita, e le diede le indimenticabili emozioni della maternità. Fuori di essa non vi è che l'esilio.

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Una madre di famiglia sgomenta e addolorata di dover abbandonare una casa dove abitava da molti anni e nella quale erano nati tutti i suoi bambini, non osò più lamentarsi dopo le tragiche vicende di Reggio Calabria e di Messina : e infine una signora di mia conoscenza costretta da rovesci di fortuna a guadagnarsi il pane in casa altrui, dopo aver conosciuto una disgraziata che non ha nemmeno la salute e non riesce a provvedere a sè e al suo figliuolo, disse: « Ho potuto constatare che al mondo vi è sempre chi sta peggio di noi. » « Possiamo salvarci da molti guai semplicemente col guardarci attorno — scrive la Pezzé Pascolato — con l' osservare quel che accade agli altri e col dire : Così potrebbe accadere anche a noi. » Prendere le sventure che toccano agli altri come proficui avvertimenti ; riguardare quasi come un privilegio l' immunità da danni maggiori ; quando si è all'ombra non osservare invidiando quelli che stanno al sole, ma meditare su quelli che sono al buio : ecco il vero rimedio nelle traversie della vita.

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