Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il Marchese di Roccaverdina

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Capuana, Luigi 2 occorrenze

Dobbiamo abbandonare il Comune in mano a certa gentaccia? Che penseranno? Che il marchese di Roccaverdina ha avuto paura! Non è vero; ma così penseranno e lo diranno! ... Mi mordo le mani! ... Bella figura facciamo col Sottoprefetto! Egli lo ha proposto, sicuro che il marchese avrebbe accettato la nomina. Abbiamo lavorato tanto! Fate il miracolo! ... » Ah, ella avrebbe voluto fare ben altro miracolo! Ma si sentiva impotente. E lo diceva quello stesso giorno alla sua mamma che insisteva presso di lei: «Che hai dunque? Che ti accade?». «Forse ho sbagliato, mamma!» «Perché?» «Mi sento sola sola, mamma!» «Che intendi dire?» «Ci siamo illusi, egli ed io. Il suo cuore è chiuso per me. Ha preso me come avrebbe preso qualunque altra ... Può darsi che il torto sia mio ... Non avrei dovuto entrare in questa casa ... C'è ancora il fantasma dell' altra. Lo sento, lo veggo ... » «Ma che cosa senti? Che cosa vedi?» «Niente! Non so ... Eppure sono certa di non ingannarmi.» «Vergine benedetta! Che gusto tormentarsi così!» «Ah, mamma! Non avrei voluto parlartene per non angustiarti. Ma il cuore mi si schianterebbe se non potessi sfogarmi. Lasciami sfogare ... Mi ero rassegnata, da anni. Tu non hai saputo mai nulla fino a pochi mesi fa. Avevi dolori assai più grandi del mio; perché avrei dovuto confidartelo? E quando, tutt'a un tratto, quel che sembrava stoltezza sperare mi si presentò dinanzi come possibile, te ne rammenti? io esitai, a lungo esitai, temendo quel che, pur troppo, è avvenuto! Sì, mamma. Tra me e lui sta sempre quell' altra - ricordo vivo ... ! Non m'inganno. Sono forse una persona, sono un cuore qui? ... Sono un mobile.» «Che aberrazione, figlia mia! C'è un malinteso tra voi; dovreste spiegarvi. Marito e moglie debbono fare così, altrimenti le cose s'ingrandiscono. Ognuno immagina che sotto ci sia qualche cosa di grave ... E non c'è nulla!» «E se c'è peggio di quel che uno sospetta?» «Non può essere. Dopo sei soli mesi! Il marchese ha cento cose per la testa. Gli affari assorbono, danno tanti pensieri. Tu rimani a fantasticare, a roderti il fegato ... Che vuoi che ne sappia lui? Come pretendi che indovini?» «Gliel'ho detto: "Antonio, non mi sento amata da voi!". Gliel'ho detto singhiozzando ... » «Ebbene?» «Si è messo a ridere, mi ha risposto scherzando, ma rideva male, scherzava a stento.» «Ti è sembrato. Ha ragione. Gli uomini non possono intendere certe cose di noi donne, che non hanno importanza per loro. E intanto tu ti logori la salute; tu non ti accorgi che deperisci di giorno in giorno. Sei pallida ... Non sei mai stata così. Che credevi, sposando? Di non dover avere nessuna croce? È un carattere strano; sopportalo come è. Ho sopportato peggio io! Ho fatto la volontà del Signore, mi sono rassegnata sempre; lo hai visto! Di che sei gelosa?» «Del suo silenzio, mamma!» «Il marchese non è espansivo; è fatto così. Vorresti rifarlo?» «Che so? Certe volte rimane assorto, col viso scuro scuro; e allora, quando si riscote, mi guarda con occhi smarriti, quasi avesse paura che io indovinassi. E se gli domando: "Che pensate?", risponde, sfuggendomi: "Niente! Niente!".» «E sarà niente davvero. Vuoi che gliene parli io? Che gliene faccia parlare dalla baronessa?» «No. Può darsi che io abbia torto.» «Hai torto certamente.» «Sì, sì, mamma, ho torto; lo comprendo. Non affliggerti per me!» Andando via, il marchese le aveva detto: «Tornerò presto questa sera». Ma era già un'ora di notte, e la marchesa, affacciata al terrazzino a pian terreno allato al portoncino d'entrata, cominciava a impensierirsi del ritardo. Si atterrì vedendo arrivare soltanto Titta a cavallo d'una mula. «Il marchese?» «Non è niente, eccellenza.» Titta, saltato giù da cavallo, legata la mula a uno degli anelli di ferro confitti a posta nel muro ai due lati del portoncino, si affrettava ad entrare. Ella gli corse incontro nell'anticamera. «Stia tranquilla, voscenza . È accaduto ... » «Il marchese sta male?» «No, eccellenza. Devo andare dal pretore e dai carabinieri ... Si è impiccato uno a Margitello: compare Santi Dimauro.» «Oh, Dio! ... Perché? Come?» «È venuto a impiccarsi nel suo fondo venduto al marchese due anni fa. L'aveva detto tante volte: "Verrò a morirvi un giorno o l'altro!". E finalmente il disgraziato ha mantenuto la parola. Si era pentito di aver venduto quel fondo ... Di tanto in tanto lo trovavano là, nella carraia, coi gomiti su le ginocchia e la testa tra le mani. "Che fate qui, compare Santi?" "Guardo la mia terra, che non è più mia!" "Avete preso un sacco di quattrini!" "Sì, ma io vorrei la mia terra!"» «Perché l'ha venduta?» «Oh! Egli soleva raccontare una storia lunga. Pel processo di Rocco Criscione ... L'aveva col marchese, che non c'entrava ... Il giudice istruttore ... sa, voscenza ; quando si fa un processo si raccolgono tutte le voci ... E siccome il giudice istruttore ... Una storia lunga! ... Ma era venuto lui stesso a dire al marchese: " Voscenza vuole quel pezzo di terra? Se lo prenda". Era proprio nel cuore di Margitello, e di tratto in tratto il vecchio alterava il limite ... I contadini quando possono rubare un palmo di terreno, non hanno scrupoli. Compare Rocco, buon'anima, non era omo da lasciarlo fare, nell'interesse del padrone. "E il marchese non ne troverà un altro eguale, eccellenza!" Il vecchio si era dunque presentato dal marchese: " Voscenza vuole quel pezzo di terra? E se lo prenda!". Poi il vecchio si era pentito. Veniva a piangere là, quasi ci avesse un morto ... Che colpa n'aveva il padrone? E ora, per fargli dispetto, si è impiccato a un albero ... Chi se n'era accorto? Spenzolava davanti la casetta ... Le mule della carrozza - gli animali hanno il fiuto meglio di noi cristiani - non volevano andare né avanti né indietro. Io guardo attorno per veder di che cosa s'impaurissero le povere bestie ... Ah, Madonna santa! Salto giù di cassetta, scende di carrozza anche il marchese, tutti e due più pallidi del morto. Non lo dimenticherò finché campo! ... Pavonazzo, con gli occhi e la lingua di fuori ... Lo tocco; era freddo! ... Allora siamo tornati a Margitello ... Il marchese, sturbato, non poteva parlare ... Ha dovuto buttarsi sul letto. Ora sta meglio ... E mi ha mandato per avvertire voscenza . Devo andare dal pretore e dai carabinieri ... Il morto è là, che spenzola ancora ... Ha voluto dannarsi!» La marchesa era stata ad ascoltare senza interromperlo, corsa da brividi per tutta la persona, quasi avesse davanti il corpo del vecchio contadino col viso pavonazzo, con gli occhi e la lingua di fuori, che dondolava dal ramo dell'albero a cui disperatamente era andato a impiccarsi. «Il Signore lo avrà perdonato!», ella disse commossa. «Ma il marchese però non è tornato? Ditemi la verità, Titta: sta male?» «Eccellenza, no! Aspetta la giustizia coi carabinieri e i manovali che dovranno portar via il morto ... Mi ha mandato a posta ... E se voscenza permette ... » La marchesa quella notte ebbe paura di dormire sola in camera sua. Disse a mamma Grazia: «Recitiamo un rosario in suffragio del disgraziato». A metà del rosario, mamma Grazia era già addormentata su la poltrona dove la marchesa l'aveva fatta sedere; ed ella si buttò sul letto vestita, certa di non chiudere occhio, con nel cuore un'inesplicabile angoscia, un invincibile presentimento di tristissimi casi che sarebbero sopravvenuti, presto o tardi, per cattiva influenza di quel morto.

Io vi evoco in nome ... del Diavolo: "Spiriti erranti, che non potete abbandonare il posto dove siete morti ... In nome del Diavolo!". Ah! Ah! Ah! Si fa così ... O ci vuole per forza il tavolino? C'è la tavola qui pronta e c'è il vino ... e anche l'aceto che il cugino ha manipolato ... Cugino mio, questa volta, aceto da peperoni! ... Aceto Ràbbato! ... » Il notaio Mazza e gli altri volevano turargli la bocca, condurlo di là. «Buona persona il cavaliere, ma un dito di vino di più lo mette subito in allegria ... » Il notaio tentava di attenuare la brutta impressione di quella scena, vedendo il viso scuro del marchese che scrollava le spalle e voleva far le viste di non dare importanza alle parole del cugino. Il quale, mentre don Aquilante, appoggiati i gomiti su la tavola, con la testa fra le mani e gli occhi socchiusi non gli dava ascolto, seguitava a ripetere: «Si fa così? Si fa così, gran mago? Evocate compare Santi Dimauro! ... Evocate Rocco Criscione! ... Devono essere in queste vicinanze ... Spiriti erranti! ... O voi siete un mago impostore!». Il marchese, impallidito, gridò forte: «Cugino!». E quel grido di rimprovero parve che tutt'a un tratto gli snebbiasse il cervello; il cavaliere tacque sorridendo stupidamente. Don Fiorenzo, dall'altra punta della tavola, urlava intanto: «Chi non è ubriaco risponda: Pietro ama la virtù! Qual è il soggetto della proposizione?».

CONTRO IL FATO

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Steno, Flavia 2 occorrenze

Quell'alcova azzurra, tutta chiusa, custodita da due amorini alati, era troppo seducente e piena di promesse per poterla abbandonare, e quella splendida creatura da tempo trascurata, non gli era mai sembrata tanto bella, così bianca e rosea, un po' stanca, un po' languida, abbandonata tutta sul letto ampio e basso, colle spalle ed il petto scoperti offrentisi ai baci. Nel suo sangue acceso ed eccitato, divampò a un tratto il desiderio. - Sarah!... - disse con voce bassa e implorante, chinandosi su di lei e passandole una mano sotto le spalle. - Lasciami! - non potè far a meno di gridare la duchessa, spaurita e tremante, rabbrividendo all'idea di doverlo subire ancor fremente e inebriato dagli amplessi dell'altra. Ma eccitato e alterato com'era, egli non avvertì l'accento pieno di terrore e di ripugnanza. Credette si schermisse per quell'istintivo senso di pudore, che impedisce sempre ad una donna di offrirsi intera al primo bacio e proseguì più incalzante, tutto curvo su di lei, mordendole la bocca e scompigliandole i capelli. Era un impeto di passione irruente, un soffio di voluttà acre e selvaggia contro il quale essa si difendeva con tutte le forze, torcendosi per svincolarsi dalla stretta di lui, supplicando e gemendo con accenti interrotti e soffocati dai baci, respingendolo colle mani, colle ginocchia, col petto, orribilmente sgomenta dall'idea di appartenergli così, di non poter vincere, di sentirsi mancare e svenire sotto quei baci di fuoco che le toglievano a poco a poco tutta la forza. - Non voglio i tuoi baci, no, no! - supplicava straziata. E finalmente questo grido supremo, cento volto ripetuto, non vinto mai nè dalle carezze, nè dalle proteste, lo percosse brutalmente, riempiendolo di stupore. - Perchè, amor mio? - domandò, senza lasciarla, ma sollevandosi un poco a guardarla in viso. Essa tacque: il cuore le palpitava assai forte in petto, gli occhi neri, stanchi di passione, si riempivano di lacrime. - Perchè non vuoi i miei baci? - insistè lui. E allora, fremente d'indignazione: - Perchè mi ripugni! - ella gridò, chiudendo gli occhi per non vederlo. Luciano si rizzò mortalmente pallido sotto l'insulto che in quell’ora, in quel luogo, era il più sanguinoso ed umiliante che potesse ricevere. - Sarah! - gridò con voce alterata dallo stupore o dalla rabbia. - Sei impazzata, Sarah!... Soffriva, ed era realmente sincero nel suo dolore; ah! quella parola sulla bocca della donna che portava il suo nome, e che egli credeva pur d'amare, a modo suo!... Ah, peggio ancora della parola, la ripugnanza e il disgusto nel cuore e nei sensi di quella donna, che per lui solo aveva conosciuto l'amore. Sarah piangeva in silenzio voltata bocconi nel letto, col viso nascosto nel guanciale e la stupenda massa di capelli d'oro scomposta tutta come un'enorme aureola. E per quel pianto egli ebbe l'intuizione che qualche cosa di molto grave doveva essere successo alla poveretta, così stranamente eccitata e cattiva. - Hai fatto per ridere, non è vero? Dimmi che fu solo un cattivo scherzo; dimmelo per carità!... – S'era chinato un po’ fino a sfiorarle i capelli, e la sua voce era tanto cupa e angosciosa, che essa ne fu profondamente scossa. - Oh, quanto male m'hai fatto! - singhiozzò. - Io? io t'ho fatto del male? Ora cominciava a spiegarsi un po' il vivo sdegno di lei. - Dimmi tutto.... - pregò. - Che vuoi ti dica? So tutto, ecco! so tutto e non ti amo più, non voglio amarti più, perchè tu m'inganni, ti ridi di me, e non sai che farti del mio amore ch'era tanto vero e grande! oh Dio!... Finì in un gemito straziante il lamento doloroso, che era proprio il sangue del suo cuore ferito. Luciano comprese: essa aveva scoperto qualcuna delle sue quotidiane infedeltà; ciò lo seccava assai, ma spiegava benissimo la frase terribile, che non il cuore e non i sensi, ma l'orgoglio ferito della sua povera innocente, gli aveva gettato in faccia. Oh avrebbe egli ben saputo illuderla ancora e farsi perdonare!... - O mia povera bimba! - sussurrò baciandola affettuosamente sulla fronte, come avrebbe fatto una madre. Dimmi dunque che c'è stato, che t'hanno detto....- pregò, immaginando che da qualche pettegolezzo femminile ella avesse potuto sapere qualche cosa. - Oh, no, non m' hanno detto soltanto, ho anche veduto! - singhiozzò lei. - Va' non potrai negare!... -Luciano corrugò la fronte assai seccato. Essa aveva veduto? Ciò era peggio di quanto immaginava; bisognava sapere che cosa avesse veduto. E dolcemente, lentamente supplicandola, riuscì a farsi narrar tutto, mentre il racconto di quella triste conversazione con il signor Rook le strappava torrenti di lacrime. Luciano ascoltò silenzioso col viso conturbato, sul quale si riflettevano le tristi impressioni dell'anima. Il signor Rook era stato tanto vigliacco? Ah, gliel'avrebbe pagata! Non era l'aver tentato di sedurgli la moglie ciò che lo indignava maggiormente, molto più che Sarah con delicatezza infinita e forse sbagliata, aveva appena appena alluso a questo per non addolorarlo; ma l'altro fatto bassissimo di aver svelato a lei le facili relazioni del marito.... Bel favore da amico, in verità! Ah! quel Yankee!... Quanto a Sarah, gli fu facilissimo di convincerla che aveva sbagliato. Non c'era nulla di vero! Le donne che essa aveva veduto, erano alcune artiste della nuova compagnia d'operette del Casino; egli le aveva trovate per pura combinazione passeggiando con Lovere e con Yglau in quelle sale. Ora si rammentava d'aver incontrato il signor Rook appunto là intorno. Certo il vigliacco aveva profittato di quella combinazione, per far credere a lei d'essere tradita, por farle odiare il marito e supplirlo così!... Come mai essa, tanto intelligente e colta, non l'aveva capito? E tutto queste ragioni, tutte queste proteste, erano avvalorate da tanti baci discreti e timidi, da un viso così sinceramente addolorato, da un accento così schietto, che Sarah cominciava a lasciarsene penetrare, ad ammetterle buone, ad abbandonarsi ancora, ebbra di felicità, alla gioia immensa di credersi amata. - Ma, - obiettò ancora timidamente - tu eri appoggiato sulla spalla di quella donna.... - Oh, mia povera innocente! - sussurrò lui, abbracciandola. - Credi tu che quelle sieno donne? Sono femmine e nulla più! Non si trattano certo col rispetto che si ha per una signora, e non si sciupa, non si profana con esse l’amore! M'ero appoggiato su di lei, dici? Non rammento! Può darsi che un po' squilibrato dallo sciampagna bevuto poco prima al buffet e dai profumi della festa, mi sia dimenticato al punto d'appoggiarmi alla spalliera della sua seggiola, ma non certo su di lei.... e ciò per discorrere meglio con Lovere che mi stava proprio di fronte.... E tu, tu, povero amore, hai tanto sofferto? Hai creduto che io non ti amassi più, che ti dimenticassi per quelle miserabili! Oh, Dio, Dio! come se fosse possibile non amarti! Come se si potesse trovare una donna più bella, più buona, più cara di te!... Cattiva che sei!... Non hai veduto come son tornato ansioso dei tuoi baci? - soggiunse più dappresso, più piano, sicuro di aver trionfato, soffiandole in viso tutto il folle desiderio poco prima represso. Essa si schermiva ancora un po' dubitosa tuttavia, ma felice, oh, tanto felice e credula per l'immenso bisogno di illusione che le teneva il cuore, già vinta e inebriata da quella che credeva gran passione, ancor più dolce e soave dopo lo strazio sofferto. E gli tese la bocca avida di baci e gli aprì le braccia desiderose, offrendosi finalmente tutta, povera cara, tanto bisognosa d'affetto e di tenerezze. Fu con un sorriso di trionfo che Luciano le diede quella notte l'ultimo bacio. - È tutto passato, non è vero? - le sussurrò prima di lasciarla. - Sì, amore. Ma senti, partiremo domani, eh? - ella implorò, colle braccia sempre avvinto al collo di lui. - Voglio prima dare una lezione a quel vigliacco! fece il duca sdegnoso. - Oh, no, no, ti supplico! Lascialo stare, fuggiamo soltanto al più presto, perchè io ho paura, ho tanta paura!... - Faremo come tu vorrai!... - egli rispose galantemente. Quella promessa finì di rassicurarla. Ma la mattina seguente, quando Luciano risalì dopo la colazione portando a Sarah la notizia che il signor Rook era partito improvvisamente la notte stessa e che aveva lasciato ordini perchè gli spedissero subito tutta la sua roba a Parigi, essa, felice come una bimba, abbracciò lieta il marito e non parlò più di partire. Il terribile signor Rook se n'era andato, dunque si poteva ben prolungare di qualche settimana il delizioso soggiorno a Biarritz. Anzi, ella avrebbe cominciato solo allora a goderlo, perchè per la prima volta in quindici giorni, non aveva più da tremare. Quando scese in un fresco abbigliamento roseo, tutta coperta di trine bianche, era più bella e più attraente che mai. Accanto a lei, Solange si lagnava di quel cattivo signor Rook ch'era partito senza neppur salutarle. Lovere, Gleunitz e d'Ostrog le attendevano rispettosi. - Due vere aurore! - disse il marchese sorridendo. Per la prima volta Sarah accettò lieta il suo braccio per fare un giro in giardino, mentre Solange li seguiva con miss Lucy, e la baronessa flirtava molto correttamente col buon d'Ostrog. - Non vieni, Luciano? - gridò Sarah al marito. - Se permetti, prendo la rivincita della partita perduta ieri.... - disse questi, sedendosi a un tavolino di fronte a Belitzine. Splendeva il meriggio luminoso lì intorno, su nel cielo, sulla terra, sul mare. Lontano le vele bianche solcavano l'Oceano, quasi tenui fragilissime speranze.... - Che splendida giornata! - disse Sarah commossa. E ancora in fondo al giardino sentirono la voce del duca ch'era su nella terrazza: - Scusi! era fante di cuore, principe!

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. - Sì, - proseguì lui - vorrei ch'egli vi amasse tanto da abbandonare per voi la sua casa, sua figlia, il suo paese, vorrei ch'egli fosse il vostro schiavo, e voi capace di rovinarlo completamente. Ecco: vi ho detto tutto! Certamente siete meravigliata; forse anzi anche indignata; non sapete comprendere come si possa rinunciare a voi e gettarvi in braccio al proprio nemico! Ma voi ignorate anche che cosa siano la vendetta e l'odio.... Yvonne taceva, profondamente stupita del contratto che quell'uomo le proponeva, dubbiosa se dovesse accettarlo o no, un po' umiliata nel suo amor proprio di donna, solleticata invece nella sua cupidigia di cortigiana. Milioni! egli le offriva de' milioni solo per lasciarsi amare da un altro! Oh, il cómpito era facile, e non era certo per scrupolo che esitava. Rovinare un uomo? Che cos'era in realtà? Piacergli e farsi pagare cara! Quanti non s'erano già rovinati ed uccisi per lei? Che cosa importava dunque uno più, uno meno? E i milioni del signor Rook valevano invece assai. - Yvonne, - supplicò William vedendola esitante e temendo un rifiuto - siete sdegnata, Yvonne? - Sdegnata? perchè dovrei esserlo! Non mi avete detto prima di non meravigliarmi? E d'altronde la vostra sete di vendetta non spiega tutto? Il signor Rook mandò un sospiro di sollievo. - Accettate adunque, e m'aiuterete? - interrogò ansioso. - Veramente.... - proseguì essa fingendo un po' di tristezza - veramente sarei stata molto più felice se avessi potuto riuscire a guarirvi io stessa dalla vostra triste passione facendovela dimenticare; l'amore trionfa di molto tristezze, ed io vi avrei amato tanto.... - soggiunse piano con un sottinteso pieno di promesse. William sospirò. Egli pensava al suo amore lontano che non aveva potuto conquistare ancora, e il cui pensiero ormai non lo abbandonava più. - Grazie; - rispose dolcemente - voi siete molto buona, ed io vi sarò infinitamente grato.... O Yvonne, anch'io voglio provarlo il vostro amore, anch'io vi voglio mia per deporvi ai piedi tutti i tesori della terra, ed è appunto perché voglio godere la vita con voi, che vi chiedo prima di fare l'enorme sacrificio e d'aiutarmi nella mia vendetta. Io non avrò mai pace, finché essa non sia compiuta. - Dove mi condurrete? - chiese Yvonne esitando. - A Biarritz ora: vi piace Biarritz? - Non vi sono stata mai. Ed a chi dovrò piacere io? Il signor Rook esitò. Ella se ne avvide e: - Non avete dunque fiducia in me? - chiese. - Non siamo uniti per sempre? - Accettate, dunque? - chiese lui. - Poiché lo volete.... - ed essa aveva l'aria d'una vittima pronta pel sacrificio, rassegnandosi così. - Chi è il vostro nemico? - proseguì. - Il duca d'Eboli! - disse Willian senza più esitare. Yvonne aggrottò un poco le ciglia come pensando. - Non lo conosco - soggiunse piano. - Lo so. - E avete un programma? - interrogò lei, diventata più cinica del suo complice. - Perderlo. - In che modo, con quali mezzi? - Oh, non è un delitto! - disse lui sorridendo. Non avete che a farvi amare! Non sono tutti perduti gl'infelici incatenati dal vostro fàscino? - Non voi. - Un giorno forse perderete me pure. - Oh! - protestò essa. - Ma non abbiate paura. Quel giorno è ancora lontano, perché le miniere di Wyoming sono molto più forti dei tesori europei.... - disse con un certo orgoglio. - E se il duca resistesse? Il signor Rook sorrise. - Allora sarete la padrona della mia vita. Essa comprese la sicurezza e la fiducia immensa ch'egli aveva nel potere della sua bellezza. - Credete adunque ch'egli mi amerà? - Perché farvi ripetere ciò che tanti anni di esperienza devono avervi già detto? - Partiremo presto? - Domani se non vi disturba. Ho molta premura. - Va bene, domani. - Intanto - soggiunse lui, sovvenendosi del dono che aveva seco - permettetemi d'offrirvi questo misero attestato della mia profonda ammirazione e della riconoscenza che mi lega a voi. Essa diede un'esclamazione di meraviglia alla vista di quegli splendidi rubini, che brillavano come brace ardenti al fioco lume della lampada. Non aveva sbagliato accettando lo strano patto di William. L'americano era splendido, quelle gemme valevano un patrimonio. - E - disse ancora il signor Rook, traendo di tasca il libretto degli chèques - siccome la partenza, soprattutto così improvvisa, esigerà delle spese, non permetto certo che voi abbiate a sopportarle sola. Qui vi sono tanti chèques chèquesper cinquecentomila lire - disse staccandoli e deponendoli sulla tavola sotto una fotografia di Yvonne - forse vi basteranno sino a domani. Gli occhi della giovane donna ebbero un lampo di gioia infinita. Ah, quell'americano! - Troppo gentile, - sussurrò chinandosi verso di lui, offrendosi tutta con un invito provocante nello sguardo improvvisamente lascivo. Ma William sfiorò appena colle labbra quella fronte bianca, poi si alzò per uscire. - Ho fatto tardi e dovete essere annoiata, non è vero? - disse galantemente coll'aria d'un gentiluomo che parli ad una contessa. - Tutt'altro! non volete restare a colazione con me? - Come, non avete ancora fatto colazione? Ma io ho mangiato da più d'un'ora! - esclamò lui fingendosi desolato. Yvonne sorrise. - Debbo venire a prendervi per l'Opéra, stasera? chiese ancora William. - Sarà meglio ch'io vada a letto presto, se dobbiamo metterci in viaggio domani! - Come volete; arrivederci a domani, allora. Ella suonò, ma nello stesso punto Maria entrava colla nota di Beudy per la piccola commedia combinata. Yvonne comprese e sorrise. Era ormai inutile quella farsa! Altro che diecimila lire! E quando Maria ritornò in salotto, dopo avere accompagnato il signor Rook fino sul pianerottolo, essa esclamò mostrandole gli orecchini e gli chèques: chèques:- Finalmente eccone uno che paga e che non sarà geloso di certo!...

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