Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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La pittura moderna in Italia ed in Francia

252785
Villari, Pasquale 3 occorrenze
  • 1869
  • Stabilimento di Gius. Pellas
  • Firenze
  • critica d'arte
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Discepolo di David, egli vide il nuovo slancio che pigliava la pittura; la vide abbandonare il suo maestro, per gli audaci ardimenti del Géricault e del Delacroix; comprese i tempi mutati, e i nuovi pericoli cui essa andava incontro, lasciata in balia di se stessa, e abbandonate le antiche tradizioni. Si decise quindi a regolare la nuova corrente, non contrastandola; ma dandole una guida, un indirizzo; ponendo un argine al fiume che ingrossava minaccioso. Dotato di quella energia di volontà, con cui si compiono le grandi imprese, andò a Roma e si pose allo studio di Raffaello, di Michelangiolo, di quella scuola italiana che aveva dato all’arte classica una forma nuova; uno spirito moderno. Tutta la sua vita fu’dedicata a questo scopo, ed egli, contrastato da molti, compreso da pochi in sul principio, arrivò finalmente ad una reputazione che, dopo lui, nessuno raggiunse in Francia. Le sue opere dimostrano un ingegno eminente, uno studio profondo, una grande padronanza nel modellare, una singolare energia di disegno, una espressione sicura. In lui manca però quella impronta di spontanea originalità, che costituisce la grandezza del Delacroix. Il suo colore è freddo, e le sue opere accusano troppo il lungo studio e il grande amore. V’è in esse una tendenza costante al grande, al severo, al nobile nell’arte; ma vi sono uniti elementi diversi come a contrasto. Il cinquecento, la statua greca, lo studio del vero che egli proseguì sempre, e lo spirito del suo tempo che egli non poteva non sentir vivamente, son come stretti fra loro da una forte volontà, piuttosto che uniti e composti in una nuova forma. Voi sentite la forza dell’alto intelletto, ammirate la severa sapienza dell’artista; ma egli non sempre vi commuove, e potete più studiarlo ed imitarlo, che esserne dominato. I suoi ritratti sono qualche volta impareggiabili, alcuni suoi quadri, come la Stratonica e la Source, hanno un sentimento tutto moderno, con una nobiltà antica di forme, e sono dei più belli e popolari. Guardandoli dovete accorgervi che la pittura moderna trionferà ancora su questa nuova arte classica; ma riceverà da essa un benefizio grandissimo. Ed invero, l’Ingres fu uno dei più grandi fondatori della scuola moderna in Francia. In mezzo a quel tumultuoso risorgimento, pieno di vita e di giovinezza, ma pur pieno di pericoli; egli venne, collo studio dell’antico, a dare alla pittura francese, direi quasi, una solida ossatura, imo scheletro fermo e determinato. Da lui e dal Delacroix, ebbero origine due tendenze diverse che dettero dei coloristi come il Decamps, dei rinnovatori dell’arte italiana e della pittura religiosa come il Flandrin e molti altri. Dai primi e dai secondi risultò poi la storica, che finalmente ci dette con Delaroche una terza forma dell’arte francese.

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Ma chi li ha fatti abbondanare in tutta Europa; chi ha fatto abbandonare la loro via nella prosa e nella poesia? Per qual ragione coloro stessi che li imitano e li seguono, riescono così inferiori anche ai loro compagni che, per disprezzo chiamano realisti? Il mutamento è più profondo che non si crede. Imitare è una parola che bisogna spiegar bene. Studiare i classici, tradurli in propria sostanza, dare con essi solidità e nobiltà alla propria cultura, è necessario nella pittura come nelle lettere. Ma per farlo con successo, bisogna pure avere qualche cosa di proprio da dire, bisogna pure avere una propria aspirazione verso un ideale che vuole essere continuamente rinnovato e creato, che non si può contentare d’una meccanica riproduzione. Imitare! Ma la Trasfigurazione di Raffaello non si può dipingere una seconda volta, appunto perchè fu dipinta una prima. Lo stesso Raffaello non poteva ripeterla; il suo spirito dopo averla finita, era in condizioni ben diverse da quelle in cui l’aveva cominciata. I suoi quadri differiscono tutti gli uni dagli altri, e il giorno in cui avesse cominciato a ripetersi o imitarsi, egli non sarebbe stato più Raffaello, ma la pallida ombra di se stesso. Se non v’è nulla di nuovo nel nostro spirito; se non v’è un’attività propriar, e qualche cosa di necessario a dire; manca la forza assimilatrice per impadronirsi dei classici, e cavarne profitto. Tutto dunque si riduce a sapere: quali sono ora le condizioni dello spirito francese? Esse, crediamo, son quali le abbiamo descritte. E la pittura precipita quindi necessariamente, si studino o non si studino i classici, non solo verso il reale ma verso il materiale.

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Fra questi è da nominare innanzi tutti il Mancinelli, artista certo d’un merito eminente, che senza abbandonare allatto l’Accademia, risentiva la nuova vita dell’arte, ed osava trattare soggetti storici del medioevo, con una correzione di disegno giustamente pregiata. Tutto questo era un moto assai lento, che non bastava ad apparecchiare gli elementi d’un’arte nuova; ma l’ora giungeva, ed ogni cosa doveva contribuire al fine inevitabile.

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