Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbandonar

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Il Plutarco femminile

217889
Pietro Fanfano 1 occorrenze
  • 1893
  • Paolo Carrara Editore
  • Milano
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
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Con grave cordoglio per altro dovè abbandonar presto la miniatura, per amore della vista, che le si indebolì di buon'ora: il perchè si diede a lavorare di pastelli, nel qual genere di pittura giunse ad eguagliare i migliori dipinti a olio; nè vi era al suo tempo celebre galleria che uon volesse avere lavori della Rosalba, i quali si mostravano con un certo vanto, non solo in Italia, ma anche in Inghilterra e in Germania. Dico si mostravano, perchè molti di essi, per la loro natura, con l' andar del tempo sono assai scaduti. La qual cosa è pure affermata dalla Bergalli, in quella lettera dedicatoria di una commedia di Terenzio, ricordata l' altra domenica dalla signora Isabellina, nella qual lettera si leggono queste, parole: "Io scrivo ora a voi, il cui nome, mercè le belle e artifiziose pitture, è penetrato in ogni luogo, sicchè foste desiderata, e magnificamente raccolta dai maggiori monarchi dell' Europa. Sembra oggimai che non sieno compiute del tutto, e bastevolmente ornate le loro gallerie, se non hanno i ritratti de' principi, colorati dalle vostre mani. Non ha persona che non vi conosca per fama, non vi onori e non vi commendi; ma, non solamente confermate che il vostro sesso vale quanto gli uomini ne' lavori dell' ingegno, che mostrate con infiniti modi quanta bontà e quanta cortesia può stare nell' animo di una donna." La fama sua cresceva un giorno più dell' altro, e da ogni parte ella era colmata di onori; nè vi era in Italia, o fuori, Accademia di belle arti, che non la volesse per collega. Ma questa valente donna divenne all' ultimo infelicissima: la occupava a certi intervalli una compassionevole tristezza, con acuti dolori al capo, le quali cose accennavano pur troppo ad un prossimo e doloroso fine. In uno di questi accessi dipinse sè stessa col capo circondato di foglie; e domandatole il perchè rispose che quella era una tragedia, e che essa doveva presto morire tragicamente. Di fatto quella sventurata morì di lì a poco cieca e furiosa, non avendo passati i cinquant' anni." Le signorine, che in sul principio del racconto avevano cominciato a pigliare affetto alla Rosalba, non poterono udire senza grave dolore la pietosa fine di lei; ed avrebbero pagato qualche cosa, che, o la Nina siciliana, o la Eglina, venissero fuori con qualche barzelletta per divagarle; ma a farlo apposta, esse erano forse le più triste di tutte. Allora una delle altre, per dir qualcosa, e rompere quel triste silenzio, osservò come tra le donne illustri ce ne fossero tante dello pittrici, mostrandosi desiderosa di investigarne la cagione. A che il maestro rispose: "Èverissimo: il più delle donne che han lasciato di sì chiara fama sono pittrici; e nei due secoli precedenti massimamente esse furono quasi infinite; o in una casa medesima se ne trovarono anche tre o quattro ad un tempo, come, per esempio, le quattro sorelle Ranieri, Anna, Clorinda, Lucrezia ed Angelica, lo quali furono famose tutte e quattro, e specialmente l'Anna, che sposatasi al celebre Wandick, potè vincere le altre alla scuola di lui. Nel secolo passato poi, a Bologna, nella famiglia Sirani, vi furono tre sorelle, Elisabetta, Anna e Barbera, che non solo nella pittura acquistarono gran riputazione, ma anche nell' intaglio tra le quali divenne eccellente nell' intaglio la Elisabetta, che sebbene morta di soli ventisei anni, come alcuni credono, avvelenata dagli invidiosi, a quell' età aveva già dipinti molti quadri e fatte parecchie opere di intaglio, tra le quali quattro stampe sono sì belle, che non hanno invidia a quelle de' migliori maestri; ed oggi ancora sono stimate e cercate con gran desiderio dagli amatori. Rispetto alla cagione, tornando alla quistione della signorina, rispetto alla cagione, perchè sieno così numerose le donne pittrici, o comechessia artiste, veramente io non la saprei indovinare; ma, volendo pur dir qualche cosa, io come io mi pare doversene attribuir la cagione a questo, che la pittura e le altre arti affini, lo quali sono imitative, vogliono, ordinariamente parlando, un ingegno pronto e vivace, e non un ingegno profondo ed atto alle speculazioni filosofiche, o alla fredda esattezza delle matematiche. Ora le donne per prontezza o per acutezza d' ingegno vincono spesso gli uomini, e per natura, e per educazione sono alieno dallo scienze speculative, salvo cari rarissimi, raccontati anche qui in questa, sala: e però, volendo esso ingegno manifestare in qualche maniera, si volge là dove più trova dell' attrattivo, o quivi si posa come in suo luogo, e fruttifica maravigliosamente. Che la pittura, la scultura e l'intaglio si possano coltivare con gran lode, senza bisogno di gravi studj speculativi o scientifici, Si mostra con l' esempio di molti eccellenti maestri, i quali furono idioti o poco meno. Io non voglio troppo distendermi in questo argomento per non urtar nessuno; ma, tornando alle donne, farò loro notare, che ninna di esse ne abbiamo veduta o ne vedremo eccellenti in architettura. Perchè? perchè l' architetto, per essere eccellente, bisogna che faccia molti e molti studj aridi e uggiosi, ai quali le donne malagevolmente danno; perchè insomma all'architettura non basta il solo ingegno.... Ma voglio aver detto abbastanza che il dir di più. in questa materia si disdirebbe al luogo e alla occasione presente." Quella signorina, che aveva mosso la questione, si appagò del modo col quale il maestro l' aveva sciolta. Allora venne fuori un' altra, e domandò: "Signor maestro, le dispiacerebbe di chiarirmi un dubbio? "Volentieri, dica pure. "Ho udito che ella, volendo significare il suo pensiero circa alla cagione, perchè ci sono state tante donne pittrici, ha detto io come io, mi pare. Non dubito punto che ella abbia detto uno sproposito; ma, insegnandoci la grammatica che si abbia a dire a me pare; ed avendo anche sentito mettere in canzonella uno che scrisse, come ella ha detto io mi pare; non so che pensarmi, ed a lei ne domando. "Veramente, rispose il maestro avrei parlato con maggiore proprietà se avessi detto a me come a me pare, oppure con pleonasmo dell' uso nostro, a me come a me mi pare. Tuttavia nel linguaggio familiare si pu� dir come ho detto io, perchè comporta l' uso, perchè si trova usato dai classici, e perchè non è assolutamente contro ragione. Vediamolo. Che è nell' uso non c' è bisogno di dimostrarlo; che è stato usato dagli antichi scrittori, bastino i seguenti esempi: primo quello famoso di Giovanni Villani, il quale comincia la sua Cronica appunto così: Io Giovanni Villani, cittadino fiorentino, mi pare di scrivere, ecc., l' altro quello del Sacchetti il quale nella novella 23, scrive: Io, sconcacato par d'essere a me, chè voi siete vestiti che parete d' oro. E tal costrutto non è, com' io diceva, contrario nemmeno alla ragione grammaticale; perchè si vede chiaro che si vuole, da chi parla o scrive così, mettere nel primo caso il soggetto della proposizione, supplendo poi alla costruzione del verbo parere col ripetere la particella pronominale nel caso che esso richiede e come facevano nel caso del verbo parere, così lo facevano nel caso di altri costrutti, per modo che lo stesso gentilissimo Petrarca, incominciò il Canzoniere con un Voi che pare stia in aria, non avendo egli ripetuto, come soleva farsi, o il pronome, o la particella, scrivendo: "Voi che ascoltate in rime sparse il suono, ecc., spero trovar piet�; che poteva dire più compiutamente spero da voi trovar pietà. Ed il medesimo Chiabrera scriveva con tutta gentilezza: "Ed io co' cigni del Sebeto e d' Arno, E del gran Po, ma da lontano, inchino, Grazia mi fia; sol che ne senta il canto." Ha inteso bene? "Sì, signore, rispose la signorina." "Anche tutte le altre hanno inteso?" E tutte in coro risposero di sì. Anzi un' altra mostrò desiderio di sentir parlare anche di quegli altri costrutti rammentati dal maestro; il quale promise che ne parlerebbe altra volta, essendo ormai troppo tardi.

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