Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Fisiologia del piacere

170672
Mantegazza, Paolo 5 occorrenze
  • 1954
  • Bietti
  • Milano
  • Paraletteratura - Divulgazione
  • UNICT
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L'uomo egoista si riduce ad amare gli oggetti, perchè questi riflettono benissimo la sua immagine, perchè non tradiscono e non abbandonano, e perchè non elevano mai pretesa alcuna di gratitudine, nè domandano mai da noi il menomo sacrifizio. Il vecchio, che per natura è sempre alquanto egoista, ama spesso le cose più che gli uomini.

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Per alcuni questo piacere diventa un vero bisogno, ed essi vi si abbandonano compromettendo altamente la loro dignità. In questa gioia entra sempre una dose più o meno grande di malignità, o di quell'odio diluito di cui abbiamo parlato a proposito del piacere di far dispetti. Un altro elemento costante di questi piaceri è l'esercizio del pensiero che immagina la fandonia, ciò che in alcuni individui costituisce quasi l'unica sorgente di gioia. Essi diventano allora artisti della frottola, che si propongono con le loro invenzioni di far bere il più grosso possibile al maggior numero di individui.

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In generale, gli ingenui e i generosi si abbandonano al riso con maggior trasporto che gli egoisti, i quali ridono sempre in modo disarmonico. Vi sono poi risi cavernosi e squillanti, vibranti e muti, economici e generosi. Il riso sardonico colle sue varietà è sempre morboso, e invece di rallegrarci ci agghiaccia. Il riso produce effetti meccanici, ma esercita pure una influenza morale. Se siamo appena in uno stato di mediocre buon umore, entriamo facilmente, e al minimo invito, a far parte di un concerto di riso. Più d'una volta la scarica suscitata da una causa frivola, o anche dal semplice solletico, continua spontanea per qualche tempo; sia che ridiamo di noi stessi per aver riso tanto facilmente, sia che non ci riesca possibile di frenare ad un tratto la corrente nervosa. In ogni modo pare che una buona risata sia una vera reazione della macchina cerebrale per facilitarne i movimenti. Qualche volta un riso provocato ad arte interrompe una triste meditazione, ci lascia sbalorditi, e non trovando più il sentiero nel quale ci stavamo inoltrando, difficilmente si riannodano i tristi pensieri, e ci si avvia per un sentiero più lieto. L'accelerare il respiro a bocca socchiusa può essere un sintomo di piacere, e, in generale, esprime una straordinaria voluttà, o la sovrabbondanza di un soave sentimento. Esso ristabilisce lentamente l'equilibrio, scaricando a poco a poco la soverchia tensione, nello stesso modo che il riso produce questo effetto in modo improvviso. La fisonomia di uno stesso piacere è diversa secondo la costituzione individuate, l'età, il sesso e le altre condizioni congenite o accidentali che possono modificare il nostro modo di sentire. Gli individui nervosi e irritabili sentono intensamente ed esprimono il piacere con maggiore espansività degli uomini di sensi ottusi. I loro nervi oscillano alle minime eccitazioni, e si deliziano al microcosmo dei piaceri, che, per moltissimi individui rimane sempre chiuso. La loro mimica però è molte volte esagerata, e così esprimono, senza volerlo, più di quello che sentono. Vi sono a questo riguardo condizioni che non permettono molte volte di indovinare dai tratti del viso il grado di piacere che prova un dato individuo. Così alcuni non ridono quasi mai, senza che per questo siano infelici o insensibili; mentre alcune donnicciuole leggere ridono rumorosamente al volar di una mosca, senza essere di nervi molto delcati. La donna in generale è dotata di maggior quantità di forza nervosa. È per ciò che la fisonomia dei piaceri è più vivace e più ricca nella donna che nell'uomo. L'estrema suscettibilità del sistema nervoso nella donna la rende facilissima al pianto e al riso, e i crepuscoli di un dolore che tramonta si confondono spesso in lei coi primi albori di un piacere che nasce. L'età della fanciullezza ci dispone ad esprimere in tutta la sua pura serenità il riso franco ed espansivo. Nella giovinezza rappresentiamo meglio nel nostro volto le gioie burrascose; nell'età adulta esprimiamo nella calma più maestosa i piaceri della sodisfazione, mentre nessuno può meglio di un vecchio indicare con un intelligente sorriso le calme gioie dell'intelletto e la tiepida soavità delle reminiscenze. I popoli meridionali sono più espansivi di quelli del nord, per cui, esprimendo uno stesso piacere, sono più vivi e più rumorosi, rassomigliando in questo alle donne e ai giovani. L'Italiano allegro canto e balla e grida, mentre l'Inglese beve sorridendo la sua tazza di birra. Il primo ha già ristabilito l'equilibrio nel suo sistema nervoso con una solenne risata; il secondo invece comincia appena a scaricarsi della sua gioia con un freddo sorriso.

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Così l'unione di due esseri, che si trovano nell'oscurità senza conoscersi, e che si abbandonano a vicenda i loro corpi, è un fatto semplicissimo, nel quale non entra esclusivamente che l'istinto del sesso. Ma il più delle volte non è così. La tendenza vaga di avvicinarsi all'altro sesso ci rende avidi di vedere e di conoscere, e se ci incontriamo in un essere che appaga in noi anche il sentimento del bello, solo o anche apparentemente associato al vero e al buono, i nostri desideri indeterminati si fissano su quell'oggetto, s'infiammano colla massima violenza e producono una passione. Dal desiderio, però, alla sodisfazione del piacere è lungo il cammino: di mezzo sta spesso una lunga serie di alti guai e di gioie deliziose, che spettano al sentimento e all'intelletto. Volendo ridurre però a poche parole tutti i fenomeni che precedono la voluttà, si può dire che la natura ha incaricato la donna di eludere per qualche tempo l'attacco, ciò che rende tanto più cara la vittoria, quanto è più aspra e lunga la lotta. La donna del selvaggio, inseguita dall'uomo, fugge e si nasconde, mentre la giovine donzella europea coll'armi del pudore irrita ed esalta al massimo grado gli ardenti desideri dell'amante, al quale non concede la palma che dopo prolungate prove. Le complicazioni poi arrecate a questo fatto, da me di proposito semplificato, sono infinite, e provengono da tutte le passioni grandi e piccole che fanno battere il cuore umano alla gioia e al dolore. La parte puramente fisica del piacer d'amore è ricchissima di delizie, e si può dividere nelle gioie che precedono, e in quelle che accompagnano il congiungimento dei sessi. Quasi tutti questi piaceri spettano al senso del tatto, pochi alla vista e all'udito, nessuno agli altri due sensi. Il solo avvicinarsi e toccarsi di due persone che si amano induce tutti i nervi sensitivi del tatto in uno stato di eretismo o di iperstenia. I contatti più indifferenti sotto altre circostanze, riescono fonte di piacere; la pelle si fa calda, le labbra divengono tremanti, per cui le parole escono interrotte, la respirazione aumenta di attività, il cuore accelera le sue pulsazioni, e dal petto anelante escono lunghi e rari sospiri. In questi momenti, nei quali l'intelletto tace interamente e il sentimento non ragiona, tutta l'attività vitale, portata ad un grado di estrema tensione, si concentra nel senso del tatto. Allora quasi involontariamente le parti più sensibili del corpo si cercano a vicenda e si trovano. Le mani si stringono; le labbra si incontrano, si scambiano, coll'alito infuocato, dei baci ardenti ,e si tengono pressate le une sulle altre a lungo; le molli lingue si toccano spesso, rimandandosi torrenti di voluttà. L'organismo si trova tutto in uno stato di grande perturbamento, e i brividi ripetuti e i sussulti indicano in quale stato di tensione si trovi tutto il sistema nervoso. Gli occhi sono per lo più languidi e socchiusi, onde non distrarre colle immagini degli oggetti esteriori la coscienza tutta intenta a raccogliere i fremiti deliziosi che arrivano da tutte le parti del corpo... Rispettiamo col silenzio il mistero di questo momento solenne, nel quale il senso del tatto pare si concentrj in un sol punto del corpo, e nel quale i piaceri minori non vengono più percepiti, perchè sopraffatti dalla nuova sensazione che in sè li abbraccia e comprende. Il mistero si consuma, e il piacere, irradiando a torrenti dai genitali per tutta la vasta rete dei nervi sensori, effonde tale e tanta voluttà, che infrangerebbe la debole creatura umana, se dovesse durare molto a lungo. In questo breve momento la mente non palesa che pochissime tracce di vita con parole interrotte, che per lo più consistono in esclamazioni inframmezzate da sospiri o da gridi: talvolta è talmente conturbata che si ha un incomposto delirio, e l'uomo sembra colpito da un vero accesso convulsivo. Il riso è rarissimo e piuttosto la faccia si atteggia ad un sorriso prolungato e tremante. La espirazione interrotta a piccolissimi intervalli, quasi rassomiglia a un fremito; più volte la glottide si stringe e l'inspirazione riesce quasi sibilante. La fonte di tanta voluttà non può provenire che dalla struttura particolare dei nervi sensori degli organi genitali e dei loro centri nervosi, ma al punto in cui sono le nostre conoscenze non possiamo nulla affermare di positivo. L'azione è per se stessa semplicissima, e non consiste che nel contatto e nello sfregamento reciproco di due parti sensibili. Il fenomeno essenziale della copula, che sta nella polluzione, è prodotto dalla contrazione spasmodica delle vescichette, la quale avviene nello stato del massimo estro venereo. L'uomo può, fino a un certo punto, prolungare l'azione e modificarne la forma, ma negli ultimi istanti la natura sola si incarica dell'atto fondamentale del fenomeno, e l'ejaculazione avviene senza l'influenza della volontà. Nella copula i due sessi si comportano in modo diverso, quanto all'attività colla quale vi partecipano. La donna è quasi del tutto passiva, e può compier l'atto senza coscienza, e quindi senza piacere, mentre l'uomo ha bisogno di tutta la sua energia. Più d'una volta avviene che un importuno pensiero, il timore, l'immagine di qualche oggetto disgustoso, od altre cause consimili, rendano ad un tratto impotente l'uomo il più valido. alle lotte d'amore, ed esso deve rinunciare ad una battaglia già iniziata. In questi casi vien sottratta ai genitali una parte dell'eretismo nervoso nel quale si trovano, e questi sono istantaneamente colpiti dalla più inesorabile impotenza.

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Difatti, nei paesi caldi, dove la natura si mostra in tutto il suo lusso e la pompa della sua rigogliosità, gli uomini si abbandonano con maggior violenza alla copula, e sono dotati anche di un apparato genitale molto valido. Ma siccome in questi paesi l'eccessivo calore obbliga molto a rinunciare quasi affatto ai vestiti che ci difendono dagli agenti esterni, la sensibilità riesce minore; tanto più che agli ardenti trasporti dell'organismo mancano le infinite delicatezze imbastite dalla civiltà. Nei paesi freddi, invece, i sensi hanno desideri meno vivi, ma l'asprezza della temperatura ravvicina gli individui, e fa quindi entrare nei piaceri venerei, come elemento capitale di voluttà, anche il contatto dei corpi, e il piacevole contrasto del tepore ospitale della casa coll'aria fredda che ne lambe le mura. Si può quindi dire che anche in questo la natura si mostra provvida e giusta dispensatrice di gioie. L'Africano, di temperamento erotico, ha la pelle poco sensibile e l'intelletto ottuso, per cui gode con maggior violenza del solo piacere fondamentale della copula; mentre il freddo Svedese, nei suoi mollissimi letti, gode a dovizia le delicate gioie, che, a guisa di ornamenti splendidissimi, precedono ed accompagnano le lotte dell'amore. Guai se ad un uomo nato sotto i tropici fossero concessi la lucida intelligenza e lo squisito sentire dell'Europeo! Egli morrebbe affranto dall'eccesso della voluttà. Ma ciò vale soltanto per gli indigeni della zona torrida: l'Europeo, stabilito o nato in essa, si trova in una condizione sfavorevole all'esercizio della riproduttività perchè da una parte è invitato dall'ozio, dalla mollezza del clima e da molte altre circostanze a godere con maggior trasporto di questi piaceri; mentre dall'altra le sue forze sono più fiacche e men presto reintegrate. È questa una delle cause meno avvertite, e pur principalissima, della diversa mortalità delle varie zone del globo. Lo stesso Europeo in una regione fredda è più forte in amore e meno invitato a godere; mentre sotto il tropico si sente più debole e pur trascinato con maggior prepotenza a cedere a un piacere che ancor più lo fiacca. Le stagioni esercitano sopra questi piaceri la stessa influenza dei climi. Quantunque la vita dell'umanità attraverso i secoli presenti nei caratteri fisici e morali alcune modificazioni che si trasmettono sulle generazioni, pure queste modificazioni sono tanto meno marcate quanto più importante e fondamentale è la facoltà che si modifica. Così, io ritengo che la facoltà di generare sia una di quelle serbatesi più integre frammezzo alla trafila delle generazioni; perchè, essendo segnata dalla natura come la più importante fra quelle di ordine organico, ha limiti più definiti e mal si piega agli urti delle potenze esterne. Per rimanere però nell'elemento del piacere che deriva dall'esercizio di questa funzione, si può affermare, che esso può essere stato più intenso nell'infanzia dell'umanità, ma che ora deve essere più delicato e multiforme. L'amplesso dei primi uomini nudi, sul nudo terreno, sarà stato violento, ma certamente non può essere paragonato ai palpiti che si spengono fra le tiepidi coltri di mollissime piume. D'altronde l'esercizio di una facoltà tende a perfezionarla, e l'individuo, reso in questa parte migliore, lascia coll'eredità naturale alla nuova generazione una potenza più raffinata e più sviluppata. Ma sebbene pochissima parte di tal miglioramento si risenta in questo modo nascendo, pure attraverso il corso di lunghi secoli un'influenza deve pur essere stata avvertita anche nell'esercizio delle facoltà più fondamentali. Nei diversi tempi poi i piaceri del sesso furono tanto più squisiti quanto più furono coltivati, e quando le nazioni, deposta la spada, si riposarono sui loro allori, e non ebbero svago sufficiente nell'esercizio delle arti e nello studio delle lettere e delle scienze, non trovarono aperti che i facili campi dei piaceri del sesso, e vi si gettarono con avida brama, arrivando a godere forme inusitate e riprovevoli di voluttà, come la storia ce ne presenta moltissimi esempi. Tulle queste circostanze valgono a modificare la massa complessiva dei piaceri venerei della vita di un individuo e di una intera generazione; ma vi sono infiniti altri elementi che agiscono sopra ogni singolo piacere, e che tendono a variarlo di grado e di natura entro confini molto estesi. I piaceri sono tanto più vivi quanto più spontaneo è il desiderio che ci induce a goderli, e quindi quanto più è vero il bisogno fisico. I piaceri che seguono una velleità o un capriccio passeggero sono assai meno vivi di quelli che soli approva la natura, e che sorgono in un corpo casto e robusto. Nelle circostanze sociali, in cui vivono gli Europei, l'ora più propizia a questi piaceri è quella che segue il primo risvegliarsi, al mattino. Nella notte la vita dell'intelletto e del sentimento riposa quasi interamente a vantaggio della nutrizione in generale, per cui appena svegliati ci troviamo nelle condizioni più favorevoli per spendere tante forza, quanta è necessaria nell'atto della copula. D'altronde anche gli organi genitali, per la posizione nella quale dormiamo, per blando tepore delle coltri, per eventuali contatti voluttuosi, si trovano in uno stato molto favorevole alle sensazioni di questi piaceri.

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Come presentarmi in società

199875
Erminia Vescovi 1 occorrenze
  • 1954
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E allora nasce l'imitazione, più a buon mercato, che consente anche a questi di cavarsi la loro voglia, mentre i ricchi abbandonano allora la prima foggia che decade di prezzo «e diviene accessibile anche alle persone quasi povere, le quali perciò vengono messe a parte di piaceri, da cui, per le variazioni della moda, resterebbero escluse». E qui è il punto vulnerabile dal lato morale, perchè la voglia di questi cosidetti piaceri è stimolo troppo frequente, nelle classi umili, a errori d'ogni sorta. Basta guardarsi attorno, ai tempi nostri, per vederlo. Conclude però saggiamente che la moda, presentandosi sotto diverse forme, eccita anche svariate invenzioni, e dà stimolo a intelletti che forse resterebbero inattivi. E aggiunge che non è vero che la moda sia causa di corruzione, anzi afferma che le epoche più corrotte sono anche le più rozze. Discuter su questo, sarebbe veramente uscir dal limite del nostro argomento. Basti quanto s'è detto qui, per affermare i diritti di benemerenza della volubile dea. Ma quando essa si fa complice di scostumatezza, quando si oppone alle leggi dell'igiene, allora chi ha senno e decoro si dichiara indipendente dal giogo tirannico. Ora, per esempio, siamo nel regno delle gonnelle corte. E fu una benefica e salutare riforma quella che liberò le signore dal fastidio di reggersi continuamente il lembo e di tornar a casa, ciò nonostante, quasi sempre impolverate e inzaccherate. Ma dalla caviglia si andò sempre più in su, a mostrar gli stinchi e i polpacci, e talvolta si mostrano allegramente le ginocchia. Ciò è esagerato e indecoroso: senza contare che è penoso vedere come troppe donne, sorde agli ammonimenti del decoro, della religione, dell'estetica, del buon senso, siano pronte ad obbedire ciecamente solo alla moda. Lasciamo ora andar l'eterno argomento in quanto riguarda il sesso femminile, e veniamo al sesso maschile. Anche l'uomo serio e ben educato sceglie e adatta opportunamente i suoi vestiti. L'abito a giacchetta, scuro d'inverno, e nell'estate anche a tinte più chiare, è presentemente il più usato nelle ore della mattina e del pomeriggio, per recarsi all'ufficio e per attendere comunque ai propri interessi. Ed è anche quello che si tiene per casa, giacché solo un malato o un vecchio possono indossare fuor di camera la veste da camera o il pigiama che ora tanto è di moda. A pranzo, in famiglia, il vestire maschile sarà press'a poco lo stesso che si usa per fuori; scorrettissimo lo stare in maniche di camicia, compatibile solo in campagna, nei grandi calori, ben inteso. Ai pranzi di lusso o ufficiali è di rigore l'abito nero, marsina o frac, cravatta bianca, guanti chiari, panciotto bianco. Molto si usa adesso anche il tosi detto smoking che è una via di mezzo tra l'abito di gran gala e l'abito di confidenza: si usa però solo nelle riunioni della sera e per i pranzi. In visita ufficiale a una signora, il gentiluomo indosserà l'abito scuro, cravatta assortita al tono del vestito. Ai thè o ricevimenti pomeridiani, si usa press'a poco lo stesso vestiario, adattandolo alla riunione, secondo che è più o meno familiare, più o meno aristocratica. In campagna, nelle gite, l'uomo, specialmente giovane, starà bene col costume sportivo, e potrà anche permettersi abiti un po' singolari, di velluto scuro, di flanella bianca, di stoffe fantasia. Ma non mai a pranzo, nemmeno nell'intimità. Soltanto, se prima di partire per qualche gita si fa una colazione, è lecito che si presenti come richiede la libertà dell'aria aperta e la comodità dell'escursione che si sta per intraprendere. L'uomo che segue tutte le mode, che si adorna effemminatamente, che si profuma e si pettina artificiosamente, che si carica le dita di anelli, dimostra cervello meschino e riesce assai disgustoso. Ma ci sono anche uomini, e talvolta di gran merito, che cadono nell'eccesso opposto. Sono quelli che escono di casa male abbottonati, che buttano il soprabito sulle spalle invece d'infilarlo, che sono nemici mortali dei guanti. E il cappello! Talvolta se lo caccian sino agli occhi, e danno l'impressione del malumore e della scontrosaggine; talvolta se lo lasciano andar sulla nuca, e fanno l'effetto di goffi e sbadati. Se poi lo lascian pendere sull'orecchio, corrono il rischio d'essere, e proprio senza colpa, giudicati per arroganti e pretenziosi. L'ombrello non va tenuto obliquo sotto braccio... Ognuno sa poi quanta importanza abbia la calzatura ai tempi nostri, in cui l'eleganza e la varietà sono diventate una vera mania. Chi ha i mezzi di concedersi scarpine finissime e calze di seta, faccia pure; sarà un complemento necessario, badi almeno che la calzatura sia pulitissima, ben tenuta, e non dia nell'occhio per colori vistosi o singolarità di cattivo gusto. Regole speciali sono prescritte per le vesti da lutto, a seconda del grado di parentela, del paese, delle circostanze. E' vero che ora tali regole par si vadano rilassando, e per motivi che non fanno punto onore al cuore umano: tuttavia, eccole quali sono nell'uso più comunemente osservato. Per le vedove il lutto dura due anni; e il primo anno, o almeno i primi sei mesi, si può portare con velo o crespo. L'abito di semplice lana guarnito di crespo o liscio; il soprabito di panno nero. La pelliccia anche di colore non rompe il lutto. Nel secondo anno si ammette qualche guarnizione sul vestito e si toglie il crespo. Verso la fine dell'anno, comincia ad essere ammessa qualche lieve guarnizione bianca, grigia o violacea, che segna poi il passaggio al così detto mezzo lutto. Allora predomina il grigio con guarnizioni nere, il viola e il lilla, ed è anche ammesso il bianco, ma con qualche accenno al nero. Se però la vedova si rimarita prima, tronca il lutto e veste come le piace. Per i genitori il lutto grave è di sei mesi, indi il mezzo lutto, e così per i suoceri. Per i nonni sei mesi tra lutto grave e mezzo lutto, e così per i fratelli e i cognati; per gli zii quaranta giorni di lutto grave, pei cugini sei settimane di mezzo lutto. Tali sono le regole generalmente osservate nell'alta Italia. Ma nell'Italia meridionale i lutti si prolungano molto più, e quello delle vedove dura spesso tutta la vita. E siccome tali dimostrazioni non sono esteriori soltanto, ma corrispondono a una reale condizione dell'animo, dobbiamo farne la debita stima. Come s'è detto sopra, si tende però ora generalmente ad abbreviare o a sopprimere addirittura il lutto, specialmente per parenti che non vivevano nella stessa città. Dai parenti da cui si eredita, siano essi anche lontanissimi prozii o cugini, è obbligo il lutto. E aggiungo un'avvertenza che veramente dovrebbe suonare umiliazione per chi sente di doversela applicare. Il lutto indica un sacro dolore, un senso di rispetto e di rimpianto per l'estinto. Non profaniamoli dunque con fogge vistose, con mode sconvenienti. Le signore sovraccariche di perle nere, di vezzi cascanti, quelle che fanno ondeggiare il loro velo su una gonna che mostra i polpacci, quelle che al severo emblema del dolore uniscono le scollacciature e le sbracciature, o mal nascondono le carni sotto veli trasparenti, abbiano piuttosto la franchezza di smetterlo, e di non presentare lo spettacolo di una vanità vergognosa, unita all'assenza di sentimento e di decenza. Per gli uomini, il gran lutto è il vestito tutto nero; ma molti ora usano semplicemente il crespo al cappello o al braccio. Non si può dar una regola assoluta, ed è meglio prender norma dalle circostanze.

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