Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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ALLA CONQUISTA DI UN IMPERO

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Salgari, Emilio 1 occorrenze

Terminate alcune preghiere abbandonano quelle pietre sul luogo onde altre donne che non le posseggono se ne possano servire. Se per caso sulle rive non trovano alcuna pianta di arisci o di margosano, portano con loro alcuni rami di quegli alberi e li piantano da una parte e dall'altra del lingam, in modo da formare una specie di baldacchino. L'arisci, per le donne indiane viene riguardato come il maschio ed il margosano come la femmina, quindi raccolgono più rami dell'uno o dell'altro secondo il desiderio dei loro mariti. Sandokan vedendo giungere le prime schiere di donne, chiamò i suoi cacciatori onde non disturbare quelle cerimonie e, guidato da Bindar, s'avviò verso la grande pagoda dove sperava di trovare il misterioso fakiro che aveva rapita Surama. Attraversati alcuni boschetti di fichi baniani e di cassie latifoglie, che somministrano agli indù dei fiori molto carnosi e assai nutrienti, si trovarono improvvisamente dinanzi al vasto piazzale che si estendeva intorno alle gradinate della pagoda. Bindar che precedeva sempre la truppa, aveva subito fatto un salto indietro. - Che cos'hai? - aveva subito chiesto Sandokan. - Lui! - Chi lui? - Il gussain! - Sandokan si volse verso il malese di Surama mostrandogli il fakiro. - Padrone! - esclamò il malese. - Lo vedi quel fakiro che ha un braccio rigido? - Il birbante! - Lo riconosci? - Sì, è quello che è venuto nel palazzo a levare il mal occhio. - Non t'inganni? - No, padrone: è proprio lui. Ecco la cicatrice che gli sfregia la fronte. - Va bene: siamo su una buona pista. - Il gussain Tantia si trovava seduto sui gradini dell'entrata principale della pagoda, tenendo in mano una conchiglia del genere dei corni d'Ammone, simile alla famosa pietra di Salagraman, piena di latte, che doveva, secondo il rito, essere stato prima versato sul lingam, per poterlo efficacemente offrire ai moribondi, onde potessero rendersi degni di godere le delizie del cailasson, ossia del paradiso indiano. Intorno a lui sonnecchiavano dieci o dodici altri fakiri che appartenevano però alla classe dei saniassi, pessimi individui più dediti al brigantaggio che alle pratiche religiose e che sono assai temuti da tutti gli indiani. Ed infatti oltre le lunghe barbe che davano loro un aspetto ripugnante, ai lunghissimi capelli che da anni non dovevano aver conosciuto l'uso del pettine e che erano imbrattati di fango rossastro, per farsi maggiormente temere, avevano a fianco dei nodosi bastoni. - Sono quelli i suoi protettori? - chiese Sandokan con profondo disprezzo, volgendosi verso Bindar. - Sì, sahib. - Bella scorta! - Guardati, perché sono cattivi e nell'istesso tempo molto rispettati. - Mi degnerò appena di prenderli a calci. Sarebbe troppo onore per loro, se mi servissi della carabina o della scimitarra. Accampiamoci sotto l'ombra fresca di questo superbo pipal e tu malese mio cerca di non farti vedere dal fakiro. Potrebbe riconoscerti ancora. - Sì, padrone - rispose il pirata, sdraiandosi dietro ai suoi compagni. - Ed ora, giacché abbiamo portato con noi delle provviste, facciamo colazione, - disse Tremal-Naik. Senza preoccuparsi delle donne che entravano in gran numero nella pagoda e che si facevano dare dal fakiro alcune gocce di latte che mettevano religiosamente entro delle microscopiche ampolle, per serbarle probabilmente pei loro mariti o congiunti, trassero le provviste, che i malesi, sempre prudenti perché abituati alle lunghe spedizioni, avevano rinchiuse in sacchetti di tela e consistenti in carne fredda, biscotti e bottiglie di arak. Il fakiro pareva non si fosse accorto affatto della presenza di quel drappello che bivaccava sotto le piante. Continuava a vendere il suo latte, mentre i suoi protettori dormivano al sole, certi di dividere una buona giornata. Terminato il pasto, i malesi ed i loro capi, si misero a fumare, aspettando impazientemente il momento d'impadronirsi del fakiro. Non fu però che verso il tramonto che Tantia lasciò i gradini della pagoda, coll'evidente intenzione di tornarsene in città. I saniassi si erano svegliati e armati dei loro bastoni, gli si erano messi alle calcagna impazienti forse di dividere il prezzo della vendita del latte sacro. - In piedi - aveva comandato Sandokan. - Li sorprenderemo sotto le macchie. Tu malese resta indietro, onde non s'accorgano delle nostre intenzioni. - Il drappello si cacciò sotto i fichi baniani, sparando qualche colpo contro i pappagalli che cicalavano rumorosamente ed in grande numero, fra i frondosi rami di quegli splendidi e maestosi alberi. Il fakiro pareva che non avesse anche questa volta prestata alcuna attenzione a quei cacciatori ed aveva continuata la sua via sempre seguìto da quei luridi saniassi. Già aveva percorso quasi mezzo chilometro accostandosi sempre più alla riva, dove aveva certo la sua barca, quando Sandokan e Tremal-Naik, che lo avevano preceduto girando le macchie, gli sbarrarono la via, tenendo le carabine in mano. - Alto, fakiro! - gridò il primo, mentre i malesi si radunavano rapidamente dietro di lui. Tantia li guardò tranquillamente, dicendo: - Non ho più latte da vendere, e poi ai cacciatori non ne do mai. - Si tratta di qualche cosa di più importante del latte, amico, - rispose Sandokan. Questa volta il gussain li guardò sospettosamente. - Che cosa vuoi tu? Non vedi che sono un fakiro? - È bene un fakiro che mi occorre. - Va' a cercarne un altro. - Un altro non saprebbe dirmi quello che voglio sapere da te. - Da me! - esclamò il gussain con inquietudine. - Tu vedi che io sono un pover'uomo che non si occupa che della vendita del latte sacro e del mal occhio. - È appunto perché tu sai togliere le occhiate fatali, che noi abbiamo bisogno di te, - disse Tremal-Naik. - Io non ho tempo in questo momento. Devo tornare in città essendo atteso da un grande personaggio della corte. - Quello aspetterà - disse Sandokan con tono minaccioso. - Congeda la tua scorta e vieni con noi. - Io non vado mai solo. - Basta fakiro! Obbedisci! - I saniassi vedendo che la faccenda prendeva una brutta piega, impugnarono i loro randelli e si misero dinanzi al gussain urlando a squarciagola: - Largo, canaglie! - Sandokan si volse verso i malesi dicendo: - Spazzate questi furfanti! - Non aveva ancora terminato il comando che i pirati, guidati da Kammamuri e da Bindar, si erano scagliati, impugnando le carabine per la canna onde servirsene come mazze. I saniassi lasciarono andare alcune randellate, poi scapparono come lepri in tutte le direzioni lasciando lì il loro protetto. - Ora briccone, - disse Sandokan, scrollando bruscamente il disgraziato fakiro - verrai con noi. - Non mi uccidete! - balbettò il povero diavolo terrorizzato. - Non saprei che cosa farne della tua pelle, - rispose Sandokan. - Non sarebbe buona nemmeno per fabbricare un tumburà. È la tua lingua che mi occorre. - Vuoi strapparmela, signore! - strillò il gussain tremando. - Allora non parlerebbe più mentre noi abbiamo bisogno invece che canti e molto alto. Cammina e basta. - Dove volete condurmi? - Lo saprai più tardi. - Bada che io ho il potere di gettare il mal occhio. - Finiscila, cialtrone! - disse Tremal-Naik. - Già i tuoi saniassi non torneranno a liberarti. Avanti! - I malesi si presero in mezzo il gussain e lo spinsero verso la riva che era poco lontana. La notte era già calata, quando il drappello giunse dinanzi alla bangle, la quale era nascosta fra i canneti. - Nulla di sospetto? - chiese Sandokan ai due dayachi che erano rimasti a bordo. - No, padrone, - risposero ad una voce. - Imbarchiamoci e torniamo presto. Io non so che cosa sia, eppure non sono tranquillo questa sera. - Che cosa temi? - chiese Tremal-Naik, mettendo piede sul ponte. - Finora tutto è andato bene. - Eppure vorrei già essere nella pagoda sotterranea. - Infatti tu mi sembri irrequieto. - È il rapimento di Surama che mi ha tolto la mia solita tranquillità, - rispose Sandokan. - Io non cesso dal chiedermi perché l'hanno portata via. - Il fakiro è nelle nostre mani e ce lo dirà. - In quel momento due detonazioni ruppero il silenzio che regnava sul fiume, rumoreggiando sinistramente sotto le folte boscaglie che si prolungavano lungo le rive. Sandokan aveva spiccato un salto. - Le carabine dei miei uomini! - aveva esclamato. - Amici, preparatevi al combattimento! -

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