Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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I CORSARI DELLE BERMUDE

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Salgari, Emilio 1 occorrenze

La flottiglia dà di volta, abbandonando i disgraziati alla loro sorte, per non compromettere l'esito della spedizione, poiché la guerra ha le sue crudeli esigenze, e si dirige rapidamente verso la riva per mettersi al coperto dai tiri della corvetta. Hurrà fragorosi, lanciati dagli americani, salutano la splendida difesa dei corsari la cui nave continua a sparare, tirando ora verso i forti di Boston, ora verso la foce del fiume per impedire un nuovo tentativo. Non era però una vittoria definitiva. Il generale Howe, accortosi del pericolo, chiama nuovi rinforzi, fa sbarcare le sue genti alla foce e rinunciando, per il momento, all'idea d'impadronirsi dei due ridotti, attacca risolutamente la bastita. Gli assiani ed i brunswickesi, furibondi per quella prima batosta e sapendo che i loro compagni hanno cacciato i nemici da Charlestown, dànno un assalto formidabile. Incoraggiati dalle grida degl'inglesi, i quali ormai hanno occupato il ridotto di Bunker's Hill, ed aiutati da uno stuolo di fanti leggeri, si fanno sempre innanzi, gelosi della vittoria dei loro compagni. Le baionette, temute dagli americani, hanno finalmente ragione sui calci dei fucili e le truppe mercenarie entrano nella bastita, pur subendo perdite gravissime. Anche in quella parte i generali americani fanno suonare la ritirata e le bande provinciali, dopo un'ultima scarica, si ritirano con un ordine così perfetto, che nessuno si sarebbe aspettato da parte di soldati raccogliticci e che combattevano per la prima volta. La battaglia era perduta per le truppe federali, ma non era stata nemmeno per gl'inglesi una vera vittoria, poiché se erano riusciti ad espugnare la altura di Bunker's Hill, non si erano impadroniti di quella di Breed's Hill. Gli americani non erano ancora giunti alla fine delle loro disgrazie. Una sola via era rimasta loro per ritirarsi, quella serpeggiante attraverso la penisola di Charlestown, dove gl'inglesi avevano collocata una grossa fregata. Per di più il nemico li incalzava alle spalle colla speranza di sbaragliarli prima che riuscissero a mettersi in salvo. Gli americani, peraltro, passando attraverso i boschetti che coprivano le coste dell'istmo, non soffrivano gran danno dalle bordate della fregata e dalle due batterie galleggianti che la spalleggiavano. Anima della ritirata era il dottor Warren, un uomo che avrebbe potuto competere anche con Washington in fatto di arte guerresca. Infaticabile, malgrado la rotta, non cessava di raccogliere i ritardatari, gridando loro con voce stentorea: - Ricordatevi delle nostre insegne: esse portano da una parte il motto: Appello al cielo e dall'altra: Qui sustulit sustinet, - ciò che voleva significare che la Provvidenza, la quale aveva condotto in salvo i loro antenati in mezzo a tanti pericoli, avrebbe provveduto a salvare i loro pronipoti. Non doveva però sopravvivere quel valoroso a così triste giornata. Un ufficiale dell'avanguardia inglese, che lo aveva riconosciuto, strappò ad un granatiere l'archibugio appena caricato, prese la mira e con un colpo ben aggiustato lo colpì in mezzo al petto fulminandolo. La ritirata degli americani si effettuava rapidissima. Alle otto di sera gl'inglesi bivaccavano sulla posizione conquistata, cantando a squarciagola l'inno inglese, mentre gli americani, vinti sì, ma non disfatti, ripiegavano verso le rive della Mistica, mettendosi sotto la protezione della corvetta, i cui pezzi continuavano a tuonare con grande furia per impedire alle navi nemiche di accostarsi.

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