Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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IL FIGLIO DEL CORSARO ROSSO

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Salgari, Emilio 1 occorrenze

I due cavalieri che erano stati scavalcati, approfittando dei crepacci e delle rocce, si erano rapidamente allontanati, strisciando come serpenti ed abbandonando i loro cavalli moribondi. I loro compagni, trovandosi nell'impossibilità di riprendere la carica e per paura di venire a loro volta smontati, si erano trincerati dietro una roccia, sparando alcuni colpi d'archibugio. Non dovevano essere cattivi bersaglieri, poiché al terzo sparo il bel l'andaluso del fiammingo si rizzò di colpo, mandando un lungo nitrito, sferrò alcuni calci e poi cadde di quarto, tre metri piú innanzi della spaccatura. - Ecco una vera disgrazia, - disse il guascone. - Quell'animale valeva almeno duecento piastre e non potrò piú rimandarlo a S. E. il marchese di Montelimar. È vero che non avevo proprio quest'intenzione. Le sue scuderie sono piú ben fornite delle mie, diamine. Ohé, signor Mendoza, dormite sui vostri allori? - Aspettate un po' e vedrete che cosa sanno fare i filibustieri. Cerco di gettare a terra un uomo ed un cavallo insieme. - E quel cavalleggiero cerca di spaccare la mia testa, - rispose il guascone, gettandosi precipitosamente a terra, mentre il suo feltro, forato da una palla, balzava lontano parecchi passi. - Questa è una vera battaglia! ... - I guasconi sono sempre stati battaglieri, quindi non vi dispiacerà, - disse il fiammingo, colla sua solita calma. - Preferiscono sempre però un corpo a corpo, a colpi di spada. - Fate per ora un corpo a corpo a palle di piombo. - Sono troppo traditrici, perché ammazzano senza nemmeno dire: ohé, guardatevi che vi mando a visitare l'altro mondo. - Già, è un brutto affare. Un colpo d'archibugio aveva interrotto il loro discorso. Il filibustiere aveva fatto fuoco e, come aveva promesso, aveva ammazzato un altro cavallo e l'uomo che gli stava dietro. - Signor Mendoza, - disse l'incorreggibile chiacchierone. Voi siete un tiratore veramente tremendo. - Come il fiammingo è un brabantino, io sono un filibustiere, rispose Mendoza. - Avete ancora delle munizioni? - Tre colpi soli: S. E. il governatore ci ha forniti poco bene. - Forse presentiva che noi li avremmo adoperati contro i suoi armigeri, - rispose il guascone. Una scarica in quel momento partí ed un altro cavallo del governatore, dopo d'aver spiccato un salto, cadde fulminato. - È il mio, - disse il guascone, bestemmiando. - Non valeva la pena di regalarci dei cavalli cosí splendidi, per farli poi massacrare dai suoi cavalleggieri. - Se ci avesse dati dei muli sfiniti, sarebbe stata la medesima cosa. - Signor fiammingo, guardate troppo il vostro archibugio. Sono tutti cosí lenti i brabantini quando devono sparare? - Anch'io aspetto la mia occasione, - rispose l'avventuriero. - Tiriamo insieme dunque: scommetto un doblone, da bersi alla taverna d'El Moro, che io abbatterò un cavallo e due uomini. - Bum! - fece Mendoza. - Altro che bucaniere! ... - Accettato, - rispose il fiammingo. Fecero fuoco contemporaneamente e fu il brabantino che gettò giú un altro cavallo. - Per centomila code del diavolo! - esclamò don Barrejo. - Si vede che i guasconi non sanno tirare che gran colpi di spada. Signor fiammingo, terrò in serbo il doblone per berlo alla vostra salute. Corpo di Belzebú! ... Ecco che la faccenda diventa proprio seria. Gli spagnuoli, furibondi di essere tenuti in iscacco da quei tre terribili avventurieri, sparavano senza posa, tenendosi coricati dietro le sporgenze del terreno. Rispondevano colpo per colpo alle archibugiate del basco, del fiammingo e del guascone, cercando di avanzarsi. Non avevano però fortuna. Sia che un certo panico si fosse manifestato fra di loro; sia che i loro archibugi avessero una portata assai minore, le loro palle passavano sopra le teste degli avventurieri, senza causare alcun danno. Il guascone ed i suoi compagni, ben nascosti dietro ai cavalli, dei quali due non davano piú segno di vita, resistevano con tenacia ammirabile. Ma dopo un quarto d'ora si trovarono tutti tre senza munizioni. Non avevano che le pistole e le spade. - Ladro d'un governatore! - borbottò don Barrejo. - Poteva essere piú generoso. Non ha badato a darmi dei cavalli di valore ed ha economizzato sulle munizioni. Ora verrà il buono. Poi, volgendosi verso i suoi due compagni, disse: - Non usate le pistole che all'ultimo momento e tenetevi pronti a caricare colle spade. - lo non ne ho, - disse il fiammingo. - Caricherete colla sella del vostro cavallo, - disse il guascone. Gli spagnuoli non avevano cessato di avanzarsi. Ben risoluti ad impadronirsi dei tre avventurieri, prendevano però le loro precauzioni, non ignorando ormai d'aver da fare con persone risolute e pronte a qualunque sbaraglio. Strisciavano fra i massi, cercando di non esporsi e scivolavano fra i crepacci. Anche essi dovevano aver lasciati gli archibugi presso i cavalli. Erano cosí pervenuti ad una distanza di una ventina di metri, quando si udirono in aria due sibili acuti. Tutti avevano alzata la testa. - Delle freccie! - aveva esclamato il guascone. - Benissimo! ... Gli spagnuoli dinanzi e gl'indiani in alto. Si stava meglio a Pueblo-Viejo. Sette od otto uomini dalla pelle ramigna, quasi interamente nudi, colle teste adorne di piume variopinte e che tenevano in mano dei lunghi archi, erano comparsi fra le alte rocce del vallone. Non correvano però in aiuto né degli spagnuoli, né degli avventurieri, perché lanciavano i loro pericolosi dardi tanto contro gli uni che contro gli altri. Per essi l'uomo bianco rappresentava il nemico, a qualunque nazione appartenesse. - Don Barrejo, che cosa facciamo? - chiese Mendoza, il quale si era prontamente riparato dietro una sporgenza dell'enorme roccia, insieme al fiammingo. - Carichiamo gli spagnuoli, che sono per ora i piú pericolosi, rispose il guascone. I cavalleggieri, che si trovavano maggiormente esposti alla pioggia di dardi, non avanzavano piú, anzi balzavano a destra ed a sinistra per evitare d'essere colpiti. - Approfittiamone, amici, - disse il guascone. I tre avventurieri balzarono innanzi, scaricando un colpo di pistola ognuno, non volendo rimanere affatto senza munizioni, poi il guascone ed il basco caricarono colle loro draghinasse, urlando ferocemente. Gli spagnuoli che già si trovavano a mal partito in causa delle freccie e che avevano perduto un altro uomo, colpito in pieno petto da una palla di pistola, fuggirono precipitosamente su pel vallone, traendosi dietro i cavalli rimasti vivi. - Io spero di non rivederli piú, - disse il guascone, rifugiandosi precipitosamente dietro la roccia, per non prendersi qualche freccia attraverso il corpo. - Non sono però scappati gl'indiani, - disse il fiammingo. - Non sarà facile a loro di colpirci. Bisognerebbe che girassero il vallone e noi sappiamo quanto è lungo. - Mi pare che si siano divisi, - disse Mendoza. - Alcuni di loro inseguono i cavalleggieri: vedo infatti lassú volare dei dardi. - Cosí affretteranno la loro ritirata, signor basco. - E gli altri assedieranno noi, don Barrejo. - Aspetteremo la notte. - Ed intanto ci ammazzano l'ultimo andaluso! - gridò il fiammingo. Infatti l'ultimo andaluso, colpito da cinque o sei freccie, era caduto addosso agli altri due, nitrendo lamentosamente. - Ah! ... furfanti! ... - gridò il guascone. - Non ne avevano abbastanza della carne qui, senza ammazzarci anche quella povera bestia. - Ci impediscono di fuggire, - disse Mendoza. - Quante piastre perdute! ... - Un migliaio per lo meno, don Barrejo. - Ci rifaremo al saccheggio di Pueblo-Viejo. Per bacco! ... Mi viene una superba idea. - Dite. - Di far pagare questi tre cavalli a quel furfante di taverniere. Se riesco a scovarlo, lo farò urlare come una coyota. Mentre si scambiavano quelle parole, tranquilli come se fossero al sicuro dentro un castello, gl'indiani non cessavano di scagliare freccie e di mandare, di quando in quando, il loro acutissimo urlo di guerra. Sprecavano però inutilmente i loro dardi, poiché i tre avventurieri si guardavano bene dal lasciare l'angolo della roccia. - Suppongo che non avranno delle migliaia di freccie, - riprese il guascone, dopo un breve silenzio. - Ne hanno già scagliate parecchie dozzine. Ah! ... Se avessi un po' di polvere! ... - Non abbiamo che tre cariche, - disse Mendoza. - E di pistola ... - Tiro troppo breve. - Lo so, signor basco. Io continuo a tormentarmi il cervello per trovare un mezzo qualunque che ci permetta di andarcene, e non trovo nulla. Ciò m'inquieta. - Qui non corriamo alcun pericolo, - disse il fiammingo, il quale masticava l'ultimo pezzo del suo sigaro. - Non sono gl'indiani che m'inquietano, - rispose il guascone. - Il sole, forse? - Me ne infischio del caldo. Sono gli spagnuoli. - Se sono scappati! ... - E se ritornassero con dei rinforzi e ci trovassero ancora qui? ... - Che frittata! - esclamò Mendoza. - Fortunatamente Pueblo-Viejo non è tanto vicina ed i cavalleggieri sono quasi tutti smontati. - E quelli montati possono correre innanzi e tornare alla testa di qualche squadrone. - Ah diavolo! - brontolò Mendoza, grattandosi furiosamente la testa. - Voi mi avete messo una pulce terribile in un orecchio. È necessario prendere una risoluzione eroica. Credete che questa roccia sia proprio inaccessibile? - Io non l'ho ancora osservata attentamente, - rispose il guascone. - Si può provare. - Non ci colpiranno gl'indiani? - chiese il fiammingo. - Non credo, perché l'angolo della roccia si prolunga. - Tentiamo, - disse Mendoza, risolutamente. - State attenti alle freccie; non sono già molto pericolose in pieno giorno. Presero gli archibugi, armi troppo preziose, anche se pel momento scariche, per lasciarle agli altri, impugnarono le tre pistole cariche e scivolarono lungo la parete dell'enorme roccia, girandola verso l'opposta parte del vallone. Gl'indiani non potevano accorgersi di quella ritirata, impedendo la frana di osservare ciò che succedeva in basso. I tre avventurieri, procedendo cauti e nel piú profondo silenzio, riuscirono finalmente a raggiungere l'altro angolo, il quale si appoggiava contro la parete rocciosa del vallone. Per un caso assolutamente straordinario, l'enorme rupe, nel precipitare, si era per cosí dire smussata verso la base, lasciando un passaggio fra il proprio angolo e la parete che scendeva a picco. - L'ho sempre detto io, che tutti gli avventi hanno la loro stella! - esclamò il guascone, trionfante. - Un cavallo non potrebbe passare, ma un uomo sí. Prenderemo quei signori indiani alle spalle! ... - Infatti noi abbiamo una fortuna veramente straordinaria, disse Mendoza. - Chi avrebbe potuto supporre che qui esistesse un passaggio? - Dentro, amici, - comandò don Barrejo. - Spicciamoci, giacché gl'indiani non si sono ancora accorti della nostra scomparsa. Odo sempre le freccie fischiare dall'altra parte della frana. Si curvò e si mise a strisciare sotto la rupe, seguito tosto da Mendoza e dal fiammingo. Quella specie di galleria si prolungava per una quindicina di metri, ingombra di terriccio e di macigni. I tre avventurieri l'attraversarono rapidamente e giunsero dietro la frana. - Laggiú mugge il Chagres, - disse il guascone. - Dobbiamo attaccare alle spalle gl'indiani o scappare? I"Veramente ad un guascone ripugna di mostrare i talloni al nemico. - Io direi di dare l'attacco, - rispose Mendoza. - Se si accorgono della nostra fuga non cesseranno di perseguitarci. Io so quanto sono testardi quei maledetti uomini rossi. - Voi meritereste di essere promosso generale. - Perché, don Barrejo? - Gli uomini si conoscono nei momenti difficili. Scappano almeno gl'indiani quando odono dei colpi di fuoco? - Come conigli. - Allora cerchiamo di sorprenderli. Che cosa dite voi, signor fiammingo? - Conosco anch'io quella gente che ha la pelle color rame e vi posso dire che è sempre meglio dare l'assalto. - Riusciremo noi a sorprenderli? - Basta arrampicarsi sulla roccia, - rispose Mendoza. - Qui è piú accessibile che dall'altra parte. - Noi siamo gente sempre straordinariamente fortunata, - disse il guascone. - Se gl'indiani non si accorgono della nostra scalata, faremo una carica a fondo. Compare Mendoza, insegnateci la via. Non siete piú giovane, questo è vero, però potete competere con un gatto selvaggio. Questi filibustieri sono veramente meravigliosi! ... - Ora vi darò una prova di che cosa sono capaci i figli della Tortue, - rispose il basco. - Se non faccio fuggire gl'indiani, che un giaguaro mi divori. - Brutta scommessa, - disse il guascone, scuotendo la testa. Il filibustiere osservò attentamente l'enorme frana, poi, avendo scoperto una specie di gradinata, si mise a salirla. Non era già una gradinata regolare, tuttavia il lupo di mare aveva dato arditamente l'assalto, ansioso di piombare alle spalle degl'indiani, i quali non cessavano di scagliare freccie nel vallone, per impedire la fuga agli assediati. Il guascone ed il fiammingo gli si erano messi dietro, pronti ad aiutarlo nella temeraria impresa. Puntando i piedi sulle sporgenze ed aggrappandosi agli sterpi, il lupo di mare raggiunse senza troppa fatica la cima e scivolò inosservato verso gli alberi che coprivano il margine del vallone. - Ecco il momento di mostrare a quel terribile guascone che anche i baschi valgono qualche cosa, - brontolò. - Che tutta la gloria spetti a lui, perché abita dall'altra parte del mar di Biscaglia, comincia un po' a seccarmi. Canarios! ... Anche noi siamo famosi per menare le mani e per uccidere, sia pure a colpi di navaja. Don Barrejo ed il flemmatico fiammingo lo avevano raggiunto, senza che le pelli-rosse se ne fossero accorte. - Signor Mendoza, - disse don Barrejo, - non sarebbe questo il momento di dare una prova della vostra abilità? - Che cosa volete dire? - chiese il filibustiere. - Abbiamo gl'indiani a soli venti passi da noi e ci voltano le spalle ed io ho udito vantare la straordinaria abilità dei baschi. - A giuocare di spada? - Le spade sono le armi dei guasconi, - disse don Barrejo. È il colpo della navaja che io vorrei vedere. Si risparmierebbe una carica di polvere. - Ho capito, - rispose il basco, sorridendo. - L'avete sempre la vostra navaja? - Preferirei lasciare la spada per la mia arma nazionale. - Fate un buon colpo dunque! Vedremo se la pelle degl'indiani è piú dura di quella degli uomini di razza bianca. Una cosí tremenda stoccata, data a distanza, potrebbe produrre un effetto straordinario. - Vi contenterò, - rispose Mendoza. - Sarà una palla risparmiata. Fermatevi qui e non fate rumore! GI'indiani si trovavano a trenta o quaranta passi, nascosti dietro gli enormi massi della frana. Credendo che gli avventurieri si trovassero sempre riparati dietro l'angolo dell'enorme roccia, non cessavano di lanciare delle freccie, senza guardarsi alle spalle. - Sotto, Mendoza, - disse il guascone. - Lasciate fare a me, - rispose il basco. - Tenetevi pronti a caricare a colpi di spada, se non volete consumare le nostre ultime munizioni. Silenzio! Si era allontanato, strisciando, dopo essersi sbarazzato dell'archibugio il quale non poteva essergli piú di nessuna utilità. Sulla mano allargata teneva la terribile navaja basca, colla punta rivolta verso il polso ed il manico al di fuori. Strisciava come un serpente, senza produrre il menomo rumore. Il guascone ed il fiammingo lo seguivano a breve distanza, tenendo pronte le pistole, pronti a portargli aiuto nel caso che il colpo fosse mancato. Ad un tratto Mendoza si fermò dietro il tronco d'una grossa palma. GI'indiani non erano che a dieci o dodici passi e gli volgevano le spalle, intenti a lanciare, senza interruzione, delle freccie. Si udí un leggiero sibilo e qualche cosa scintillò in alto. La navaja era stata lanciata, piantandosi fra le spalle d'un selvaggio e con tanta violenza da troncargli di colpo la colonna vertebrale. I suoi compagni, vedendolo cadere, avevano fatto tre o quattro salti innanzi, urlando spaventosamente. Il guascone sparò un colpo di pistola, poi caricò colla sua terribile draghinassa. Era una carica affatto inutile, perché i figli delle foreste, spaventati di vedersi dinanzi quei tre uomini bianchi, si erano precipitati sotto la vicina boscaglia, correndo come lepri. Quasi nel medesimo istante si udirono rimbombare nel vallone parecchi colpi d'archibugio. - Gli spagnuoli! - gridò il guascone, mentre il basco s'impadroniva della navaja. - Gambe, amici!

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