Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Si fa non si fa. Le regole del galateo 2.0

180294
Barbara Ronchi della Rocca 1 occorrenze
  • 2013
  • Vallardi
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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La persona garbata del Terzo Millennnio non è (tanto) chi sa usare la forchetta per ostriche, ma chi non ha paura dei cambiamenti, non si abbandona alla pigrizia del: «Ho sempre fatto così», e nei rapporti umani e sociali si propone di non ferire la sensibilità altrui, non ostentare nulla, non essere intrusiva. Perché l'attenzione verso il nostro prossimo non è solo formalità, ma sostanza: cerchiamo di averne un po' di più, e la nostra quotidianità sarà senz'altro migliore. Conoscere le buone maniere e saperle usare nei momenti opportuni fa anche bene all'autostima, perché aiuta a sentirsi sicuri di sé, affrancati dall'angoscia del: «Che cosa posso dire?», «Come devo comportarmi?», «Sarò vestito/a in modo adatto?» Senza contare che solo conoscendo le regole, e applicandole abitualmente, possiamo comprendere il raffinato piacere di infrangerle ogni tanto, di goderci qualche trasgressione, magari con la complicità degli amici o del partner... Ecco allora regole, consigli, modi e atteggiamenti per stare bene con gli altri (e fare bella figura, il che non guasta) da seguire tutti i giorni, feriali e festivi - non esiste una buona ragione (e un momento giusto) per essere maleducati! - tutto il contrario del cosiddetto «bon ton», stile di facciata, fatto di maniere apparentemente perfette e di sostanza pessima. L'eleganza non è una moda, ma è un modo di essere (e di agire) non alla leggera, ma con leggerezza, per non cadere nel ridicolo dell'affettazione e della leziosità. È vera buona educazione, che viene dal cuore, e rifiuta la retorica della naturalezza a tutti i costi, o della volgarità come espressione di libertà; perché non è vero che ogni forma di self- control sia una censura. Tanto più che gli esempi sono sotto gli occhi di tutti, dal momento che in questi anni di predominio quasi incontrastato, i maleducati non hanno dato buona prova di sé: li vediamo ripetitivi, prevedibili, a lungo andare noiosi. E non certo più felici. Perché le buone maniere sono una forma superiore di intelligenza. E infatti «le persone intelligenti sono sempre gentili»: lo diceva Jean-Paul Sartre.

IL nuovo bon ton a tavola e l'arte di conoscere gli altri

190597
Schira Roberta 3 occorrenze
  • 2013
  • Salani
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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La mente, distratta dalla ritualità legata al cibo, manda messaggi non filtrati dalle sovrastrutture, poiché a tavola la maggior parte delle difese psicologiche che ci accompagna durante la giornata ci abbandona temporaneamente. Stare seduti l'uno di fronte all'altro o magari accostati e condividere il cibo fanno sì che i commensali vivano un'esperienza corale. Le cronache sono ricche di fatti che denunciano la maleducazione imperante nei confronti del prossimo, dell'ambiente, dell'avversario politico, del diverso, dell'anziano, dello straniero. Maleducazione che si manifesta chiaramente nel comportamento e nel linguaggio, ma ancor più platealmente a tavola. Un attento osservatore dotato di un minimo di perspicacia sarebbe in grado, se non proprio di delineare il profilo psicologico di ciascuno dei commensali, almeno di raccogliere un buon numero di indizi. Il nostro comportamento a tavola parla per noi, ci rivela, ci smaschera. Come la ricchezza del nostro vocabolario, la proprietà di linguaggio, la padronanza della sintassi manifestano il livello culturale, così il nostro modo di stare a tavola ci racconta, parla per noi. Rende pubblica ogni lacuna, ci esprime, manifesta le nostre radici culturali, la nostra estrazione, il nostro livello di evoluzione, le nostre abitudini familiari e soprattutto la nostra educazione, buona o carente che sia. Con un po' di esercizio si arriva a cogliere l'aggressività che c'è in noi, le abitudini alimentari dei nostri genitori, il tenore di vita e il grado di serenità della nostra infanzia. Non a caso il livello di civiltà e culturale di un popolo si evince soprattutto dal comportamento a tavola. Lina Sotis, madrina del bon ton italiano, che ha divulgato attraverso i suoi libri, dice: «Al primo sguardo capisci quanti soldi ha una persona; al secondo da quanto tempo»; la frase è perfetta anche in ambito conviviale. Se vuoi sapere tutto di una persona mangia con lei almeno una volta e, volendo spingersi più in là, si potrebbe dire: «È azzardato iniziare una relazione con un uomo senza averci mangiato insieme almeno una volta». La tavola diventa il luogo privilegiato per il denudamento dell'altro, il palcoscenico delle nostre altitudini, ma anche delle nostre bassezze. Come credete che si comporterà un uomo tra le lenzuola dopo che lo avete visto mangiare così velocemente da non assaporare un solo boccone? Come potrà essere attento alle vostre esigenze in futuro se non arriva neppure a versarvi da bere durante una cena? Cosa pensare di una graziosa fanciulla che a tavola mangia come un passerotto e sta tutto il tempo a sbirciare nei tavoli vicini? E ancora, cosa deducete se un vostro candidato tratta con disprezzo il personale di servizio al ristorante? O se il vostro futuro socio in affari casualmente dimentica ogni volta il portafogli al momento di pagare il conto? E che sorpresa se l'amica conosciuta in ascensore e subito invitata a cena quasi per dovere mangia come una regina, vi conquista al primo appuntamento. Pensate quanti indizi è possibile raccogliere su un partner da quando vi chiama per invitarvi a cena sino al momento in cui vi riaccompagna e arriva l'ora del bacio della buonanotte. Ecco perché è fondamentale procurarsi gli strumenti per capire. E questi strumenti sono la conoscenza delle regole e il linguaggio del corpo: insieme si potenziano a vicenda. E proprio questa l'idea forte del libro, riuscire a «leggere» l'istinto, cioè il corpo che parla e nello stesso tempo individuare il galateo, cioè quanto l'ambiente e la cultura hanno depositato, la parte normativa, le leggi. La tavola è proprio questo: il tentativo di convogliare e di far coesistere istinto e legge. Mangiare insieme con consapevolezza è un'esplorazione affascinante che ci permette di indagare il nostro mondo e quello dei vicini. Alla fine di questo libro il lettore riuscirà a considerare il proprio commensale con occhi nuovi, non certo come un insetto da vivisezionare, o un soggetto clinico al quale fare una diagnosi, sarebbe troppo facile e riduttivo. Servirà a migliorare la comunicazione senza fraintendimenti approfittando di una situazione favorevole e intima come il mangiare insieme. Sapere ci assolve dall'imbarazzo di fronte a situazioni critiche. «Leggere» e conoscere meglio i nostri commensali è l'ideale per chi deve confrontarsi su questioni di lavoro, ma ancor più per chi deve scegliersi amici, futuri mariti, mogli e affini. Ma sarebbe utile che anche i colloqui di assunzione si svolgessero direttamente al ristorante. Perché il corpo non mente mai, questo dovete ricordarlo sempre. E un corpo a tavola è più libero di esprimersi che altrove. Il cibo diventa, ancora una volta, mezzo e non fine. Questo libro dunque sposta l'attenzione dal cosa si mangia al come. Ma ha ancora senso parlare di galateo? Ha anche più importanza di un tempo, poiché si moltiplicano le occasioni pubbliche nelle quali si evidenzia la differenza tra classi sociali e regole di educazione. La tavola è uno dei luoghi privilegiati e allo stesso tempo più temibili di «esposizione». Essere educati non costa nulla, e poi è provato che sia gli uomini sia le donne apprezzano nel partner appena conosciuto il rispetto delle buone maniere. Proprio nel momento delicato che stiamo vivendo è fondamentale stabilire delle regole per noi italiani, conoscerle e adeguarvisi: questo forse è il segreto perché una società civile funzioni al meglio. Probabilmente esiste un'attinenza tra la decadenza morale ed economica di un popolo e la sua maleducazione a tavola e l'eccessivo peso attribuito al cibo, ai banchetti e alla cucina. Ce lo insegna la storia: basti ricordare i complicati convivi dei ricchi romani a base di lingue di fenicottero e spezie costosissime durante la curva discendente del Mondo Classico, che si concluderà con la caduta dell'Impero romano d'Occidente (476 d.C.). Oggi sarebbe ridicolo imporre delle regole senza significato, ma come si dice: non c'è forma senza sostanza. La maggior parte delle regole del galateo risponde al principio del rispetto dell'altro e al buonsenso. È necessario operare una distinzione. Esistono regole più rigide che, benché denotino il nostro livello di istruzione, non turbano la pace altrui e non ledono i diritti degli altri. Altre che pregiudicano il benessere di chi ci sta intorno offendendolo o limitandone la libertà. Un esempio. Se parlo con la bocca piena o uso uno stuzzicadenti a venti centimetri dal mio commensale, ovviamente causo un senso di disagio e quindi limito la libertà altrui. Mentre, al contrario, se taglio con il coltello una frittata, cosa che il galateo non prevede, dimostro la mia ignoranza nel campo specifico, ma non disturbo i miei vicini di posto. Qui sta la differenza. La più celebre maestra di bon ton di casa nostra, oltre che ispiratrice della posta del cuore di tutti i periodici femminili, è stata Colette Rosselli, moglie di Indro Montanelli, che con lo pseudonimo di Donna Letizia ha educato generazioni di lettrici. Il suo Saper vivere, uscito nel 1960, è stato a lungo la «bibbia» dei beneducati, tanto da meritare un aggiornamento, nel 1990, Il nuovo saper vivere di Donna Letizia, nel quale scriveva: «Molti uomini considerano le buone maniere come un soprabito da indossare al momento di uscir di casa e da appendere all'attaccapanni appena rientrati». Parole sante. Se qualcuno vi ha realmente regalato questa dote di buona educazione, senza dubbio la porterete con tale spontaneità da usarla dentro e fuori casa. «La carne dovrebbe essere dura a letto e tenera a tavola». Questa frase di André Prévost introduce alla perfezione la conclusione di questo capitolo. Dopo i primi incontri a due in pubblico, dimenticate tutto quello che è stato detto sin qui in tono formale sulle regole del buon comportamento a tavola. Per la cena romantica e passionale, il segreto è: poco bon ton e tanta passione. Chi è dotato di immaginazione non avrà bisogno di suggerimenti ma, se può servire, ecco le regole della cena a due tra le pareti domestiche. È vivamente consigliato: mangiare con le mani; imboccarsi; cucinare insieme; amarsi in cucina; baciarsi durante il pasto. «Ho l'innocua mania di dare alle persone a cui voglio bene il soprannome di un cibo. Mio marito Carlo Ponti è sempre stato 'involtino', pietanza che mi piace come poche» dice Sophia Loren. Ecco, allentate le cravatte, abbandonate i bicchieri di cristallo, ogni tanto fatevi un bagno nell'istinto puro e selvaggio e sarà ancora più bello farlo con la compagna o il compagno di sempre. Parlate con la bocca piena, mugolate e date nomignoli rubati al lessico dei ricettari, sono tanto apprezzabili in privato quanto insopportabili in pubblico. Alessandra Graziottin, medico ed esperta in sessuologia, lo consiglia vivamente: «Questa società sta diventando frigida. Il sesso si fa virtuale, il cibo diventa fiction: tutta scena. Basti pensare ai nomi stupendi che tanti ristoranti coniano per cibi che poi risultano insipidi, o alla cura maniacale che si mette nella preparazione della tavola: in fondo tradisce un rapporto cerebrale con il piacere. Io, alle pazienti con problemi sessuali, prescrivo anche di mangiare con le mani. Se gusti la vita gusti anche il cibo». Imboccate, sporcatevi, trangugiate, centellinate, sbrodolatevi, mordicchiate: insomma, nell'intimità trasgredite anche le regole del buon comportamento a tavola. Proprio quelle che sono elencate in questo libro.

Pagina 12

Un bravo anfitrione cerca di arginare come può la serata, ma di certo non lo abbandona fuori dalla porta a fine cena. Si preoccupa di accompagnarlo a casa e di assicurarsi che stia bene. Uomo. Uomini, ricordate! Basterà un gesto come aprirle la portiera o alzarsi nel momento in cui lei lascia il tavolo per farsi ricordare a lungo. Insomma, vi verrà perdonato anche qualche sbaglio, se saprete usare qualche galanteria al momento giusto. L'uomo entra per primo in un locale, comunica con i camerieri, versa da bere, si dimostra più interessato alla compagnia che al cibo, conversa e dovrebbe pagare il conto. Uova. Non si usa mai il coltello, in qualsiasi modo siano cucinate. Lo si può usare solo per tagliare il prosciutto o la pancetta che le accompagna. Uva. Va tenuta con la mano sinistra, mentre con la destra si staccano gli acini che andranno alla bocca. Verdure. Non si tagliano mai con il coltello. Vino. Non si versa mai sino al collo del bicchiere. Si stappa sempre davanti agli ospiti, e così pretendete al ristorante. Si fa scegliere alla signora e se questa si rifiuta si prende l'iniziativa chiedendo almeno «bianco o rosso». Chi invita, sia a casa sia al ristorante, propone i vini e chiede se gli invitati sono d'accordo. Il vino non si mescola con l'acqua e non deve essere raffreddato con il ghiaccio. Si lascia in un secchiello di qualsiasi materiale, possibilmente su un tavolino a parte. Zotico. È l'epiteto che si merita chi a tavola pecca di prepotenza e maleducazione. Per neutralizzare lo zotico recidivo è necessaria più fermezza che ironia, la seconda non la coglierebbe. Un seccato richiamo ha più probabilità di venire accolto. Zuppa, zuppiera. Non si soffia sulla minestra o la zuppa. In Inghilterra, il cucchiaio non viene introdotto in bocca di punta, ma appoggiato lateralmente alle labbra. In Italia il cucchiaio viene introdotto in bocca di punta. Ma ciò non vuol dire, beninteso, che lo si debba inghiottire fino al manico. È tollerato che, arrivati agli ultimi cucchiai di minestra, si sollevi appena il piatto inclinandolo verso il centro della tavola. Zuzzurellone. Avete presente quei soggetti che pur essendo adulti si comportano come ragazzini e si divertono a fare i giocherelloni? È il buontempone, il burlone che a tavola gioca con il cibo, estenua i commensali con storielle imbarazzanti, indovinelli, racconti di vita privata e via discorrendo. Basterà ignorarlo senza ridere delle sue battute pesanti per neutralizzarlo.

Pagina 160

È una piccola regola conosciuta solo dai veri gentiluomini, ma è molto chic: alzarsi in piedi quando una signora abbandona la tavola, come in una scena di Pretty Woman al ristorante.

Pagina 46

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