Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbandona

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Il Galateo

181163
Brunella Gasperini 1 occorrenze
  • 1912
  • Baldini e Castoldi s.r.l.
  • Milano
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  • UNICT
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E molto irritante per i giocatori «seri» è il tipo che, appena guarda le sue carte, comincia a borbottare cupamente sulla propria sfortuna, oppure si abbandona a ghigni satanici che preannunciano agli avversari una fine atroce; o peggio comincia a fare divinazioni sulle carte dell'avversario, basandosi sulle espressioni della sua faccia («Guarda guarda, garantito che gli è entrata la scala»). Ma su, siamo tra amici: tolleriamo. Le serate miste. Chiamiamo così le serate in cui parte degli invitati giocano e parte fanno altre cose. Chi non gioca non si fermi alle spalle dei giocatori a osservare le loro carte: o, se lo fa, non commenti, non ridacchi, non faccia cenni: stia fermo e zitto. Chi gioca non dia segni di impazienza se qualcuno si ferma vicino al tavolo («mi mena gramo») o se il gruppo dei non giocanti, conversando, ballando, disturba la sua concentrazione. E ancora: per quanto amanti delle carte siate, non assillate il prossimo. Non fate come quei tipi che, mentre gli altri si divertono in altro modo, stanno lì sulle spine in attesa di cominciare a giocare, si affannano a cercare compagni che non gli danno retta, sgomberano inopinatamente un tavolo, tirano fuori le carte e ci giocherellano da soli con aria nervosa, facendo passare la voglia di giocare anche a chi magari ce l'aveva. Se siete giocatori seri: - Non prendete in mano le carte prima che il mazziere abbia finito di distribuirle (ma anche se lo fate non casca il mondo). - Non tenete le carte a grappolo, a piramide, pericolanti l'una sull'altra; non tenetele sotto al tavolo, né strette al seno guardando con sospetto i vicini. - Non ritirate una carta dopo averla giocata. - Quando mescolate, fatelo sobriamente, senza prodezze spettacolari alla Danny Kaye. - Quando distribuite le carte, non fatele planare come aeroplani, non lanciatele come siluri, non buttatele a mucchietti, non seguite criteri fantasiosi; distribuitele con ordine e misura, facendole scivolare leggermente sul tavolo, una per una, da sinistra a destra o da destra a sinistra (a seconda del gioco). - Non fate segni, tossettine, ammicchi. - Non sbirciate le carte altrui. - Non fate scongiuri, non girate intorno alla sedia per esorcismo: sono scherzi troppo vecchi (e se non sono scherzi, peggio). - Non chiedete di cambiar posto perché la vostra sedia vi mena gramo. Anche se «non» siete giocatori seri: - Non maltrattate e non sporcate le carte. - Non bagnatevi il dito (orrore) per farle scorrere. - Non proponete mai di smettere mentre state vincendo. - Non rifiutate mai la rivincita; ma se state perdendo, non cercate di rifarvi a tutti i costi, costringendo gli altri a giocare fino all'alba.

Pagina 95

Le buone usanze

195816
Gina Sobrero 1 occorrenze
  • 1912
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
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Ma è altrettanto sconveniente quella che per pompa di religiose non sempre profondamente sentita, si percuote il petto, batte la fronte sui gradini dell'altare, biascica preghiere ad alta voce, si abbandona infine a manifestazioni esagerate tollerabili tutt'al più nel popolino, e ancora solo di certe tali provincie. Se un uomo od una signora debbono mostrarsi corretti davanti ai loro simili, posti più in basso o più in alto della scala sociale, tanto maggiormente s'impone loro questo dovere davanti alla maestà di Dio, alle immagini di qualunque genere che lo rappresentano. La prima di queste funzioni religiose cui prende parte l'uomo nella vita, è per noi cristiani, il battesimo. I genitori del nuovo nato, debbono aver pensato prima della sua venuta al mondo, alla scelta di un padrino e di una madrina, onde non metterli nell'imbarazzo all'ultimo momento. La scelta del nome va fatta non solo con affezione, ma con criterio e buon senso: è supponibile, per esempio, che il padrino o la madrina siano afflitti da uno di quei nomi che, pur venerabili, si prestano al ridicolo; naturalmente non è facile rifiutare d'includere questo nome, ma si può, con tatto, esprimere il desiderio che al fanciullo venga dato il nome di un parente caro o di un santo specialmente venerato. Nell'invito a battezzare il bambino, i coniugi devono informare reciprocamente il padrino o la madrina della scelta fatta, onde evitare di mettere a contatto due persone che per ragioni imprevedibili possono mutualmente dispiacersi. Al padrino od alla madrina incombe l'obbligo morale di manifestare la soddisfazione dell'onore ricevuto con qualche regalo: regalo al neonato, regalo alla puerpera, regalo alla donna che presenta il fanciullo al sacro fonte, regalo alla chiesa dove ha luogo la funzione. Non bisogna però che l'idea di tale usanza influisca sull'accettare o no l'incarico affettuoso e gentile; in questa come in tutte le circostanze della vita dobbiamo avere il coraggio della nostra posizione; se non possiamo tenerci nella regola, dobbiamo pensare che quel babbo, quella mammina ci conoscevano già prima e se ci vollero a parte della loro grande felicità, non fu nella prospettiva del regalo, ma perchè sulla piccola culla scendessero uniti ai loro i nostri voti bene auguranti. Nella scelta dei regali è di guida, oltre la posizione finanziaria delle due famiglie, il grado di intimità che le unisce. I parenti, gli intimissimi amici possono offrire degli oggetti anche ricchi ma utili, mancherebbe di tatto un estraneo regalando alla puerpera un abito fosse pur di broccato; però se questa puerpera è una donna poco provvista di mezzi, non sarà inopportuno offrirle uno di quegli oggetti di utilità superflua che forse ella non potrebbe mai procurarsi. Se il padrino o la madrina hanno una carrozza propria la metteranno a disposizione dei loro amici per portare il neonato alla chiesa, altrimenti è incarico di questi provvedere un servizio di vetture. Se un ricevimento segue alla funzione religiosa, è cortesia invitarvi il sacerdote che ha ufficiato; egli ha il posto d'onore qualunque sia l'importanza delle persone presenti. Facendo inviti ufficiali per la cerimonia, occorre lanciarli in tempo come per qualunque altra festa e si risponde al solito sia accettando sia rifiutando l'invito. Gli uomini indossano per questa cerimonia la redingote o l'abito di società a seconda della sua importanza; le signore hanno delle toilettes eleganti da visita; sarebbe ridicolo presentarsi ad un battesimo in décolleté. Il padrino sovente offre alla madrina un dono in ricordo dell'atto che hanno compiuto insieme, promettendo di proteggere, di vegliare la piccola creatura appena entrata nella vita. Si è stretta fra loro una specie di amichevole fratellanza che sovente si trasforma in un più tenero sentimento, e una gentile leggenda vuole che l'amore nato così intorno ad una culla porti fortuna alla coppia futura. Più solenni, ma prive affatto di mondanità sono le cerimonie che accompagnano la prima Comunione e la Cresima dei fanciulli. Sovente le due cerimonie hanno luogo nello stesso giorno, sono d'altronde simili le convenzioni per quanto entra nel nostro argomento. Poichè un bimbo, una fanciulletta si preparano a ricevere i due Sacramenti, dobbiamo credere che essi appartengano a famiglie credenti. È vero peraltro che molti genitori fanno e fanno fare ai loro figliuoli per snobismo cose che sono poco in armonia coi loro sentimenti. È in ogni modo di cattivo gusto, il mostrare di dar poca importanza ad atti che devono rimaner solenni nella vita, l'irridere alla devozione, al raccoglimento delle piccole anime tutte comprese del grande avvenimento. L'abito che indossano i giovinetti per la prima Comunione o la Cresima se non è l'uniforme dell'istituto della scuola cui appartengono, sarà, per la fanciulla, di mussola bianca senza guarniture, senza cianfrusaglie; per i maschi, l'abito stesso che essi indossano per le grandi solennità, il migliore del loro guardaroba. Anche i poverelli dànno a questa giornata, che prima attraversiamo nella vita colla coscienza della sua importanza, la maggior solennità possibile, però ogni affettazione nell'acconciatura, ogni sfoggio di eleganza volgare, è prova di cattivo gusto, di leggerezza da parte, non già dei fanciulli, ma dei loro genitori, di chi ha cura della loro educazione. Non si fanno inviti per assistere a queste cerimonie d'indole puramente religiosa, però le signore che vi intervengono indossano un abito elegante da visita; gli uomini sono in redingote e cappello a tuba. Il contegno di questi comunicandi, mi pare quasi inutile il dirlo, deve essere correttissimo, lontano tanto dalla ostentata disinvoltura, come dalla soverchia manifestazione di sentimenti che, per quanto nobilissimi e comprensibili, perdono della loro serietà e poesia quando li diamo in spettacolo al pubblico. I regali più adatti a ricordare la solenne giornata sono naturalmente gli oggetti di devozione: immagini sacre, libri di preghiera, corone del rosario più o meno ricchi a seconda della posizione di ognuno. Non so perchè non si offrirebbe a questi fanciulli un gioiello, un oggetto di valore che rimanga a rammentare tra le avventure della vita questa serena ora di gaudio, ma mi parrebbe fuori posto, anzi sconveniente, regalare ad una giovinetta un abito da ballo, un cappello dalle penne pompose; ad un fanciullo, un bronzo artistico di soggetto profano. I nuovi comunicandi mandano ai loro superiori, agli amici un'immagine simbolica della circostanza che ha sul verso il loro nome e la data commemorativa. Passo sul modo di comportarsi in chiesa sia per ciò che riguarda gli sposi, sia per gli invitati durante la funzione che accompagna il matrimonio, poichè di essa ci siamo già diffusamente occupati in questo volume e vengo ad un'altra funzione, pur troppo assai dolorosa, ma alla quale talora non possiamo mancare dall'assistere: messa funebre o benedizione del feretro in chiesa. I parenti stretti del defunto, specialmente le signore, come già accennai a proposito dei lutti, non prendono parte al corteo, assistono, se ne hanno la forza, alla lugubre cerimonia in chiesa ed allora vi si recano in lutto strettissimo, in carrozze chiuse e si riuniscono in una cappella speciale o nei posti a loro destinati attorno al feretro. Nessuno saprebbe condannarli se incapaci di resistere alla emozione di quell'ora rimanessero in casa, ma sarebbe di cattivo gusto se si abbandonassero a singhiozzi clamorosi, a sfoghi di un dolore che, comprensibile e santo, deve avere però il suo pudore, non va dato in pasto alla curiosità, alle chiacchiere della gente. Anche gli estranei assistono vestiti a lutto ad un funerale: gli uomini indossano la redingote, la cravatta sera e il cappello a tuba, le signore un abito nero o per lo meno di tinta oscurissima. Chiacchierare durante il servizio religioso fosse anche per tessere le lodi del defunto, mostrarsi distratti, indifferenti, annoiati, sono mancanze gravi di educazione. Chi appartiene ad una religione diversa da quella nella quale si celebra il rito, ha doppio dovere di rispettare rigorosamente il cerimoniale giacchè si trova doppiamente davanti ad estranei. Tutte le spese del funerale, non ho bisogno di dirlo, incombono ai più stretti parenti del defunto o ai suoi eredi, gli invitati non lasciano mancie alla chiesa, nè debbono darle al personale di servizio della funzione. Altre funzioni di ordine quasi esclusivamente mondano ha la chiesa nelle quali occorre sapersi convenientemente comportare onde non confondersi col popolo fanatico e ineducato: voglio alludere alle grandi funzioni religiose che si celebrano a Roma. Grazie alla facilità dei mezzi di trasporto moderni, alle frequenti riduzioni dei biglietti ferroviari, non c'è nessuno che sia per devozione, sia per semplice curiosità non voglia, recandosi a Roma, visitare il Santo Padre, non voglia assistere a qualcuna delle grandi cerimonie che hanno luogo a San Pietro o nelle varie cappelle vaticanesche. L'abito nero è di prammatica in simili circostanze per gli uomini, come per le signore; un uomo indossa la redingote se non occupa un posto distinto chè, se è ricevuto in udienza speciale dal Santo Padre o se occupa un posto di tribuna, un seggio speciale, indossa l'abito di società come per i grandi ricevimenti mondani. Le signore vestono in nero più o meno elegantemente secondo la loro posizione e il loro gusto; portano tutte il velo nero invece del cappello, tolgono i guanti, dànno poca prova di poco buon senso sfoggiando acconciature troppo originali, scollacciature, trasparenti provocanti, dimenticandosi infine di trovarsi non solo davanti ad un Sovrano, ma al rappresentante di Dio. Papa Pio X ha escluso il bacio alla sacra pantofola; tutti però si inginocchiano e baciano con reverenza, senza stringerla con la destra, la mano che porge l'Ospite Augustissimo. Chi per i proprii principii non sa adattarsi a quest'atto di umiltà, si astenga dal presentarsi alla Corte pontificia, ma se ha sollecitato l'onore di un ricevimento, si comporti come impone l'etichetta, come usano le persone educate. Le domande di udienze private si rivolgono al Ministro dei Sacri Palazzi o al Vescovo della propria diocesi che le trasmette alla Santa Sede. La maggior devozione, l'emozione più profonda non giustificano certe escandescenze, certe chiassose manifestazioni che sono di un pessimo gusto e non ne raccomandano certo gli autori alla Sacra persona che li accoglie.

Pagina 199

Eva Regina

203491
Jolanda (Marchesa Plattis Maiocchi) 10 occorrenze
  • 1912
  • Milano
  • Luigi Perrella
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Ella passa da un mondo all'altro, da una vita all' altra, e sarebbe bene per lei se nel suo ultimo sonno verginale potesse dimenticare tutto ciò che abbandona per non lasciare dietro di sè rimpianti quando si metterà in cammino. » Infatti il suo risveglio dopo la prima notte di nozze, somiglia al giungere dell'esploratore alla terra che aveva vagamente intraveduta, fervidamente imaginata di lontano, adornata, col desiderio, di tutti i tesori e di tutte le felicità. La riva della terra promessa è toccata: gli occhi l' hanno veduta nella sua realtà, i piedi l'hanno percorsa, la mente ha misurato, valutato il dominio. Più nulla di misterioso, più nulla di ignoto, più nulla di pauroso... La luce della vita avvolge la vergine fatta donna dall'amore, ed ella si guarda intorno ancora tremante un poco per la rivelazione sacra, ancora un po' confusa di avervi partecipato, ancora incerta sulle sue sorti future. O abbagliata da quella luce, se insieme al corpo ha dato con trasporto tutta l'anima; o sgomenta se si è solamente concessa, nel gran letto nuziale ell'è un po' come una naufraga che le azzurre e lucenti onde d'un mare immenso trasportano in loro balia. Azzurro e luce, sì, ma l'accecano, la paralizzano, ma le fanno turbinare agli orecchi ritmi nuovi, parole nuove. Ieri le pare già molto lontano, e la sua vita antecedente, piccola, oscura e ristretta. Nel suo dolce stordimento, la giovine sposa intravede obblighi, occupazioni, assai più gravi e più importanti di quelli del passato, il suo gaio e innocente passato che saluta senza rimpianto, come al meriggio si saluta il trascorso mattino. « La vita laboriosa e severa — scrive ancora il De Gubernatis — per la donna incomincia soltanto l' indomani delle sue nozze; la compagna dell'uomo allora ha una prima nozione del dovere, una prima conoscenza del dolore, e col dolore una prima iniziazione al culto dell' ideale. »

LE OCCUPAZIONI DELLA GIOVINE SIGNORA Una delle cause principali delle inquietudini, dei rimpianti, delle malinconie a cui la giovine signora si abbandona facilmente nei primi mesi della sua nuova vita, risiede nel troppo tempo che ha a sua disposizione per fantasticare. Se vive in famiglia, la suocera le evita tutte le brighe, le responsabilità, i pensieri della direzione della casa, ed essa è là come una signorina, meno il corredo da preparare e l' educazione da completare. Se la padrona di casa è lei, una famiglia composta di due persone e di due domestici — a meno che non si tratti di una condizione sociale che obblighi alla direzione d' un palazzo e d' una intera gerarchia di servi — è presto condotta. I mobili sono nuovi, la biancheria è nuova, gli abiti nuovi: non c'è che da conservare, il resto va da sè. E molte ore rimangono, mentre il marito è fuori, che la sposina non sa come impiegare. Un po' legge, poi si stanca, un po' suona il pianoforte, scrive qualche lettera, dà un ordine alla cameriera, un altro al cuoco: e poi ? E poi s'adagia nella poltroncina a far qualche punto a un cuscino, a un centro da tavola, mulinando tra un punto e l'altro — troppo ! — dando troppo ascolto, fra una gugliata di seta rosa e una di seta grigia, alle punture della sua sensibilità esagerata, alle larve della sua immaginazione, alle esigenze del suo egoismo personale. Ah, spesso spesso, queste prime ore di ozio del pensiero, nell'esistenza coniugale, sono il terreno in cui può germogliare propizio il cattivo seme della discordia, della tentazione, della volubilità. Noi non siamo mai così vicini ad essere infelici come quando non abbiamo più nulla a desiderare. Mancandoci motivi veri di scontento, siamo tratte a crearcene dei fittizi, che ci fanno soffrire come fossero veri e possono demolire, come tarli insidiosi, corrompere, come crittogama velenosa, tutta la fiorente bellezza d'una felicità sana e sincera. Scrisse un romanziere francese, Gaston Lavalley: « La felicità ! la nostra vita si consuma nell'inseguirla. Mentre camminiamo cogli occhi fissi su questa méta radiosa, nemici oscuri s'avvincono a noi come la piovra alla nave. Sono i piccoli avvenimenti, le imprudenze, gli errori, le mancanze d'ogni giorno. Artefici di distruzione lavorano nell'ombra e si fanno dimenticare. Ma quando crediamo di toccare la terra promessa, naufraghiamo con tutte le nostre speranze. » In guardia dunque contro questi ipocriti e subdoli nemici ! In guardia dal principio per dominarli energicamente. E come? Con l'opera, o signore, col lavoro che tutto vince, che disperde le fantasticherie malsane, i vapori sentimentali, le suscettibilità pericolose. In un regno per quanto piccolo c'è sempre molto da vigilare, da ordinare, da decidere, da migliorare. Se il mobiglio è nuovo, procurate di renderlo più elegante con quegli accessori di buon gusto che una signora ingegnosa può preparare da sè. Coltivi dei fiori perchè il suo appartamento non manchi mai di questo primaverile sorriso : e non si fidi della cameriera per il guardaroba, nè dalla cuoca per la cucina ; la sua sorveglianza diretta, il suo intervento frequente, la faranno accorta di molte trascuranze, di molte mende da to- gliere che non apparivano alla sua sorveglianza superficiale e sommaria. E poi una donna che ama con tutta l'anima il compagno a cui si è data, può forse cessare un momento solo nella giornata dall'offrirgli come un odoroso incenso tutti i suoi pensieri, tutte le sue azioni? Le robe che gli appartengono, da custodire in modo ch'egli vi trovi sempre le tracce della vigile e delicata tenerezza di lei invece di quelle dei prezzolati servigi dei domestici. Le stanze che abitano in comune, da rendere gradevoli per mezzo di quelle minuziose cure che dicono quanta parte abbia lo spirito sulla materialità dell'atto di apparecchiare una tavola, di disporre un mobile, di velare una lampada, di distribuire dei libri e delle fotografie. Poi la preoccupazione costante di mostrarsi graziosa, elegante, desiderabile agli occhi del marito, sia nell'accappatoio del mattino, come nella camicetta di seta indossata pel pranzo; sia col grembiulino da buona massaia col quale la signora entra in guardaroba e in cucina. Indi gli obblighi sociali. Ora non si fanno più le classiche visite di un tempo, il cui uso si conserva ancora in provincia; ma vi sono i five-o'-clok a cui bisogna prender parte e che bisogna restituire : qualche pranzo da dare o a cui intervenire : gli incarichi che le amiche dànno, le opere di beneficenza a cui interessarsi, e infine, se la signora è intelligente ed istruita, tutto il movimento artistico da seguire, sia pure per sommi capi, ma tanto da non ignorare quello che si fa nel proprio paese. Giacchè non basta tenere gli ultimi libri sul tavolo e lo spartito dell'opera recente sul piano : non basta riempire i vassoi di fotografie artistiche e di cartoline commemorative; bisogna mettersi in grado di conoscere con precisione il prodotto o l'avvenimento di cui si discorre, e questo non tanto per vanità quanto per procurare a noi stesse il godimento puro ed alto di vivere la vita superiore, quella che ci eleva moralmente, che dà al nostro spirito attività molteplici, che ritempra contro le frivolezze e le seduzioni malsane, che è sempre fonte di serenità, spesso di conforto, e non di rado salvezza suprema nelle vicissitudini dell'esistenza.

Pagina 104

Quando una donna è madre, la si abbandona alla sua creatura o la si fa disertare. È una dolorosa ma indiscutibile verità che strazia e colma d'angoscia innumerevoli cuori di donna sensibili e amanti, divisi così tra il figliuolo e lo sposo. Da un lato un piccolo essere che esige il sacrificio di tutte le ore, che vuole una dedizione assoluta; dall'altro l'uomo che si adora, che non vuol rassegnarsi al secondo posto, che non vorrebbe nulla mutato nella dolce vita d' amore, e prega, e tenta, e trascina: oppure che si rassegna troppo presto, ritorna alle sue abitudini di scapolo, ancora recenti, infliggendo alla moglie un supplizio ancor più crudele. Che fare nel bivio? Molte donne sacrificano la maternità all' amore, affidando il bimbo ad una nutrice e riprendono tutte le abitudini della vita in due, quasi il piccolo nuovo venuto non significasse che un accessorio. E così fanno col secondo, col terzo, col quarto, con tutti quelli che il loro amore evocherà. Altre più coscienziose e più tenere verso il sangue del proprio sangue, si lasciano tutte assorbire dalle cure e dal nuovo sentimento d'amore che le piega verso la culla nei cui limiti circoscrivono oramai tutto il loro mondo e dimenticano tutto il resto a segno che la maternità giunge spesso a far loro sopportare senza troppe ribellioni la trascuranza e perfino l' infedeltà coniugale. È facile capire che questi due eccessi sono, come ogni eccesso, dannosi e biasimevoli. Un dovere non deve soverchiare l'altro, ma devono concatenarsi in modo, nella vita, da completarsi a vicenda, da comporne un bel tessuto armonioso. E tanto più trattandosi di doveri nati dall' amore, da due diverse manifestazioni d' amore ma entrambe care al nostro cuore. Nè il marito può tener vece d' un figlio ; nè un figliuolo potrà tener vece del marito: significa quindi che nell' anima e nella vita il posto c' è per tutti e due. Ed anche qui basterà mettere in opera un po' di solerzia, un po' di accortezza e molto cuore perchè nè l' uno nè l' altro soffra del nostro abbandono. Una giovine mamma può rinunziare alla società, ma non alla compagnia dello sposo se ricerca la sua, nè può negarsi a dedicargli tutto quel tempo in cui il suo bimbo non ha strettamente bisogno di lei. Così procurerà di mostrarsi sempre accurata ed elegante come una volta, anche nei suoi abiti più pratici, quali sono richiesti dalla sua maternità. Anzi una donna veramente innamorata e veramente intelligente, di questa maternità si comporrà un' aureola che le dia nuovo risalto e nuova seduzione agli occhi dell' uomo che la predilesse. Così la sua esistenza femminile sarà completa : così non si preparerà dei rimorsi per l' avvenire.

Pagina 162

Avviene poi che se questa genialità si avvizzisce in germe, il fanciullo divenuto adolescente si trova ad un tratto disorientato, estraneo alla vita comune, isolato: e, o si abbandona ad una vita disutile di piaceri, o s' ammanta nella sua passata notorietà come un piccolo re spodestato continuando ad essere altezzoso e borioso. Una vanità gonfia di nulla che più tardi muoverà a riso e a compassione. Vi sono però i veri ingegni precoci : fanciulli che fanno stupire per la loro intuizione meravigliosa nell' interpretare qualche arte, nel dedicarsi a qualche esplicazione di essa. E la madre di questi piccoli privilegiati dovrà raddoppiare di cure, di protezione intorno a loro : dovrà vigilare che nulla si guasti del delicato congegno del loro organismo e della loro intelligenza ; che non vi avvenga squilibrio alcuno : perché il frutto maturato innanzi tempo possa giungere sano e moltiplicarsi quando verrà la sua vera stagione. Io avvicinai a Milano la madre del piccolo Miecio Horzowsky il minuscolo pianista così grazioso nei suoi abitini di velluto, coi lunghi capelli che gli scendevano sulle guancie rosee e ben nutrite ; così stupefacente nell' interpretare musica difficilissima con una correttezza da maestro provetto, nel dare a Chopin la serenità della sua anima di fanciullo. La mamma di Miecio piccolina, magra, abbrunata, tanto somigliante al figliuolo nel volto un po' largo, negli occhi intelligenti e velati da una lievissima malinconia che pareva solamente timidezza quando accanto al suo fanciullo miracoloso sorrideva dei nostri entusiasmi, delle nostre calde parole di congratulazione e di elogio. E fu forse per quella gentile figurina di madre che la sorte del piccolo Horzowsky mi sembrò più avventurata di quella di qualche altro ragazzo artista : e che non ne riportai l' impressione d' una anormalità come molte volte in simili casi mi era accaduto.

Pagina 210

La moglie che non ama più, crede intravedere nella manifestazione di simpatia, in un' affinità intellettuale e morale, un rifugio, un compenso allo squallore del suo isolamento intimo e vi si abbandona convinta di non mancare a nessuno dei suoi doveri. Poi quelle manifestazioni sono così timide! è così poco quello che le si chiede! e questo nuovo sentimento che già le intiepidisce l' anima come un alito di primavera è così puro, si manterrà sempre così alto, così superiore, che solo un dubbio le pare profanazione. E nuovamente illusa porge gli orecchi ai canti delle eterne Sirene, mentre dovrebbe come il saggio Ulisse tapparseli con la cera e proseguire il suo cammino. Dice Fénélon: « Il faut laisser la tentation gronder autour de nous, comme un voyageur surpris par un grand vent dans une campagne s' enveloppe dans son manteau et va toujours malgré le mauvais temps. »

Pagina 236

E la creatura vinta si abbandona. Si abbandona con una specie di sfida al suo destino, con un'ebbrezza folle, senza più ritegno, senza più controllo, senza quasi più coscienza della sua responsabilità e delle sue azioni. Ogni altro affetto impallidisce in lei, ogni altro motivo di vita si atrofizza : tutto viene assorbito, sacrificato a quell' unico fiore del male che s' apre mostruoso, a sommo del suo cuore. Il marito, i figli, la casa, spariscono nel suo egoismo amoroso : ella non pensa che ad ingannarli, a liberarsi da vincoli che la inceppano, per tuffarsi interamente nel cratere che l' arde e che solo le dà il senso della vita. Cieca, non vede gli agguati e spesso vi incespica : non vede i pericoli e vi si getta dentro con temerità stolta. Perde la nozione del tempo, della legge ineluttabile delle cose e crede che tutto l' avvenire possa contenersi nel giro ripetuto all' infinito di quelle ore affannose ch' ella chiama di felicità : crede che tutti siano ciechi e pazzi e illusi come lei, e che certi strappi di coscienza, certi errori volontari, certi sacrifizi d' innocenti, si possano compiere sempre impunemente, e non portino seco l'espiazione, lunga, triste, dolorosa: o un tremendo, folgoreggiante castigo....

Pagina 242

Ora nessuna donna di servizio resiste all'esca di un salario maggiore, e per cinque lire di più al mese abbandona con indifferenza una casa dove viveva da anni e dove era ben trattata. Ora bisogna studiare la frase per fare un'osservazione, per dare un ordine, altrimenti si corre il rischio di sentirsi rispondere in malo modo : e la crisi delle serve non accenna a risolversi, anzi si fa ogni giorno più grave per la insufficienza di quelle che si trovano e le esigenze di quelle che fanno le preziose. — Una signora mi raccontava perfino questo, che ad una sua amica accadde di prendere a servizio una giovane dall' aspetto un po' grossolano e sgarbato, la quale non era altri che.... un uomo in abiti femminili, introdottosi in casa sua chissà per quale scopo! E questo fatto mi pare possa stabilire un bel récord e non abbia bisogno d'altri commenti.

Pagina 395

Pagina 434

Tutto par troppo forte, quasi insostenibile; il sole, la luce, i profumi, i suoni, i sapori ; ma si abbandona con una specie di ebbrezza la propria fragilità a queste energie che riconducono alla vita. È una rinascita piena di fascino sottile ; l' esistenza appare sotto colori rosei, gentili, come nella giovinezza ; e l'anima, come il corpo, si sente purificata, leggera, calma, inondata di fede, attratta verso le più poetiche idealità. Gabriele d'Annunzio in un suo romanzo ha analizzato con l'acutezza che gli è propria questo stato speciale dallo spirito durante una convalescenza facile e ne fa risultare una delle voluttà più squisite. Tutto sorride intorno alla convalescente, tutto le ritesse l' illusione d'un propizio destino, come se si trovasse di nuovo per la prima volta alle soglie della vita. Allungata nella più comoda poltrona della sua camera a poca distanza dalla finestra semiaperta da cui scorge il verde giardino sotto il cielo azzurro di maggio, mentre salgono a lei come il saluto della primavera, il profumo delle corolle fiorite, la signora in una posa di languida grazia parla poco, con una voce ancora debole, ma ascolta e contempla assai. Le sue amiche sono venute ad una ad una a congratularsi con lei, a recarle fiori, dolci, piccoli doni: ed essa per riceverle ha indossato un abito elegante, tutto sciolto perchè non può ancora mettersi la fascetta, ma guarnito con buon gusto, di color delicato e ridente. Ha ripreso i suoi gioielli, meno gli orecchini: gli anelli le sono diventati larghi nella mano diafana e così bianca che pare il pètalo di un giglio. È pettinata semplicemente, ma con cura, e gli occhi sembrano più grandi nel suo volto smagrito: il suo sorriso ha acquistato una dolcezza e i suoi gesti sono pieni d'una remissività che prima non aveva. Il medico non le ordina più che ricostituenti, e le fa delle visite da amico, raccomandandole di coricarsi presto, cosa che essa fa volontieri, giacchè uno dei sollievi della convalescenza è quello di adagiarsi un po' stanchi in un letto fresco che vi offre col buon sonno il riposo riparatore. Le sue amiche, i suoi parenti la rimettono un po' per volta al corrente di tutto ciò che è avvenuto nel tempo dal suo esilio dal mondo, ma la convalescente guarda ora l'esistenza, le persone, gli avvenimenti, con altri occhi, giudica in diverso modo. La morte ch'essa ha veduto da vicino le ha insegnato il vero valore della vita, le ha dato la lucida percezione della verità su tante cose. Il suo pensiero si è fatto più maturo, più severo, i suoi gusti si sono un poco modificati: la sua sensibilità è così viva che piange per un nonnulla, ma sono lagrime di emozione dolce, giacchè nessuno certo vorrebbe procurarle un dispiacere. E se nel suo passato vi fu qualche leggerezza, se ha a rimproverarsi qualche mancanza al suo dovere, qualche po' d' incontentabilità per la sua sorte, in quest'ora di purificazione soave se ne pente, e forma un voto fervido e sincero nel segreto del suo cuore rinnovato.

Pagina 541

La speranza è una delle facoltà che emerge prima nella vita e che ultima ci abbandona. Spera già il bimbo che ha appena la possibilità di formare il desiderio : spera il morente, quando più nessuno spera intorno a lui. Grande forza motrice è la speranza, grande contingente di vita e d'energia. Mai ci sentiamo più validi, più forti, più buoni, che sotto l' impero d' una luminosa speranza. Bene è dunque coltivarla in noi, provocarla quando tace, riaccenderla quando accenna a languire, trattenerla quando vuole abbandonarci o sostituirla subito da un'altra se vien meno. La speranza è indispensabile al nostro mondo morale come la luce, come l' ossigeno. Sperate contra spem ha raccomandato uno dei Padri della Chiesa : sperate oltre ogni speranza. La circostanza più comune, un'ora, un attimo, bastano per mutare in un destino favorevole un triste destino : per aprire un nuovo orizzonte, per salvare. Tutto è mistero in noi e intorno a noi e tutto è possibile, anche il prodigio.... FINE.

Pagina 703

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