Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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La fatica

169621
Mosso, Angelo 3 occorrenze
  • 1892
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
  • Paraletteratura - Divulgazione
  • UNICT
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La quaglia, è un animale poco socievole, che vive gran parte della vita isolato: neppure all' epoca degli amori mostra desiderio della famiglia, perchè il maschio abbandona la femmina appena essa comincia a covare. Non viaggiano a stormi come le rondini e le anatre, ma ciascuna da sè si mette in viaggio senza curarsi delle altre. Quando un vento forte le osteggia nel mare, resistono fino a che possono; poi quando non ne possono più, si lasciano andare in sua balìa e finiscono col cadere come prive di sensi sugli scogli o sulla coperta dei bastimenti che incontrano. Queste traversìe le mettono, come dice Brehm BREHM. La vita degli animali - Uccelli. Vol. IV, pag. 414., in tanta paura e confusione che, anche dopo cessata la burrasca e ristabilitosi il vento favorevole, restano ancora immobili per più giorni sul luogo dove si posarono, prima di risolversi a continuare il viaggio. Se una burrasca non le sorprende, le quaglie attraversano il Mediterraneo senza grande fatica: e spesso accade che cambiando il tempo e non potendo arrivare le altre che sono per via, mentre quelle prime seguitano il loro cammino, il cacciatore trova vuoto di quaglie il terreno dove aspettava di trovarne in abbondanza. Non ne ho vista alcuna, che, dopo arrivata, ritentasse nuovamente il volo, per posarsi più lontano sopra una delle collinette circostanti. Brehm descrisse l'arrivo delle quaglie nell'Africa. "Stando sopra un punto della costa nord dell'Africa ad osservare durante il tempo della vera migrazione delle quaglie, si può essere sovente spettatori del loro arrivo. Si scorge una nuvola scura, bassa, aleggiante al disopra delle onde, che rapidamente si avvicina, nello stesso tempo che va sempre abbassandosi, ed immediatamente dopo precipita al suolo sul margine estremo dell'onda del flusso la massa delle quaglie mortalmente stanche. Qui le povere creature giacciono da principio alcuni minuti come sbalordite e quasi incapaci di inuoversi: ma questo stato cessa in breve. Comincia a manifestarsi un movimento: una delle arrivate dà principio e tosto saltella e corre affrettatamente sulla nuda sabbia cercando il luogo più adatto per nascondersi. Passa un tempo considerevole prima che una quaglia si decida a mettere nuovamente in esercizio gli spossati muscoli del petto: di regola generale ciascuna cerca la sua salvezza nel correre, non alzandosi a volo, nei primi giorni dopo l'arrivo, che per necessità inesorabile. Per me non v'ha dubbio alcuno che, dal momento in cui lo stuolo ha nuovamente sotto di sè la terraferma, compie correndo la massima parte del viaggio che gli rimane"Opera citata, pag. 414.. Il De Filippi racconta di aver veduto delle colombe posarsi in alto mare colle ali aperte sulle onde; e per questi uccelli deve essere un segno di insuperabile stanchezza. Brehm dice aver inteso da marinai degni di fede che anche la quaglia in caso di straordinaria stanchezza si posa sulle onde, vi si riposa per qualche tempo, indi s'alza nuovamente a volo e va oltre. Non so più in che libro io abbia letto che qualcuno vide in alto mare degli uccelli, tra i volatori più forti, che avevano sulla schiena qualche uccello piccolo il quale facevasi portare e che a questo modo aveva trovato nella disperazione la salvezza. Una memoria antichissima della stanchezza delle quaglie l'abbiamo nella sacra Bibbia dove nell'Esodo si racconta come gli Israeliti si nutrirono di quaglie nel deserto. La facilità colla quale si lasciavano prendere dimostra che erano esauste dal viaggio. Vi sono degli uccelli che ad ogni primavera fanno più di quindicimila chilometri per andare dall' Africa australe, dalla Polinesia e dall'Australia fino alle regioni polari; e nell'autunno rifanno indietro il medesimo viaggio per ritornare alle loro stazioni d'inverno. Il rondone compie ogni anno il viaggio dal Capo Nord al Capo di Buona Speranza, e viceversa. Le emigrazioni delle gru e delle cicogne le vediamo ripetersi ogni anno. Ma come si orientino a traverso i monti e nel mare, come dall'Africa le cicogne e le rondini tornino al loro antico nido, come siasi sviluppato l'istinto che le guida, non sappiamo ancora. In questi ultimi anni si sono scritti libri assai pregevoli su questo argomento: citerò quelli di PalmènI. A. PALMÉN; Ueber die Zugstrassen der Vögel, 1876, Leipzig., di Weismann WEISMANN, Ueber das Wandern der Vögel. Berlin, 1878., e di Seebohm SEEBOHM,The geographical distribution of the Charadriidoe.. Ora non si contentano più gli ornitologi, contemplando gli uccelli che passano per l'aria, di dire che si tratta di un istinto mirabile. Anche su quest'argornento sono cominciati gli studi analitici. Palmèn dimostrò che gli individui più vecchi e più forti guidano le schiere migratrici, e che la maggior parte degli uccelli che fuorviano e si perdono per strada, sono individui giovani dell'ultima covata, o madri che si fermano e deviano per cercare i figli smarriti. Difficilmente i maschi adulti, se non sono sbattuti da una tempesta, perdono la strada. Palmèn ha pubblicato una carta delle grandi vie delle emigrazioni. I termini miliari di queste lunghe strade sono certi luoghi, dove gli uccelli possono riposarsi e trovare nutrimento abbondante.Palmén dice che sarebbe mancar di criterio l'ammettere che gli uccelli escano dall'uovo portando innata la conoscenza di questi luoghi. L'istinto che posseggono gli uccelli ha bisogno di essere educato. Appena escono dal nido cominciano a studiare lo spazio che li circonda, poi si allontanano in cerca del cibo e la foga del volare li spinge lontano quanto loro serve la memoria. Così sviluppasi rapidamente in essi il senso dei luoghi e della direzione. Quando giunge l'autunno si lanciano intrepidi verso i paesi del mezzogiorno; e, se un uccello nato in quell'anno è così irrequieto che non aspetta i genitori, può riuscire a trovare una via che lo conduca al suo scopo, ma il più delle volte soccombe. E perciò che generalmente viaggiano in stormi e in grandi comitive.Così imparano dai vecchi a conoscere gli accidenti del terreno, i monti, i fiumi e le valli, che sono le grandi vie maestre delle emigrazioni. Ciò che a noi sembra un istinto meraviglioso e cieco sarebbe una conoscenza dei luoghi, che le generazioni degli uccelli si tramandano come una tradizione.

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Generalmente allo sbadiglio va unita una contrazione del muscolo, alla quale uno, quando può, si abbandona, perchè reca sollievo; il reprimerlo in pubblico richiede una certa forza che non sempre si riesce ad avere. Il sollievo che segue allo stiramento delle braccia dipende da ciò che, contraendosi i muscoli, veniamo a mettere in moto una certa quantità di sangue che era come stastagnante nelle vene. Cio aumenta la pressione del sangue e rende più forti le pulsazioni del cuore, e ci toglie dalla depressione in cui ci trovavamo. A sbadigliare e stirarci non si impara da nessuno; i bambini quando si sfasciano, spessissimo li vedi sbadigliare e stirarsi anche nei primi giorni della vita.

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