Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il galateo del campagnuolo

187392
Costantino Rodella 2 occorrenze
  • 1873
  • Collegio degli artigianelli
  • Torino
  • paraletteratura-galateo
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Nessuno vive più alla mercè della fortuna, che l'abitatore dei campi, la creatura più indipendente, più libera, e più poetica che si possa immaginare; onde se anche più d'ogni altra si abbandona alle superstizioni, ai pregiudizi, alle ubbie, alle credulità, agli errori volgari, si deve anche più che ad ogni altro perdonare. E dire che questa vita indipendente, salubre e vigorosa mal si conosce, e peggio s'apprezza da' campagnuoli; perché la maggior parte di essi si studia di abbandonarla per correre ad abitare le città! .La città! — Ecco il sogno dorato del contadino. Nelle città le persone sono ben vestite, nella città v'è allegria, si gozzoviglia; dunque vi si deve star bene. Questo è il ragionamento che fa il contadino che abbia, come dicono la mente un poco svegliata. ............ E così, intanto che la città accoglie un consumatore di più, la campagna perde un produttore. Il disinganno arriva presto, ma il più delle volte al fatto non v'è più rimedio. CANTONI. Almanacco Agrario, 1869. Quest'emigrazione da'campi, quest'inurbarsi de' villici senza niun ricambio di cittadini che ritornino ai campi, segna pur troppo un principio di decadenza ne' costumi, e di regresso nella società. È vero che la società moderna ha di molti e gravi torti verso la classe de'contadini, la classe che alimenta tutte le altre, e da nessuno è tenuta in conto; nessuno pensa a lei, o se ci pensa, è per servirsi del nome di villano come una contumelia. Vi sono istituti di provvidenza, pie associazioni per favorire gli operai, gli impiegati, i militari, e via via; ma per i contadini niente di niente! Anzi quando si parla di agricoltori si fa con un non so qual senso di disgusto, e la signorina schifiltosa per poco non si tura il naso per sospetto di non sentirne il lezzo. Questo è ingiustizia. Ma non è ancora una sufficiente ragione di disertare i campi per andar a popolare le città, come se là si trovasse la manna, che gli Ebrei avevano senza fatica nel deserto. Poveretti! Essi stanno all'apparenza; vedono il cittadino meglio ripulito e rimpannucciato, il viso bianco, le mani meno rugose, e scambiano questo per agiatezza e abbondanza de' beni del mondo. Ma se vedessero più addentro le cose, sì che esclamerebbero, che non è oro tutto ciò che luce; e che ad ogni uscio v'è il suo ripicco; come dice il proverbio! Venuto in città il campagnuolo, disadatto e ignaro di tutto, sarà costretto ad esercitare i più umili mestieri, e si bacierà la mano a trovarne; invece della casetta in mezzo al verde della campagna, soleggiata da mane a sera, abiterà uno stambugio, oscuro, umido, fumoso, dove non potrà mai penetrare raggio di sole, oppure salirà per dodici o quindici scale in una povera soffitta sotto i tetti, e i suoi teneri bambinelli per trascinarsi ogni dì su e giù per meglio di cento scalini si scavezzeranno le gambe e si storceranno in mille guise la persona; chè in ciò sta la vera ragione delle molte storpiature, che si vedono nelle grandi città! Senza dire che lì si deve vivere tutto a punta di quattrini, e il vitto è caro, e il guadagno è scarso, e le spese infinite; onde i digiuni non comandati sono più di quel che si pensi. E ciò, che aggiunge peso, è il trovarsi di continuo alla presenza della ricchezza strabocchevole e del lusso insultante dei doviziosi; il tapino cencioso colle scarpe rotte è costretto a vedere il signore in superbo cocchio stemmato, tratto a due pariglie! Nella campagna poco su poco giù si vive tutti a un modo, il servitore, il bracciante mangia alla tavola del padrone, e non si vede così allo scoperto questo terribile contrasto della lautezza colla miseria; ma in città quante volte l'infelice operaio, in mezzo ai figli, che gli domandan pane, colle viscere dolenti pel digiuno, si coricherà nella fredda soffitta, e alle sue orecchie verrà la romba della festa e la eco dell'orgia, che lì sotto di sè nelle sale dorate del primo piano si prolungherà alle ore del mattino! Chi terrà il poveretto dal gittarsi alla disperazione? Pure questa miseria velata fa gola al campagnuolo! Il dottore Enrico, che usava tutti gli anni passar un po' d'autunno nel suo villaggio del Monferrato, non cessava di far aprir gli occhi a' suoi terrazzavi, svelando gli stenti infiniti, che si nascondono sotto abiti signorili. E se fan prova di poca avvedutezza quei che lascian la campagna per la vita cittadina, che s'ha a dire di coloro, che consumata ogni sostanza nel giuoco e negli stravizzi, vanno poi a cercar fortuna in lontani paesi; quasichè altrove i gnocchi e i capponi piovano giù dal cielo come la neve, e che i fiumi scorrano nebiolo e moscato! La vita è dura dappertutto, osservava il Dottore, e forse lontano più che dove s'è nati. Ma l'agognia de' subiti guadagni, l'avidità del milione, che sconvolge da capo a fondo tutta la società moderna, tormenta anche il pacifico abitator de' campi; e l'America, la California, l'Australia si atteggiano con seducenti colori alla fantasia di tutti. E qui prendendo alcuni di questi sognatori di tesori, il signor Enrico loro chiedeva: Orsù, ditemi un poco, di tanti che avete veduti voi andar di là dai monti e dai mari, quanti n'avete visti ritornare co' sacchi pieni d'oro? Il figlio di Gian Giacomo, tutti lo conoscono, si diceva che possedeva monti di lire sterline, l'abbiam visto ripatriare l'anno passato cogli abiti laceri e colle scarpe rotte; il ni-nipote di Carlambrogio, e quella buona lana del suo amico Stefanaccio morirono di febbre gialla, dopo due mesi che vi eran giunti, come accade ai due terzi che colà emigrano! E la litania è lunga; ma nessuno, che noi conosciamo, fece fortuna. Gli zii che ricchi tornan d'America, ora non si vedon più che sui teatri In America non è più il tempo che Berta filava. Dal 1830 in poi, le vicende politiche e lo spirito d'avventura, spinsero colà la parte più giovane, più energica, più attiva ed anche più intelligente della vecchia Europa. I facili guadagni d'una volta si fecero sempre più difficili; ed ormai si può dire che per fare fortuna in America bisogna già averla fatta altrove, oppure è necessario recarvisi con abilità non comune. Gli agricoltori, come disse il Ferrario, sono i meno cercati, ed io soggiungo che sono pur quelli che più difficilmente possono cambiare di abitudine. II contadino sfugge la miseria in casa propria, per morir di stenti oltre l'Oceano, non potendo più far ritorno per mancanza di mezzi. Al contadino, nell'America, oggidì sono riservati i mestieri più vili, le fatiche maggiori, ed i minori guadagni. CANTONI, Almanacco agrario. Fate come me, diceva, non credete alle ricchezze favolose di chi è lontano; voglio vederlo io l'oro che portano di là: a ciance il denaro si misura a palate; ma per conseguirne un bricciolo, fa doler le dita. Sapete come si ottiene un po' di ben di Dio? S'ottiene col sudor della fronte e col risparmio; e ciò si può far qui come in tutto il mondo. Chi vuol vivere in ozio, conchiudeva, e consumarsi nel giuoco e in bagordi, fa della fame in tutti i paesi della terra.

Nel verno successivo si torna da capo a scuola col tenore dell'anno precedente; lo scolaretto non si ricorda più nulla di quel poco che aveva imparato; onde si mette di nuovo all'abbicì; e così di seguito d'anno in anno; finché abbandona affatto lo studio; e se ha imparato a scrivere correttamente il suo nome è somma grazia; ma che riceva una conveniente istruzione, cioè che apprenda quelle cognizioni utili alla pratica della vita, nessuno il potrà credere. Dnnque che cosa imparano i vostri ragazzi in quel periodo di tempo che vanno a scoola? domandava il Dottore... Ve lo dirò io netto e tondo: a far i monelli. Nulla è più spiacente, che il veder i giovinetti per le strade, quando vanno o tornano dalla scuola! Sùdici nelle mani, nel viso, negli abiti, gridano, urlano con vociaccie d'inferno, scorrazzano qua e là, scavalcano siepi, saltano nel seminato, sferrano sassi contro gli alberi, contro le bestie, contro i compagni, s'accapigliano, si lacerano gli abiti, ingaggiano certe battagliuole fra loro da far gelare il sangue addosso; spesso si dan la parola tutti que' d'una vallata per aspettare al varco quelli d'un'altra, si sfidano, si battono, si rompono il capo; brutte discordie, esempi di odio, pur troppo nutriti nelle famiglie e cresciuti ne' figli dagli imprudenti racconti de' padri. Pare che ne' ragazzi l'istinto dominante sia la ferocia; già lì non s'ammira che la forza bruta; il più forte è il re, egli è temuto, rispettato da tutti, se ne cerca l'amicizia e la protezione. Guai a' deboli! La pietà, la commiserazione, i perdono, le qualità gentili e generose dell'animo, sono sensi ignoti al cuor del fanciullo. Si commettono in fanciullezza crudeltà e barbarie indicibili; infelici quegli animali, che cadon sotto le loro unghie! L'agnelletto, la pecora, il cane, il gatto, bastonate, sassate alla cieca; e quel che fanno ai semplici uccellini; ahi, li acciecano, li spennano vivi vivi! piantano spilli negli insetti, e quelle son le grida di giubilo che mandano nel sentir quelle povere bestiuole stridere e guaire! Non si direbbero selvaggi, che giubilano nel sangue? Oh la brutta cosa! Gli alberi fruttiferi sono poi in ispecial modo presi di mira; i frutti sono affatto acerbi, non hanno ancora alcun grado di maturità, è proprio roba sciupata; tanto fa, giù addosso; nè si contentano di gettar giù le ciliegie, le pere, e via, ma guastano il seminato sottostante, rompono i germogli, scavezzano i rami; onde non solo mandano a male i raccolti dell'annata, ma rendono la pianta inetta a produrre per alcuni anni appresso; pare che siano invasi dallo spirito di distruzione! Dunque che s'ha a fare? Che s'ha a fare...? Oh non son vostri figli codesti? Accompagnateli qualche volta, sorvegliateli; quando son mal accompagnati, sgridateli; quando sapete che si son portati male, puniteli, e non lasciatevi dar ad intendere. O che non la fate la guardia alla pecora, alla vacca, a' buoi? E i vostri figliuoli saran da meno de' giumenti? Andate spesso dal maestro, informatevi sulla loro condotta, sul loro studio, castigateli e premiateli secondo che si meritano. Mostrate voi di dare importanza a' libri, alla scuola, al maestro; e vedrete che i vostri figli impareranno a ubbidire e a rispettare; perchè i ragazzi stimano solo quello che vedono stimato dagli adulti. Nessuna ragione deve allontanare il figlio dalla scuola, neppur per un giorno, tranne fosse malato: tanto tanto per quell'aiuto che vi possa dare nelle vostre faccende un ragazzetto di poca età, non val la pena frastornarlo dalla scuola. Ebbene fate proponimento di lasciar frequentar la scuola comunale a vostro figlio, fino ai dodici anni e tutta l'annata scolastica; e allora vi dico io, che sentirete i beneficii della scuola; perchè, mettiamo che cominci a' sei anni, a' dodici avrà di sicuro appreso quanto gli occorre negli usi della vita e potrà poi senza difficoltà continuare la sua educazione da sè quando lo voglia. Tutte le fatiche, a cui sottomettonsi i ragazzi prima dei dodici, sono a detrimento non pur dello spirito, ma anche della salute e dello sviluppo del corpo. In que' paesi industriali, dove i padri, per ingordigia di guadagno, costringono i figliuoli e le figliuole già da otto a dieci anni a lavorare negli opifizii, non si vede più una gioventù fresca e robusta, ma vi crescono uomini e donne rachitici, smunti, scialbi, di color terreo, vecchi sul fior degli anni! Una legge, che vietasse questo traffico di carne umana, sarebbe una benedizion del cielo! Si dovrebbero multare tanto i padri, che vendono così i loro figli, quanto i capi-fabbrica, che accettano nelle loro officine ragazzi prima de' dodici anni; in tal guisa mentre da un lato si provvederebbe alla robustezza del corpo, dall'altro si lascierebbe campo alla scuola a far prova del suo valore. Ma voi sì che badate alla scuola, anzi il più delle volte guastate a casa que'buoni germogli, che si eran piantati in quella. Vostro figlio, ad esempio, imparò dal maestro un'ottima massima, un bel tratto d'educazione, e lieto lo ripeterà in casa; oppure quando in famiglia vedrà praticarsi proprio l'opposto, il ragazzino verrà lì colla sua buona sentenza, — e il padre: taci lì, asinaccio; — se il figlio si scusa sul maestro; — che vuoi che sappia il tuo maestro, una bestia matricolata, anche lui, che vuol sputar sentenze.... e giù villanie, che non finiscono. V'ha poi tali padri, che per dar a divedere teste fine, e per leggere qualche gazzettaccia, la pretendono ad avvocati, si mettono lì a bisticciare, a contraddire, a cavillare sulle poche idee, apprese dal figlio alla scuola e mettono in canzonatura il maestro ed anche il libro, e mostrando un presuntuoso disprezzo di ogni buon principio di morale, spaccieranno giudizii l'uno più stolto dell'altro. Quindi, domando io, qual frutto può produrre la scuola e che autorità potrà avere un povero maestro sui vostri figli, quando voi lo tacciate d'incapace, d'ignorante, e lo coprite d'ingiurie? E questo bell'andazzo, soggiungeva il Dottore, che s'è preso qui dai nostri Consiglieri del Comune, di cambiar maestro ogni anno, credete voi che torni a pro dell'istruzione de' vostri figliuoli. Ogni maestro che viene nuovo all'Ognissanti deve spendere i primi mesi per riconoscere lo stato della scuola, a che punto sono gli allievi, per distinguerli in gradi; perchè egli non sa che cosa siasi insegnato nell'anno precedente; onde que' pochi mesi, che i ragazzi frequentano la scuola, vengono ancora ristretti da questi esperimenti primitivi. Ma sì andatelo a far intendere a certe teste; gli è come pestar l'acqua nel mortaio. Questi ha la sua creatura da proteggere, quegli un odio ùda sfogare, quest'altro si è preso un puntiglio, e così o per un capriccio o per un altro si fa spendere una somma tale e quale per stipendiare il maestro e la maestra, e l'istruzione e l'educazione del paese va a rotoli; e voi pagate...! Quando vi avviene di trovare un maestro discreto, e che i vostri figliuoli fanno profitto, via non state lì a guardar tanto pel sottile, fategli carezze, cercate di fargli prender amore al paese, sicchè rimanga invitato a restare fra voi, a porre lì la sua dimora stabile, come se fosse la sua terra nativa. Più anni starà, e meglio sarà per l'istruzione della gioventù; conoscerà le indoli, le costumanze, le virtù e i difetti della scuolaresca; la saprà pigliar pel verso suo; e le cose andranno di bene in meglio; tenendo conto del fatto degli anni andati, seguendo il medesimo metodo, l'istruzione procede continuata, uguale, profittevole. Val più un maestro mediocre, ma pratico del paese, che uno ottimo, e nuovo. Ma per tornare ai ragazzi, là dove abbiam trovato la famiglia ordinata e amorevole, anche i figli sono fiori di grazia; si vedono puliti, ravviati, gentili, che è un amore. Prima che partano per la scuola la madre ci abbada, se hanno le vesti decenti, se le scarpe sono pulite e nere, se i capelli pettinati, se le mani e il viso lavato, se hanno l'occorrente per la scuola; a volta a volta li accompagna essa stessa; si raccomanda a questa e a quella persona di tenerli d'occhio; e al ritorno loro dà una ripassatina, guai se trova qualche strappo negli abiti; se arrivan tardi, vuol saper per filo e per segno, che cosa han fatto, dove si son trattenuti, va ad appurar i fatti dal maestro, riconosce ogni cosa, e sa premiare e castigare a tempo. Le feste poi se li conduce con sè alla chiesa, attillati e lucenti, come uscissero da una scattola, se li fa inginocchiare lì presso col loro libricino aperto e non li abbandona un istante. Oh sì che lascierebbe i suoi figli là mescolati con tutta quella ragazzaglia, che va a mettersi presso il presbiterio a far d'ogni sorta di monellerie, come se fossero di nessuno; nè manco per sogno! Come fa pena all'animo veder nelle chiese de' paeselli tutta quella frotta di ragazzi, l'uno più discolo dell'altro, attruppati innanzi all'altar maggiore, nel luogo più in vista! Si sdraiano sugli scalini, si urtano, si pizzicano, si battono, si nascondono la pezzuola, il berretto, parlano, ridono, sghignazzano, che è una distrazione continua; sembrano fanciulli abbandonati. Come volete che questi ragazzi crescano col rispetto del prossimo e col timor di Dio, se nel luogo più venerabile, più santo, commettono tante irriverenze? E quel che fa più dolore è che lì in chiesa vi saranno i padri e le madri, i quali non se ne dan per inteso; e come niente fosse, non volgono neppur un rimprovero ai loro figli. Ma Dio non paga il sabato, e voi non avrete ad andarvene a pentir a Roma. Quel figlio, che lasciate ora alle impertinenze, verrà su ozioso, maligno, disubbidiente; non avrà più rispetto di sorta nè delle cose, nè degli uomini, si riderà di voi, delle leggi, di tutto, vi spoglierà della roba e dell'onore, e dopo avervi ridotto nella miseria, amareggiata la vita in tutti i modi, in quell'età che dovrebbe essere il sostegno e l'orgoglio de' vostri anni cadenti, sarà là a marcire in un carcere. E allora, non avrete che a coprirvi il viso e a picchiarvi il petto, recitando il mea culpa. Queste cose le diceva piano e forte il signor Enrico, e narrava fatti e proferiva nomi, sicchè il suo dire riusciva persuasivo a più doppi.

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