Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Nuovo galateo

189559
Melchiorre Gioja 3 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
  • paraletteratura-galateo
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.° Tra le attitudini ridicole « singolarmente significante » é una testa, che, mal potendo reggersi » sul collo, si abbandona affatto penzoloni sul » petto; le labbra mezzo aperte lasciano a grado » suo pendolo anche il mento, gli occhi sono incavati, » mezzo velati dalle palpebre, le ginocchia » un po' piegate, il ventre sporgente, i piedi » volti in dentro, le braccia spensolate, sciolte o » imbisacciate nelle tasche dell'abito. Chi non indovina » a prima vista in questi lineamenti un' anima » senz'attivita, senz'energia di sorta, o per » dir meglio un corpo senz'anima, dove non è più » alcun vigore a contrarre i muscoli e reggere e mover » le membra come conviensi? Appena la più » stupida umana creatura può atteggiarsi in cotal » guisa priva d'animo e d'ogni attiva significazione ». Idem Faccio uso dell'elegantissima traduzione del signor dottor Rasori. 2.° V'ha chi nel sedere

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L'uomo, naturalmente, rozzo, personale, semi barbaro, si dirozza, si umanizza, ingentilisce sotto l'influsso della ragione sociale, come il metallo abbandona la ruggine sotto l'azione del pulimento. I principii della ragione sociale sono: 1.° Esercitare i propri diritti col minimo dispiacere degli altri; 2.° Rispettare i loro diritti, ancorchè dannosi a noi stessi; 3.° Riconoscere il loro merito, benché fossero nostri nemici; 4.° Non far loro del male senza giusto motivo e legittima autorizzazione; 5.° Promuovere il loro bene anche con sacrifizio del nostro; 6.° Rinunziare a risentimenti momentanei che frutterebbero dispiaceri futuri maggiori; 7.° Sacrificare le affezioni personali all'interesse pubblico; 8.° Conseguire il massimo vantaggio pubblico col minimo danno de'membri della società. La civilizzazione consiste dunque nelle vittorie che ottengono i principii della ragione sociale sugl'impulsi disordinati della natura: per esempio, la natura irritata ci stimola ad ammazzare il nemico anche quando non può offenderci; all'opposto la ragione ci dice di non fare al nemico quel male che alla nostra difesa sarebbe inutile. I motivi per cui seguir si debbono i principii della ragione sociale, sono i seguenti: 1.° Il piacere che si gusta nel fare del bene agli altri o liberarli da' mali; 2.° I servigi che possiamo sperare da quelli cui venne da noi fatto qualche bene; 3.° La stima pubblica che corona le persone benevoli; 4.° Le cariche e gli onori che esse possono sperare da' governi saggi; 5.° Le ricompense religiose promesse a quelli che fanno del bene al loro prossimo. La pulitezza è un ramo della civilizzazione: ella consiste nell'arte di modellare la persona e le azioni, i sentimenti e il discorso in modo di rendere gli altri contenti di noi e di loro stessi, ossia acquistarci l'altrui stima ed affezione entro i limiti del giusto e dell'onesto, cioè della ragione sociale. Siccome non possiamo far nascere eletti fiori, moltiplicarli ed abbellirne il suolo con ogni maniera di coltura, cosi non è possibile di svolgere nell'altrui animo la stima e l'affezione verso di noi con ogni sorta di mezzi. La pulitezza non è dunque un cerimoniale di convenzione, come più scrittori opinarono; i suoi precetti non si attingono da'capricci variabili dell'uso e della moda, ma da' sentimenti del cuore umano, i quali a tutti i tempi e a tutti i luoghi appartengono. Di tale proposizione salta agli occhi la verità, allorchè si pongono al vaglio i motivi per cui alcuni atti ottengono lode di puliti, ed altri come impuliti son condannati. Anche il contadino, a modo d'esempio, s'affretta a raccorre una moneta od altra cosa che vi è fuggita di mano; egli si abbassa, onde togliere a voi l'incomodo d'abbassarvi: ci è qui un risparmio di pena nell'esecuzione d'un desiderio; e questo risparmio non è figlio di stabilita convenzione, ma dell'indole delle nostre facoltà. Allorchè, al teatro, quelli che si trovano nelle file posteriori gridano a quelli delle anteriori, levatevi il cappello, lo fanno forse per convenzione? No certo. Il desiderio di partecipare al comune spettacolo è ragionevole e legittimo, come ragionevole e legittimo si è il principio che il piacere della maggior parte non debb'essere distrutto dalla minore, nè dimezzato. Nel codice della pulitezza v'ha certamente alcune pratiche arbitrarie e convenzionali, come ve n'ha ne'codici civili; ma la massima parte dei precetti a risparmiare sensazioni incomode o memorie afflittive, e produrre idea lusinghiere o piaceri morali, è diretta. Si può riguardare come convenzionale, a cagion d'esempio, l'uso europeo che, per torre di mezzo le dispute, guarentisce il diritto di restar sul marciapiede a chi ha la destra verso il muro; giacchè quasi con uguale ragione si poteva lo stesso diritto alla sinistra guarentire. Ma questa convenzione alla legge del comodo e dell'incomodo va soggetta. Infatti camminando voi a cavallo con persona più meritevole parimenti a cavallo, la convenzione vuole che le lasciate la destra e siate qualche passo indietro. Nel caso però che la strada fosse alquanto sdrucciola o sassosa a destra, voi dovreste cambiar luogo; e se il vento cacciasse contra il vostro compagno la polve sollevata dal vostro cavallo, voi, in vece di stare indietro, dovreste procedere avanti. Per la stessa ragione sarete il primo a tentare il guado d'un fiume e a passarlo, sì per servire di guida al compagno, e si per non aspergerlo d'acqua o di fango. Si vede spesso la convenzione cedere al comodo negli stessi usi che da'carrettieri, cocchieri, postiglioni si osservano. Infatti una vettura, per esempio, la quale stia aspettando d'essere caricata o scaricata, benchè abbia il muro alla sua sinistra, costringe quelle che vanno o che vengono a scostarsi dalla loro linea, e talvolta a retrocedere; giacchè se ella dovesse moversi, a misura che un'altra sopraggiunge, si renderebbe talvolta il carico e lo scarico impossibile. Se si riduce la pulitezza a pratiche arbitrarie e convenzionali, più inconvenienti ne emergono: 1.° La pulitezza perde qualche grado di pregio; 2.° Riesce più difficile ad appaiarsi e ritenersi; 3.° Sorgono dubbi in ogni nuova combinazione di cose; 4.° Mancano le norme per giudicare gli usi e le consuetudini. Per le cose dette è chiaro che la pulitezza, considerata nel suo scopo e ne'suoi mezzi, non differisce dalla morale, fuorchè nella gradazione. Chi, per esempio, dà un bicchiere di vino a persona assetata, eseguisce un atto di misericordia; chi dà la chiave del suo palchetto a chi brama d'assistere ad una rappresentazione teatrale, eseguisce un atto di pulitezza. Nell'un caso e nell'altro v'è cessazione d'un dolore o soddisfacimento d'un bisogno; ed è questo dolor cessato che costituisce il principal merito dell'azione. Nel 1.°caso v'è un dolore più forte; men forte nel 2.°: ma il più e il meno non cambiano la specie. Voi che mi negate 20 lire di cui mi siete debitore, venite accusato d'ingiustizia, perchè mi private de'piaceri che colle 20 lire potrei procacciarmi. Voi scrivete senza motivo ragionevole cinque ponderose lettere ad un povero uomo , e lo costringete a pagare 4 lire per ciascuna, sicchè il danno ch'egli ne sente sale in tutto a lire venti; ciascuno vi taccerà d' indiscrezione, d'inurbanità, non già per convenzione, ma pel danno suddetto che nell'uno caso e nell'altro è uguale; anzi suoi essere maggiore nel secondo, giacchè il dispiacere di sborsare, in parità di circostanze, è maggiore del dispiacere di non ricevere. Le virtù vincono in grandezza e, per cosi dire, in peso la pulitezza; ma questa vince quelle nella frequenza de'suoi atti. Non è possibile nè a tutti nè sempre d'essere generosi; ma è possibile a tutti e sempre d'essere puliti. L'occasione d'esercitare modi gentili si rinnova parecchie volte alla giornata, sicchè la frequenza all'importanza supplisce. In somma la pulitezza è il fiore della morale, la grazia che l'abbellisce, il colore che amabile la rende ed amena. Fa d'uopo confessare che la pulitezza non sempre si presenta abbracciata alla morale; e l'uomo più pulito non è sempre il più morigerato. Il popolo chinese è il popolo più cerimonioso, e nel tempo stesso il più falso tra quanti vivono sulla terra; e, senza andare alla China, ciascuno giornalmente s'avvede che con gentilissimi complimenti sanno titillare l'altrui amor proprio anco gli scroccatori di professione. Quindi un illustre scrittore italiano dice: « Altro infine non è » la pulitezza che l'arte d'ingannare sè medesimi » coll'apparente sacrifizio della propria all'altrui » volontà, talchè non è raro che gli uomini » più puliti siano i più perfidi. Alle quali lagnanze si può andare incontro colle seguenti considerazioni: 1.° Una bella pittura può sussistere sopra un muro fracido, sdruscito, cadente: questa combinazione di cose scema forse il pregio generale della pittura? Le monete false, che non di rado sulla piazza appariscono, distruggon forse l'utilità e la necessità delle monete legittime? Perché la vipera s'asconde talvolta fra l'erbe e i fiori, cessiamo noi di pregiare i fiori e l'erbe? Spogliandoci de' modi gentili, e l'apparenza assumendo o la realtà della rozzezza, ci allontaniamo noi dalla perfidia? Un vizio divien forse manco nocivo, a misura che con maggiore sfacciataggine ed impudenza si mostra? 2.° Parecchi de'nostri sentimenti, se compariscono alla luce, offendono gli astanti, o ci fanno scopo all'altrui motteggio: l'arte che c'insegna a velarli non sarà ella un'arte stimabilissima? Infatti molti litigi che dividono le famiglie, molti odii che covano nell'animo i cittadini, la maggior parte de'duelii che alla giornata succedono, da un detto offensivo, da un atto impulito, da una semplice mala grazia traggono non di rado origine.

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L'amor proprio, che non abbandona gli uomini se non quando essi abbandonano la vita, fa loro temere sopra ogni altro male la derisione, e scuote loro didosso l'indolenza, e delle più care follie gli spoglia per non rimanere esposto ai frizzi del ridicolo, il che spesso non ottiene la più lampante verità ed agguerrita ragione. Se Aristofane avesse dato agli Ateniesi in una concione quegli ammaestramenti che diede loro nelle commedie, l'avrebbero tagliato a pezzi; laddove in teatro ridevano smascellatamente e dicevano ch'egli aveva ragione. Benché i Gentili avessero veduto Cicerone assalire l'edificio dell'idolatria con armi prestategli dalla filosofia, pure non sapevano indursi ad abbandonarne i tempii. Comparve in mezzo d'essi Luciano, il quale fece la guerra al gentilesimo col motteggio, e se non ne distrusse gli altari, ne disperse in gran parte gli adoratori. ll buon senso aveva già proscritto le pazzie cavalleresche in Ispagna, pria che nascesse Cervantes; ma quella nazione non riuscii a spogliarsene se non dopo che egli ebbe presentato al pubblico il suo ridicolissimo Don Chisciotte. Tanto é vero ciò che dice Orazio:

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