Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Le Fate d'Oro

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Perodi, Emma 3 occorrenze

. - Sono la Fata dei bambini abban- donati: sono la vostra Fata! - Le tre bambine le saltarono al collo. Ora torniamo un bel passo addietro. Il mercante, rimasto solo, era andato a letto e si era addormentato profonda- mente; ma dopo poco incominciò a sognare pareva che i ladri gli rubassero suoi te- sori; gli sembrava di sentir rotolare le mo- nete sul pavimento; voleva urlare e non poteva. Si svegliò spaventato e andò in cantina per sincerarsi. I mucchi delle monete erano tutti a po- sto; soltanto quand'egli prendeva una mo- neta in mano ci vedeva sempre da una parte o dall’altra il viso piangente di una delle sue bambine, e dagli angoli bui della cantina sentiva partire gemiti ed ululati di lupi. Richiuse la cantina e tornò a letto, e lì riprincipiò a sognare i ladri e si ride- stò. Insomma, non aveva un momento di pace, tanto che dopo una settimana di quella vita avrebbe dato tutti i suoi tesori per riavere le sue bambine e riacquistare la tranquillità. Si mise una bisaccia in spalla, e via per il mondo a cercarle. Camminò sette anni, sette mesi e sette g'iorni, quando una sera arrivò stanco sfi- nito in riva ad un bellissimo lago. Sulla sponda del lago incontrò una vecchia. - Sapreste dirmi in che paese siamo? - Siamo nel reame di un Re poten- tissimo, che oggi fa sposo l'unico suo figlio; anzi vado al banchetto nuziale, e possiamo fare la strada insieme. - Il mercante s'incamminò, e per la strada seppe che la sposa era una povera ragazza, ma tanto mai buona e tanto mai bella che nessuna poteva starle a confronto, altro che le due sorelle di lei, che erano già spose di due Principi coronati. Al mercante venne voglia di vedere quella perla di principessa e di parlarle, perciò domandò alla vecchina se gli poteva ottenere un'udienza. La vecchina glielo promise, ma sul più bello la perse di vista e arrivò solo, stracciato e polveroso al palazzo reale. I servitori Io mandavano via, i cani stessi gli abbaiavano alle calcagna, ma lui tanto fece, tanto s'arrabattò che gli riuscì di mettersi in fondo allo scalone di dove doveva scendere la sposa, in mezzo al cor- teo, per andare al banchetto. Quando il mercante vide la sposa si sentì tremare le ginocchia e sussurrò: « Bri- ciolina! » Briciolina si voltò, riconobbe il padre e gli si buttò al collo. Costì il corteo do- vette fermarsi, perché Briciolina era sem- pre abbracciata a lui, e poi se lo mise al fianco, fece chiamare le sorelle e tutte gli fecero un'accoglienza, come se le avesse fatte crescere nel cotone. Il mercante, guarito dall'avarizia, con- solato dalle figliuole, dimenticò i patimenti sofferti, e tutti insieme fecero una festa coi fiocchi. E i tre cacciatori? Che non l'avete capito? Erano i tre Principi che sposarono le figliuole del mer- cante.

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Le parve di esser trasportata nella povera capanna di paglia e stecchi della vecchia nonna, e di veder questa seduta dinanzi al focolare spento, che piangeva piangeva, e fra i singhiozzi esclamava: - Fragolina mia, perchè mi abban- doni? Non ti ho forse raccolta nel bosco? Non ho forse riscaldato nell’inverno le tue piccole membra? Non ho calmata la tua fame? Non ti ho cullata, baciata, amata tanto? Perché mi abbandona ora che sono vecchia; perché mi fai piangere così? - E seduto sulla porta della capanna, Fragolina udiva Moreccino, che gemeva anch'egli dicendo: - Sorellina, da quando tu sei scom- parsa nel bosco, io non ho avuto più pace. Il sole s'è fatto scuro agli occhi miei, i fiori hanno perduto il loro soave profumo, il bo- sco mi pare una solitudine spaventosa. Tor- na, Fragolina, torna fra noi che ti vogliamo tanto bene, che siamo tanto infelici senza di te! - Fragolina non vedeva più il popolo esultante, non vedeva più nulla, tranne i suoi cari nella piccola capanna, e non sen- tiva altro che i loro gemiti. Il primo ministro si permise di toc- care con la penna d'oro la mano della Regina per rammentarle che ella doveva firmare, ma Fragolina fece un gesto di ne- gazione. - Firmate, Maestà! - La Regina ebbe vergogna delle pro- messe che le chiedevano, ebbe orrore della rinunzia che volevano da lei. Ella prese la penna e la gettò per terra; prese la corona e la buttò fra la folla; si strappò il vezzo di perle, e, calpestando tutto quel popolo minuscolo, scese dal trono e corse via per le sale e fuori del palazzo. Grida irate del popolo le giunsero agli orecchi. Ella sen- tiva dietro a sé il brusìo di tante piccole gambe che la inseguivano, ma non si la- sciò sgomentare. Udì i campanellini d'argento che suo- navano a raccolta, le trombettine che squil- lavano incessantemente, ma ella correva sempre. Giunta che fu all'imboccatura della scala, dalla quale era discesa nel mondo sotterraneo, vide un esercito di formiche af- faticate a otturarne il passaggio. Fragolina le prese a manate e le lanciò lungi da sè. Le formiche, per vendicarsi, le corsero sul collo, sulle braccia, le invasero tutto il corpo e si diedero a pungerla furiosamente; ma Fragolina resisteva al dolore, e saliva a quattro a quattro i piccoli gradini sca- vati nelle viscere della terra. Essa incontrava sempre nuovi eserciti di formiche affaticati a distruggere l'opera loro, a rompere le comunicazioni tra il mondo sotterraneo e quello dove splende il sole, dove si soffre, ma si ama tanto; e Fragolina le calpestava, le distruggeva, nè si lasciava atterrare dai loro attacchi. Quando arrivò su, nel bosco dove cre- scevano le fragole, ella faceva sangue da tutto il corpo e il suo visino era spaventoso a vedersi. In terra ella trovò il fastello delle le- gna per la nonna, il panierino delle fra- gole gittate via la mattina, e, raccolto l'uno e l'altro, si diede a correre. Ma da più parti le guardie del corpo, capitanate dal maggiordomo, l'avevano raggiunta, e ora si sentiva tirar per un braccio, ora per una gamba, e udiva maledizioni e grida contro di lei. Fragolina correva sempre, senza voltar- si, e non si fermò altro che sulla porta della capanna dalla quale partivano ancora i ge- miti della nonna e le grida di Moreccino. - Eccomi, son qua, sono Fragolina, soccorretemi! - La vecchia fu inchiodata dalla gioia vicina al focolare; Moreccino corse dalla sorella, le lavò il viso con l'acqua della fontana, le fece mille carezze e riuscì fi- nalmente a calmarla. Fragolina, contenta di aver ritrovato la sua nonna e di lavorare per lei, non rim- pianse mai le ricchezze perdute. Quando coglieva le fragole nel bosco, sentiva tante volte delle vocine che le di- cevano: - Vuoi essere regina? Avrai un po- polo ubbidiente, avrai ricchezze a profu- sione; vieni giù nella profondità della terra dove sono nascosti i tesori! - Ma Fragolina si metteva le mani agli orecchi, pensava alla nonna e non si la- sciava tentare da quelle promesse. Un giorno, mentre era intenta alle solite sue occupazioni, le comparve dinanzi l'omìno, seguito da una turba di cavallette recanti sulla groppa dei canestrini pieni di brillanti, di diamanti, di perle, di rubini, di topazî. - Buon giorno, Fragolina. - Buon giorno, omìno; che cosa vuoi da me? - Queste ricchezze, le vedi? - Sì. Ebbene? - Esse son tue, se.... - No, riportale pure a chi te l'ha date. Son poverella e poverella resterò.... non voglio abbandonar la nonna mia nè Moreccino. - Conducili con te.... - Qui vi fu un momento di sosta.... La tentazione era molto forte.... Ma ad un tratto Fragolina rialzò il capo e disse fieramente: - Va', non mi tentar più. Con le ric- chezze non si compera la felicità. - E l'omìno se n’andò sotto terra mogio mogio e, come si dice, colle pive nel sacco.

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Appena questi scòrse Duolo, abban- donò la sua preda, tornò a fior d'acqua e rivolse a lui pure la difficile domanda. Il principe Duolo aveva studiato un po' più del fratello minore, ma non era molto istruito, perchè, come abbiamo detto, sua madre era morta mettendolo al mondo, ed egli aveva imparato da lei soltanto quelle cose che le mamme insegnano ai bambini. Pensa e ripensa, rispose: - Il cielo è la cosa più grande che vi sia, perchè non c'è uccello che possa raggiungerne i confini, ed è tanto potente da tener la terra sotto i piedi e da abbrac- ciare il sole e la luna: dunque il cielo deve essere la cosa più forte, più potente del mondo. - Appena Duolo ebbe pronunziate queste parole, fu afferrato dal Nano e trascinato sott’acqua. Intanto Celeste aspettava il ritorno dei due fratelli; ma vedendo che il tempo pas- sava ed essi non tornavano, si spaventò e mosse in cerca di loro. Presso il ruscello egli si diede a cercare le orme dei loro piedi, e vide che queste cessavano sulla sponda, ove scoprì l’impronta di una mano, a guisa d’artiglio. - Queste non sono le impronte delle mani dei miei fratelli, - pensò Celeste, e prima di fare altre indagini, s'inginocchiò per guardare nel fondo del ruscello. Appena il Nano vide che Celeste non metteva le mani nell'acqua, temendo gli sfuggisse, si trasformò in una vecchia con- tadina, salì alla superficie e gli disse: - Buon giorno, Principe. Dovete aver camminato molto, perché avete l'aspetto stanco. Perché non fate un bagno in que- sto ruscello così chiaro? L'acqua è fresca e i frutti di queste piante di loto sono ec- cellenti per saziar l'appetito. - Celeste ringraziò cortesemente la vec- chia, e mentre le parlava non perdeva d'oc- chio le mani dalle unghie acuminate che ella cercava di nascondere sotto il grem- biule. Egli suppose che fosse lei che aveva tratto in perdizione i suoi fratelli, e saltò su gridando: - Strega maledetta! Perché non ti disseti con quest'acqua e non ti sfami con queste frutta invece d'impossessarti di crea- ture umane? Se non mi rendi i miei fra- telli saprò ben io vendicarli e punirti. - La vecchia tremò dalla rabbia e get- tando la veste che la impacciava, disse: - Siccome siete tanto accorto da in- dovinare quel che ho fatto dei vostri fratelli, salvateli. Ma per riaverli dovete ri- spondere a questa domanda: Qual'è la potenza maggiore del mondo? - Celeste volse gli occhi al cielo e ri- flette un momento; quindi, sorridendo, si volse alla vecchia e disse: - Ecco qual'è possanza, ecco qual'è valore: La purezza del cuore, che sfida ogni timore, La fedeltà, l'onore, che sfida anche la morte; Ecco qual'è possanza, ecco qual'è valore, Ecco quel che il mortale, venera come forte. - Quando il Nano del ruscello ebbe udito queste parole si diede per vinto, e inginoc- chiandosi dinanzi al Principe lo proclamò maestro di saggezza e gli offrì di render- gli i fratelli, purché gli concedesse di vi- vergli a fianco. Celeste non seppe ricusargli questo fa- vore a condizione che egli non molestasse più nè lui nè altri. Allora il Nano si tuffò nel ruscello e ne trasse fuori il principe Sole e il prin- cipe Duolo, i quali, sbalorditi come erano, non capivano nulla di ciò che era loro succeduto. I tre Principi vissero per un certo tempo nella foresta. Il Nano li serviva con amorosa cura, recava loro i frutti profumosi del loto e le uova delle gallinelle acquatiche. Un giorno ai tre fratelli giunse la no- tizia che la gelosa Regina era morta. Allora il principe Celeste capì che non era più necessario di rimaner nascosto nella foresta, e partì in fretta, insieme con i fra- telli, alla volta della capitale. Il Re, che viveva ancora, fu molto fe- lice di rivederli, ma era tanto vecchio e debole che non campò a lungo. Dopo la sua morte, Celeste fu fatto Re e governò saggiamente e onoratamente, amato dai fratelli e dal popolo. E il Nano? Il Nano aveva preso a voler bene ai tre Principi, e quando essi tornarono alla Corte, si stabilì nelle fontane del palazzo.

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