Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbajando

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VECCHIE STORIE

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De Marchi, Emilio 1 occorrenze

Tip, il grosso Tip, fu il primo che ci corse incontro abbajando. Allora il sor tenente, accostandosi l'occhialino, - Caporale, - disse, - lei si fermi accanto a questo pino con due uomini e non perda di vista il campanile di Golasecca. Condusse e piantò gli altri uomini in diversi punti, poi si avviò solo verso la villetta, che distava dal mio pino un quaranta passi, per rendere omaggio ai padroni di casa. Elisa gli venne incontro per la prima. Vestiva, come di solito, un po' capricciosamente; i capelli biondi, sciolti, scendevano sopra un vestito quasi bianco, allacciato ai ginocchi da una fascia rossa di fuoco. Da sei mesi o forse più che io non la rivedevo, la ragazzina s'era fatta alta e complessa, e la moda ajutava a stringerla in vita e a darle attraenti disuguaglianze. Il sor tenente, un gatto vecchio che sapeva arrampicarsi, portò la mano alla visiera, si piegò come si piega un bastoncino di giunco, sussurrò delle paroline sorridenti, Dio sa quali sciocchezze! Elisa arrossì un poco, sorrise anch'essa e corse ad avvisare il babbo. Io intanto non perdevo di vista il campanile di Golasecca. Elisa aprì le persiane della terrazza, e dopo un istante uscì anche lo zio Michele, sotto un gran cappello di paglia. Il buon uomo pareva beato che la villa Teresa diventasse un punto strategico da far parlare i giornali, e portò egli stesso sotto il padiglione della terrazza due lunghi cannocchiali, coi quali pretendeva di vedere le fabbriche di candele steariche anche nel mondo della luna. Elisa, una discreta chiaccherina quando voleva, avviò una grande conversazione col tenente che col braccio teso andava via via, segnandole i punti principali delle operazioni di campo, intercalando, suppongo, delle scipitezze, perchè le manovre son cose serie, e non si ride delle cose serie. Io intanto non perdevo di vista il campanile di Golasecca. Vedendo che non c'era modo di attirare l'attenzione di Elisa un poco anche sul caporale, mi volto a' miei due soldati, li squadro da cima a fondo, e scoperti due bottoni d'una uosa "che non c'erano": - Pare impossibile, - strillai schiamazzando come un'oca del Campidoglio, - pare impossibile, sacr.... che si portino di quelle porcherie; testa di gatto! perchè mancano que' due bottoni? E zitto, o vi butto in prigione per tre settimane, sacr..... Ma la conversazione del sor tenente era così piacevole che l'Elisa non s'accorse delle mie bestemmie. Mi pentivo di non aver detto prima al tenente che mio zio era mio zio, e mia cugina qualche cosa di più di una cugina: ma non l'avevo fatto per antipatia, per ignoranza. Peggio per me! Però mia cugina sapeva bene il numero del mio reggimento, e quel numero l'aveva sotto gli occhi; perchè non avrebbe dovuto domandare al tenente se conosceva il caporale così e così? Il tenente presentò a mio zio, com'era giusto, anche il suo biglietto di visita, con tanto di corona sopra: mio zio fe' due occhi di barbagianni, s'inchinò, strinse le labbra come se assaggiasse del vin santo, passò il biglietto alla figlia, che si profuse anch'essa in riverenze. Corbezzole! un marchesino non capita tutti i giorni tra' piedi; non si sa mai ciò che un marchesino può diventare. Mio zio avrebbe voluto essere una saponetta per le sue belle mani, o una torcia stearica per fargli lume. Io intanto non perdevo di vista il campanile di Grolasecca. Il mio bonissimo zio, dopo avere stretta fra le sue la mano del marchesino, distese sopra un tavolino una carta geografica della provincia, dove il tenente continuò la sua lezione, seduto accanto all'Elisa. Vi fu un momento che questa abbassò la testa per meglio orientarsi, e il tenente abbassò la sua, rasentando colle labbra i capelli della mia cara cugina. La battaglia era veramente disastrosa per me. Mentre pareva che i due eserciti volessero riposare un poco, le fucilate rincominciarono nel mio cuore: e son fucilate che fanno squarci, non c'è muro che tenga! Mio zio, facendosi visiera colle due mani, cercava il nemico in su quel di Sesto Calente, e gridava: - Si restringono; - mentre il tenente sussurrava delle paroline topografiche all'orecchio di Elisa. - Signor tenente! - gridai, saltando a un tratto sul terrazzino. La mia bella cugina si scosse, mi riconobbe e gridò: - To', Pierino. - Sei tu, nipote mio? - esclamò mio zio con poco entusiasmo. - Cos'avete, caporale? - interruppe il tenente in un modo insolito; e voltosi a mio zio: Perdonerà, ma vi può essere un pericolo. - La patria, la patria anzi tutto, - osservò quel sant'uomo di mio zio Michele. - Una compagnia di Neri passeggia sul sagrato di Golasecca, - dissi affannosamente e, voltomi alla Lisa, le chiesi: - Come stai? - Sto bene.... - rispose confusamente. - È ben sicuro d'averli veduti! - tornò a dimandare il tenente un po' seccato. - Co' miei occhi.... - ripicchiai insolentemente. - Prenda i suoi uomini e faccia un giro per tutta la vigna, osservando attentamente tutti i punti all'intorno: anzi sarà bene che salga su qualche pianta. Mentre il tenente parlava, i miei occhi erano inchiodati addosso all'Elisa che abbassò i suoi. - Ha capito, caporale? - Sissignore, - risposi a denti stretti. - E non perda di vista.... - Ho capito! - gridai, interrompendolo, e voltai le spalle. - Se i Neri ci lasceranno un po' di pace, le permetterò di far colazione con suo zio. - Abbi pazienza, nipote mio: la patria anzi tutto. - E mio zio rideva. La parola colazione il marchesino non l'aveva fatta sonare per nulla: mio zio, che non ci pensava nemmeno, si risvegliò come di soprassalto; pensò che il povero marchese poteva aver fame, e mentre io facevo il giro della vigna, presto presto, un tovagliolo, un pajo d'uova fritte, una bistecca, fra una fucilata e l'altra, un bicchierino di bordò con un pezzettino di ghiaccio. Questo dev'essere accaduto, mentre io andavo in cerca di una pianta... per impiccare l'amor mio, le mie speranze, le mie illusioni. Infatti, quando tornai presso il pino della mia disperazione, in vista del campanile di Golasecca, il tavolino era imbandito sotto il padiglione, al fresco, e il tenente, servito dalle mani stesse di mia cugina, mangiava come un eroe di Omero. Gli occhi a un tratto mi si offuscarono. Se invece di semplice polvere avessi avuto del piombo nel mio fucile, chi mi assicura che Pierino non avrebbe fatto uno sproposito? Rimasi più d'un quarto d'ora in una specie d'estasi rabbiosa, il tempo cioè che il tenente impiegò per trangugiare i due piatti freddi; quindi la compagnia entrò in sala, forse a prendere un caffè. No, la guerra non è più bella dell'amore! - Essa non ha un briciolo di cuore per me, - andavo dicendo, - è una civetta che sogna il marchesino e la carrozza! essa mi lascerebbe anche morire di fame, se io potessi ancora aver fame! Povere mie speranze, poveri miei sogni! A queste lamentazioni s'intrecciò una musica malinconica che uscì dalla villa. Era lei che faceva sentire al tenente la Prière à la Madone sul piano-forte, una musica che non giungeva nuova al mio cuore, che mi aveva insegnate tante belle cose! Erano lagrime vere, che ora riempivano gli occhi (non state a dirlo) e che io asciugai colla manica ruvida del mio cappotto. Quando alzai il viso, vidi mio zio sul terrazzino, curvo, colle mani appoggiate alle ginocchia, intento a speculare nel cannocchiale le mosse dei Neri: la musica era cessata e il buon uomo gridava: - Si restringono sempre. Io allora, col mio fucile stretto fra le mani, col passo leggiero d'uno scoiattolo, saltando sulla sabbia, eccomi sul terrazzino, anzi fin quasi alla persiana, prima che mio zio se ne accorga; mi arresto, arresto i moti del cuore, spingo il capo verso l'entrata e l'occhio verso il piano-forte, e, non vedendo più il campanile di Golasecca, sparo in aria un colpo, io non so perchè, un colpo che rimbombò come un temporale. Mio zio Michele saltò a cavallo del cannocchiale, Elisa gettò un grido e svenne nelle braccia... d'una poltrona; i miei soldati sparsi nella vigna, credendo di far bene, risposero con una salva, e a questa risposero altre salve dei nostri, rimasti sulla strada, che temevano d'un'imboscata. Tutto il campo fu messo sottosopra e per poco non ne andava di mezzo la fortuna della giornata. Io, appoggiato al muro, pallido, irrigidito, non sapevo più in che mondo mi trovassi. Della lunga predica che il tenente infuriato e rosso in viso fece sonare al mio orecchio, io non intesi se non che, giunti a Milano, egli mi avrebbe condannato a un mese di prigione e a tre di consegna in caserma. E mantenne la parola da vero gentiluomo. Ne' panni suoi avrei fatto di più; ma quando mi fu concesso di uscire, tutto era finito, la battaglia era perduta. Sei mesi dopo ricevetti un bigliettino malinconico di mio zio, che mi pregava di andare a trovarlo e di perdonargli molte cose: non seppi resistere alla tentazione, e, sebbene avessi giurato di non porre più il piede nella sua casa, vi andai, Non era più lo zio d'una volta. Mi fece sedere accanto, mi prese malinconicamente la mano, mentre gli occhi gli si riempivano di lagrime. - Elisa? - balbettai con voce tremante. - È malata. Il nemico era passato devastando il paese.

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