Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbaino

Numero di risultati: 2 in 1 pagine

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Il romanzo della bambola

245657
Contessa Lara 1 occorrenze
  • 1896
  • Ulrico Hoepli editore libraio
  • Milano
  • Verismo
  • UNICT
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Pagina 91

Una notte d'estate

249539
Anton Giulio Barrili 1 occorrenze
  • 1897
  • Enrico Voghera editore
  • Roma
  • Verismo
  • UNICT
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La bella signora pareva essersi animata al ricordo, e sorrideva amabilmente dal quadro: effetto d'un raggio di sole, che affacciatosi allora allora dal «balzo d'Oriente» coglieva di sbieco la finestra di un piccolo abbaino, donde si era riverberato sullo studio del signor Ascanio Denèa. Com'era volato il tempo! Il signor Ascanio guardò l'orologio. Mancavano appena cinque minuti alle sei. Guardò le sue lampade, che mandavano una luce gialla, antipatica, e si affrettò a spengerle con due opportune soffiate; ma perchè i lucignoli, insieme con due scappate di fumo attraverso i tubi, mandavano un odore sgradevole (niente è perfetto a questo mondo, neanche il petrolio americano), andò frettoloso a spalancar la finestra. Entrò allora, in una ondata larga, la fresca e buona aria del mattino, tanto cara ai polmoni. Il signor Ascanio si sentì subito un altr'uomo nell'aspetto e nel senso della natura rinnovata. Come tutto rideva, davanti a lui, in quel punto! E così, involontariamente, come dianzi aveva guardato il ritratto della marchesa Arduina, guardò il palazzo reggente in prospettiva, dove la bella signora era vissuta fanciulla. Erano sette finestre in fila, alte, spaziose colle loro balaustrate di marmo, sporgenti su robuste mensole dal filo della bianca facciata. Quale fra tante era la finestra donde Arduina Sauli era apparsa a Geronimo Balbi? Non certo dalle ultime; altrimenti gli occhi non avrebbero avuto buon gioco. Bisognava pensar dunque alle più vicine. E se per avventura fosse stata la più vicina di tutte? Appunto quella, unica fra tante, mostrava il davanzale ornato di vasi, debitamente assicurati al posto da una sottil verga di ferro, che andava per due capi ad innestarsi nel muro. I vasi non erano rotondi, nè di terra cotta, bensì dì maiolica, quadrilunghi, con bei fregi in rilievo, e inverniciati di verde, con molte piante par entro, quali diritte sul cespo, quali ricadenti sugli orli. Una di quelle piante attirò particolarmente l'attenzione di Ascanio. Era una specie di giaggiòlo, come dimostravano le foglie a forma di spada, e certi gambi lunghi che ne uscivano fuori, portando ad ogni nodo un fiore a campana, di color tenerissimo tra il bianco e il salmonato, con certe lacinie che si aprivano graziose dal sommo del perigonio, come labbra di donna al sorriso, lasciando intravvedere delle macchioline rosse nelle gole socchiuse di color paglierino. Il nostro signor Ascanio, fra tante cose inutili che aveva studiate, conosceva un po' di botanica. E pensandoci su, muovendo dalla classe all'ordine, dall'ordine al genere, dal genere alla specie, dalla specie alla varietà, non durò fatica a dare un nome a quel fiore. - Gladiolus Inarimensis; - pensò. - Spaddaciòla d'Ischia, senza dubbio. Ma che bellezza di varietà! - Sì, certo, ed una varietà che non si sarebbe trovata da nessun giardiniere, a pagarla tant'oro. Figuratevi che dietro il suo fogliame ensiforme era apparso un bel viso di una fanciulla, tanto bello per regolarità e finezza di lineamenti, come per soavità di espressione, da rimanerci incantati senz'altro. La marchesa Arduina, ritornata alla felicità dei suoi diciott'anni? Il signor Ascanio lo pensò, e per qualche minuto secondo Io credette ancora; tanto il caso di quella notte trascorsa

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