Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIFI

Risultati per: abbaino

Numero di risultati: 2 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Oro Incenso e Mirra

678756
Oriani, Alfredo 2 occorrenze

Nei giorni di gran freddo non si alzava più; passava le lunghe ore a guardare i propri uccelli chiusi dentro un abbaino sporgente sul tetto e difeso da una rete di ferro, rifacendo forse per la milionesima volta gli stessi sogni di giuoco, di caccia o di dolciumi. Aveva pochi bisogni e meno rimorsi; se fosse ridivenuto ricco si sarebbe nuovamente rovinato. Oramai in paese la sua miseria e le sue stravaganze si erano talmente invecchiate nell'abitudine di tutti che nessuno gli badava più. Egli tirava dritto. Finalmente si ammalò. Un giorno la ruota di un biroccino pigliandogli il mantello lo fece cadere; parve cosa da nulla, ma non si rimise più. Gli vennero meno le gambe, si mise a letto. Il figlio per rispetto mondano, fors'anche per un rimasuglio di pietà, venne ad usargli qualche cura, a portargli qualche zuppa. Egli non si lagnava. Era d'inverno. Nel solaio aperto a tutti i venti sarebbe gelato il vino: le pareti scrostate e sudicie annebbiavano la poca luce, il pavimento era tutto rotto, la porta sgangherata metteva certi urli ai buffi del vento, che parevano umani. Solo gli uccelli nell'abbaino saltellavano o canticchiavano di quando in quando. Nessun altro mobile o soprammobile occupava un poco di quella nudità desolata, tranne un fiasco spagliato, sospeso per un chiodo a capo del letto. Una volta, quando lo poteva ancora, vi faceva il caffè attaccandolo alla catena del focolare; adesso era vuoto, impolverato, e per coperchio aveva un guscio d'uovo. E, sintomo di morte vicina, egli aveva venduto quasi tutti gli attrezzi di caccia, meno un sacco di reti che gli servivano da guanciale. - È morto? - domandava talvolta la gente al figlio. Questi si stringeva indifferentemente nelle spalle. Ma un giorno l'arciprete si credette in dovere di visitare il suo organista, che da sei mesi non suonava più e si faceva sostituire dal capobanda del villaggio, un giovane di carattere dolcissimo. Quando il conte scorse l'arciprete: - È venuto per darmi il buon viaggio? - esclamò. - Mi dispiace che dovrà accompagnarmi gratis al cimitero, ma io non ce ne ho colpa; l'uso l'hanno inventato loro. Per me ne farei anche a meno. - Non volete dunque i conforti della religione? - Il conte ebbe un sorriso spavaldo. Egli si era sempre vantato d'empietà pur bazzicando nelle chiese, ma la sua fisonomia era così disfatta che il prete credette di non essere venuto inutilmente. Il medico aveva già dichiarato da tempo che il conte oltre la paralisi alle gambe soffriva di un aneurisma. Nullameno l'occhio dell'infermo era sicuro. Allora s'impegnò una lunga discussione fra il prete, che voleva convertire il conte, e questi che, rabbrividendo a qualche sua ragione, non voleva mostrarlo per un'ultima bravata di morire senza sacramento. Erano le tre dopo mezzogiorno; il figlio uscito da un'ora non sarebbe ritornato che a notte. Il vecchio colla testa appoggiata sulle reti, nascosto dentro il pagliericcio, col vecchio mantello sopra il cappellaccio che gli si rialzava come una sporta sulla fronte, non mostrava che la faccia bianca sotto la barba bianca cresciutagli nell'ultimo mese. Ad un tratto si sentì male. Il prete gli si chinò sopra premurosamente: - Aspettate, vado a prendere i sacramenti - mormorò vedendolo mutare fisonomia. Ma l'altro mise fuori una mano e lo rattenne. - È tardi. - Raccomandatevi a Dio. - Ma c'è? - Ne dubitereste proprio? - Il vecchio dubitava davvero. Ma il prete richiamato a tutta la serietà del proprio ufficio da quella agonia improvvisa, si trasse di tasca una grossa medaglia e presentandogliela perché la baciasse: - È la Madonna delle Grazie, vi sono due mesi di indulgenza a dirle un'avemaria. Il vecchio tese la mano. - Baciatela dunque. - Ma c'è? - Chi? - Dio - e tacque; poi facendo uno sforzo per voltarsi a guardare in faccia l'arciprete, gli mostrò la medaglia. - Scommettiamo: io prendo testa, voi lettera. - Disgraziato! - gridò il prete, offeso nella propria fede da quello che egli prendeva per uno scherzo brutale. - Avete paura di perdere; scommettiamo: non c'è. - Dio?! - Testa... - chiamò l'infermo gettando la medaglia in mezzo alla stanza, e piegò subitamente il capo. Rantolava: il prete si voltò al tintinnìo della medaglia, ma attratto dal rantolo del morente non poté raccoglierla. Il conte moriva, aveva gli occhi vitrei, un filo di bava sulla bocca. A un tratto, mentre il prete suo malgrado agitato da quella suprema scommessa stentava a trovare le parole rituali per raccomandargli l'anima, il vecchio sbarrò gli occhi: parve voler parlare. - Raccomandatevi a Dio! - La testa ricadde, era morto. Il prete si chinò atterrito per vedere se respirava ancora, ma sentendolo già freddo provò un brivido alla schiena. Allora confuso, quasi palpitante in un dubbio che non avrebbe voluto sentire, andò a raccogliere la medaglia: era dentro un crepaccio del pavimento. Così al buio non si discerneva da che parte fosse voltata. Si abbassò. - Testa! - Il conte aveva vinto l'ultima scommessa.

Cerca

Modifica ricerca