Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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UNA SERENATA AI MORTI

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Faldella, Giovanni 1 occorrenze

Tutto è distante, e tutto li tocca, i nostri passeggieri crogiolati in calesse; li tocca quell'immenso pastrano che cammina, e dipinge di se stesso tutta la stroncatura di un palazzo a sette piani, dalle finestre della cantina agli abbaini delle soffitte, per richiamo di un sarto di abiti fatti a 39 lire il vestiario completo; li toccano i caratteri rossi, verdi, azzurri che non basta più dire di speziale, o d'arco trionfale, ma bisogna dire d'arcobaleno, onde si annunziano le gazzette, vantando miliardi di lettori. Tutto è spazio, e tutto è foresta. Tutto è massa, e tutto è chiaro. Tutto si può intitolare più in là del segno, come il bel racconto di Roberto Sacchetti; e tutto è nel segno relativo. I giornali si stampano di notte con la data di due giorni avvenire; - i cartelloni dell'Ippodromo annunziano una donna proiettile; non c'è cravatta in vetrina, che non porti la scritta di fuor di linea, di superiore ad ogni eccezione, di indistruttibile; - due magazzini si intitolano l'uno al Povero Diavolo, e l'altro al Paradiso delle Signore; - c'è il Magazzino delle tentazioni, c'è quello del Ribasso incommensurabile; - c'è persino quello della Roba per niente; - un calzolaio battezzò la sua bottega Montagna di Calzature. - Tutte queste insegne si sgolano! - disse Pino Goldi - e se Parigi ha da morire, credo che creperà di voce, come una cicala. Passano i carrozzoni dei tramways e gli omnibus, vere Arche di Noè. I venditori di giornali innalzano i loro fogli nello spacco di una pertica all'altezza degli abitanti l'imperiale, e ne ricevono l'obolo nel bossolo annesso alla sommità della pertica. Pino Goldi li chiamò spegnitoi da sacrestano quegli elevatori dei lumi della stampa. Parigi man mano guadagna terreno negli animi dei nostri viaggiatori. Geromino parla come ebbro di meraviglia e di entusiasmo. Egli aveva studiata la pianta della città; la sapeva a memoria, e ne discorreva con cognizione di causa, come l'avesse costruito lui quel pandemonio. Ma in certi punti non si raccapezza più. Vede il palazzone dell'Opera (Accademia Nazionale di Musica secondo la nomenclatura o meglio sgolatura francese) palazzone di corona in tempi di repubblica; e dice esterrefatto davanti alla tratta di largo che gli sprazza davanti: - Qui dovevano esserci venti quartieri, e li sbarazzarono in pochi mesi. Ah! Parigi è una grande città perché si ha avuto il coraggio di distruggerla... Imparino gli amministratori di Roma, che da tanto tempo tirano innanzi al passo della lumaca la via Nazionale. Giù piccone! senza riguardi a ciottoli storici! Ciò che è stato è stato. Aria pei polmoni moderni! Guardate, guardate! tutto largo, tutto lungo, tutto in riga per fila destra o per fila sinistra. Stamane ero sbalordito di non essere sbalordito di Parigi, ed ora sono sbalordito di esserlo troppo... Pino Goldi aveva i gomiti, che dicevano: - Si aprono le cateratte del cielo. E il sindaco continuò: - Tutto si spiega... anche le nostre impressioni di stamattina. Si direbbe proprio, che Parigi era una grande torta, o se volete una forma di formaggio in muratura. o meglio un solo fabbricato con il ripieno nelle vie e nelle piazze attuali; e che Hausmann e Napoleone III postisi di sopra col coltello l'abbiano tagliata senza misericordia. Così i cittadini sono contenti dei nuovi oceani di aria e di luce, e i cannoni possono spazzare più facilmente le barricate... Ah! Come è chiaro tutto ciò...! Il sindaco diceva queste cose quasi con l'arrabbiatura di chi capisce troppo e dispera che gli altri arrivino a capire in qualche modo. - Ma osservate, osservate! - Egli ripicchia: - È proprio così... Rombi di torta!... Come è semplice Parigi nella sua vastità complicata! Vero come ho il battesimo in testa! In mezzo venne lasciato il solco della Senna, perché vi si trovava già prima sulla faccia del luogo e torno torno vennero utilizzati gli antichi bastioni, che formano adesso gli anelli concentrici dei boulevards, piantati, vedete qui, nella torta. E poi per ultimo giro intorno al margine della medesima c'è il nastrino, quasi il legacciolo della strada ferrata di circonvallazione... L'accento del sindaco significava: ? Darei dei pugni a cui non entra un'evidenza di questa fatta. Passano altre facce giocose appollaiate sul cielo degli omnibus e dei tramways; e salutano i nostri provinciali d'Italia con una spacconata mista di galanteria e di canzonatura. Circola per tutta Parigi una ostilità permanente, di aspetto alcoolico, contra la malinconia e la serietà dei sentimenti. Si direbbe che vi si deve eziandio morire per una baia convulsa. Fatta fermare la vettura, e discesi in un caffè di lusso, ma fuor di mano, il caffè Delta, che pare un fòro di marmi e di specchi per gli operai, i nostri scarrozzatori furono assediati da un vespaio di rivenduglioli e rivendugliole ambulanti. Volevano far comperare per forza pettinini, nettadenti, limettine da unghie e stecchine d'avorio da sgrullare le orecchie, i quali oggetti annodati a un capo portavano incastrata nell'altro la scheggiuola di vetro con la fotografia microscopica dell'Esposizione. Non è riducibile in prosa scritta la ciarla, la persuasione, l'insistenza zingaresca ora mendicatrice, ora autorevole adoperata da quei merciaiuoli. Uno di essi vendeva delle raccolte complete di bottoni neri per lutto. E non invocava mica nessun corrotto della patria per esitarli; diceva con un muso, in cui era stillata tutta la filosofia del capitolo di Balzac sulla Belle?mère: - Comprateli, comprateli! Signori.. vi serviranno sempre per piangere qualche vostra suocera... La sindachessa aveva volontà di annuvolarsi per protestare contro quella irriverenza usata verso sua mamma; ma finì anche lei per ridere. Risaliti in carrozza si sentivano oramai vinti da Parigi. Passavano squarquoie intonacate, ballerine stanche, andate a male, e visini freschi di bustai, le quali Pino Goldi avrebbe voluto mettere in gabbia e dare loro dell'insalata come ai cardellini; e passavano signorine, la cui vita arrotondata nel busto fin dall'infanzia aveva preso le dimensioni di un vaso di fiori. - Ah! eccoli, sono lì quei famosi zerbini con la testa ingommata... Entrano in una trattoria economica con la vergine sigaretta sopra un orecchio. - Eccoli nell'ultimo abito della moda europea. Uh! uh! sono entrati certi signori esotici con la faccia da candelabro di bronzo e relativo verderame. - Persino gli accattoni sono vestiti di nuovo, e si atteggiano a supremazia parigina. Proprio così! Qui c'è anche il figurino dei mendicanti... Vedi, vedi... - Vedo! Vedo! Si va, si va... La signora Goldi, dopo avere covata una rabbia contra le rotondità coniche delle signorine che tacitamente la insultavano, e averle accusate di artifizio posticcio, era guadagnata anche lei dalla fiumana di Parigi. Oramai essa porgeva il capo da una banda e dall'altra, come se avesse ammiratori dell'est e ammiratori dell'ovest, e sognava la conquista di un principe indiano. Suo marito a quella sconfinata grandezza di spettacoli ribolliva di idee grandiose da par suo. Pensava, che l'eloquenza del deputato X avrebbe bastato a gonfiare il ballon?captif: ed egli si immaginava per suo conto di uccidere pulci col revolver, e di scrivere un parallelo da Plutarco fra l'ingegno vasto, incisivo, versatile e riversante di Thiers, e l'ingegno arretrato del figlio del capo?sezione giubilato di Monticella, il quale figlio da tre anni ripete la terza elementare. La signora Geromino guardava suo marito con quell'aria di ammirazione, che dice: - Pensa lui per me... E Geromino non solo pensava, ma giudicava; giudicava non essere Parigi una città come tutte le altre, in cui un certo numero di individui e di proprie famiglie nascono, fanno i fatti loro e muoiono; ma è una proprietà, un albergo, un ristorante, un casino della Francia, anzi del mondo intero, dove si viene da fuori per godere o per far parlare di sé o per diventare addirittura un grand'uomo, dove si muore necessariamente di sorpresa nel lavorìo della lotta o dei godimenti, e dove si nasce solo per caso come nei vagoni della strada ferrata o sui piroscafi... Il sindaco vedeva trascorrere lungo la sua carrozza una vita sempre sorridente, sempre più scettica e sempre più frettolosa; e arguiva, che a Parigi si dorme persino in fretta; rivedeva altresì quei fiotti di fantasmi storici, letterari, che ora sovrapponendosi alla realtà la adornavano e la ingrandivano, anziché sconciarla. Diceva: - Maga Francia! Maga Parigi! Le convulsioni, anziché prostrarla, la elevano e la dilatano. Dopo il terrore, la monarchia universale; dopo Sédan e la Comune, l'Esposizione mondiale. Geromino ripensava alla Pulcella d'Orleans, la cui statua equestre cavalca mingherlina in piazza di Rivoli, come sopra una consolle; alla vita gaia e cavalleresca, ai Parlamenti, alla processione degli Stati generali, a Versaglia, alla plebe, che sfondò l'assemblea e la reggia; al successore di San Luigi, che, rintanato nel vano di una finestra dorata, fu costretto a bere, come si usa in una osteria; ai trentadue mila milioni di assegnati divenuti incapaci di pagare la nota del calzolaio. Geromino, vedendo passare una faccia di operaio, rossa come il rame, tormentata dall'alcool permanente, con gli occhi bianchi come in una pipa annerita, ripensava ai preticidii, ai nobili scannati come in un fòro boario, alle mitrate figure degli arcivescovi colpiti a morte nelle rivoluzioni; e con un po' di orgoglio ricordava: - Qui abitava Carlo Botta, deputato del Piemonte al Corpo legislativo di Parigi, il nostro Carlo Botta così puro, così ingenuo, così onesto, così bisognoso... Qui abitò da giovinetto Alessandro Manzoni, uno dei precursori letterari della nostra rivoluzione politica, Alessandro Manzoni, a cui gli israeliti si rivolgevano per farsi cristiani e i vescovi domandavano consigli di direzione spirituale. Di ricordo in ricordo, egli rammemorava tutto il giglio immacolato del Risorgimento d'Italia, appena chiazzato dal brontolamento di Massimo D'Azeglio sull'eccidio parmigiano del colonnello Anviti... Paragonava, paragonava... e oramai soggiogato dallo scalpore di quella vita parigina, da quel moto assiduo di conquista, che deve indurire alla stessa tempera il cuore della monaca e quello della cortigiana, e sconvolto da quegli impulsi indemoniati che spingono a carpire il momento, per cui ogni istante a Parigi ha l'aspetto di un'epoca, egli ritornò colla mente quasi atterrita al tempo monotono, che gli colava nel suo villaggio a settimane, a mesi e ad anni, senza che egli si accorgesse pure del loro transito, a quel tempo, in cui essendoci la fiaccona nella politica paesana, i più grandi avvenimenti per lui e i più dispettosi dolori erano la morsicata data dal cane al gatto sotto la tavola, e l'avere il campanaro suonata l'Ave Maria cinque minuti più lunga della prescrizione sindacale. A questo punto ebbe il coraggio di trovare più importante la vita parigina di quella di Monticella. Parigi aveva vinto.

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