Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbaiava

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CAINO E ABELE

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Perodi, Emma 1 occorrenze

Lampo abbaiava furiosamente e i cani dello stabilimento pareva che gli rispondessero. Velleda correva ansiosa dalla camera di Maria alla terrazza e il suo pensiero volava a Roberto. Oh.' come lo invocava in quel momento; come sentiva il bisogno di averlo accanto a sé, a difesa della casa! A un tratto vide Costanza, che rompendo la consegna, scendeva le scale e le ingiunse di tornare dalla bimba. Sotto la chiara luce lunare, la signora scorse una lancia del " Selino " accostarsi alla banchina e vide dalla Casa de' Viaggiatori uscire un gruppo scuro, che correva in direzione della villa. Ma intanto che tutti quei soccorsi si avvicinavano, e Velleda ne affrettava col desiderio l'arrivo, più colpi di fucile erano sparati nel cortile dello stabilimento. I marinari del "Selino, che erano giunti al cancello della villa, retrocessero di corsa, i due guardiani che erano sul terrazzo della villa traversarono la sala; gridando a Velleda : Era una finta per allontanarci; il pericolo è là. Il pericolo! - ripeteva la signora atterrita. Dunque attentavano alla proprietà di Roberto, al frutto paziente del suo lavoro? Il Varvaro anch'egli s'era unito ai guardiani e correva verso il luogo più minacciato. Velleda non sapeva più che cosa fare e le fucilate che continuavano a turbare l'alto silenzio della notte, le ferivano dolorosamente gli orecchi. Ella scese incontro al Lo Carmine e ai due tedeschi e non seppe dire altro che : Maria! Lo stabilimento! Anche il sottodirettore degli scavi e i suoi due compagni erano armati di fucile e nella cintura portavano il revolver. revolver.Signori, - ella disse ai due giovani architetti tedeschi, conducendoli sulla porta della camera di Maria, restino qui, non si muovano, non lascino uscir nessuno, veglino per me. Io devo correr là. Non si muovano! Ella aveva preso in mano il revolver e trascinava seco il Lo Carmine verso il cancello, quando s'imbattè in Saverio e nel cuoco che portavano sopra un asse un uomo con la gola aperta e sanguinante. Velleda si fermò un momento, lo fissò con raccapriccio e poi esclamò: Alessio, il capo degli scioperanti di quest' inverno! Proprio lui! - rispose Saverio. - Ma Lampo gli ha levato la voglia di ricominciare. Lo rinchiudo in camera mia e dopo frugheremo la casa. Lampo seguiva il ferito mandando latrati feroci annunzianti che non era soddisfatto dell'opera sua. La fucilata era cessata allo stabilimento e il Lo Carmine, che vedeva con dispiacere Velleda dirigersi verso quel punto più minacciato, la trattenne quando stava per varcare il cancello. Resti qui, - le disse. - Se Maria si destasse, non avrebbe forse bisogno della sua parola rassicurante? Pensi che questa bimba è quello che di più caro ha il signor Roberto. Là vi è il Varvaro, vi sono tanti uomini. A quel nome, invocato da un amico, Velleda non seppe resistere e dopo aver chiuso a chiave il cancello, disse : Frughiamo il giardino, Ella aveva preso nella sinistra la lanterna abbandonata da Severio e col revolver nella destra, coraggiosa e cauta, si avanzava sotto le piante di arancio e sulla sua testina piovevano i petali bianchi. A un tratto si fermò, In una pozza di sangue giaceva Etna, con la testa squarciata da una palla, gli occhi spalancati e vitrei e intorno, mescolati al sangue, i soliti fiori profumati. Povera bestia! - esclamò, - mi voleva tanto bene ed è andata incontro alla morte per ubbidirmi. Più là vi erano altre tracce di sangue; il sangue di Alessio e sempre fiori, ovunque fiori nivei. Una corda abbandonata era attaccata con un arpione alla sommità del muro del giardino. Velleda l'accennò al suo compagno, il quale la staccò. Camminavano in silenzio esplorando. In un altro punto era stata tagliata un'alta pianta di fico d'India, in terra trovarono un altra corda avvoltolata. Velleda e Lo Carmine andavano sempre avanti, senza scambiare una parola. Quando ebbero esplorato tutta la parte anteriore del giardino, passarono in quella a tergo della casa. Velleda alzò la lanterna e mandò un grido. Attaccata al davanzale della finestra di Costanza, attigua alla camera di Maria, stava una scala di corda, e in terra, sulle aiuole di margherite e di pelargoni si vedevano tracce di pedate e piante calpestate. Velleda impallidì. Ormai il complotto era palese. Volevano rubare Maria per esigere poi da Roberto una somma prima di restituirla. Sventato il colpo avevano tentato di penetrare nello stabilimento, per rifarsi, rubando i denari che vi erano sempre. Quando la signora ebbe la percezione esatta del pericolo corso dalla bambina, impallidì e rimase irrigidita senza poter fare un passo. Se i malandrini avessero avuto tempo di mandare ad effetto il rapimento, che sarebbe avvenuto di Maria? Come avrebbe lei, Velleda, sostenuto la vista di Roberto? Oh! si sentiva impazzire a pensarvi. Pochi momenti più che si fosse indugiata nella meditazione della lettera di Roberto, e il colpo era fatto. Posò la lanterna; strappò la scala con un atto repentino e poi invasa dal terrore di un nuovo pericolo, corse in casa, salì in fretta le scale e penetrata in camera di viaria s'inginocchiò accanto al letto di lei e pianse, pianse lungamente. Costanza, inginocchiata pure e con aspetto truce pareva pregasse. Così Franco vide Velleda giungendo, così la vide il Varvaro, che andava a dirle quello che era accaduto. Ella fece loro cenno di non fiatare per non turbare il sonno della bambina, e senza accorgersi dei due tedeschi che facevano sempre la guardia, come sentinelle, andò in sala e lasciandosi cadere sopra una poltrona; disse al Varvaro: Ora mi racconti tutto! L' attacco allo stabilimento non era preparato, disse il direttore, - ma appena i malandrini hanno udito il suo appello, hanno veduto che io mi dirigevo qui con i guardiani e che i marinari del " Selino " venivano pure alla villa, hanno dato la scalata al muro di cinta e senza esser visti dal solo guardiano che era rimasto là, si son diretti alla segreteria, ove sanno che vi sono danari. I cani hanno dato l'allarme, il guardiano ha incominciato a tirare schioppettate e s'è attaccato alla campana. Allora io, destato all' improvviso, - continuò Franco, ho preso il revolver e, spalancata la finestra, ho mirato su quello dei malandrini che stava dietro a tutti e gli ho messo due palle nella schiena. Gli altri - erano sette - hanno rivolto i fucili verso la mia finestra facendo un fuoco di fila. Io sono andato a quella accanto e di dietro la persiana ho continuato a tirare. I marinari del " Selino " allora sono entrati nel cortile insieme col signor Varvaro ed i guardiani ed hanno fatto fuoco. Due altri malandrini sono caduti, i quattro rimasti illesi, mettendo mano ai coltelli hanno attaccato i difensori per aprirsi un varco e fuggire. Due vi sono riusciti; due sono stati presi e legati. Velleda con gli occhi pieni di lagrime che le scendevano sul dolce visino coperto da un pallore mortale, narrò quello che era accaduto alla villa e come avesse acquistato la convinzione che il colpo era diretto contro Maria. Era una imprudenza di restar qui quasi sola, disse Franco, - da stasera in poi mi permetterà di occupare la camera di mio fratello, e Saverio ed io faremo una ispezione nel giardino prima di coricarci. Il Varvaro approvò quella risoluzione, ma Velleda che non dimenticava mai Roberto, rispose: Farò avvertire i carabinieri, grazie; essi veglieranno nella villa. Franco non rispose, e non insistè perché sapeva che era inutile. Intanto erano giunti i doganieri, i quali trovandosi in perlustrazione verso il porto di Palo, avevano udito la fucilata, e quando l'alba rosea già illuminava le imponenti rovine, la villa e lo stabilimento, nessuno pensava ancora a cercare il riposo, e Velleda, con gli occhi sempre pieni di lagrime vegliava onde sparisse dal giardino ogni traccia dell'assalto notturno e Maria potesse ignorare il pericolo che aveva corso. Alessio, il ferito, era vegliato da un guardiano, il cadavere di Etna era stato sotterrato nella sabbia, i due tedeschi e il Lo Carmine erano tornati alla Casa dei Viaggiatori, e quando Maria aprì gli occhi sorrise vedendo Velleda da un lato del suo letto e dall' altro Franco. Oh! zio che sorpresa! - disse e cinse con un braccio il collo del duca, mentre con l'altro attirava a sé Velleda. gàra sui capelli. Sì, amore, - le rispose, - la mattinata è tanto bella! Anzi faremo il primo bagno di mare. I carabinieri dovevano giungere presto e Velleda era impaziente di allontanare la bambina dalla villa. Non voleva che sentisse parlare di quell' eccidio, come non avrebbe voluto che quella notizia giungesse a Roma a Roberto. Ma come fare? Ella affidò Maria alla balia; che aveva ancora gli occhi rossi, e fatto cenno a Franco di seguirla nella sala, gli disse: I giornali di Roma avranno probabilmente stasera la notizia del fatto, suo fratello la leggerà; non sarebbe meglio avvertirlo con un lungo telegramma? Non so, - rispose Franco. - Forse è più prudente di avvertire le autorità di tener celato l'acccaduto. Certe cose non si nascondono; sono troppi i testimoni e a quest' ora una cinquantina di persone sanno tutto. Io non posso celar nulla al signor Roberto; egli ha diritto di saper quello che avviene in bene e in male e io non meriterei più la sua stima se tacessi. Telegrafi allora; ma gli dica che il pericolo è scongiurato, - rispose Franco il quale non pensava ad altro che ai suoi interessi che sarebbero rimasti abbandonati se Roberto fosse partito.

Le Fate d'Oro

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Perodi, Emma 1 occorrenze

Subito sentirono dei ru- mori forti: un cane abbaiava, alcuni galli cantavano, e le finestre e le porte s'apri- vano con fracasso. I ragazzi tremavano e salivano sempre, senza badare alla stan- chezza. Sentirono delle voci, poi un colpo violento e la scala si fermò. - Questa scala è fatata, - urlarono Allegrone e tutti i ragazzi. Tutto era cambiato. Dal di fuori ve- niva il rumore e il vocìo di una grande città, e dentro al palazzo le porte si apri- vano, le portiere erano sollevate e la gente andava e veniva. I ragazzi si rimpiattarono in un cantuccio del cortile. Pareva che nessuno facesse attenzione a loro. A un tratto si spalancò una porta e comparvero il Re e la Regina. - Avete girato? - domandò il Re ai ragazzi spaventati. - Sì, Sire, - rispose il Caporione. - Ma ora lasciateci partire. - Non vi lascierò partire finchè non avrò fatto di voi i ragazzi più felici del mondo, perchè siete i nostri benefattori. Avete girato al disopra di noi e ci avete salvati. Dieci anni addietro questa città era piena di vita; poi fu incantata, ed ognuno fu rinchiuso in casa propria. Soltanto que- sto cortile rimase aperto, perchè qualcuno entrasse e girasse sopra di noi. Venne un branco d'orsi, curiosarono e riuscirono. Che felicità che abbiate salita la scala! E come siete venuti? - I ragazzi gli narrarono che erano giunti con un bastimento comandato da un am- miraglio, il maestro e quattro sapienti. Il Re, felice, ordinò al suo seguito di andare a bordo e condurre al palazzo tutti i com- pagni dei bambini. Il seguito ritornò, dicendo che in porto non c'erano se non le navi del Re; quella dei ragazzi non c'era. Il Re era furente, perché credeva che i ragazzi l'avessero in- gannato. I ragazzi, dal canto loro, erano atterriti. Il Rene ebbe pietà e domandò che cosa avevano. Il Caporione gli raccontò l'avventura per filo e per segno. Il Re, rammentandosi la gratitudine che doveva loro, promise di mandare un incrociatore a catturare il ba- stimento; ma intanto ordinò al suo seguito di rinchiudere gli aristocratici nelle sale più belle del palazzo. Quando l'ammiraglio e i suoi infelici compagni furono lasciati a bordo, non po- tevano più resistere imbavagliati a quel modo, e appena non sentirono più le voci degli aristocratici, l'ammiraglio vide la punta di un succhiello e udì una voce che diceva: « Non abbiate paura, la vostra ciurma è qui che viene a liberarvi. » Di lì a poco comparve la cuoca; tagliò i sacchi dei prigionieri e li spinse a par- tire subito. Il maestro di scuola non credeva ben fatto di abbandonare i suoi scolari; ma l'am- miraglio e i quattro sapienti appoggiarono l'idea della cuoca. Fu sbarcato il maestro, e la nave partì. L'incrociatore mandato incontro alla nave di Bengodi la oltrepassò la notte senza neppur vederla, e la mattina l'ammiraglio guardando con un cannocchiale l'orizzonte, esclamò: - Ora siamo salvi; ma quale scopo daremo al nostro viaggiò? - I sapienti proposero di fare un viag- gio di scoperta scientifica, e l'ammiraglio accettò. Ma nessuno sapeva quale scoperta fare. I filosofi pensavano; l'ammiraglio, se- duto a poppa, coi trampoli celesti e rossi nell'acqua, pensava; la cuoca, mentre fa- ceva il pranzo e puliva la coperta, pen- sava. Dopo diverse ore l'ammiraglio, rivol- gendosi, vide i sapienti col capo nel sacco. Gli dissero che pensavano meglio al buio. Passarono i giorni, e i sapienti col capo nel sacco, pensavano sempre; l'am- miraglio aveva sempre i trampoli nell'ac- qua, e la cuoca cucinava e pensava. Quando il bastimento non aveva il vento in poppa, essa moveva il timone a destra e a sini- stra, e così modificava il corso della nave. - Se sapessi quanti anni ha il minore di quegli aristocratici, - disse un giorno l'ammiraglio —potrei stabilire quanto dob- biamo ancora navigare prima che siano grandi. Allora andremo a prenderli per condurli a Bengodi. - La cuoca si rammentava che il minore di quei ragazzi aveva dieci anni, e l'am- miraglio fissò che dovevano navigare sette anni precisi. E così fecero. I sapienti col capo nel sacco si lambiccavano il cervello per fare una scoperta utile. Il giorno dopo gli aristocratici erano stati rinchiusi nelle stanze più belle del palazzo reale, la Regina aveva mandato loro un messo per dire che l'idea di mettere il capo nel sacco era molto divertente, e che sarebbe loro molto tenuta se volevano mandarle il modello dei sacchi. Il messag- giero aveva cesoie, carta e spilli, e i ra- dazzi tagliarono un sacco coi fori per gli occhi, il naso, la bocca e gli orecchi, e mandarono il modello alla Regina, la quale ne fece due per le sue serve, e li mise loro in capo, ridendo come una matta. Il Re vide quelle serve in anticamera e fu spaventato. Subito adunò il consiglio dei ministri. - Siamo minacciati da un gran pe- ricolo, - disse quando tutte le porte furono chiuse. - Vorreste vivere con la testa nel sacco? Per me, credo sia meglio star fermi per sempre. Il bastimento che non potem- mo catturare ritornerà carico di sacchi, e fra poco ogni testa sarà messa in un sacco. Già si vedono i segni dell'avvicinarsi di quel giorno nefasto. Benchè quei pericolosi individui che inventarono quel supplizio siano rinchiusi, due serve del mio palazzo hanno già la testa nel sacco. - Un grido d'orrore accolse le parole del Re. Fu stabilito, dopo lunga discussione, che una sentinella fosse posta in vedetta sulla torre più alta della città, per scoprire l'avvicinarsi del bastimento; nuove guardie furono collocate alle porte degli aristocra- tici, e fu ordinato che la città fosse visi- tata per vedere se si scoprissero nuovi casi d'insaccamento. Gli aristocratici incominciarono ad es- sere molto malcontenti. Benché non man- casse loro nè da bere nè da mangiare, ed avessero ogni specie di balocchi, pure erano stanchi di sentirsi prigionieri. - Vi domando che affare è questo? - disse Codino. - Io non intendo star più qui. Andiamocene. - Ma come faremo ad andarcene? - chiesero gli altri. - Vedremo se si può uscire. Qualun- que cosa è preferibile a questa prigionìa. - Dopo lunghe discussioni, stabilirono di fuggire. Le finestre non erano molto alte da terra, ma sempre troppo alte per fare un salto; e nelle stanze non vi era nulla di solido che potesse far le veci di una corda. I lenzuoli, i cortinaggi, tutto era di tela finissimo, e di tulle. Finalmente Alle- grone fece una proposta. Le stanze erano grandi e pavimentate con assi di legno pre- zioso, che ne occupavano tutta la lunghezza. Dovevano levare una di quelle assi, appog- giarne una estremità alla finestra e l'altra giù in terra. Così avrebbero potuto scivolare lungo l'asse e fuggire. Subito ogni aristocratico si diede a la- vorare, e chi col coltello, chi con un pez- zetto di ferro, tolsero i chiodi d'argento che fermavano l'asse al pavimento. - Questa è una pazzia, - disse Ca- porione - vedrai che cadremo tutti. - Non c'è pericolo, - disse Allegrone - e suggerì di ungere l'asse con l'olio del lume; quindi l'appoggiarono alla finestra. A uno per volta i ragazzi scivolarono per terra e andarono a rotolare sull'erba, ad una certa distanza. L'ultimo a scendere fu; Allegrone, che tirò a sè l'asse perchè le guardie non sapessero come fare ad inse- guirli. Era quasi buio e i ragazzi non sape- vano dove passar la notte. Essi giunsero ad un fabbricato le cui porte erano chiuse, ma non serrate a chiave, e vi entrarono. Quell'edifizio era una libreria che veniva chiusa presto la sera e aperta tardi la mat- tina. Gli aristocratici si misero comoda- mente a sedere e accesero i moccoletti che ognuno aveva in tasca. Allora discussero. Allegrone disse che il bastimento, un giorno o l'altro, sarebbe tornato a prenderli, per- chè l'ammiraglio non avrebbe avuto il co- raggio di presentarsi senza di essi ai loro rispettivi genitori. La quistione più urgente era quella di sapere come vivere mentre aspettavano la nave. Per dormire potevano star sicuri dov'erano, ma per mangiare bi- sognava guadagnarselo. Dopo lunghe discussioni, dopo una vo- tazione contrastata, fu stabilito che i ra- gazzi avrebbero fatto i portalettere per gua- dagnarsi il pane. - Ma le lettere da portare dove sono? - chiesero alcuni fra i più grandi. - Vedremo domattina, - disse Allegrone - c'è tempo prima che aprano le botteghe. - La mattina si diedero a cercare, a fru- gare, e trovarono nella libreria molte let- tere lasciate lì prima che la città fosse con- dannata all'immobilità. Ogni ragazzo ne prese alcune e andò in giro a portarle per le case. Gli abitanti le leggevano con pia- cere, perchè molte contenevano notizie im- portanti per essi; perciò davano la mancia a chi gliele portava. E ogni giorno alcuni abitanti ricevevano lettere, e ogni giorno i ragazzi avevano alcune monete. Quando il Re fu informato della fuga dei ragazzi, sapendo che non avevano da vivere, esclamò: - Tanto meglio! morranno tutti di fame e noi saremo liberati da quegli ari- stocratici! - Ma la vedetta rimaneva sempre sulla torre della città, poichà nessuno sapeva quando sarebbe giunta la nave cogli altri insaccatori. Un giorno che Caporione distribuiva le lettere, incontrò un vecchio, che rico- nobbe per il maestro di scuola. Da prima ebbe voglia di fuggire, ma quando il vec- chio lo chiamò, si abbracciarono piangendo, e la pace fu fatta. Quella notte il maestro dormì nella libreria, e le sere successive pure; il maestro sceglieva i manoscritti e i libri istruttivi, e faceva lezione agli ari- stocratici, i quali in poco tempo acquista- rono utili cognizioni. Essi salivano spesso sull'alta torre per vedere se giungeva il bastimento, avendo inteso dire che si scor- geva una nave con le vele rosse e azzurre. Ma passavano gli anni senza che vedes- sero una bandiera. Un giorno lessero sulle cantonate un bando del Re, che ordinava ai cittadini di chiudere porte e finestre e ritirarsi nelle case, perchè la città era minacciata da un nuovo incantesimo. Gli aristocratici ne era- no disperati. Come dovevano fare a vivere senza il rifugio della libreria e senza poter portare le lettere? Andarono dal Re a proporgli di salire novamente la scala finchà la città non fosse tornata alla vita. - Sapete a che cosa v'impegnate? - osservò il Rè - e se le forze non vi ba- stassero? - Risposero che lo sapevano ed erano sicuri delle loro forze. Anzi, era più facile che resistessero alla fatica di salire, perché erano assai più grandi e assai più forti della prima volta. Il Re li riconobbe e Allegrone dovette raccontargli la vita che avevano fatto dopo la fuga. Il Re si mostrò contentissimo e ac- cettò l'offerta di salire la scala. Sali, sali, la scala girava sempre. Fi- nalmente si fermò, e la città fu libera per altri dieci anni. Gli aristocratici vennero colmati di onori e di regali, in segno di gratitudine, dal Re e dal popolo e furono alloggiati sontuosamente nel palazzo, insieme col mae- stro di scuola. La libreria fu aperta ogni sera al pubblico, affinchè potesse leggere ed istruirsi. Dopo un anno giunse in porto la nave con l'ammiraglio. I sapienti si tolsero il sacco di testa; erano diventati vecchi e magri, e abbracciarono gli sco- lari che erano diventati grandi e forti. In capo a pochi giorni la nave salpò per il paese di Bengodi. I ragazzi furono accolti con gioia in quel regno, e ovunque si sparse la notizia del servizio che avevano reso al Re della città incantata.

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