Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbaiare

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Il libro della terza classe elementare

210066
Deledda, Grazia 3 occorrenze
  • 1930
  • La Libreria dello Stato
  • Roma
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
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Quando i nostri amici entrarono nello stazzo, un grosso cane bianco cominciò ad abbaiare: veramente sembrava che ruggisse tanto era potente la sua voce: i ragazzi, a dir la verità, rallentarono il passo. Ma allorchè si accorsero che il mastino era legato si fecero più coraggiosi. Venne incontro un giovane e bel pastore, che conosceva il signor Goffredo per avergli fornito molte volte formaggio fresco e profumato. - Martino, c'è tuo padre? - Salute, signori: mio padre arriverà fra poco con la seconda greggia. Vengano, vengano avanti. Nella sua semplicità il pastore appariva molto gentile: di una gentilezza schietta che vale molto più di quella raffinata che si usa in certi salotti. Non era davvero un salotto lo stanzone del casolare, dove Martino ricevette con un grande sentimento di ospitalità la nostra comitiva: invece che profumi vi era un odore forte di uomini, invece che mobili d'oro, v'erano quattro lettucci bassi di tavole, una madia e panche. - Vi posso offrire un po' di latte fresco? - disse Martino e portò buone ciotole di latte appena munto che i ragazzi bevvero ingordamente. Perchè questo latte si chiama fresco, mentre invece è ancora caldo? - domandò Cherubino. La domanda era veramente imbarazzante, giacchè il latte era davvero tiepido e odoroso. Come odorose furono le grandi fette di pane casareccio che il pastore offrì lieto come se offrisse un'ostia. Intanto il gregge era stato inoltrato nell'ovile e i mandriani, nell'attessa dell'altro gregge, guidato dal padre di Martino, del quale già si udiva di lontano lo scampanìo del montone di guida, si erano fatti allo stanzone e guardavano. Erano forti uomini, non molto alti, dagli occhi neri sotto certi cappellucci, che avevano conosciuto mille soli e mille pioggie e con le gambe difese da pelli di capra. I ragazzi, dopo aver mangiato e bevuto - ci dispiace notarlo, ma per i nostri eroi mangiare e bere erano occupazioni di prim'ordine - girarono chi qua chi là per il casolare e l'ovile. Tutto era semplice, quasi rudimentale, dagli attrezzi agli utensili: il che significava che i pastori supplivano con la loro pazienza, la loro tenacia, ad ogni macchina moderna. Il signor Goffredo disse a Martino: - Eppure ci sono tanti attrezzi meccanici che vi risparmierebbero fatica e tempo. - Lo so - rispose Martino - ma costano molti soldi. E poi questi della mia famiglia - aggiunse sorridendo con furberia - sono molto antichi e non capiscono le novità, perchè dicono che sono figlie del demonio. - Male, malissimo: quelle novità sono invece figlie del buon ingegno dell'uomo. E poi sapete bene che con la Carta del Lavoro voi potete avere molte facilitazioni per quegli arnesi: naturalmente dovete dar segno, per avere tali aiuti dallo Stato, di essere buoni italiani, il che vuol dire oltre che patrioti e uomini buoni. - Lo so. Noi siamo uomini buoni.

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Con uno scampanìo, un abbaiare, un susseguirsi di fischi arrivò il secondo gregge, guidato da Paolo Francesco, padre di Martino. Il gregge, contenuto compatto dai cani e da quattro mandriani, sembrava un tratto di mare burrascoso che si avanzasse. Cominciò la mungitura e i ragazzi guardarono contenti di assistere a quello spettacolo così primitivo, ma nello stesso tempo eterno. Anche Cherubino, che si era arrampicato sull'unico salice che s'ondulava nella grande pianura, scese, si scorticò le mani, ma volle vedere. Infatti era bello vedere. Era una visione antica, con lo sfondo rosato del tramonto. Le pecore, nell'atto in cui venivano munte, avevano gli occhi dolci: i caproni si cozzavano fra loro con certe cornate potenti e rimbombanti, alle quali (questa è una malignità di Anselmuccio) nemmeno la durissima testa di Cherubino avrebbe potuto resistere.

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