Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il Drago e cinque altre Novelle per fanciulli

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Capuana, Luigi 1 occorrenze

La mattina, mentre egli si disponeva a mungere il latte, gli abbai del cane gliene preannunciavano l'arrivo; e tosto giungevano, ognuno munito di piatto, di cucchiaio e di una fetta di pane fresco, per mangiare la giuncata o la ricotta calda o semplicemente una zuppa di pane e latte. Fossero rimasti tranquilli, non sarebbe stato niente. Ma volevano metter le mani dappertutto, mungere lo- ro, e loro rimescolare il latte posto a scaldare, e loro far fuoco, e aiutare il pecoraio, cioè e imbarazzarlo nelle delicate operazioni del frutto, come egli diceva. Il poveretto doveva avere cent'occhi, cento mani per impedire che quei benedetti figliuoli non rovesciassero la caldaia o i secchi col latte. Fin il cane di guardia si mostrava seccato del chiasso importuno, e ringhiava accoccolato davanti al pa- gliaio per impedire che coloro vi entrassero; pareva capisse che quei ragazzi avevano paura della bestia sciat- ta, pelosa e brutta che egli era. Quella volta intanto, invece d'un giorno e mezzo, i ragazzi dovevano rimanere alla fattoria l'intera setti- mana. C'erano non so quali vacanze, e il babbo, forse per stare più tranquillo in casa, li aveva mandati in campagna. Indurli a tornare alla fattoria, dopo mangiata la giuncata o la ricotta o la zuppa di latte, ogni mattina era una fatica. - Vogliamo stare con voi; venire dietro le pecore! Il pecoraio, alla fine, era riuscito a persuaderli; prometteva che, al ritorno dal pascolo, avrebbe loro porta- to fiorì di campo, o nidiate di uccelli, o bacchette lunghissime, o avrebbe raccontato una bella fiaba; così i padroncini lo lasciavano in pace. Un giorno però essi volevano aspettarlo dentro il pagliaio, per non rifare due volte la strada dalla fattoria alla mandra. - Dentro il pagliaio no! - Perchè? - Perchè no. Lì non ci può entrare nessuno. I ragazzi parvero convinti di questa perentoria ragione. Ma appena stimarono che il pecoraio doveva esse- re con le pecore nella vallata dello Sgombo, tornarono addietro da sotto il carrubo dove s'erano fermati a mezza strada, e in due salti si trovarono davanti al pagliaio. Avevan ordito una congiura. Sapevano che il pecoraio riponeva lì dentro la ricotta che poi la sera egli so- leva portare alla fattoria; dovevano mangiarsi quella ricotta, per farlo disperare. E la mangiarono. * * * Il povero pecoraio strillò contro i contadini della fattoria; sospettava autore del furto uno di loro. Non gli era accaduto mai in vita sua che qualcuno avesse osato rubargli una goccia di latte; intanto, da due giorni, gli mancava un bel cesto di ricotta al giorno. - Se me n'accorgo, rompo la testa anche al figlio di mio padre! E i ragazzi che erano presenti alla sfuriata, stettero zitti e seri, un po' impauriti della minaccia; ma appena il pecoraio andò via, di nascosto dei contadini, per non farsi scoprire, si diedero a saltare, a ridere, a battere le mani, applaudendosi per la prodezza fatta. Non risero il terzo giorno. Tornavano quatti quatti alla fattoria rimpinzati della ricotta fresca rubata; quando proprio sotto il carubbo dovettero fermarsi. Si erano guardati in viso, e si eran visti pallidi, bianchi come cenci lavati, e non avevano potuto dirsi nep- pure una parola, tanto si sentivano sconcertati di stomaco. Il minore diè l'esempio il primo; poi lo imitarono gli altri tre, uno appresso all'altro, quasi invece di ricot- ta avessero ingoiato un violento vomitivo. Il minore piangeva, chiamando: - Mamma! Mamma! - Il maggiore voleva fare il coraggioso, ma non si reggeva in piedi. Si misero a piangere tutti e quattro, a gridare, a chia- mare il fattore. Un uomo accorse dal fondo vicino, e si spaventò vedendoli ridotti a quel modo. Ne prese in collo due, li portò alla fattoria, e tornò a prendere in collo gli altri sotto il carrubbo. Le donne del fattore non sapevano che rimedio apprestare; volevano spedire un messo al paese per avver- tire il padrone. - Che avete mangiato, Signore Iddio? Uva agresta? Frutta immature? - Abbiamo mangiato la ricotta! Lo confessarono tutti e quattro insieme. Ma nessuno gli credeva,. vedendoli contorcere anche dai dolori di pancia; pensavano che il pecoraio non poteva poi avergliene data tanta, da produrre: quello sconquasso. Il pecoraio passava tra quei contadini un po' per medico, un po' per fattucchiere; perciò gli diedero la vo- ce dall'alto; - Venite su, presto: venite! Lasciate le pecore. - Lui solo poteva consigliare, lì per lì, qualche ri- medio per quei poveri bambini. Arrivò trafelato; e appena li vide, si diè un colpo alla fronte: - Madonna! Erano loro che mi rubavano la ricotta! Per accertarsi che il ladro fosse stato uno dei contadini della fattoria, come gli era venuto il sospetto, quel- la mattina egli aveva messo nel latte certi succhi di erbe a lui note, che non facevano molto male, ma davano dolori di pancia e producevano vomiti. - Non è niente, - disse. - Un po' d'acqua bollita, con due stille di limone. - E il poveretto angustiandosi che il vomitivo fosse proprio toccato ai ragazzi, non finiva di ripetere, me- ravigliato e mezzo incredulo: - Erano loro che mi rubavano la ricotta. * * * La lezione giovò. I ragazzi nei giorni appresso lasciarono in pace pecoraio e pecore, e non vollero neppur sentir nominare la ricotta. Fecero anche meno chiasso, meno capestrerie. D'allora in poi, a ogni loro ritorno alla fattoria, se essi ac- cennavano a riprendere un po' dì solito aire, bastava che il fattore dicesse: - Eh, padroncini, ci vorrebbe un po' di ricotta! - perchè tutti e quattro si frenassero e anche stessero un po' cheti.

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