Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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La Colonia felice: utopia lirica (terza edizione)

663222
Dossi, Carlo 1 occorrenze
  • 1879
  • Stab. Tip. Italiano DIRETTO A L. PERELLI - Ditta Libraria di NATALE BATTEZZATI
  • prosa letteraria
  • UNIFI
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Mario si sentì abbagliato. Vergognò di sè stesso, come, della nudità sua, il colpèvole Adamo, e chiese rifugio ad una siepe vicina. Di dove, battèndogli forte il cuore, vide passare lei e allontanarsi e sparire. E gli sembrò, insieme, farsi pàllido il sole. Ma, innanzi che tramontasse quel sole, Mario, fra lo stupore di tutti e l'applàuso, giurava obedienza alla legge, e rompèa un dei pani che avèan posato sul capo di quella biondìssima. --- Così spuntava un nuovo giorno per lui, il giorno di guadagnarsi la esistenza dal suolo, e da Forestina la vita. Mario non andava a cercare quale sorta di affetto unisse alla ragazza lui, non l'osava. Amore, sì certo; ma in che non scòrgesi amore? ... Eppòi, troppo divisi dagli anni! troppo dalla coscienza! ... Pur tuttavìa, quand'egli sedèa presso di lei, ch'era un solo sorriso, tacendo, chè nulla avèa ad insegnare a quella gentile, cui il Cielo era stato il maestro, e suggendo dall'aerino suo sguardo, e dalla lìmpida voce e dalla nivea semplicità della frase, il bene, dimenticato un istante di sè, sentìa ripullularsi in cuore, reminiscenze confuse, i disusati veri - l'oro si divideva dal piombo - e Mario ritornava fanciullo. Poi, sempre, si dipartiva da lei in un subbuglio di sangue, in un entusiasmo di proclamare la verità, di stènder la destra e di allargare le braccia, di perdonare, anzi, di chièder perdono. Ma, perchè, a volte, que' brìvidi? perchè, sulla fronte, quella procella d'idèe? e quelle pàvide occhiate? e quelle partenze improvvise, che imitàvan le fughe? Or venne un dì, che il Nebbioso trovò la ragazza con gli occhi infocati ... - O tu - gli diss'ella sospirosamente - mi han raccontato una storia di orrore, la storia di Abele e Caino. È una bugia, vero? - aggiunse, illuminàndosele il volto di una lieta certezza. Ma la certezza non fu che un lampeggio. Chè esterrefatto, il Nebbioso si nascondeva la faccia con ambo le mani, e fuggìa. Fuggìa, come cacciato dal fiammeggiante brando dell'àngelo di Abele. --- Dalle quali sue assenze, alcuna volta lunghìssime, ritornava egli sempre con qualche selvaggio dono per lei ... Èrano, o frutta dagli ingenui gusti o gagliardi fiori olezzanti il perìcolo; èrano gemme strappate alla inonora oscurità e ridonate al pregio del lume; èran pugnaci aquilotti, ancor trapassati da quelle saette, cui essi medèsimi avèano dato, a raggiùngerli, l'ali; o belve zannute, ch'egli gettava a' piedi di lei, tinte del sangue loro e del suo, e, benchè morte, odio immortale spiranti. Senonchè, un giorno, fu il dono un innocente augellino; di quelle voci vestite di penne, figlie d'arcobaleni e di echi di melodìe. - E tu avesti cuore di uccìderlo? - dimandò Forestina, avvicinàndosi il poveretto alla mòrbida guancia, quasi per ridonargli il calore. - Non te l'avrèi, altrimenti, potuto portare - Mario rispose. Ma a mezza voce rispose, come se già sentisse la vanità della scusa. - E, questo, chiami portarlo? - ella disse, stendendo la palma ver' lui, e sulla palma, freddo e stecchito, l'ucciso. Il Nebbioso fe' un gesto di raccapriccio, e additando violentemente sè: io l'infame! - sclamò - io il vile! - Ma, pochi dì poi - mare e cielo infuriati - fu, quell'infame e quel vile veduto a scagliarsi nelle ingordìssime onde, strappando loro la preda di un bimbo. --- Cinque anni si sono aggiunti al cùmulo delle memorie. La ragazza è diventata fanciulla. Amore die' l'ùltimo tocco al Belliniano suo viso, non bello tutto, e perciò appunto bellìssimo. E i suòi compagni d'infanzia, che già dividèvano seco l'allegra spensieratezza, per lei sospìrano ora e sògnan di lei. Nè la malinconìa, questa nutrice del bene, questa inevitàbile amica di ogni gentile, disdegnò la fanciulla. Soavemente la tonda gota affilò. Forestina, che, quando ridèa, ridèa tutta, o se piangèa, tutta piangèa, ora, velata di pianto, sorride, o canta di gioja col singulto nel cuore. Spesso la invade un senso di copioso bisogno, spesso rimansi estàtica in una indefinita attesa. E allorchè mira, scolorando, alle nubi non scorge nubi soltanto, e allorchè impòrpora al fuoco, non sente solo il calor della fiamma. E la fanciulla non chiede più baci al Nebbioso, nè questi osa farne, e si pèrita, a volte a darle del tu, e, perfino, a toccarle la mano. E se imparadisa, immergendo lo sguardo nell'aurèola dei capelli di lei e nelle cilestri profondità de' suòi occhi e fra le labbra succhiose, inferna, scorgèndole in seno fiori ch'ei non ha colto, o sul ciglio làgrime ch'egli non provocò. --- Era giunta la chiusa della mietitura. Si usava, nella colonia, di festeggiarla con una generale allegrìa, e, quell'anno, si scelse il teatro. Trè carri formàrono il palco; festoni di spighe e frondi di abete l'addobbo; fu la platèa un prato; fu il cielo stellato, il velario. Quanto al dramma, era pasticcio del Letterato. Egli ne avèa, naturalmente, attinto il soggetto al pozzo inesaurìbile della Bibbia, ed era, il soggetto, Giuseppe e i fratelli Ma, non mai, aveva egli sudato fatica più dura di quella di allora, nel dovere scartare man mano le ribalde espressioni, che una nativa nequizia gli affollava alla penna, o nel temperarle di artificiata bontà. Infatti, conversioni complete (conversioni, intendiàmoci, al bene, chè, per le altre, succede proprio il contrario) non se ne danno che nelle vite dei Santi, e, anche là, a tutto pasto di fede. Virtualmente, Aronne, era un briccone nè più nè meno di prima; lo era, come i compagni suòi, lo era, come il più di noi tutti. Oh quanti mai, scellerati nel santuario del cuore, sol rattenuti dall'opinione e dai còdici, sàziano in letterarie od artìstiche fantasìe le infamie che impunemente bramerèbbero còmpiere; oh quanti, nel bujo imaginoso della notte, sciolti da ogni paura e vergogna, sfògano col cervello i lor più malvagi appetiti, giacendo insieme alla madre maritalmente, uccidendo i lentìssimi genitori e i coeredi fratelli, nè li tornando alla vita, che per tornarli a morire in più atroci ingegnose maniere! Guài se la legge arrivasse ai pensieri! Non sopravanzerèbbero giùdici. Ma gli uòmini, per fortuna, se sono birbe al minuto, pônno anche, all'ingrosso, passare per brava gente; tanto è ciò vero, che la platèa applaudì alla Virtù sfortunata, e, al Vizio trionfante fischiò. Giovinetti e fanciulle èran gli attori. Bellìssimo, sovra ogni altro, il Giuseppe Sul viso di lui, che ancor serbava la mamma, Bontà e Salute con Letizia lor figlia stàvano in pieno fiore. Vedèndolo, non si poteva non ricordar Forestina, come, vedendo costèi, non ricordare quello. Imaginate i tormenti di Mario! Mario avrebbe voluto attossicar con gli sguardi quel giovinetto; la gelosìa dei dòdici Giacobiti non sommava alla sua. Ma l'incolpèvol Giuseppe ha trapassato, intatto, ogni insidia; non gli fu la prigione che scorciatoja alla reggia; ed ora egli gusta la soave vendetta di sentirsi implorare la vita da quelli stessi, che avèano alla sua tramato. Dinanzi a lui, stanno - umili e tremanti - i fratelli, e stà Beniamino. Beniamino era lei. Com'ella apparve, radiante di vereconda bellezza, un grido giulivo si alzò; com'ella aperse le labbra alla melodiosa sua voce, un trèmito di simpatia di vena in vena si sparse. E tutti la baciàron con gli occhi, e Giuseppe la baciò con la bocca. Fremette Mario. Quel bacio gli era stato rubato.

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