Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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I PREDONI DEL SAHARA

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Salgari, Emilio 1 occorrenze

Essendo la persiana mezzo calata, ed avendo egli gli occhi ancora abbagliati dal sole, subito non distinse nulla. Dopo qualche istante però s'avvide di trovarsi in una bellissima sala col pavimento di mosaico e le pareti coperte da stoffe fiorate. Tutto all'intorno vi erano divani di marocchino rosso e nel mezzo una fontanella il cui getto manteneva là dentro una deliziosa frescura. In quel frattempo Rocco e Ben erano pure entrati. "Dov'è il colonnello?" chiese l'ebreo. "Eccomi," rispose una voce in lingua francese. Un uomo di alta statura, avvolto in un ampio caic che lo copriva tutto, e col capo coperto da un turbante che gli nascondeva quasi interamente il volto, era comparso sulla soglia d'una porta nascosta da una tenda. Il marchese stava per slanciarglisi contro colle braccia aperte, quando al di fuori si udì El-Haggar urlare "Tradimento! I kissuri." Poi risuonò un colpo di pistola seguito da un urlo di dolore. Contemporaneamente l'uomo che avevano creduto il colonnello si sbarazzava del caic ed impugnando un largo jatagan si scagliava sul marchese urlando: "Arrendetevi!" I due isolani e l'ebreo erano rimasti così stupiti da quell'inaspettato cambiamento di scena, che non pensarono subito a fuggire. D'altronde era ormai troppo tardi; al di fuori si udivano già le urla dei kissuri del sultano. Rocco, preso da un terribile impeto di rabbia, si era scagliato sul preteso colonnello. "Prendi canaglia!" urlò. Gli scaricò in pieno petto due palle, gettandolo a terra moribondo, poi spinse il marchese e Ben verso una porticina che s'apriva in un angolo delle pareti. "Fuggiamo per di là," disse. Nel medesimo momento alcuni kissuri armati di pistole e di jatagan irrompevano nella sala mandando urla furiose. I due isolani e l'ebreo chiusero rapidamente la porta e vedendo dinanzi a se stessi una scaletta, vi si slanciarono, montando i gradini a quattro a quattro. Quella scala, stretta e tortuosa, metteva sulla cima del minareto che già avevano osservato prima di entrare nel padiglione e che s'innalzava sull'angolo destro della piccola costruzione, dominando la kasbah del sultano e la piazza. Era una specie di torre, molto sottile, come sono tutti i minareti delle moschee mussulmane, e che a trenta metri dal suolo terminava in una cupoletta rotonda, dove il muezzin del sultano andava a lanciare la preghiera del mattino e della sera. La scaletta però invece di essere esterna era interna, una vera fortuna pei fuggiaschi, diversamente avrebbero corso il pericolo di venire subito moschettati dai kissuri che avevano invaso la piazza. Giunti alla cupoletta essi si trovarono dinanzi al marabuto che avevano già veduto affacciato pochi momenti prima. Il santone, vedendo comparire quei tre uomini armati di pugnali e di rivoltelle, e coi visi sconvolti, cadde in ginocchio, gridando "Grazia! Io sono un servo devoto di Allah! Non uccidete un santo uomo!" "Per le colonne d'Ercole!" esclamò il marchese. "Ecco un uomo che ci darà dei fastidi." "Anzi sarà per noi un prezioso ostaggio," disse Ben. "Cosa devo fare?" chiese Rocco. "Legarlo per bene e lasciarlo in pace." Il sardo si levò la larga fascia di lana rossa che gli cingeva i fianchi e legò strettamente il disgraziato senza che questi, mezzo morto dalla paura, osasse protestare. Il marchese e Ben si erano intanto affacciati al parapetto della cupola. Più di cinquanta kissuri armati di vecchi fucili a pietra, di lance, di pugnali e di scimitarre, si erano radunati dinanzi al padiglione, urlando e minacciando. Sotto la finestra giaceva un uomo colla testa fracassata: era l'arabo che aveva guidato il drappello promettendo la liberazione del disgraziato Flatters. "Che sia stato El-Haggar a ucciderlo?" chiese Ben. "Non lo so, né mi curo di saperlo, almeno per ora," rispose il marchese. "Occupiamoci invece di cercare un modo qualsiasi per salvare le nostre teste." "Signore," disse Rocco, "vengono!" "I kissuri?" "Sì, marchese, hanno atterrato la porta." "E quelli della piazza si preparano a fucilarci," disse Ben. "Ci hanno veduti." "Rocco, prendi il marabuto e minaccia di farlo cadere sulla piazza." "Subito, signore." L'ercole afferrò il santone, il quale mandava urla da far compassione anche ad una belva, lo sollevò fino al parapetto e poi lo spinse fuori tenendolo sospeso per un braccio, mentre il marchese gridava con voce tuonante: "Se fate fuoco, lo lasciamo cadere!" "Attenti alle vostre teste," aggiunse Rocco. "Il santone precipita e vi assicuro che nemmeno Maometto lo salverà."

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