Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Demetrio Pianelli

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De Marchi, Emilio 1 occorrenze

Melchisedecco sognava cogli occhi aperti e abbagliati un giorno di rivoluzione. Gli pareva che dalle cento finestre del carcere uscissero i malviventi, armati di coltelli e di sbarre, torma cenciosa e bruta, che andava a bruciare e rovinare Milano. Il buon negoziante dal temperamento acquoso oggi capiva anche l'incendio e la rovina. Egli che predicava tanto sugli scioperi e sulla prepotenza del signor operaio, oggi si sarebbe messo alla testa di un esercito di malfattori per punire i galantuomini del male che gli faceva soffrire una donna. Egli, sí, egli, colle sue mani avrebbe gettato petrolio e fuoco nel Teatro della Scala, per il gusto di abbruciare un covo di ladri eleganti, che non ti rubano, no, la borsa, ma ti rubano la pace, l'onore, la stima della gente. Sonava mezzodí a tutti i campanili della città, quando fu scosso dal rumore di una carrozza che passava a corsa dietro di lui, sollevando una nuvola di polvere. Il legno scendeva verso Porta Genova al trotto di due cavalli, ma, quando parve al Pardi di riconoscerlo, era già troppo lontano. A un certo punto la carrozza si fermò. Un signore discese, strinse una mano che uscí dal finestrino e uomo e carrozza scomparvero nella nuvola di polvere. Pareva un sogno d'uomo infermo che ha preso molto sole sul capo. Secco si restrinse in un gruppo, e finí di soffrire quel che è dato di poter soffrire a un uomo. Poi si mosse come se fosse ad un tratto guarito. La sua risoluzione era presa. Si volse ancora una volta verso il carcere e, parlando cogli occhi, gli disse qualche cosa, forse un arrivederci. Palmira non rientrava a Milano senza qualche batticuore. Strada facendo l'aveva assalita il sospetto che suo marito, preso a un laccio cosí volgare e teatrale, riflettendo sulla cosa, non la trovasse naturale, o sentisse qualche notizia in contrario, o s'incontrasse per caso in qualche persona che sbadatamente tradisse la verità. Perciò prima di entrare in città si era fatta condurre alle Cascine per poter dire di esserci stata, per prendere cognizione esatta della posizione, per parlare a Beatrice e mettersi d'accordo con lei, per avere in lei una difesa e una testimonianza qualora ce ne fosse bisogno. Alle Cascine sentí che la Pianelli era a Milano per gli esami di Arabella e che il matrimonio non si sarebbe celebrato cosí presto. Questa scoperta fu un primo colpo di fulmine. I casi son mille e Secco poteva incontrarla per via. Si fece portare rapidamente a Milano coll'ansia d'un capitano che teme di aver perduta una battaglia, e che si affretta, in mancanza d'altro, a coprire la ritirata. Le parve lieta la musica del tric-trac che l'accolse all'entrare in casa sua. Avrebbe voluto che Secco uscisse subito a salutarla per leggergli negli occhi. Non era uomo che sapesse nascondere un pensiero. Ella capiva subito al suo grosso respiro quando c'era in aria una tempesta. In quel momento si sentiva il coraggio di mentire fino alla perdizione dell'anima, senza battere palpebra, sicura già in cuor suo di poter compensare il tradimento e la bugia con un entusiasmo nuovo e straordinario di bene. La coscienza formulava già un caldo e sincero proponimento di penitenza e di ravvedimento, appoggiato al giuramento di non tentar piú in nessun modo la pazienza di Dio e quella del piú buono dei mariti, di non uscire piú col pensiero dal suo guscio, di espiare insomma con una vita raccolta le aspre e terribili sfrenatezze della colpa. Pensando queste cose in un fascio, per quanto si possa pensare col cervello in fiamme, salí a corsa le scale. "Non c'è lui?" chiese alla donna, entrando colla furia di una gazzella inseguita. "L'aspettava a colazione. Vedendo che non veniva, sarà andato alla trattoria." "Mi aspettava stamattina?" "Gli ho detto che probabilmente sarebbe tornata stasera." "Non v'è stato nessuno?" tornò a chiedere Palmira, mentre si strappava i guanti rovesciandone la pelle sulle dita. "Nessuno." "Ieri sera è uscito." "Fino alle undici stette fuori." "Era di buon umore? non ti ha parlato di ... di un fallimento?" Palmira, a cui crescevano le astuzie in bocca, cercava ogni mezzo per scandagliare senza farsi scorgere. "È andato a dormire: non ha detto nulla." In questi discorsi Palmira entrò nella stanza da letto. Trovò sul tavolino alcune lettere, dei manifesti e la famosa lettera di Beatrice. Questa si ricordò d'averla chiusa nel cassettone. Come si trovava ancora intorno? Nel cassetto non trovò la chiave. La cercò lí vicino, sotto il mobile, e chiamò di nuovo la Cherubina. La donna non sentí, come al solito. Allora colla punta delle forbici provò a movere il cassetto, facendo leva nella serratura e trovò i fazzoletti, i pizzi, le gioie in gran disordine. Anche il letto era rimasto intatto come si prepara la sera, colla coltre rimboccata e il cuscino da notte. Cherubina, che non aspettava la sua padrona prima di sera, non era ancora entrata in camera. A ognuna di queste scoperte il suo cuore si faceva stretto di spavento. Pardi mandò a dire che non lo aspettassero a pranzo, perché doveva trovarsi alla Camera di Commercio con un suo corrispondente. Palmira rimase in una penosa incertezza. Mangiò poco e di mala voglia, concentrata, inquieta, nervosa, sforzandosi di preparare un sistema di risposte che potessero in ogni eventualità confondere, se non persuadere, il suo giudice. Il contegno di suo marito e le traccie di disordine che trovò nella sua roba parlavano già come una minaccia. Secco non rientrò che verso le nove, tranquillo in apparenza, ma con una faccia che non era la sua. Passò direttamente in fabbrica, senza chiedere di sua moglie, e si chiuse nello stanzino che serviva di studio. Aspettò che l'uomo della fabbrica, chiusi gli usci e spento il fuoco della motrice, passasse a consegnargli le chiavi. "Di' alla Cherubina" soggiunse, "che venga un momento da me." "Buona sera, signor padrone" disse quell'uomo nero. "Sta bene ... " rispose Secco con voce coperta, e stava per soggiungere qualche altra cosa che alludesse al suo destino e all'avvenire dei suoi buoni operai, ma non gli riuscí di formulare una parola. Prese invece a riordinare le sue carte, ne fece molti pacchi, come se si preparasse a sloggiare di lí. Al lume di una piccola bugia, ch'egli collocò sullo scrittoio, sigillò alcune lettere, vi scrisse sopra il nome di alcuni suoi vecchi amici, coi quali s'era trovato nella giornata per regolare le varie partite dei suoi interessi, distrusse molte carte inutili, come se obbedisse a una interna suggestione piú forte e piú prepotente della volontà e della ragione. L'unica frase chiara che gli tornava di tempo in tempo nella mente, e ch'egli leggeva piú che non scrivesse sopra una specie di cartello, era la grande profezia di sua madre: "Mangerai il pane che ti meriti!" Era un pane ben duro, scottante come carbone acceso: ma le profezie dei morti vanno diritte al loro scopo. "Mangerai il pane che ti meriti!" La Cherubina, con un lumicino a petrolio in mano venne per la lunga corsía, mandando fasci di luce nelle viscere e nelle trame dei meccanismi, che, dopo aver strillato tutto il giorno l'interesse del signor Melchisedecco Pardi, parevano dormire in una rotta stanchezza. Chi avrebbe mosso dimani quei duecento rocchetti e quei duecento pettini? La mano che soleva tutte le mattine dar vita e moto alla materia sarebbe stata lorda di sangue: e col sangue non si fabbrica il pane della gente onesta. Erano larve, frantumi di pensiero che lo accompagnavano nel lavoro materiale della sua liquidazione. "Mi rincresce mandarti fuori a quest'ora" disse alla Cherubina "ma avrei bisogno che tu recapitassi subito questa lettera all'avvocato Piazza, che sta fino in via della Stella. Sai dov'è?" Era un pretesto per mandare lontano la donna di servizio. "Farò una passeggiata. Si sente male, signor padrone?" "Perché?" "Ha una certa faccia." "Ho mangiato male, al solito ... Dov'è la signora?" "S'è ritirata nella sua stanza. Aveva una forte emicrania anche lei. Avrà preso del sole." "Già, è la stagione. To', va e torna." Pardi stette ad ascoltare finché gli parve che la Cherubina fosse partita. La casa era tutta occupata, parte dalla fabbrica, parte dall'appartamento civile e, una volta uscita la Cherubina, non restarono che i padroni. Il macchinista, che dormiva in un bugigattolo lontano dall'appartamento, fino a mezzanotte soleva smaltire la polvere del carbone all'osteria. Quando il portello si rinchiuse dietro la Cherubina, Secco trasse dal di sotto di un vecchio stipo una cassa di ferri che servivano per le aggiustature. Erano lime, scalpelli, punteruoli nuovi e frusti, in mezzo a una minutaglia di chiavi e di chiodi rugginosi. Chiuse gli occhi, prese a caso un arnese coll'impugnatura di legno, lo ficcò nella tasca della giacca, soffiò sul lume e, al debole riverbero dei lampioni di strada, discese lentamente, col corpo pesante, colle vene chiuse, il passaggio tra i telai, che gli parve interminabile, uscí sul pianerottolo buio, fissò gli occhi nel buio perfetto della scala e, sospinto da una forza che non era già piú sua, entrò in casa. Nel salotto da pranzo non c'era nessuno. Sul tavolo in mezzo alla stanza splendeva una lampada con grosso globo di vetro. Buttati sul tappeto del tavolo, i guanti di Palmira, coi diti arrovesciati in un gesto d'irritazione, attirarono subito la sua attenzione. Palmira era nella stanza da letto, divisa dal salotto da due piccole portine di vetro, attraverso alle quali egli vide chiaro. "Sei tu, Secco?" chiese la sua voce acuta e carezzevole. Non rispose. Come avrebbe potuto? Nel momento che seguí, il piú gran rumore lo fece il pendolo dell'orologio a sveglia posto sul caminetto. "Ah sei tu!.." esclamò Palmira, aprendo un pochino le imposte e rinchiudendo subito dopo aver spiato nel salotto. "Vengo subito." Pardi vide qualche cosa di molto bianco e voltò le spalle. Barcollando, andò ad appoggiarsi colle due mani al marmo del caminetto e vi si attaccò colla paura di un sonnambulo che si accorge, dopo lungo camminare, d'essere sopra il colmo di un tetto. Era egli venuto proprio per ucciderla? Possibile che un uomo diventi di punto in bianco il carnefice della donna che ama? Quella voce acuta e carezzevole avviliva il suo coraggio. Egli la aveva già troppo uccisa col pensiero perché avesse a insanguinarsi anche le mani. Essere ammazzati non è sempre il piú crudele dei castighi. Alzati gli occhi al muro, s'incontrò nella faccia asciutta e severa di sua madre, che stava a guardarlo dal mezzo d'una cornice ovale colla tinta slavata e giallastra che pigliano le vecchie fotografie. Colle labbra sottili e taglienti, nell'atteggiamento di chi mastica amaro, la vecchia devota pareva ripetere la sua profezia: "Mangerai il pane che ti meriti ... ." Anzi gli parve nella grossezza del sangue che i due zigomi angolosi della vecchia si colorissero. Palmira non uscí subito. Egli sentí che si agitava nella stanza, movendo roba, chiudendo e aprendo cassettoni, gorgheggiando sottovoce come nei momenti allegri. Cantava? si può cantare cosí vicini alla morte? era venuto egli proprio per uccidere? Le discussioni ostinate, le feroci accuse, le maledizioni, le condanne, le prove che da ventiquattro ore era andato raccogliendo e accumulando sul capo di quella donna, ciò che aveva visto, ciò che aveva patito consciamente e inconsciamente, tutto ciò, in una parola, che in ventiquattro ore era andato a precipitare nel fondo senza luce della sua esistenza si coagulò in un nodo, e credette d'essere lui il morente. Quel Lassú è buono e qualche volta toglie la forza e la ragione: qualche volta nella sua misericordia fa morire a tempo. Palmira lo provocava col suo insolente gorgheggio di mascherina. Qualche cosa di spaventevole stava per accadere nella casa di suo padre. Si può cantare cosí quando si torna dalle braccia d’un amante col tradimento in corpo? ch'ella fosse innocente? che tutto fosse un terribile inganno del sangue, un gioco falso della gelosa passione? "Ebbene, come va, il mio vecchio?" chiese Palmira entrando e accostando le portine. Pardi si appoggiò col gomito alla pietra e si voltò di sbieco a guardarla. Essa indossava un abito da notte tutto bianco, fatto di pizzi leggeri con in testa una cuffia alla brettone, pure tutta bianca e di pizzo, da cui le trecce nere d'ebano uscivano attorcigliate sulle spalle un po' scoperte e sul collo. Palmira con uno sguardo buttato là capí subito che il tempo era grosso. Venne piú presso la tavola e ridendo, come se nulla fosse, soggiunse: "Ho da contarti una bella commedia. Sai che sono andata per nulla alle Cascine? Il matrimonio non ha potuto aver luogo stamattina, perché all'ultimo momento s'è scoperto che si opponeva un articolo del Codice civile. (Erano le poche notizie che aveva potuto raccogliere alle Cascine). Sicché figurati la disperazione di Beatrice. Essa è partita subito e dev'essere ancora a Milano. Povero signor Paolino! ... " Palmira afferrò un guanto e cominciò a stracciarlo colle unghie, mentre ripeteva il suo elettrico gorgheggio di mascherina. Il cuore di Pardone si sollevò come una marea. Non si aspettava questa coincidenza colla verità. Era lí invece in attesa della bugia piú sfrontata che dovesse far traboccare il vaso dell'ignominia e dargli il coraggio della vendetta. Palmira, accesa dalla luce lattea che s'irradiava dal globo, e ingentilita dalla nuvola bianca che la circondava, ridendo sempre per sostenere colla voce l'enorme fatica della sua parte scabrosa, seguitò: "Sicuro, un articolo di legge che non permette, pare, a una vedova di rimaritarsi prima che sia trascorso un dato tempo. È naturale. Il signor Paolino non può accettare un'eredità senza benefizio d'inventario." Pardone si voltò del tutto e si appoggiò colla schiena alla pietra del camino. Le due mani nelle tasche della giacca — con una delle quali stringeva sempre l'impugnatura — il capo un po' curvo avanti, affascinato da quella voce che diceva la verità, eccitato piú che dal risentimento, da una trepida speranza che il brutto sogno si dissipasse da sé, dopo un garbuglio di suoni, che egli trasse a stento dalla strozza, chiese appuntando un dito verso Palmira: "Tu hai dormito alle Cascine?" "Sí" disse Palmira, sollevando gli occhi, coll'estremo e freddo coraggio di chi lotta per la vita. "Sí, perché?" ebbe forza di ripetere, ingrandendo quei terribili occhi, con cui soleva vincere sempre. "In compagnia della signora Pianelli?" "No, se ti dico che era a Milano. Fu un pasticcio, ti dico." "Difatti l'ho trovata in istrada." "Chi?" "La Pianelli ... ." "Ah, sí?" Il povero cuore di Palmira batteva come un maglio: ma gli occhi parevano specchi pieni di lampi. "Mi ha parlato di questo articolo di legge ... ." Palmira ruppe in un gorgheggio nervoso, e finí di lacerare il suo guanto. "Ne capitano di belle alle Cascine, veh!" "E mi ha detto anche che ella non ti ha mai scritto." "Che cosa non mi ha scritto?" chiese affilando la punta dello sguardo. "Che non ha mai mandato carrozze a prenderti." "La bugiarda!.. Non è vero che tu l'hai trovata." "È vero, Palmira," declamò con enfasi il Pardi, sollevando la mano al ritratto "è vero com'è vero che questa è mia madre." A sentir nominare la vecchia suocera, Palmira ebbe un brivido quasi di ribrezzo e di paura: e cominciò a impallidire. "Beatrice ha voluto ingannarti per non dirti che aveva fatto una meschina figura. E veramente c'è da scrivere una farsetta tutta da ridere con Meneghino sindaco senza sapere il codice." Pardi ebbe ancora un momento di esitazione. O egli era un pazzo o quella donna era maestra di ogni iniquità. "Perché, signor mio?" saltò su ad un tratto Palmira, cambiando tono e pigliando l'offensiva con un cipiglio di falco stuzzicato "avrebbe forse dei dubbi che io sia andata alle Cascine? siamo alle solite?" "Palmira, per carità, lasciami parlare. Tu sei partita stamattina dalle Cascine?" "Sí, perché?" "Sola?" "Sola, in carrozza, s'intende, col carrozziere ... coi cavalli ... ." "Sei entrata sola in Milano?" "Sola ... ." Palmira corrugò la fronte e una piccola vena azzurra si gonfiò e palpitò nell'infossatura dei sopracigli. "Bene, sei una bugiarda! ... " Pardi si avanzò due passi, curvo, coll'occhio gonfio. "Secco, perché?.. ti giuro ... ." "Non giurare!.. Un uomo era con te." "Non è vero!" "L'ho visto io a Porta Genova. Tu hai passata la notte con lui ... ." "No, no, Secco ... Gesú e Maria! Cherubina!" "Grida, chiama i vivi e i morti. È finita: pagherai in una sola volta il conto delle tue sporche bugie." "Pardi, Pardi ... , perdonami per questa volta. Ti dirò tutto ... No, no…, ti hanno ingannato ... ." Palmira, quando ebbe capito che quell'uomo forte e inferocito non credeva piú alle sue parole, s'era messa in difesa, girando sempre intorno al tavolo facendo della lucerna una specie di scudo. Essa mirava a scivolargli e chiudersi con chiave nella camera da letto, prima ch'egli potesse inseguirla: di là avrebbe gridato al soccorso, avrebbe chiamato la gente e le guardie, di cui il buon Pardi aveva una grande soggezione. Se riusciva a porre tra lei e suo marito un uscio e qualche minuto di tempo era salva, perché le furie del toro non duravano di piú. Ma questa volta il giuoco non riuscí. Pardi ricevette in viso il colpo secco delle portine, ma lo strascico delle vesti impedí che i battenti si richiudessero. Pardi le sfondò. Nell'urto violento caddero i vetri con gran fracasso. Palmira capí che voleva ammazzarla: lo capí dagli occhi spiritati e rigati di sangue. "Pardi, Pardi ... che cosa fai? per la tua mamma ... ." Pardi, fuori di sé, andava dietro come un pazzo frenetico a quella figura bianca che scivolavagli davanti. Coi capelli sciolti, cogli occhi spaventati, pallida come una morta, Palmira guardò se era il caso di affrontare il nemico, di avviticchiarsi al suo collo, d'avvilirlo, come le altre volte, colle strette, coi baci, colle lagrime. Era tardi: non aveva piú davanti un uomo. "Pardi, tu vuoi ammazzarmi" continuò a strillare. "Ohimé l'anima mia! Aiuto ... Gente! ah brutto assassino!" Prese una seggioletta di paglia ch'era lí e la gettò nelle gambe del suo assalitore. Pardi scavalcò l'ostacolo e ridusse la donna tra il letto e il muro. Palmira non ebbe piú né uscita né scampo. Afferrò per ultima difesa un cuscino del letto e con questo affrontò il nemico, urlando parole dilaniate; ma il suo giudice era troppo forte, e aizzato da troppi demoni per ascoltare una confessione. Soffocò le strida, buttando la donna bocconi sul letto, premendola alla nuca colle dita e colle unghie dentro la bella massa di capelli neri, come farebbe un leopardo pien di fame sopra un agnello, e colla destra che trasse di tasca cominciò a menar colpi su quel gracile corpo, al fianco, alla testa, cieco, col sangue negli occhi, finché quel povero corpo si sfasciò quasi sotto la sua mano, scivolò dalla sponda e con un tonfo di roba morta andò a piombare nell'angolo della stretta. A quel tonfo Pardi si risvegliò come da una ossessione. Aprí gli occhi alla vista esteriore, si vide la mano e il braccio chiazzati di sangue, buttò via l'arnesaccio che aveva in pugno e, rantolando nell'affanno della respirazione, fuggí, passando per la scala buia, attraverso l'intricato labirinto della fabbrica, precipitò per l'angusta scaluccia nel sotterraneo della macchina, urtando due volte la testa nei travi di ferro, e senza cappello, colla testa ferita e sanguinolenta, col pugno stretto come se brandisse sempre lo strumento del delitto, mormorando meccanicamente la profezia della mamma, andò a consegnarsi alle guardie di via Lanzone. Chiamato in fretta il signor delegato Broglio, che, come al solito, faceva la partita ai Tre Scanni , Pardi, in uno stato da far pietà ai sassi, gli disse singhiozzando: "Mi mandi al Cellulare, ho ammazzato mia moglie."

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