Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIFI

Risultati per: abbagliate

Numero di risultati: 2 in 1 pagine

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Personaggi e vicende dell'arte moderna

260219
Venturoli, Marcello 1 occorrenze
  • 1965
  • Nistri-Lischi
  • Pisa
  • critica d'arte
  • UNIFI
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Quello che poteva diventare una fuga dalla vita francese intorno al terzo decennio del secolo, il viaggio dell’avventuroso Delacroix nel Marocco, divenne una esperienza umanissima, dove realtà e sogno, eroi e animali crudeli, immagini solenni del passato e forze indomite della natura, congiurarono con la fantasia dell’artista: turchi appoggiati ai muri, loro e le spade, i manti rossi come quelli dei Dogi dipinti dal Tintoretto, odalische, eroine dell’alcova, con calze bianche, in compagnia di pappagalli, cinte di drappi, le carni abbagliate di luci, metà osservate sotto quei soli misteriosi, metà ricordate dalle tele del Tintoretto, e del Tiepolo, al quale ultimo Delacroix guardò assai.

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Il sistema periodico

680985
Levi, Primo 1 occorrenze

Dai severi armadi di noce intagliato uscirono eserciti di cimici abbagliate dalla luce, e poi lenzuola di lino mai usate, ed altre rattoppate e lise, logorate fino alla trasparenza; tendaggi e coperte di damasco "double face"; una collezione di colibrì impagliati, che appena toccati si sfecero in polvere; in cantina giacevano centinaia di bottiglie di vino prezioso girato in aceto. Si ritrovarono otto mantelli del Dottore, nuovi di zecca, imbottiti di naftalina, e l' unico che lei gli avesse mai concesso di usare, tutto toppe e rammendi, col bavero lucido d' untume, ed in tasca uno scudetto massonico. Non ricordo quasi nulla di lei, che mio padre chiamava Maman (anche in terza persona), ed amava descrivere con un suo ghiotto gusto del bizzarro, appena temperato da un velo di pietà filiale. Mio padre, ogni domenica mattina, mi conduceva a piedi in visita a Nona Màlia: percorrevamo lentamente via Po, e lui si fermava ad accarezzare tutti i gatti, ad annusare tutti i tartufi ed a sfogliare tutti i libri usati. Mio padre era l' Ingegné, dalle tasche sempre gonfie di libri, noto a tutti i salumai perché verificava con il regolo logaritmico la moltiplica del conto del prosciutto. Non che comprasse quest' ultimo a cuor leggero: piuttosto superstizioso che religioso, provava disagio nell' infrangere le regole del Kasherùt, ma il prosciutto gli piaceva talmente che, davanti alla tentazione delle vetrine, cedeva ogni volta, sospirando, imprecando sotto voce, e guardandomi di sottecchi, come se temesse un mio giudizio o sperasse in una mia complicità. Quando arrivavamo sul pianerottolo tenebroso dell' alloggio di via Po, mio padre suonava il campanello, ed alla nonna che veniva ad aprire gridava in un orecchio: "A l' è 'l prim 'd la scòla!", è il primo della classe. La nonna ci faceva entrare con visibile riluttanza, e ci guidava attraverso una filza di camere polverose e disabitate, una delle quali, costellata di strumenti sinistri, era lo studio semiabbandonato del Dottore. Il Dottore non si vedeva quasi mai, né io certo desideravo vederlo, dal giorno in cui avevo sorpreso mio padre raccontare a mia madre che, quando gli portavano in cura i bambini balbuzienti, lui gli tagliava con le forbici il filetto sotto la lingua. Arrivati nel salotto buono, mia nonna cavava da un recesso la scatola dei cioccolatini, sempre la stessa, e me ne offriva uno. Il cioccolatino era tarlato, ed io lo facevo sparire in tasca pieno d' imbarazzo.

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