Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbagliata

Numero di risultati: 1 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

L'angelo in famiglia

182520
Albini Crosta Maddalena 1 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Per me non ho voglia alcuna di disputare nè di discutere coi filosofanti o cogli umanitarj, se la donna possa disporre o meno di tutti i mezzi di cui si trova padrone l'uomo; ma per l'amore alla sublime dignità del mio sesso, che è pure il tuo, per l'amore che porto a te, mia dolce e tenera amica, debbo pure dirti qualche parola, affinchè abbagliata da quella splendida e sonora espressione, emancipazione della donna, non ti lasci invischiare a gran danno ed a scorno della tua quiete, di quella della tua famiglia e dell'intera società. Lo stesso occuparmi ch'io faccio di te, e l'aver io fatto l'apologia di quella gran donna che è la Gaetana Agnesi, spero non mi ti farà credere nemica d'ogni studio, d'ogni progresso, ed amante solo della conocchia e del fuso. Se così tu la pensassi avresti gran torto, poichè io, pressochè sul finire del secolo decimonono, non mi trovo ancora avanti negli anni, ed essendo tuttora nella vigoria della mente e del cuore, non credo davvero di essere invasa dallo spirito retrivo solito ad attribuirsi a coloro i quali impugnano la troppo decantata emancipazione muliebre. Pur troppo, lo dico con confusione, io non mi sento così libera d'amor proprio da propugnare tali principj per solo spirito di umiltà; ma ancorchè l'umiltà mi permettesse di cercare un livello diverso da quello segnatomi dalla Provvidenza, io troverei compromessa la mia dignità nel mutare le condizioni nelle quali Iddio, la natura e la società hanno collocata e mantenuta la donna. Ma, buon Dio, perdono! Non voglio io no sostenere le mie convinzioni per assecondare soltanto il mio amor proprio, il quale sarebbe vulnerato allorchè queste dovessero cadere; ma solo per amor vostro, per amore delle anime che Voi mi destinate a consigliare, io debbo, io voglio parlare ed operare oggi e sempre. Sì, io voglio, io debbo aver sempre quella retta intenzione di piacere a Voi solo, sì quella retta intenzione di procurare la vostra gloria che ho jeri consigliato alle care mie giovinette, e con ciò porterò pace e conforto all' anima mia vacillante nel bene e nella virtù e, spero, qualche giovamento agli altri. Non meno delle dame americane, io credo che la tua e la mia intelligenza sia dotata di acutezza e di sufficiente profondità per assumere e disimpegnare convenientemente cariche ed impieghi più o meno importanti: anzi io spingo più in là il mio giudizio, e penso che se la capacità della donna è meno profonda, è però in generale più pronta ed intuitiva di quella del suo compagno, epperò la Provvidenza e più propriamente Iddio le ha assegnato un regno, mentre dell'uomo non ha fatto che un ministro, potente finchè vuoi, ma un ministro. Per disimpegnare le diverse cariche di giureconsulto, di matematico, di astronomo, di funzionario, e va dicendo, un uomo studia molti anni della sua vita a guadagnarsi colla scienza un grado che lo abiliti ad esercitarlo; e forte di questo ufficio ne forma la primaria occupazione della sua vita, impegnandovi tutta la sua capacità, tutta l'attività sua. Egli giova grandemente e realmente alla società cui serve e della quale è membro, se nel disimpegno del suo impiego, alto o basso che sia non importa, si applica con probità e con coscienza. Tu lo vedi; io non ti ho qui delineato un funzionario trascurato o negligente, poichè io amo credere un'eccezione chi non lo è, ed esorto te parimenti a credere buono chi non è palesemente e pubblicamente cattivo. Ma appetto di questo integro e probo magistrato, o scienziato, o industriale, o commerciante, io ti presento una donna nel suo regno. Vedi là quella donna debole, di delicata complessione, ma di animo forte e robusto, sedere regina, vera regina nel seno della sua famiglia. Essa non ha scettro nè corona, almeno in apparenza; ma non per questo il suo regno è meno vero, nè meno potente, nè i comandi che essa emana sono meno rispettati ed eseguiti. Se adunque l'uomo può esercitare le sue funzioni coll'apprendimento di una sola arte o scienza, la donna non può esercitare le sue senza il complesso di molte qualità, e quanto più essa si trova in condizione civile ed elevata, tanto più cresce in lei l'obbligo di estendere le sue cognizioni pratiche e teoriche, d'ordine morale, intellettuale e materiale. Sì, io sostengo essere la famiglia il regno della donna, e sostengo altresì che le famiglie sconnesse, o mal guidate, o pericolanti, o discordi, lo sono appunto perchè colei che ne dovrebbe tenere il governo non è conscia dell'altezza della propria missione, quindi non si cura o trascura, o non vuole o non sa assumerne il peso dolce ma gravissimo. Qual meraviglia se gli interessi anche materiali di quella famiglia ne sono pregiudicati, se gli animi sono esacerbati, se ognuno dei suoi componenti vuol fare a proprio capriccio, e se tutta quella casa non è altro se non una cospirazione per rovinare sè stessa moralmente e materialmente? Certamente se tu volessi il mio consenso alla tua determinazione di studiare medicina, matematica, legge o che so io, per poi diventare medichessa, matematica, legale o scienziata, io te lo negherei recisamente, perchè, oltre le ragioni addotte, aggiungerei che la tua complessione, e fors'anche la tua salute, naturalmente più delicate o meno robuste di quella dell'altro sesso, mal reggerebbero alla fatica dei lunghi studj, delle veglie e delle esperienze pesanti cui saresti obbligata. O tu dunque comprometteresti la tua sanità, ovvero la tua dignità, e probabilmente l'una e l'altra. Chi nol sa, che la donna è più dell'uomo soggetta a cento malori ed esigenze, ed ha bisogno di maggiori riguardi? Tu, poniamo, eserciti medicina. Si suona alla tua porta una notte, due, tre; il malato richiede una cura assidua e faticosa; molti altri malati richiedono ugualmente la tua assistenza, e tu non puoi arrivare a tutti curarli, senza sagrificare il tuo sonno, la tua quiete, il riposo dell'animo tuo... Via, tu m'intendi; l'uomo è libero da ogni pensiero della famiglia, ha membra più robuste delle tue, è soggetto a meno malori, è insomma destinato dalla Provvidenza ad essere medico, avvocato, ministro, e può essere medico, avvocato, ministro migliore per fermo, di quanto potrei essere io o potresti essere tu in sua vece. Tu devi essere una regina, e la colpa è unicamente tua se nol sei, se nol diventi. S'intende che regina non vuol dire donna felice, gaudente, senza pensieri; questo è il concetto che si formano gl'idioti e gl'inesperti di coloro i quali si trovano al potere; concetto che non potrebbe essere più erroneo. Regina vuol dire donna la quale ha assunto il delicato e faticoso incarico di assegnare gli ordini, di disimpegnare essa stessa quelli che non può commettere altrui, di governare il suo regno in modo che in esso ognuno si trovi libero nelle proprie attribuzioni, eppure soggetto e legato a lei in guisa che senza conoscerlo, e senza sentirne il peso, da essa debba dipendere in ogni sua mossa, affinchè non avvenga disordine alcuno. Io ignoro se tu sarai chiamata a divenir sposa e madre, e quindi regina a tua volta di uno o più membri, quanti saranno i componenti la tua famiglia; ma se anche tu dovessi rimanertene zitella destinata ad ubbidire, diverrai partecipe del regno della donna posta al governo della tua casa, e su te pure peserà una parte della sua responsabilità se non vorrai essere un membro inutile e passivo. Più tardi ci accadrà di ragionare dell' obbligo tuo di prender parte alle occupazioni domestiche, le quali non avviliscono la donna a qualunque condizione essa appartenga; ma ora per non affastellare troppa roba, mi contento di dimostrarti non essere a te conveniente uscire dalle mura del tuo pacifico regno, per inseguire quella larva che si chiama emancipazione della donna, e che io sarei invece tentata di tradurre così: ludibrio vero della donna. Ti ripeto; io non mi credo invasa dalle vecchie idee, tanto più che, giacchè t'ho mentovata l'Agnesi, so benissimo che essa quantunque del secolo passato, pure era scienziata, e grande scienziata, e come la Bassi ed altre donne illustri, insegnava all'università di Bologna, dove il Papato, che si dice retrivo ed oscurantista, le aveva collocate. Sì, fu il Pontefice Benedetto XIV che nominò l'Agnesi alla cattedra di matematica, non già la Repubblica nè la Rivoluzione. So altresì che in tutti i secoli vi furono donne le quali fiorirono nelle lettere e nelle scienze, e risalendo fino ai primordj del Cristianesimo, trovo frammischiate alle magnifiche epistole di San Girolamo, quelle di santa Paola, di santa Eustochio e d'altre dame: epistole che dimostrano in modo assoluto ed indiscutibile quanto elevata ed estesa fosse la loro intelligenza e la loro coltura. Tu vedi adunque che coloro i quali si dicono innovatori, perchè gridano ai quattro venti essere giunto il tempo di sciogliere la donna dai vincoli dell'ignoranza, calcolano positivamente sull'ignoranza dei loro ascoltatori, poichè non potrebbero nè dovrebbero tacere o disconoscere la storia, la quale dice e prova, che prima della loro venuta questi vincoli eran rotti, e la donna se voleva ne aveva l'opportunità e coltivava il suo ingegno più che essi nol dicano. Ad onta degli esempj addotti, io ti ripeto per la centesima volta essere la donna chiamata anzitutto al sublime magistero della famiglia, e che quelle che, come l'Agnesi ed altre poche, hanno dovuto assumere cariche più propriamente destinate all'uomo, provano la regola perchè ne sono l'eccezione, non altrimenti di alcuni uomini, i quali (chiamati da alcune circostanze personali e specialissime) si sono posti alla direzione ed al regime di una famiglia cui mancava la naturale sovrana, o rapita dalla morte, o rapita dai pregiudizj sociali che l'hanno resa nulla o dannosa a coloro ai quali doveva servire di guida e d'appoggio. E poichè t'ho proposto a modello la grande nostra Milanese del secolo scorso, non posso tacerti aver essa accettato solamente per obbedienza al Pontefice e con ripugnanza dell' animo suo la carica universitaria, dalla quale si tolse appena le fu possibile. Anzi, appena le fu dato, consacrò a Dio il suo cuore ed il suo corpo, ambì crearsi una famiglia, e se la creò negl'indigenti da lei stessa presi ad alimentare, a soccorrere; negl' infermi che curò dapprima nella sua medesima casa, indi nell'ospizio Trivulzio che diresse nei suoi ultimi dieci anni di vita, e dove morì serena e contenta colla imperitura giovinezza dei giusti ad ottantatre anni, compianta, invidiata ed ammirata da tutti. Inchiniamoci alla modestia ed all'altezza di quella donna, che parve voler rifiutare gli onori del genio, per aspirare soltanto a quelli della donna nascosta fra le domestiche mura. In cielo la sua corona dev'essere e sarà invero molto brillante! Tu pure, se hai ricevuto da Dio un ingegno elevato, un criterio fino e perspicace, se ti senti chiamata a coltivare gli studj, non è giusto ti condanni a maneggiare, come prima ti diceva, soltanto la conocchia ed il fuso; no, studia ed approfondisci pure le lettere e le scienze per quanto il comportano la tua condizione e le tue obbligazioni; se saprai economizzare il tuo tempo, potrai sempre trovarne quanto basti per coltivare la tua mente ed allargare le tue cognizioni. Ma per carità, non rinunciare mai e poi mai al tuo regno, poichè se il regno è un peso ed un dovere, è anche un onore ed un diritto, e tu devi guardarti bene dal distoglierti dalla casa per attaccarti alla sbarra od alla tribuna. Ahimè! cesseresti d'essere regina e vera regina, per diventare ministro, e forse non buono ministro. Per oggi basta, t'ho fino assordata colle mie parole; ma lasciami la lusinga che non permetterai mai alla tua mente ed al tuo cuore di cedere all'adescamento dell'emancipazione: no, sta ferma al tuo posto; siedi regina sul tuo trono; stringi lo scettro, e preparati a ricevere in Paradiso la corona preparata a chi degnamente avrà governato la propria casa. A chi ti biasima o ti compiange, rispondi coraggiosamente che hai ricevuto da Dio un sublime e preciso mandato, quello del regime della tua famiglia, e che in questo sta appunto il regno della donna.

Pagina 226

Cerca

Modifica ricerca