Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIFI

Risultati per: abbaglianti

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ATTRAVERSO L'ATLANTICO IN PALLONE

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Salgari, Emilio 1 occorrenze

Alle cinque il sole apparve bruscamente sull'orizzonte, inondando l'oceano di raggi abbaglianti. O'Donnell respirò e salutò l'astro con un vero e proprio grido di gioia. "Almeno potrò vedere qualcosa e scorgere forse a tempo gli squali." disse. Guardò verso il sud. L'aerostato non era lontano che un miglio, e nella navicella scorgeva l'ingegnere, il quale alzava le braccia come per incoraggiarlo a fare presto. Raddoppiò gli sforzi e avanzò in quella direzione, respirando a grande fatica. Ma, percorsi tre o quattrocento metri, si arrestò con i capelli irti e il viso sconvolto da un'inesprimibile angoscia. A venti passi aveva scorto un punto nerastro emergere dalle onde e poi una larga pinna natatoria, che era subito scomparsa. "Gran Dio!" esclamò. "Ecco il nemico!" Abbandonò il salvagente, impugnò il bowie-knife e si tuffò. L'acqua era limpida, e si poteva scorgere, a grande profondità, un pesce di grosse dimensioni. Guardò a destra e a sinistra e vide una grande ombra che pareva s'immergesse venti o trenta metri più lontano. La seguì con gli occhi smarriti finché poté, poi tornò in superficie, aggrappandosi al salvagente. Non vide nulla. Aveva scambiato qualche grosso delfino con uno squalo, o lo squalo non l'aveva ancora visto? Si sa che questi terribili mostri, specialmente i tintoreas ci vedono assai male, e poteva darsi che il mostro che si trovava in quelle acque non avesse scorto la preda umana. O'Donnell rimase parecchi minuti immobile, con gli orecchi tesi e gli occhi ben aperti, poi si decise a riprendere il faticoso esercizio. Comprendeva che ormai la sua salvezza non dipendeva che dalla sua rapidità, perché lo squalo non avrebbe tardato a scoprirlo. Fece un ultimo e disperato appello alle proprie forze e si spinse innanzi con la maggior velocità possibile, ma procurando, nello stesso tempo, di non far rumore. Alle sei non era che a cento passi dal Washington, il quale si trovava trattenuto dalle due àncore a soli sessanta metri dalla superficie dell'oceano. L'ingegnere aveva calato le guide-ropes, alle cui estremità pendeva l'ancorotto a patte, che non era stato più staccato dopo l'abbordaggio con la nave dei morti. "Coraggio, O'Donnell!" gli gridò Kelly. "Ancora uno sforzo e siete salvo." "Vengo, Mister Kelly." rispose l'irlandese che era esausto. "Ma dov'è Simone? È morto ... ?" "Mor ... to." rispose O'Donnell, rabbrividendo. "Forse che ... " L'ingegnere si era bruscamente interrotto, gettando un grido di terrore.

I MISTERI DELLA GIUNGLA NERA

682349
Salgari, Emilio 1 occorrenze

Il vento ruggiva tremendamente nella jungla, curvando con mille gemiti e mille scricchiolii i giganteschi vegetali e torcendo in mille guise i cento tronchi dei banian, i rami dei palmizi tara, dei latania, dei pipal e dei giacchieri, e fra le nubi scrosciava incessantemente la folgore che veniva giù, descrivendo abbaglianti zig-zag. Il canotto trascinato dal vento e dalla corrente straordinariamente gonfia, filava come una freccia, dondolandosi spaventosamente fra i gorghi, cozzando e tornando a cozzare contro le molteplici isolette e contro la moltitudine d'alberi che andavano disordinatamente alla deriva. Kammamuri si sforzava, ma invano, di mantenerlo sulla buona via e Tremal-Naik cercava di calmare la tigre, la quale, spaventata da tutti quei fragori e da quell'abbagliante chiarore, ruggiva ferocemente, lanciandosi dall'uno all'altro bordo della imbarcazione con grande pericolo di rovesciarla. Alle dieci di sera Kammamuri segnalò un gran fuoco che ardeva sulla riva del fiume a meno di trecento passi dalla prua del canotto. Non aveva ancora terminato di parlare, che si udì il ramsinga suonare tre volte e su tre diversi toni. - Allerta, padrone! - gridò, dominando colla voce tutti quei formidabili fragori. - Scorgi nessuno? - chiese Tremal-Naik, tenendo stretta pel collo la tigre colla mano sinistra e impugnando colla destra una pistola. - No, padrone, ma il fuoco fu certamente acceso per vedere chi va o viene. Stiamo in guardia; il ramsinga ha segnalato qualche cosa. - Prendi la carabina. Forse daremo battaglia. Il canotto s'avvicinava rapidamente al fuoco, il quale bruciava un ammasso di bambù secchi, rischiarando come in pieno giorno le due rive del fiume. - Padrone, guarda! - disse d'un tratto Kammamuri. - Zitto! - bisbigliò Tremal-Naik, serrando la bocca alla tigre. Due indiani si erano improvvisamente lanciati fuori da un cespuglio di mussenda. Portavano il laccio attorno al corpo e tenevano una carabina in mano. Sui loro petti, si scorgeva distintamente il serpente azzurro colla testa di donna. - Guarda laggiù! - gridò uno di essi. - Vedi? - Sì, - rispose l'altro. - È un ammasso di canne che va alla deriva. - Lo credi? - E perché no? - Temo che nasconda qualche cosa. - Non vedo nulla sotto. - Taci! ... To'. Mi sembrò di avere udito ... - Un ruggito, vuoi dire? - Precisamente. Che ci sia una tigre là in mezzo? - Buon viaggio. - Adagio, Huka. L'uomo che Manciadi deve strangolare ha una tigre. - Questo non lo sapeva. E vuoi tu, che là sotto ci sia il nostro uomo colla sua bestia? - Potrebbe darsi. Quell'uomo è astuto ed audace. - Cosa conti di fare? - Scovarlo con un colpo di carabina. Mira molto basso. Kammamuri e Tremal-Naik avevano udito distintamente il dialogo. Vedendo i due indiani alzare le carabine, si gettarono prontamente nel fondo del canotto. - Non rispondere, padrone, - disse il maharatto, o siamo perduti. Due colpi di carabina rintronarono forando i bambù. La tigre fece un salto emettendo un furioso miagolìo. - Ferma, Darma! - disse Tremal-Naik, rovesciandola. - Che la dea mi fulmini! - gridò uno dei due indiani. - È lui. - Da' il segnale, Huka! - comandò l'altro. - Ah! miserabile! Qualche cosa di lampeggiante brillò al disopra del canotto seguito da uno scroscio formidabile che soffocò l'acuta nota del ramsinga. Tremal-Naik e Kammamuri, che si erano alzati, furono violentemente atterrati mentre la tigre gettava un secondo miagolìo ancor più furioso del primo. - Padrone! - esclamò Kammamuri. - La folgore! Tremal-Naik, ancora istupidito dall'influenza della scarica elettrica s'alzò ginocchioni. Un grido di rabbia gli sfuggì. - Maledizione! ... Abbruciamo! Infatti i bambù, percossi dalla folgore, avevano preso fuoco e abbruciavano rapidamente. - Siamo perduti! - esclamò Kammamuri. - Nel fiume! Nel fiume! - Non muoverti, se ti è cara la vita. Tremal-Naik prese fra le braccia l'ammasso di canne e con uno sforzo disperato le gettò nel fiume. - È lui! - gridò una voce.- Fuoco! Huka! ... Due altre detonazioni rimbombarono. Tremal-Naik udì le palle fischiare ai suoi orecchi. - Da' il segnale, Huka! - Siamo perduti, padrone! - gridò Kammamuri. - Non muoverti, - disse Tremal-Naik. - Afferra la tigre. Si slanciò a poppa e mirò l'indiano Huka che accostava alle labbra il ramsinga. Lo scoppio della carabina fu accompagnato da un tonfo e da un grido. Huka, colpito in fronte dall'infallibile palla del cacciatore di serpenti, era precipitato nel fiume. Il suo compagno esitò un momento, poi fuggì a rompicollo attraverso la jungla, suonando furiosamente il ramsinga che aveva raccolto da terra. Tremal-Naik gli sparò dietro una pistolettata, ma senza riuscire a colpirlo. - Fallito! - gridò egli, gettando con collera l'arma. - Siamo scoperti! - Cosa facciamo, padrone? - chiese Kammamuri. - Mi pare che ogni speranza di approdare a Raimangal sia perduta; il ramsinga metterà in allarme tutti gl'indiani. Maledetta folgore! ... - Andiamo innanzi lo stesso, Kammamuri. Questa notte non ci arresteranno tutti gl'indiani delle Sunderbunds. Da' mano ai remi ed arranca con quanta forza hai; forse arriveremo prima che i miserabili possano prepararsi a riceverci. Io terrò d'occhio le due rive del fiume e abbatterò quanti si mostrano a portata della mia carabina. Avanti! Kammamuri voleva aggiungere qualche parola, forse qualche consiglio, ma Tremal- Naik non gliene lasciò il tempo. - Se hai paura, sbarca, - gli disse. - Io e la tigre andremo innanzi. - Ti seguo, padrone, e Siva ci protegga. Afferrò i remi, si sedette a mezza barca e si mise a remigare con tutte le sue forze. Il canotto, sotto quella potente spinta, discese la fiumana con rapidità vertiginosa, balzando sulle onde. Tremal-Naik, caricata la carabina, si mise a poppa cogli occhi fissi sulle due rive. La tigre si era accovacciata ai suoi piedi e brontolava sordamente ad ogni baleno. Passarono dieci minuti. Le rive, che fuggivano rapidamente dinanzi agli occhi dei due indiani, erano coperte di bambù che tuffavansi nella corrente e da rade palme tara, la maggior parte delle quali abbattute o spezzate dalla furia dell'uragano. D'un tratto Tremal-Naik, che seguiva attentamente il corso del fiume scorse al sud un razzo elevarsi a grande altezza. Quantunque il vento continuasse a ruggire e la folgore a scrosciare, udì distintamente lo scoppio. - Un segnale forse? mormorò egli. - Arranca, arranca Kammamuri! Un secondo razzo si elevò sulla riva opposta descrivendo una lunga parabola. - Padrone? - interrogò Kammamuri. - Avanti, mio prode maharatto. - Siamo stati segnalati. - La mia Ada corre un pericolo: avanti! Attenta, Darma: l'ora della pugna s'avvicina. Il fiume allora correva più rapido restringendosi a mo' di collo di bottiglia; Tremal-Naik s'accorse di essere vicino al cimitero galleggiante. Senza sapere il perché, provò un fremito. - Adagio, Kammamuri. Sento che corriamo un pericolo. Il maharatto rallentò la battuta delle pagaie. Il canotto continuò a filare ed entrò in mezzo al bacino, coperto dalla fitta volta dei tamarindi e dei manghieri. L'oscurità divenne profonda, tanto che i due indiani non vedevano più lontano di cinque passi. Il canotto urtò contro la massa dei cadaveri, ed un tonfo, come di un corpo che s'inabissa, rispose al primo urto. - Padrone, hai udito? - chiese Kammamuri. - Sì, qualcuno si è gettato in acqua. Tremal-Naik si curvò sul fiume per vedere se qualcuno s'avvicinava al canotto, ma nulla scorse. Il canotto per la seconda volta urtò. - Qualcuno passa, - disse una voce che giunse fino ai due indiani. - Che sieno loro? - Oppure dei nostri? L'appuntamento è per la mezzanotte. Tremal-Naik a quella parola "mezzanotte" provò un colpo al cuore. - Mezzanotte! - mormorò, con voce tremante. - L'appuntamento per la mezzanotte! Quale sospetto! - Olà! - gridò una di quelle voci. - Chi passa? - Non rispondere, padrone, s'affrettò a dire Kammamuri. - Al contrario, risponderò. Bisogna che sappia tutto. - Ti perdi. - Chi parla? - chiese Tremal-Naik. - Chi passa? - domandò invece la voce. - Indiani di Raimangal. - Affrettate, che la mezzanotte non è lontana. - Cosa si farà a mezzanotte? - La vergine della sacra pagoda sale sul rogo. Tremal-Naik soffocò un urlo che stava per sfuggirgli dalle labbra. - Siva, Siva, abbi pietà di lei! mormorò. Poi, dominando la sua commozione, chiese: - Non è morto, adunque, Tremal-Naik? - No, fratello, poiché Manciadi non è ancora tornato. - E la Vergine verrà abbruciata? - Sì, alla mezzanotte. Il rogo è pronto e la fanciulla salirà nel paradiso di Kâlì. - Grazie, fratello, - rispose con voce soffocata Tremal-Naik. - Una parola ancora. Hai udito il ramsinga? - No. - Hai veduto Huka? - Sì, accanto al falò. - Sai dove si brucierà la Vergine? - Nei sotterranei, mi pare. - Sì, nella grande pagoda sotterranea. Affrettati che la mezzanotte non deve essere lontana. Addio, fratello. - Arranca, Kammamuri, arranca! - ruggì Tremal-Naik. - Ada! mia povera Ada! Un singhiozzo lacerò il suo petto e soffocò la sua voce. Kammamuri afferrò i remi e si mise ad arrancare con disperata energia. Il canotto sfondò violentemente la massa dei cadaveri ed uscì dalla parte opposta. - Presto! ... presto! - disse Tremal-Naik, fuori di sé. - A mezzanotte salirà il rogo ... Arranca, Kammamuri! Il maharatto non aveva bisogno di essere eccitato. Arrancava così furiosamente, che i muscoli minacciavano di fargli scoppiare la pelle. Il canotto attraversò il bacino ed entrò rapido come un dardo nel fiume. Tosto apparve l'estrema punta di Raimangal col suo gigantesco banian i cui smisurati rami si contorcevano in mille guise sotto i possenti soffi della burrasca. Un lampo ruppe le tenebre mostrando la riva completamente deserta. - Siva è con noi! - esclamò Kammamuri. - Avanti, maharatto, avanti! - disse Tremal-Naik, che s'era gettato a prora. Il canotto spinto innanzi a tutta velocità s'arenò sulla sponda, uscendo d'un buon terzo dall'acqua. Tremal-Naik, caricatosi in furia delle munizioni, Kammamuri e la tigre si slanciarono a terra, raggiungendo il tronco principale del banian sacro. - Odi nulla? - chiese Tremal-Naik. - Nulla, - disse Kammamuri. - Gl'indiani sono tutti nel sotterraneo. - Hai paura a seguirmi? - No, padrone, rispose con ferma voce il maharatto. - Quando è così, scendiamo anche noi. La mia Ada o la morte! S'aggrapparono ai colonnati e raggiunsero i rami superiori, avvicinandosi alla smezzata sommità del tronco. La tigre con un salto solo li raggiunse. Tremal-Naik guardò giù nella cavità. Al chiarore dei lampi scorse delle tacche, che permettevano di discendere. - Andiamo, mio prode maharatto. Io ti precedo. E si lasciò calare nel tronco, scendendo silenziosamente. Il maharatto e Darma lo seguirono da vicino. Cinque minuti dopo i due indiani e la tigre si trovavano nel sotterraneo, in una specie di pozzo semi-circolare scavato nella viva roccia, sei metri sotto il livello delle Sunderbunds.

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