Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbagliante

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Lo stralisco

208488
Piumini, Roberto 1 occorrenze
  • 1995
  • Einaudi
  • Torino
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
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L'alloggio era completamente rivolto a Nord, verso lo stretto abbagliante, affollato di barche da pesca e da trasporto come un immenso canale veneziano. Stanco per la cerimonia, il pittore si aggirava nelle quattro stanze, osservando i preziosi vasi di ceramica dipinta, i tappeti, i cuscini, le casse di legno lavorato, il letto ampio e alto che, in omaggio alle sue abitudini di straniero, era stato costruito appositamente per lui. Camminò lentamente in quello spazio vasto, protetto, gradevole, e poi nel porticato di trenta metri che correva all'esterno delle stanze. Annusò il vento profumato che scivolava nello stretto come una seconda corrente, portando gli odori dell'Asia a mescolarsi con quelli del Mediterraneo. Sulla costa di fronte, oltre il via vai dei pescatori e dei commercianti del Mar Nero, colline boscose accompagnavano lo sguardo verso Settentrione, come a mostrare già lí, alla terra africana su cui Costantinopoli sorgeva, la freschezza verde del Nord. A sinistra, al di là di minareti variopinti, il sole calava. I quattro servi silenziosissimi che erano a disposizione di Gentile, capaci di soddisfare in anticipo i suoi bisogni, erano all'improvviso scomparsi. Il pittore se ne chiese distrattamente la ragione, guardando il cielo del tramonto e il volo malinconico di due cicogne verso la costa settentrionale. Considerò che, in altre circostanze, gli sarebbe sembrato singolare non aver scambiato col suo soggetto qualche parola intorno al ritratto: ma al momento, immerso nella magica e torpida solennità della corte orientale, egli dubitava che mai addirittura sarebbe accaduto. In fondo, pensava remissivo, perché un pittore chiamato a dipingere il volto dell'Imperatore dei Turchi e capo dell'Islam, avrebbe dovuto avere un colloquio con lui? Quali cose hanno da dirsi un simulacro potente e venerabile, con l'incaricato di riprodurne l'immagine? Fino a quel punto, considerò Gentile, nessun segno era stato dato che il suo rapporto con Maometto potesse essere piú intimo e colloquiale di quello tra un artigiano e una statua divina: certo, pensava, l'avrebbero condotto all'immobile e silenziosa presenza del Sovrano, e li, umilmente e silenziosamente, avrebbe lavorato... Si chiese, senza molto inquietarsi, come avrebbe in quelle condizioni potuto ottenere dall'Imperatore l'espressione o la posizione adatta all'opera, o suggerire gli spostamenti del corpo o del volto rispetto alla luce, che sono necessari alla lunga esecuzione di un ritratto... Decise che si sarebbe adeguato, spostando il cavalletto nel modo opportuno, senza scomodare né interpellare il maestoso soggetto... Smise di porsi quei problemi, rimandando ogni cosa al momento in cui si fossero presentati. Si perse a guardare una luna dorata che a destra, sulle colline della sponda opposta, si spingeva lentamente nel cielo appena abbandonato dagli echi rossastri del sole. Sentì un rumore nella stanza dietro di sé. Pensò che i servi fossero tornati ad accendere le lampade. Anche nella città sotto di lui e nei piccoli villaggi lontani al di là dello stretto, luci di fiamma si accendevano, come frammenti di sole che solo ora, nell'ombra crescente, si facessero notare. Senti alle spalle due leggeri colpi di mano: un frammento d'applauso. Si voltò, incuriosito: e vide a tre passi Maometto, in una liscia veste dorata; al posto del turbante aveva una piccola calotta di seta nera. Due passi dietro all'Imperatore, un po' di lato, stava un personaggio sconosciuto, alto e magro, completamente vestito di scuro, con braghe a fascia aderenti, spada e pugnale appese ad una cinghia di pelle nera che gli attraversava il petto. Gentile, col fiato sospeso, non disse parola. L'Imperatore sorrise, e senza muovere le mani unite davanti al ventre, piegò appena la testa di lato. Poi disse con voce profonda: — Ospite, non spaventarti per la mia visita inattesa: nulla ti minaccia. Considera questo, dopo la parata di oggi, il mio vero e fraterno benvenuto. Gentile goffamente apri le braccia, in un vago gesto di ringraziamento e accoglienza. — Mi cogli impreparato, Signore, — disse. — Qui ogni cosa è tua, né io conosco questa casa abbastanza da saperti offrire qualcosa, come ad un ospite conviene... — Godiamoci dunque senza altre preoccupazioni la stupenda luna, che non appartiene a nessuno, eppure si mostra a tutti con la meravigliosa intimità di una sposa, — disse Maometto, avvicinandosi al pittore, e voltandosi accanto a lui verso il quieto e vasto luccichío dei Dardanelli. L'uomo vestito di nero, ombra silenziosa, rimase alle loro spalle, immoto. — Il mio accompagnatore non è muto, — disse l'Imperatore, — ma è come se lo fosse. Non è sordo, ma è come se lo fosse. È piú fedele a me di quanto sia la mia stessa mano: e della mia mano è anche piú saggio e preciso. Non inquietarti per la sua presenza: egli è solo in certo modo presente. Gentile tornò a guardare la luna. Anche Maometto, accanto a lui, la guardò per un lungo momento: come se lassú ci fosse, svelabile allo sguardo, il modo giusto per dire le parole.

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