Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbaglia

Numero di risultati: 8 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Si fa non si fa. Le regole del galateo 2.0

180439
Barbara Ronchi della Rocca 1 occorrenze
  • 2013
  • Vallardi
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Alcuni esempi: -ricevere ospiti in ciabatte, apparecchiare con piatti e tovaglie di plastica se non si è all'aperto, mettere in tavola affettati e formaggi ancora avvolti nella carta non e informale, è da cavernicoli; -bastoncini d'incenso e candele profumate possono essere insopportabili se di cattiva qualità (e da poco prezzo); ma anche se sono gradevolissimi non vanno mai in sala da pranzo, perché «uccidono» l'aroma dei cibi; -la romantica luce di candela non permette di vedere ciò che si ha nel piatto, mentre un'illuminazione eccessiva abbaglia, stanca, infastidisce, imbruttisce; -il sottofondo musicale costringe chi conversa ad alzare la voce per farsi sentire. L'ospite intelligente mette in risalto ciò che ha di buono e ciò che sa fare bene, e non quello che non ha o non può permettersi di fare. Pensiamoci bene, prima di fare il passo vistosamente «più lungo della gamba» con caviale e tartufi, preziosi cristalli, tovagliati e argenterie in prestito, camerieri in guanti bianchi reclutati per la serata. Facciamo una riflessione prima di copiare pari pari da una trasmissione tv una «tavola a tema» con fiori, ninnoli, decorazioni, vivande monocolori, musiche, luci ed elementi d'arredo rielaborati. Di solito, quando ci si siede a un tavolo allestito come un set di Masterchef, più che deliziati ci si sente oppressi. Non sono i soldi spesi o gli effetti speciali a fare la buona ospitalità, ma il saper proporre qualcosa che l'ospite non trova di solito a casa propria. Che non deve essere per forza molto raro o costoso. Basta che sia una buona idea: dei commensali interessanti, la pasta fatta in casa come la faceva nostra nonna, vini buonissimi e serviti alla giusta temperatura, un menu variato con piatti semplici ma ben cucinati, il fresco dell'aria condizionata d'estate, il calore del camino d'inverno...

Pagina 80

Il saper vivere

185966
Donna Letizia 1 occorrenze
  • 1960
  • Arnoldo Mondadori Editore
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Il rinfresco verrà servito all'aperto: le tovaglie non saranno bianche (al sole il bianco abbaglia), ma colorate. I centri da tavola saranno composti da piramidi di frutta e verdure disposte artisticamente. Naturalmente, l'abito della sposa sarà in carattere con l'ambiente. Niente rasi o sete brillanti, né strascico ingombrante, ma un vestito semplice e un velo breve. Lo sposo non indosserà il tight, ma un completo di tela di seta o gabardine chiara. Padri e testimoni, saranno vestiti come lui. Se la villa ha una "fattoria", i contadini non saranno dimenticati e alla fine della colazione la sposa e lo sposo distribuiranno i confetti anche a loro.

Pagina 85

La gente per bene

191499
Marchesa Colombi 1 occorrenze
  • 2007
  • Interlinea
  • Novara
  • paraletteratura-galateo
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Sanno perchè il Vesuvio erutta vampe e lava, e perchè la Luna splende d'una luce scialba; ed il sole abbaglia coi suoi raggi; e dove scalda più e dove meno; ed un mondo di cose alle quali, ai miei tempi, non si pensava nemmanco. E non hanno paura a parlar di storia, nè di letteratura, e neppur d'algebra. E se non parlano di politica, è perchè sanno che è cosa uggiosa; l'hanno imparato studiando gli uomini. E, per un vezzo grazioso, tutto femminile, dicono ad ogni tratto : - Voi altri che sapete di politica.... Oh, io di politica non ne capisco nulla c'è ancora il sultano di Turchia?... Ed a San Marino hanno sempre la Repubblica? Ma chi ci crede? Se volessero, con quelle piccole menti intelligenti ed erudite, terrebbero testa agli uomini anche in politica. Fanno bene a non tentarlo, del resto. Ma dov'eravamo? Ah si! All'uscir della scuola. Le signorine con quel po' di coltura, non hanno difficoltà a trovare i lati deboli dell'istruzione delle mamme. Quanta delicatezza ci vuole per non mostrare di trovarli, e per fare che lei stessa, la buona mamma, non si avveda della superiorità intellettuale della figliola! Ho conosciuto una signora allevata in provincia, maritata a sedici anni, e subito divenuta madre di bambini che aveva allattati tutti lei stessa, dal primo all'ottavo. Prima di maritarsi aveva fatte due classi elementari, e poi non ci aveva pensato più. Poco aveva trovato tempo di leggere con quel po' di maternità. Per cui di rado imbroccava, quando voleva fare un discorso, altrimenti che nel dialetto lombardo al quale era avvezza. Un giorno, dopo aver letto non so che cronaca di giornale, disse: - Si fabbrica una casa sul Corso che ha da essere una meraviglia. L'articolo che ne parlava cominciava: È delizia. E di questi granchi ne pescava sovente! Quella sera sua figlia, uscita allora allora di collegio, esclamò ridendo: - Chi sa perchè le mamme, quando non parlano di cose casalinghe, dicono sempre spropositi? Credeva di essere una fanciulla di spirito. Non abbiano mai dello spirito a questo prezzo, mie gentili lettrici: la mamma diceva spropositi, ma le figlie fanno uno sproposito ben più grave mancando di rispetto alla madre ed umiliandola. Se la mamma non sa parlare perfettamente in buona lingua, la figlia deve sempre parlare il dialetto quand'è presente lei, per evitare che sia messa nella necessità di prendere qualche cantonata. E, se ci casca, la figlia deve mutar discorso, affinchè la sua serietà ed il suo rispetto, impediscano di ridere ed impongano il rispetto anche agli altri. Ma per fortuna le signore tanto ignoranti si fanno sempre più rare. Le signore anche attempate, in generale, parlano bene, e suppliscono col buon senso naturale, a quella mancanza di coltura che è una conseguenza del tempo in cui furono educate. Basterà che la figliola eviti di mettere il discorso su argomenti astrusi, li tronchi se altri li ha intavolati, o non vi prenda parte; e la mamma non sarà costretta ad astenersi da una conversazione alla quale prende parte sua figlia o a fare cattiva figura. E badino che, quando dico conversazione, non intendo soltanto le conversazioni con estranei: ma anche quelle del focolare, dove importa più che mai di mantenere il prestigio della mamma presso i fratellini, e di frenare i figli giovinotti sulla via sdrucciola dell'irriverenza, sulla quale si avviano tanto presto ai nostri giorni. Non posso credere che esista nel mondo incivilito una signorina che sieda al suo posto a tavola, prima che siano seduti il babbo e la mamma, e le altre persone vecchie, e signore maritate che fanno parte della famiglia. Ma dato il caso, tutto è possibile a questo mondo, che fra le mie lettrici vi fosse una piccola ostrogota, la quale si trovi una simile macchia sulla coscienza, non lo dica a nessuno per carità; e si sorvegli bene per l'avvenire. In nessuna circostanza, in nessuna età della vita, bisogna lasciar andare il proprio contegno sulle massime volgari ed egoistiche: "In famiglia ci si deve trattare in confidenza. In famiglia non si fanno complimenti." È in famiglia che passiamo la massima parte della nostra vita, ed è là, più che altrove, che bisogna serbare inalterata quella reciprocità di riguardi, quella cortesia squisita di modi, che sono fra le migliori espressioni dell'affetto, e senza di cui non c'è gentilezza d'animo possibile. Ho conosciuto una signorina bella come un amore, (non ne ho mai visti di veri, ma parlo di quelli dipinti), intelligente, onestissima. Ma aveva modi, se non affatto aspri, asciutti. Di rado diceva una parola espansiva; si alzava, si coricava, usciva di casa, rientrava, senza mai gettare le braccia al collo ai suoi genitori, nè dar loro un bacio; colle amiche era fredda, aveva l'aria di diffidarne, di star sempre in guardia. Malgrado la sua bellezza non ispirò mai nessuna simpatia, rimase senza marito, fece il vuoto intorno a sè. Gentilezza continua, inalterata, colla propria famiglia; espansione, cordialità con tutti, sono le doti essenziali d'una signora, la vera base della civiltà; e sopratutto deve saper interessarsi anche delle cose che non la riguardano personalmente, delle occupazioni, delle gioie e dei dolori degli altri.

Pagina 57

Eva Regina

204099
Jolanda (Marchesa Plattis Maiocchi) 1 occorrenze
  • 1912
  • Milano
  • Luigi Perrella
  • paraletteratura-galateo
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È il filo d' Arianna che ci guida attraverso al labirinto della vita. « La pazienza, ci disse uno scrittore, è più difficile del coraggio e più meritoria del sacrificio. »Infatti nel coraggio esiste sempre una parte eroica che abbaglia e trascina coloro stessi che compiono l' atto, e le circostanze che lo accompagnano sono sempre così urgenti da forzare anche la debolezza. Scarsi aiuti invece e più scarsi compensi immediati ha la pazienza, che fu detto essere retaggio dei vili, mentre è privilegio dei fortissimi, mentre fu l'antichissima dote dei filosofi, dei savî, degli inventori, che lasciarono una traccia di luce Anzi non v' è conquista, non v' è vittoria senza la pazienza. La medicina moderna che si limita a secondare la resistenza della natura, ad accrescerla se c'è bisogno, chiede alla pazienza il suo soccorso migliore. Ma spesse volte una donnina forte sa assoggettarsi con coraggio a un rimedio pronto quantunque doloroso, e non trova poi la forza della pazienza. Se i suoi incomodi non cedono subito, se un' indisposizione si rinnova, se una malattia si prolunga, eccola ribellarsi, prendersela col medico e col destino, buttare all'aria tutti i rimedi affermando la loro inefficacia, mentre forse la sua impazienza fu solo la causa di tutto. Certo è penoso per un temperamento attivo il vedersi ridotte quasi all'impotenza per qualche male senza nome e senza carattere, talvolta, o per una convalescenza difficile, o per una di quelle lente malattie che sono la disperazione della scienza; eppure se si pensasse quanta parte ha il morale sul fisico, queste persone s' imporrebbero la calma, la serenità, come la più efficace medicina. Io ho conosciuto più d'una signora, costretta a letto e al riposo per una complicazione di mali durante lunghissimo tempo : un anno, quindici mesi, e che mai, mai perdettero il coraggio della pazienza e del buon umore. Il loro morale era così rialzato da imporre agli altri la fede e la speranza nella guarigione : opponevano l'arguzia alle molestie fisiche, si distraevano interessandosi a mille cose del di fuori, gradivano la compagnia delle amiche e non le affiggevano con geremiadi, ma procuravano di dimenticare ogni sofferenza ed ogni malinconia nella conversazione gaia ed affettuosa. Così riuscivano non solo a temperare il male fisico e le sue conseguenze più fastidiose, ma a fortificare la loro resistenza, affrettando la guarigione.

Pagina 535

Donnina forte

208662
Bisi Albini, Sofia 1 occorrenze
  • 1920
  • R. Bemporad & figlio
  • Firenze
  • Paraletteratura - Ragazzi
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. - Se non ho capito male, volevi dire alla Conny che quel che la abbaglia e desta la sua ammirazione, non ha spesso altro movente che qualche desiderio ambizioso o cattivo. Non volevi dir questo? - Veramente volevo dire il contrario, ma è lo stesso, - rispose Carletto con un' aria seccata. Io ero confusa, credo per la prina volta; non sapevo più come rispondere, e l'avevo con Carletto: soprattutto con que' suoi occhi che mi guardavano sempre. - Conny! ti sei lasciata sopraffare? - mi dimandò Filippo. Io non potei rispondere, perchè mi prese un colpo di tosse. - Scusate, - dissi poi ridendo - ci avevo qui tanto dispetto, che ho dovuto tossire se no mi soffocava. Ora è passato. Dunque? parlo chiaro anch'io? È verissimo che non vedevo in voialtri, profumati ed eleganti, che tanti ragazzi leggieri e vuoti. - Ma perchè Carletto sorrise con tanta dolcezza? - Vedevo! - esclamò Filippo. - È già un gran passo! Gian Carlo ringraziala! - Che! ho detto vedevo? No, no: vedo! vedo! - e abbassai lo sguardo con un sorriso di compassione a quel colletto che gI' infilzava il mento, giù giù, fino alla calza di seta azzurra e alla scarpetta lucida. - Che petulante! - esclamò Carletto con un sorriso: ma in verità punto sul serio. - Tu non puoi negare - gli dissi - che la maggior parte de' tuoi compagni sono dei poveri grulli. Li ho visti e li ho sentiti abbastanza anche quelli che si danno delle arie tanto gravi, da parer che dispensin parcamente il loro spirito. Il Sanmarano informi.... L' Elisa spalancò tanto d' occhi. - Vorresti dire che non è simpatico? che è un grullo, lui! - esclamò. - Oh, è allegro, lo ammetto;... è disinvolto: è l'anima della società: quando lui non c' è, la serata è morta. Manca il direttore del cotillon e delle quadriglie: mancano i bons mots.... non è vero, Elisa? - Sei insopportabile, Conny, questa sera! - disse ella, indispettita sul serio. Suo marito rideva. - Già! hai imparato da Filippo a far l'originale per progetto!... Ma che cosa te ne pare. Gian Carlo? Trovar da ridire persino sul Sanmarano che è uno dei giovani più ammodo della nostra società! - Ammodo! esclamai. - Ci vuol così poco per essere ammodo al giorno d'oggi? Basta occuparsi molto di cavalli e essere molto annoiato di tutto il resto. Basta allungarsi con indolenza sul canapè; mandar in aria con grazia il fumo della sigaretta.... accavallar le gambe e mettere in mostra le scarpette lucide e le calze di seta? In quella vidi dondolare davanti a me il piede di Carletto e tacqui arrossendo. Ma egli mi disse con quel suo bellissimo sorriso: - Avanti, avanti, Conny! - Ho finito - risposi. - Ma! - esclamò Filippo. - Hai dimenticato che un giovane ammodo deve avere anche certe risatine improvvise, e certi improvvisi silenzi che turbano e fanno pensare, e certe lunghe occhiate insultanti, scusate! volevo dire insinuanti, e parlar a enimmi, a giochi di parole.... e la sua parola deve scoppiettare e scintillare come un razzo.... - Ma Filippo, Filippo! - supplicò l' Elisa. - .... di un fuoco d'artifizio. Un giovane serio e timido che si siede ritto su una sedia e fa un discorso pieno di buon senso, quello non è ammodo, e vi fa l'effetto d'una doccia d'acqua gelata: non è forse vero Elisa? - Io battei le mani ridendo. Mia cugina si alzò indignata: Carletto, con una gamba sopra l'altra, si dondolava mandando in aria con grazia il fumo della sigaretta. È un orrore! - esclamò l' Elisa. - Credete di far dello spirito, e non capite che vi rendete ridicoli col vostro puritanismo. È un'affettazione!... Dammi un po' di fuoco, Carletto.... - e si chinò su lui ad accendere la sigaretta. - Di un gio-vane disinvolto e spigliato che accavalla le gambe perchè così gli piace, voi me ne avete fatto uno sciocco, tutto affettazioni e tutto pose! Dio mio! ora non si bada più a certe stupide etichette! - Carletto rideva con indolenza. - Mi piace di veder con che calore te la pigli! Si direbbe che tu sia un giovane ammodo. Impara da me, cara Elisa: non vedi come son tranquillo? Ho visto partire la sassata e sono rimasto fermo al mio posto. - Filippo se n'andò nell'altro angolo della sala a discorrere con miss Jane. - M' ha fatto dispetto, ecco! - conti-nuò l' Elisa stizzita come una bambina. - Per me, lo confesso un giovane come il suo giovane ammodo mi piace! Lo trovo franco, svelto: sono sicura che il suo carattere è pieno di slancio e di sincerità. Mi par che tutti dovrebbero essere così, in questi tempi di libertà. Sbaglio? ma un giovane come quella doccia di Filippo...! - Ah, ah! quella doccia! - esclamò Carletto. - Non t' è parso di veder il Rinaldi col suo fare stecchito? - È vero! - rispose l' Elisa. - Conny, ammetterai almeno che il Rinaldi è terribilmente pesante! - Ha però un bel carattere - dissi. - Che cosa importa, quando non sa essere piacevole? - Mi pare che sia un gentiluomo per- fetto, Elisa! Per me t'assicuro che preferisco mille volte Rinaldi al Sanmarano. Con Sanmarano ci si diverte forse per dieci minuti, ma non interessa punto. In ogni suo discorso c' entra l'io, e questo benedetto io dice e fa le più strane cose; tutte le avventure più curiose accadono a lui, egli sa sempre tutte le novità più palpitanti come dice la zia. È un uomo fortunato, via! - Carletto si mise a ridere. - Non gli si può negare, - disse - che non abbia un' immaginazione fervidissima e una loquacità sorprendente. Ho una gran paura, però, che quelle storielle abbiano già fatto il giro del Fliegende Blätter e del Mondo umoristico. - E quelle freddure che una non aspetta l'altra! Mi par che delle parole succeda nella sua testa come dei bussolotti nelle mani di un prestidigitatore. Voi gli date un anello ed egli vi restituisce un ovo. È una cosa che stupisce e che fa ridere, non c' è che dire! Conclusione, - aggiunse Filippo riavvicinandosi - egli è un amabile chiacchierone, che tutti accolgono con festa e colmano di cortesie. - Non tutti, non tutti; - corressi io sorridendo - vi è chi rimpiange che il coraggio di trovar un secondo fine a una buona azione ci sia sempre, ma non quello di svergognare uno sciocco orgoglioso. - Elisa, allungata in una poltrona, disse con aria stanca: - Come si capisce benino che stai molto con mio marito. Hai preso tutto il suo fare di predicatore. - Davvero? me ne vanto! - esclamai allegramente, e corsi a fare il tè. In quella Carletto si alzò, dicendo che aveva un appuntamento al Club e salutò tutti: poi si avvicinò a me, ch' ero ritta accanto alla tavola, poco lontana dall' uscio. - Non pigli una tazza di tè ? - gli dissi. Grazie; no, - mi rispose serio, troppo serio e mi stese la mano senza parlare, guardandomi fisso negli occhi, con un' espressione strana. - Buona sera - dissi un po' confusa. Egli s' inchinò, fece un passo verso l' uscio, poi tornò; mi prese di nuovo la mano e disse a voce bassa, serio, quasi severo: - Conny, tu sei ancora una bambina. Non t'offendere.... Aspetta a giudicare la società: vivi ancora un pochino. Di qui a qualche anno ci riparleremo: allora le tue teorie saranno meno contraddicenti: allora mi dirai che i partiti eclusivi sono ingiusti, ma mi mostrerai anche col fatto che sai quello che dici. Allora ti sarai persuasa cara Conny, che a questo mondo non c' è nessuno che sia buono sotto tutti i rapporti, nè completamente cattivo. Credimi: serietà e leggerezza sono confuse più o meno insieme, e spesso le debolezze e i piccoli difetti non sono che una nebbia che nascondono le grandi e belle qualità. Mi credi?... lo tentai di parlare, ma non ci riuscii: un senso indefinito di soggezione m' invase tutta. Soggezione di mio cugino Carletto? di lui al quale avevo parlato con tanta arditezza, e che avevo guardato anche un momento prima con tanto disprezzo! No, no: sollevai la testa, sorrisi: ma le labbra mi tremavano e non potei staccare gli occhi dalla sua cravatta. - Mi credi? - ripetè egli con quella sua voce lenta, sommessa e dolce. Il suo alito caldo mi passava sulla fronte: la sua mano morbida stringeva la mia. Un brivido mi corse da capo a piedi. - Si, si! mi pareva che mi si ripetesse in fondo all' anima. Ma alzai gli occhi, li fissai in quelli di lui.... - No, - risposi, e risi: ma la risata mi si strozzò in gola. ............... Quando presentai la tazza di tè a Filippo, non lo guardai, ma sentivo fissi su me quei suoi occhi rotondi e sporgenti. - Conny, lascia che veda, - mi disse. - Che cosa - dimandai alzando la testa. - Ho già visto - mi rispose. - Ma che? non capisco, Filippo. - Il primo sintomo di una malattia: ma non mi spavento: sei robusta, sei forte. Son di quelle malattie che risanano una costituzione come la tua. - Tentai di sorridere. - Ma se sto bellone! l'assicuro! - Davvero? sei proprio la Conny di cinque minuti fa? calma, allegra.... - Ma si, Filippo; sono sempre la sua donnina forte! - E sollevai il viso; ma vidi nello specchio di contro ch' esso era pallido di inquietudine. *** La sera di Santo Stefano l' Elisa doveva passare a prendermi colla carrozza per andare alla Scala. Perchè ero così inquieta e mi occupavo tanto di quella benedetta camelia bianca che mi faceva un corno sulla testa? Non ero io la Conny? la famosa Conny che ha suscitato, - me lo ha detto la zia - una discussione in casa T*** per decidere se sia coquette o ingenua: se nel suo modo di vestire semplice e severo ci sia dello studio e una posa di classicismo, o invece mancanza di vanità? Davvero, che se dovessi rispondere io, sarei un pochino imbarazzata. Vanità? Che cos'è? Mi par che in questo caso s' intenda una puerile preoccupazione di ornarsi di fronzoli; la parola stessa lo dice, e un ricorrere a cose vuote e leggiere per piacere altrui. No, no, io non sono vanitosa. Quando mi vesto io non penso agli altri: non faccio che contentare il mio occhio, e siccome a me piacciono i contorni decisi, le linee nette, non ho mai sopra di me nè tulle, nè nastri. Certe testoline tutte fiori e spilloni, mi han qualcosa di raffazzonato, di non ben definito che (sono io forse un'originale) mi fa dubitare del carattere della signora. È barocco infine, e il barocco in arte non mi piace. Sentii una scampanellata. - She here is - e miss Jane mi buttò sulle spalle il mantello. Sull'uscio m' incontrai in Carletto; come fui sciocca di arrossire! - Addio, Conny, - mi disse respirando a fatica per la corsa fatta su per le scale: il suo viso era pallido e negli occhi grandi, castani e profondi, v'era un velo di tristezza. È un fatto ch'egli è uno dei più bei giovani ch' io conosca: in quella sera la sua testa piccola e bionda risaltava stupendamente su quel largo bavero di lontra. M'offerse il braccio senza parlare, e scendemmo. - Sei troppo gentile, dissi tentando di dar alla mia voce un tono di ironia. - Incomodarsi per una signorina! Egli si volse a guardarmi, poi posò la mano sulla mia ch'era appoggiata al suo braccio, e disse con un suono di voce che mi turbò: - Conny, io mi sono riconciliato colla signorina; ora tu, buona e intelligente, non devi ostinarti, per puntiglio, nella tua.... via! nella tua antipatia per il giovane.... ammodo. Ma in quella la vocina allegra dell' Elisa l' interruppe. - Siete qui? che cosa hai detto, Conny? - Non è strano...? - continuò mentre salivo in carrozza - Gian Carlo che di solito se ne sta al caffè Cova ad aspettarci, e viene per compiacenza nell'atrio del teatro quando ci vede arrivare.... - e rideva. Sprofondata nell'angolo oscuro della carrozza, io vedevo brillare davanti a me gli occhi di Carletto, che cercavano i miei. Si entrò al teatro: lo spettacolo era già incominciato e la musica assorbi tutta la mia attenzione: non vedevo e non sentivo altro; nemmeno le chiacchiere incensanti di mia cugina. Quando l' atto finì, battei le mani. - Cara Conny, non usa più di star così attente allo spettacolo, - disse l'Elisa ridendo. - Lo so; ma sai che io non bado a ciò che usa. Sono venuta in teatro per il Don Carlo, non.... - Per don Carletto? - domandò il conte Rinaldi con la sua imperturbabile serietà, e si alzò per salutarmi. Non l' avevo veduto nè sentito entrare. Mia cugina rise: e Carletto mi guardò con un' espressione seria. Io arrossii, ma dissi stendendo la mano al Rinaldi: - Oh! non per don Carletto. - In quel punto mi sentii fissata, e mi voltai istintivamente. Era una signorina nel palco di casa Borromeo la quale abbassò subito il canocchiale, e due grandi occhi neri si fissarono ne' miei con un' espressione cupa e nello stesso tempo così fredda, che mi strinse il cuore. Era bruna, pallida, bellissima: vestiva un abito di crespo bianco scollato senz'altro ornamento che una crocetta d' oro ap-pesa a una catenella. Mi domandai perchè aveva quella posizione strana; pareva che colle spalle si puntasse allo schienale della sedia: il suo seno si sollevava e s'abbassava, e le braccia allungate, colle mani unite che tenevano stretto il binoccolo, sembravano rigide come di marmo. - Carletto, - dissi - chi c' è nel palco di casa Borromeo? - Non li conosco - mi rispose senza guardare, e stava per avviare un discorso con Rinaidi, ma questi disse forte rispondendo alla domanda fatta da me a mio cugino: - È la signorina De Lami con sua madre e suo fratello. - Ah, è vero! - disse Carletto - non li avevo riconosciuti. - I De Lami di Piacenza? - chiesi io. - Sì, - mi rispose il Rinaldi - ma da poco più di un anno stabiliti a Milano, perchè vi hanno qui la figliuola maggiore che ha sposato il Marenzi. - È quella bella signorina di cui tu, Elisa, mi hai parlato con tanto entusiasmo quest' estate? - Io?... è vero; ma ha un' espressione antipatica. C' è qualcosa di maligno in quegli occhi scuri, non è vero Rinaldi? - Non mi pare - rispose egli serio. - Ci trovo solo una grande alterezza, - dissi io. - Gira intorno gli occhi in un modo che par che dica: " Mi degno !... - Ma nello stesso tempo più la guardo, e più mi piace. Sai che effetto mi fa? che abbia un gran dolore e che voglia nasconderlo. - Carletto si alzò ridendo. - Badate, Rinaldi! - esclamò - mia cugina vede romanzi dappertutto. Dimandatele che cosa pensa di voi: sentirete che intreccio! - Poi s' inchinò ed aggiunse: - Se permettete, vado a far una visitina a donna Giulia, - e usci ridendo sempre. Sul viso lungo e sbiadito del conte Rinaldi non apparve un sorriso, e disse lentamente, con serietà: - Questa volta io credo che donna Conny abbia ragione. La signorina De Lami pare anche a me una bella statua del dolore. Ah, ah! mi fate ridere! - esclamò l' Elisa allegramente. - Peccato che Gian Carlo sia andato via: lui vi può dire com'è simpatica la vostra signorina De Lami! E poi bisogna esser ciechi, caro Rinaldi. Mi pare che le si veda chiaro negli occhi ch' ella ha un' anima cattiva. Gian Carlo mi diceva che di tutte le cose ella vede subito il lato brutto. Guarda Conny come è pettinata male la Maria. Dunque dicevo che piglia tutto in cattiva parte, e vede in ogni azione un secondo fine: insomma è invidiosa e permalosa peggio di una zittellona. - Ella la conosce intimamente, contessa? - dimandò il Rinaldi. Mi trovai coi De Lami la scorsa estate a San Bernardino, e quindi posso dire di conoscerla appena di vista, ma mio fratello è amico dei Marenzi, e credo che abbia conosciuto in casa loro la signorina De Lami, la quale è sorella di Lucia Marenzi. - Oh! Carletto ha frequentato molto anche la casa della signorina.... - replicò il Rinaldi. Davvero che quel suo tono di voce sempre uguale, e quel suo viso freddo e immobile, cominciava a irritarmi anche me. Ella mi diede un' occhiata che voleva dire: - Dio mio: com' è pedante! - Ma intanto entrò il tenente Alfieri, e il Rinaldi venne a sedersi vicino a me. Cominciò il secondo atto: i miei occhi si fissarono sulla scena, e per quanto mi sforzassi non riuscii a concentrare la mia attenzione nella musica. Vedevo laggiù il viso pallido e severo della signorina De Lami, poi fra mia cugina e il tenente s'era intavolata una di quelle conversazioni leggiere, maldicenti e pettegole, che mi seccano tanto e mi metton i nervi sottosopra. Mi par una viltà indegna di persone che pretendono di essere educate e oneste. Mia cugina è di quelle che giudicano in bene o in male secondo ciò che sentono raccontare o riferire in società, fra un piccolo gruppo di conoscenti, e non pensano che quasi sempre il male che si dice è una calunnia, o, per lo meno, un' esagerazione. lo mi misi a discorrere col conte Rinaldi. Egli non è punto bello, è troppo alto e troppo angoloso. La sua lunga figura, quando appare nel vano di un uscio, mi par un ritratto antico nella sua cornice: e, non so perchè, quando l' ho vicino mi par di sentire quell'odore di carte vecchie e di muffa che c'è nella nostra biblioteca di campagna. Io credo ch' egli viva fuori di questo mondo, in un mondo tutto ideale; è un originale, e forse, anzi, certo per questo, mi piace. Parla poco e lento, ma la sua parola è sempre gentile, convincente e utile come dice ridendo l'Elisa. È letterato e archeologo, e scrive qualche volta dei serii articoli nella Nuova Antologia o nella Rassegna Nazionale che tutte le signore leggono, ma non capiscono, e di cui, naturalmente, gli fanno le congratulazioni e gli elogi più intelligenti. Il suo babbo è membro della Consulta Archeologica, non c' è da stupirsi quindi ch' io abbia una spruzzatura storico-artistica nella mia testa, che mi vien buona nelle mie conversazioni col conte Rinaldi. Ho detto conversazioni, ma veramente, io, così chiacchierona nell' intimità, in società parlo pochissimo, ed è uno de' miei più grandi piaceri quello di trovarmi a quattr' occhi con chi ne sa più di me per poter ascoltare senza che nessuno interrompa, e abbandonarmi al godimento d' imparar cose nuove, e molte volte anche a quello, un po' maligno, di scrutare e tentar di toccare il fondo alla coltura degli altri. Ma non era a quella di Rinaldi che si potesse veder facilmente il fondo. Quella sera egli era insolitamente eloquente, e descrivendomi certi oggetti scoperti negli scavi delle antiche mura di Milano m' interessò tanto da farmi dimenticare la musica. Ma a un tratto s' interruppe chiedendone scusa. - Lei ascolta in un modo da dar l' illusione che si stia raccontandole cose molto interessanti - disse inchinandosi senza guardarmi. lo l' assicurai che m' aveva realmente divertita ed egli rispose sempre senza guardarmi: - Che ella sia una signorina un po' diversa dalle altre è facile a capirsi, ma che si debba divertire a questi studi, via, sarebbe troppo.... originale. - Non me Io ripeta, conte, perchè forse sarebbe il modo d' invogliarmi a mettermici sul serio, sa? - Egli alzò gli occhi finalmente, e disse colla voce più piana: - Se fosse vero, che si potesse avere ancora la dama colta e seria! l' antica gentildonna che ha l' orgoglio della propria onestà e del proprio nome, che mette la famiglia e gli studi avanti a tutto, e riunisce intorno al marito e ai figliuoli tutto ciò che la coltura, la cortesia, l'onestà, ha di più eletto! Di queste signore - aggiunse - io ne ho trovate parecchie in provincia: ne conosco a Ferrara, a Ravenna, a Bologna, a Perugia, nel Friuli... Ma nelle grandi città com' è difficile d' incontrarne! La signora è portata via, di voglia o controvoglia, dal turbine delle occupazioni mondane, e non ha più tempo di esser seria. - E meno egoista.... - dissi io ridendo. - Da noi le signore si prodigano e non hanno tempo di pensare a sè. Bisogna aver pietà di loro, conte. - In quel frattempo mia cugina si alzò. - Aspetta un momento, - disse Carletto ch' era rientrato in quel punto. - Conny desidera certo di rimanere sino alla fine. - Oh no, andiamo, andiamo pure - risposi. Mentre Carletto mi metteva sulle spalle il mantello, vidi che nel palco di casa Borromeo non c' era più nessuno. - Vorrei incontrarmi sulle scale con lei - pensai, e uscimmo. Arrivate nel corridoio della prima fila vidi venire verso di noi la signorina. Alta, portava la testa con fierezza, e dietro a lei una signora attempata camminava adagio, sostenuta da un giovinotto. Mio cugino, che mi dava il braccio, si fermò bruscamente, voltandosi a dimandare a sua sorella se voleva passare dal Cova per prendere un tè. lo guardavo la famiglia De Lami. Vidi il giovane rialzare la fronte, e sopra le nostre teste, passò, come una palla di fucile, il lampo orgoglioso dei suoi grandi occhi neri. La signorina ci passò dinanzi e scese lentamente cogli occhi fissi avanti a sè, bianca e fredda come una statua di marmo. Mi voltai al conte Rinaldi che mi era vicino e gli dissi piano: - Forse hanno ragione i miei cugini. C'è in lei qualcosa che allontana. Non le pare? - No: mi pare invece che dovrebbe avere tutta la simpatia di una persona come lei. - Perchè? - Non so se Rinaldi rispose: un senso indefinibile di tristezza m' invase all' improvviso; Carletto a cui davo il braccio, chiacchierava con sua sorella e col tenente, ma sentivo il suo braccio avvicinarsi sempre più al suo petto e mi sembrò di sentir battere il suo cuore sotto la mia mano. Un momento che fummo sospinti dalla folla nell'atrio, la sua mano carezzò la mia, e la sua voce mi chiese sommesso, con un' inflessione dolcissima come se dicesse parole affettuose: - Sei stanca ? - Le idee mi turbinarono, e il cuore, non so perchè, mi battè con violenza. Feci cenno di no, senza guardarlo. Si arrivò alla carrozza, io salii e mia cugina dopo di me. Carletto si scusò, dolente di non poterci accompagnare. - Ma dove hai la testa, Conny? mi disse l' Elisa. - Non senti che il Rinaldi ti saluta?- lo sporsi la mano dallo sportello e soltanto quando me la sentii stretta dalla mano lunga e magra del conte, mi riscossi e mi risvegliai come se avessi sognato. *** Non ho mai capito perché Filippo abbia sposata mia cugina Elisa. Lui ha cinquant'anni e lei trenta: lui è brutto e lei bellissima. Lui ama.... veramente non so che cosa ami: fa insomma una vita quieta, regolata: la casa e il Cova: il Cova e la casa: la Perseveranza e la Revue de deux Mondes, la Revue e la Perseveranza, e sempre così. Cioè, mi dimenticavo di mettere, dopo il Cova, la mia poltroncina rossa. Lei è elegantissima, vivacissima, e per star bene, dice, ha bisogno di moto, di visite, di teatri e di balli. Marito e moglie non si vedono dunque che a tavola. Ma è ammodo anche questo, lo sapete. Dunque Filippo viene spesso da me: soprattutto quando il babbo è a Roma. Egli.... ha! ecco trovato chi ama! Ama me! in un modo un po' brusco, ma che, forse appunto per questo, mi piace, mi commove e m' ispira tutta la fiducia. Credo che abbia ragione l' Elisa, la quale dice che un po' del mio carattere sincero.... e del mio fare franco I' ho preso da lui; il mondo lo conosco perchè lui me l' ha descritto, e siccome lui, in fatto di società, è molto scettico, io... ma voi sapete già come la penso io. Filippo dice che non c' è nessun angolo di salotto più simpatico e comodo del mio: ed io ogni tanto gli facevo la sorpresa di una nuova comodità: oggi era il tavolino da fumare accanto alla sua poltroncina rossa: domani era un paralume, un' altra volta un libro uscito di fresco. Le prime volte quasi si offendeva : mi diceva che lo avvezzavo male, che lui voleva servir me e non esser servito, che lui è de' tempi passati, quando era una villania il fumar sul viso alle signore e lo sdraiarsi nelle poltrone.... Da due settimane non lo vedevo. Una mattina, verso mezzogiorno, egli entrò nel mio salotto: io mi ero appena alzata, perchè avevo ballato tutta la notte in casa S***. Non so perché rimasi confusa a vederlo e non trovassi modo di avviare un discorso. Egli fece i suoi inchini forse con maggior gravità del solito: aspettò che gli dicessi di sedere, ringraziò, si sedette e mi fece i suoi complimenti per il furore che avevo destato in casa S***. Glielo aveva detto sua moglie, e un amico che aveva trovato quella mattina al caffè Cova. Ma ad un tratto mi domandò: - Sei in collera Conny? - In collera! no; - risposi - perché dovrei essere in collera? - e sorrisi. - Davvero?... È però molto tempo che non ci vediamo: lo sai? - Oh certo! ma di chi è la colpa se non di chi non viene a trovarmi? - Egli si chinò per guardarmi negli occhi. Perché io non li alzai, non gli lasciai leggere che cosa passava nel mio sguardo? - Senti, cara ragazza: parliamo un pochino sul serio, eh? Abbiamo forse finora parlato per ridere? - Egli mi prese una mano: - Conny, Conny: non tentar di scherzare quando non ne hai voglia! Tu non sei buona di fingere. Mi vuoi ascoltare? - Ma si figuri! - Vi fu un momento di silenzio. Conny, - disse finalmente - il tuo babbo è lontano, ed io mi credo quasi in dovere di pigliare il suo posto: io, il solo, ricordatelo! il solo e vero amico che tu abbia. Oh, ti prego, non buttarti anche tu in quella vita leggiera che ha per iscopo gli abbigliamenti e le feste. È un pericolo, sai! Una donna è raro che si conservi buona in società. Si vede ammirata, corteggiata e finisce per concentrar tutto in sè, per non occuparsi che di sè, e la sua mente si rimpiccolisce e il suo cuore si raffredda. - Oh, a me pare che saprò essere sempre buona, Filippo! - dissi. - Eh, eh! sicura come sarai di piacere, non penserai ad amare. La tua bellezza e i tuoi successi ti terranno luogo di tutte le gioie più sante e più care! - Io sollevai la testa: tutto il sangue m' era salito al viso. - Filippo! - dissi con una voce che tremava di sdegno e di dolore. - La mia vita tranquilla fra il babbo e lei, in mezzo ai miei libri, è stata troppo bella perchè io vi voglia rinunciare. Voi mi avete detto e ripetuto troppo che sono buona, che sono colta, che sono una donnina forte, perchè io lo possa dimenticare, per il piacere di sentirmi dire che sono bella! Lei poi, Filippo, ha fatto di tutto per instillar qui dentro delle idee sode e serie, e un briciolo di quel buon senso che in tanti casi della vita, dicono, val più dell' ingegno.... Filippo, Filippo! se c' è una persona che non deve dubitare di me, è lei! - mi copersi il viso colle mani dando in uno scoppio di pianto. Vi fu un po' di silenzio: la mano larga di Filippo passò e ripassò sulla mia testa, e finalmente mi disse colla voce tremante: - Guarda, figliuola! non puoi credere che piacere è per me questo tuo scoppio di sdegno. Mi fidavo di te: sapevo che nessuno al mondo avrebbe potuto mutare quel tuo cuore così lealmente buono: ma avevo bisogno che tu me lo dicessi: e se t' ho offesa è stato per provocare questo sfogo più che per altro, Conny. Per te io metterei la mano sul fuoco: ma non vorrei che tu, per esser brava, dovessi soffrire e far sacrifici. Vorrei vederti amata come lo meriti, da un uomo serio, buono, che conoscesse tutta la tua anima come la conosciamo tuo padre ed io.... Tu, cara Conny col tuo spirito d'osservazione e la tua superiorità, riesci sempre a scoprire tutte le debolezze delle persone che ti circondano: ma sei ancora troppo giovane, e il tuo cuore è troppo buono e la tua mente è troppo serena, perchè tu non possa nemmeno sospettare certe colpe e certe ipocrisie. Povera la mia donnina! tu mi guardi spaventata.... Oh, ma verrà pur troppo il giorno in cui conoscerai che cos' è la società, e diventerai scettica anche tu. - Si alzò. Io singhiozzai. - Le mie parole ti hanno fatto male figliuola, - mi disse accarezzandomi i capelli - ma ti faranno pensare, ed è quello ch' io voglio. Non t' ho detto tutto, ma tu capirai anche quello che ho taciuto.... Oh, credi! è bene che una parola seria venga a scotere in mezzo agli svaghi e alle emozioni dei giorni felici.... - Quando alzai la testa ero sola nel mio salotto. Provai come uno spavento.... - Oh, si: è bene: ma è però doloroso! - esclamai con un singhiozzo. *** C' era stato l'ultimo ballo di carnevale, m'ero alzata tardi, stavo pensando che cosa avrei dovuto fare in quella giornata, quando entrò mia cugina. - Buon giorno Conny, come stai ? Sei Stanca ? Dio mio, che freddo! - Tirò una poltrona vicino alla bocca del calorifero e vi si rannicchiò mettendosi il manicotto sul viso. - Sono venuta a piedi, lo sai? Che gelo! - e picchiava i piedi sul pavimento. - Pensa! il mio cocchiere stanotte s' è pigliato un raffreddore! Dica quel che vuole mio marito, ma un cocchiere che ha il petto delicato più di una signora io non lo tengo! - Gli hai detto di venire a prenderci alle tre, e invece siam rimaste fino alle sei. Ne avrà certo pigliato del freddo! - dissi io. - Non si va a fare il cocchiere quando non si può sopportarlo. Ma vuoi ridere, Conny?... Figurati che Filippo avrebbe voluto che si mettesse la pelliccia come il servitore! Il cocchiere che è stato là sotto la pioggia tutte quelle ore. Dio sa come l'avrebbe conciata! " O tutt' e due o nessuno; - mi diceva. Lui non pensa che Gaetano deve venir nell' anticamera ad accompagnarci e a prenderci. Che bella figura avrebbe fatto senza pelliccia, in mezzo alle stupende pellegrine di martora di casa Turati e di casa Ponti! - Ah! ma vedi, Elisa! Filippo ha delle ingenuità strane: lui credeva che le pellicce fossero fatte per tener caldo, e che il cocchiere, che doveva star fuori allo scoperto tre ore ad una temperatura di otto gradi sotto lo zero, ne avesse bisogno più del domestico. - L' Elisa mi guardava con un'aria desolata. - Oh, Conny! ti prego.... - supplicò colla sua voce dolce di bambina. - Non ridiventare quella brutta e antipatica Conny di una volta ! - balzò in piedi, e mi buttò un braccio al collo. lo risi e la baciai sulla punta del suo nasino che pareva si fosse voltata in su allora allora, per guardarmi anch' essa e dirmi: -Son carina, non è vero? - Elisa, tu mi hai affascinata: finirai col farmi diventare una donna indolente.... e poco seria come te! - Poco seria! - esclamò scandalizzata. - Conny! come sei cattiva! Vedi, mi vuoi far credere che sono io che t' ho affascinata! ma sei invece tu, più alta, più istruita, e, via.... più seria di me, che colle tue dita lunghe mi avvoltoli e mi fai girare e mi strapazzi come ti piace. Oh, non ti guardo più, va'! - E tornò a sedere nella sua poltrona coi piedi contro la bocca della stufa. - Io presi una seggiola e mi sedetti dietro di lei, voltandole le spalle. - Eppure - dissi calma calma - scommetterei qualunque cosa che ora tu mi fai attaccar i cavalli per forza, e mi conduci dove tu vuoi. - Una risatina allegra e un colpetto della sua testa contro la mia, accolse le mie parole: poi ella arrovesciò le braccia e mi prese per gli orecchi. - Ah, sei la più furba, la più intelligente creatura del mondo! Sei un tesoro, ecco! - Grazie, grazie! ma mi fai male! - Ella rideva ch' era un piacere a sentirla, poi si volse, s' inginocchiò sulla sua poltrona e mi arrovesciò la testa. - Li fai attaccare, non è vero! - mi chiese con una voce supplichevole. - Che cosa ? - I cavalli. Sì, sì! falli attaccare, andiamo insieme a far tre o quattro visite che so già di non trovare; poi andiamo sui bastioni. Mettiti il tuo vestitino corto: dopo scendiamo e facciamo un giro a piedi. Va bene, Conny? dimmi di sì dunque! - E s' io volessi dir di no? Non sei buona. - Eppure.... - Oh Conny, Conny! non essere scortese! - e mi stampò un gran bacio sulla fronte. Chi avrebbe resistito? Ordinai che attaccassero. Mentre mi vestivo, l' Elisa, seduta alla mia toeletta si accomadava il cappellino. - Sai ? - diceva - la mamma stamattina è venuta a trovarmi. Era ansiosa di sapere com' era andata la festa: aveva però incontrato l'Antonietta e sapeva già di quel cotillon così poco spiritoso. Le ho detto dell' orribile abito dell' Emma! N' è rimasta sorpresa anche lei.... Ti pare che mi stia bene questo cappellino, Conny?.... Senti: le ho detto del tuo successone: ne è stata felicissima: se non isbaglio s' è riconciliata con te. Non te ne sei accorta? - lo stavo per rispondere, ma ella continuò: - Ah, sai? Gian Carlo mi ha tormentata per sapere dove si andava; non volevo dirglielo: finii col dargli ad intendere che si andrà sui bastioni nell'ora che non c' è nessuno, poi si sarebbe finite al Cova a mangiare una tartina. Ma scommetto che riesce a trovarci ugualmente quel matto: vedrai! - Conny! - mi dimandò a un tratto mentre si strappava un pelo che le spuntava ostinato da un piccolo nèo, e arricciava il naso per il dolore. - Ahi! che peccato! mi s' è rotto senza strapparsi: Senti dunque.... Che cosa ti dicevo? - Nulla. - Ma sì: ti ho domandato se ti piace mio fratello. - Mi provai a ridere, ma non ci riuscii. - Che domanda originale! - dissi. - Oh Dio mio! che cosa c' è? Ti fa la corte, tutti se ne sono accorti: e niente di più naturale che egli ti sia simpatico. Che occhi, non è vero? e poi quei denti! È tutto bello!... Ma che creatura fredda, Dio mio! mi fai stizza, Conny! Di' dunque ti piace? - Non so. - Non lo sai ?! - e picchiò il piede sul pavimento con stizza. - Non lo meriti davvero. Se non credessi di dargli un dispiacere, glielo direi, guarda! - Ah! ah! dispiacere? - e misi in furia la veletta sul viso perchè ella non potesse vedere come avevo arrossito. - Ma sì; non ho mai visto mio fratello così entusiasta di una signorina. Una volta non si degnava nemmeno di guardarle.... Oh ecco un altro pelo! qua! ma t'assicuro, Conny, che mi vien la barba! - Diedi in una risata più rumorosa e prolungata di quel che fosse necessario, sperando di concentrare tutta la sua attenzione nella barba. - Dirò a Filippo di far un baraccone a Porta Genova e di farti vedere al pubblico. Avanti, avanti signori! qui si vede una donna non mai veduta! che ha la barba vera come un uomo! A chi non ci vuol credere è permesso di tirarla! - Eravamo già in carrozza e si rideva ancora come due bambine. *** Si andò a far tre visite : cioè a lasciare i nostri biglietti, perchè non c' era nessuno in casa; ma donna Beppina c' era e ne fui contenta perchè la stimo tanto. Entrammo quasi insieme con una bella signora elegantissima, grassotta, che aveva un viso aperto e due grandi occhi chiari pieni di sincerità e di allegria. - Chi è? - domandai all' Elisa. - Non lo so - mi rispose; e visto che non è più di moda far le presentazioni, dovetti tenermi la mia curiosità. V' erano altre signore, ed esaurito il discorso del teatro, del ballo di casa S*** e del concerto del Quartetto; quella signora disse: - Hai sentito Beppina, della povera Clara? - La sua fisonomia era così serena, anzi così gioconda, che quella povera Clara non impietosì nessuno. Ma vidi donna Beppina farsi subitamente seria, e mi colpì il tono un po' asciutto della sua risposta, come se quel discorso non le andasse a genio. - Sì, disse - è venuta a salutarmi ieri. Povera Clara, oggi ha trovato un conforto. - E si alzò dicendo: Fa un po' caldo, qui dentro. Non è vero? - e andò a chiudere la bocca della stufa; poi chiamò l' Elisa per mostrarle dei ritratti che c'erano sul tavolino. Intanto il discorso della povera Clara continuava intorno a me. - Che colpo è stato per me! - diceva una signora piccolina, tutta esclamazioni tragiche. È venuta la settimana passata a farmi visita con sua madre; aveva un abito che le stava a pennello.... chi avrebbe detto che tre giorni dopo si sarebbe fatta monaca! Che bella monaca col sóggolo bianco! - disse tranquillamente una terza signora. - In che convento è entrata? È partita per Troyes per fare il noviziato fra le Soeurs du Bon Secours. - Oh Dio mio! per curar malati poveri: e i feriti nelle guerre! ma possono mandarla nel Tonchino! - esclamò la signora piccolina, spalancando gli occhioni con terrore e stringendosi con un brivido le mani nel manicotto. Povera creatura! - disse con un sospiro la signora grassotta. - Oramai la sua vita era un tale tormento, che qualunque fatica materiale le riuscirà indifferente. Povera, povera Clara! - Ma perchè? - dimandò una terza signora - non si tratta di vocazione? - Oh signora! è tutto un triste dramma facile a indovinarsi. Non c' era proprio altra liberazione per lei, che d' andare a farsi monaca. Ma che rimorso oggi per sua sorella! - Come! Lucia Marenzi?! - Ma certo! non sapeva...? - lo ebbi un sussulto. Parlavano forse della signorina De Lami? In quel momento la padrona di casa tornò a noi con Elisa e si sedette di nuovo chiedendo con vivacità se sapevamo del fidanzamento di Paola Varenna. - Che! la Varenna? Ah era tempo! ormai come signorina era un po' matura, ma che bella marchesa sarà! eclisserà sua cugina. - Tutte s'interessarono di sapere come la cosa era accaduta, e la povera Clara era già dimenticata. Ma io non riuscivo a strappare il mio pensiero da lei. L'avevo vista una volta sola la sera di Santo Stefano alla Scala, ed era strano come fin d'allora mi aveva interessata quella pallida, altera figura che mi era parso, a ragione, che nascondesse un dolore. Provavo un' emozione che mi toglieva il respiro, pensando che mai più nella vita l'avrei incontrata, ch' ella era partita per il vasto mondo dove non avrebbe udito che lamenti e gemiti, dove non avrebbe visto che lagrime e piaghe, lei vissuta fino allora in mezzo alle agiatezze e alle eleganze. Mi pungeva una curiosità non mai pro-vata, di saperne di più, di conoscere tutta la storia di lei, e un momento che l' Elisa e le altre signore parlavano fra loro, con gran vivacità, del matrimonio di Paola, io dimandai alla signora grassotta che mi era vicina: - Scusi, signora, mi vuol dire se parlavano della signorina De Lami? - Precisamente. Non la conosce? - La conoscevo di vista, e mi era tanto simpatica. - Oh lo credo! se l'avesse poi conosciuta da vicino! un carattere, sa! colta, seria e nello stesso tempo così semplice nel suo modo di fare, e così piena d'entusiasmi e di fede! troppa fede! fu la sua disgrazia. Certe brutture le parevano impossibili fra persone educate. C' è chi dice ch' è stata una bimba e una sciocca a illudersi, ma noi amici abbiamo visto come ha saputo lui insinuarsi nel suo cuore. Io badavo ad aprir gli occhi a sua madre: " Voi non conoscete il marchese, - le dicevo " diffidate. - Ma erano appena venuti a Milano non avevano un' idea di questi sfaccendati eleganti, che non credono a nulla, non rispettano nulla e si stimano padroni del mondo. Il fatto è ch' ella fu presa per lui da una di quelle affezioni che sono la vita di una donna. E quando più supponeva d'essere amata e sua madre s'aspettava da un momento all'altro che egli le chiedessse di potersi dire fidanzato che è, che non è, la luce si fa, per lei prima che per gli altri; la sorella, quella maritata Marenzi.... Una brutta storia insomma! - Orribile.... - mormorai rabbrividendo. - Antonietta! - chiamò in quel momento la padrona di casa - permetti che faccia le presentazioni che ho dimenticate la contessa Elisa di*** che, sai, è figliuola della marchesa*** e sua cugina, donna Conny***. - Poi disse a noi. - La signora Gemmi, moglie del Senatore, una delle mie più buone amiche, una patronessa preziosa dei nostri Asili. - E sorrise respirando liberamente, ma non capì che non era arrivata a tempo. La signora Gemmi mi fissò co' suoi grandi occhi grigi, con un turbamento così visibile da accrescere il senso di malessere che quella triste storia mi aveva dato; poi a un tratto, non so come, fui colpita come un fulmine dalla percezione viva della verità, come se la cosa io l'avessi sempre sospettata, come se tutto fosse stato detto, come se un nome fosse stato pronunziato. Impallidii? non lo so: so che Elisa mi guardava con inquietudine. Dopo un minuto la Signora Gemmi si alzò e nel salutarmi mi strinse forte la mano guardandomi negli occhi; poi mi disse con una voce piena di bontà e quasi commossa: - Cara signorina, permetta che la baci. - E mi abbracciò stretta. Non ricordo come io sia uscita di là; so che mi trovai in carrozza cogli occhi sbarrati che non vedevano nulla. I polsi mi battevano, le orecchie mi sibillavano, un sudore freddo mi inumidiva il viso, e mi pareva che qualcosa si fosse spezzato in me. Una risatina di Elisa mi fece trasalire con uno spasimo. - Ah ah, se si dovesse credere a tutte le ciarle che si fanno in società! Tu non hai sentito Conny, quanti commenti e quante supposizioni buttate là con la sicurezza di fatti veri, a proposito del matrimonio di Paola Varenna! E tu, Conny, di che discorrevi con quella signora.... Oh Dio, ma come sei pallida, che cos'hai?... Era molto stupida quella signora.... come si chiama? non mi ricordo più. Dev' essere la moglie di un bottegaio arricchito, lo scommetterei! Un dolore intenso, improvviso ai cuore mi tolse il respiro e mi fece chiudere gli occhi. L'Elisa mi afferrò una mano spaventata. - Ma Conny, non capisco! si direbbe che ti sei turbata per la storia di quella Clara, come se.... Ah brava, mi avevi spaventata!... Senti dunque, cara: tu che ti dài le arie di donna forte, ti commovi di tutto. Mi fa ridere: scommetto che quella signora Gemma o Diamante, che sia, ti avrà raccontato che la Clara si fa monaca per una disillusione d'amore. Com' è poetico!... ma non è più di moda! Par il titolo di un romanzo di quarant'anni fa. L'ingenua tradita!... ah ah! Ma già, ha ragione mio fratello.... - Che cosa dice? - domandai colla voce dura. - Dice.... cioè diceva che le signorine come voi sono tante grullerelle, perché pigliate sul serio la cortesia più comune, e come una dichiarazione di amore una parola gentile. Vedete subito grande il doppio ogni cosa.... - Ah!... - In quel momento la carrozza si fermò: eravamo sui bastioni. - Che c' è?... - dimandò l' Elisa. - Il signor marchese - rispose il domestico. E allo sportello della carrozza apparve la figura elegante e bella di mio cugino. Il suo volto era raggiante di allegrezza. - Ah, ah! vi ci ho preso! Ma che cos'hai Conny? ti senti male!... Che cosa è accaduto? - disse spaventato, e tutta la sua fisonomia si rannuvolò. Mi pareva d'essere impietrita: immobile nel fondo della carrozza, con gli occhi fissi in quelli di lui, avrei voluto penetrare con lo sguardo fino in fondo alla sua anima. Egli passò dalla parte mia e mi prese le mani; io le ritirai con ispavento: - No! - dissi con voce rauca. - Ma che cos' hai? Conny! parla, oh parla! Mi vuoi far morire?! - il suo viso si era coperto di pallore. - Scendiamo, scendiamo! - disse con impazienza l' Elisa saltando a terra. - Egli ha qui il phaeton, non è vero? - dissi. - Potresti tornare a casa con lui. Conny.... scendi.... ti prego! - Perchè quella voce esercitava su me un fa- scino così irresistibile ? Perchè mi lasciai prendere le mani e scesi di carrozza e lasciai che mi guardasse negli occhi, e mi dicesse con quella sua voce sommessa e dolce che mi fa tremare: - Grazie! - Era una giornata fredda e nebbiosa dei primi di febbraio: sui bastioni non c' era anima viva. L' Elisa volle passare sul viale che guarda giù nella strada di circonvallazione per vedere il tranvai. lo camminavo come trasognata: Carletto mi prese la mano.... un brivido mi corse dalla testa ai piedi.... se la posò sul suo braccio. Egli rispondeva a tutte le domande curiose della sorella; e il suo braccio si stringeva sempre più al suo petto, come quella sera di Santo Stefano. Si arrivò sul ponte della barriera Principe Umberto: nessuno parlava; poco lontano scalpitavano i nostri cavalli: i tranvai e le vetture passavano rumorosamente sotto di noi, e nella stazione fischiavano e sbuffavano le locomotive. Tutto questo mi rimbombava nella testa dolorosamente. Carletto si appoggiò alla sbarra del ponte e mise una mano sulla mia perchè non la ritirassi; poi rivolse il viso verso di me, ch' ero rimasta ritta e immobile accanto a lui. Oh, no, no! non volevo guardarlo, non volevo essere guardata a quel modo! Mi parve di veder rizzarsi accanto a noi, cogli occhi neri e cupi la povera Clara e mi sfuggì un grido d'angoscia. - Non guardarmi così! ti odio! Conny! mia Conny! abbi pietà di me!... - E le sue labbra di fuoco si posarono sul polso gelato della mia mano. Non so che cosa sia accaduto. Mi ricordo solo, come in un sogno, che ero in carrozza e che mia cugina parlava, parlava, e io ascoltavo senza capire; due cavalli ci rasentarono come un fulmine ed io pensai: perché i miei cavalli non corrono? e mi prese un'ansietà, un' inquietudine affannosa, avrei voluto precipitarmi giù, per correre a casa a piedi, sola! Finalmente la carrozza entrò in casa; scesi e dissi al domestico: - Riconducete la signora Contessa a casa sua, - ed io salii lentamente la scala, entrai in casa, apersi l' uscio del mio salotto e trasalii. Egli era là, ritto davanti a me, pallido e serio. S' inchinò e mi stese tutt' e due le mani. lo m'appoggiai colle spalle al muro: non avevo più un filo di forza né di fiato. - Conny.... sono qui: dimmi perché mi odii. lo ti dirò poi, perché ti adoro. - Mi copersi il viso con le mani e singhiozzai senza piangere. - Oh, non posso, Carletto!... non posso! è una cosa così orribile!... Morirei se la dicessi! Va', va,! per amor di Dio!... Abbi pietà di te stesso se non vuoi averla di me.... Va'! ti risparmio una vergogna. - E rialzai la testa con disprezzo. L' uscio si aperse e entrò miss Jane che si fermò cogli occhi spalancati di spavento. lo le corsi incontro. Ella mi disse: - Don Emanuele è arrivato, lo sapete? m' ha fatto chiamare nello studio perché venissi a dirvi che desidera di par- larvi. - Mi volsi e dissi freddamente: - Addio Gian Carlo. - Egli s' inchinò ed uscì. *** Era uscito; era partito per sempre, lui! l' unico uomo che m'aveva parlato d'amore; quegli che mi adorava! Avevo io il diritto di condannare lui e me al dolore, senza una spiegazione, senza lasciargli modo di giustificarsi?... Dio! Dio! che cosa avevo fatto? In società si raccontano tante cose che non son vere: da cosa mi veniva la certezza che si trattasse di lui? Nessuno aveva pronunziato il suo nome. Oh no, non era possibile, non poteva esser vero! Mi lasciai cadere sul sofà, piangendo di disperazione. Chi mi salvava ora? Nessuno; nessuno avrebbe potuto restituirmi il suo amore, perchè io lo avevo insultato! e un uomo come lui non perdona un insulto! Lady Conny, che avete? - mi domandò miss Jane piangendo. - Nulla, sono una pazza, ecco cosa sono! - e mi alzai, mi asciugai gli occhi e mi guardai nello specchio. - Avete detto che è arrivato il babbo? - Sì, e vi cercava. - Ella corse a pigliare il fiocchetto della cipria: me lo passò sugli occhi e fece scomparire la traccia delle lacrime. - Ecco, milady: potete andare. - Entrai nello studio del babbo, ma mi fermai sulla soglia dell' uscio. Egli non era solo: ritto accanto a lui, davanti al camino, c' era il conte Rinaldi. Il babbo mi venne incontro: io gli buttai le braccia al collo e lo baciai con una commozione e una tenerezza tutta nuova: anch'egli m'accarezzò e mi baciò commosso, come se leggesse nella mia anima desolata. Ma poi il suo viso si illuminò di gioia. Mi prese per mano e mi disse con un sorriso: - È vero, Conny, che hai piacere che Rinaldi rimanga a pranzo da noi? Immagina ch'egli temeva di non essere nelle tue simpatie; gli riferii una certa conversazione del giorno di Natale. Conny disprezza i giovani ammodo, ma apprezza molto i giovani seri come Rinaldi. Non è forse vero? - Io lo ascoltavo trasognata, non trovando parole per rispondere. - Conny, il conte Rinaldi è venuto a prendermi a Roma: siamo ritornati un'ora fa insieme. - Credo che ne' miei occhi sia apparso come uno spavento, perché il babbo si chetò, guardandomi inquieto. Lui, il conte, ritto dietro una seggiola colle mani aggrappate alla spalliera, mi guardava col viso contratto d' emozione. Non sapevo bene perché, ma io fui presa da un tremito: non ancora rimessa dal profondo turbamento di pochi minuti prima, tentavo inutilmente di sorridere, di trovar la voce per parlare, di lottare contro un penoso presentimento che le parole del babbo e il contegno di Rinaldi mi avevano fatto sorgere nell' animo. - Conny, non ti senti bene? che cos'hai? - Ho preso freddo.... sui bastioni. Infatti non sto affatto bene, - e mi passai una mano sulla fronte, perché mi pareva che tutto girasse intorno a me. Rinaldi mi spinse una poltrona dietro. - Su, riscaldati un poco vicino al fuoco - Disse il babbo - vuoi che chiami miss Jane? - No, ti prego, sto bene qui. - Alzai il viso verso il Rinaldi ritto accanto a me, e ci guardammo. Lesse egli ne' miei occhi spauriti e supplichevoli? io lessi ne' suoi, pieni di un desolato dolore.... Restò a desinare con noi. Il babbo credette tutta la sera che io mi sentissi male, ma era assorto in una gran beatitudine, povero babbo, per le attenzioni affettuose di Rinaldi, che, senza mai guardarmi negli occhi, mai.... non si occupò di me, accorgendosi che non mangiavo, che ero presa da brividi: mi fece portare uno scialle, mi versò un bicchierino di bordeau insistendo perché lo bevessi, e poco dopo aver preso il caffè si alzò per andarsene, dicendo che io avevo bisogno di riposo. Si chinò sul sofà sul quale mi aveva fatto distendere: io gli ubbidivo colla docilità di una bambina: una bambina colpe-vole che ha molto da farsi perdonare. - Buona sera donna Conny, - mi disse forte; io gli stesi tutt' e due le mani, egli le prese, esitò, poi le baciò. - Mi perdoni, - mormorò pian piano con voce soffocata - il mio sogno era stato forse troppo ardito.... Non tèma: non ci tornerò più. - Io gli sfiorai colla punta delle dita i capelli, dicendo con filo di voce: - Che Dio la benedica! - Ed egli partì. *** Erano passati alcuni giorni: la zia e l' Elisa avevano chiesto di vedermi, ma io mi chiusi in camera, e miss Jane ebbe l'ordine di dire sempre a tutti che avevo un forte mal di capo e dormivo. Filippo non era mai venuto. Sapevo che la zia aveva avuto dei lunghi e vivaci colloqui col babbo, ma egli non mi diceva nulla, ed io, che il primo giorno gli avevo promesso di parlargli, ora non ne trovavo più il coraggio. Era una domenica, e uscii con lui per andare alla Messa. Sulla bottega della fruttaiola c' era il bambino: mi fermai a baciarlo. Era un pezzo che non lo salutavo più.... ora volevo tornare a tutte le abitudini di una volta. - Dove andiamo, babbo? non a San Francesco veh! c' è uno sfoggio di cappellini eleganti, e di libri da messa colle cifre.... non ci si prega bene. - Dove vuoi andare? - In cerca di qualche chiesina fuor di mano: dove non ci sia che qualche povera donnetta, e dove il prete abbia una pianeta scolorita da cui escano i fili d' oro! - Il babbo passò il mio braccio sotto il suo, e disse, incamminandosi a passo lesto verso il corso di Porta Venezia: - Brava la mia Conny, torna allegra come una volta: e intanto che siamo soli.... vuoi tu dirmi quel che mi avevi promesso? Vuoi tu spiegarmi.... - Si rannuvolò, e la sua voce divenne seria quando aggiunse: - È stato per me un gran dolore, non te lo posso nascondere, lo scoprire che il tuo cuore non aveva scelto Rinaldi, che mi pareva fatto per te; ma forse a ragione mia sorella: è un giovine troppo vecchio. Tu sei espansiva, allegra, ardente, e hai bisogno di un uomo che, non solo ti voglia bene, ma te lo dica.... Conny, non vuoi proprio confidarmi nulla? - Io respiravo a fatica: avevo un nodo alla gola, che m' impediva di parlare. Si camminò un poco in silenzio: il Corso era quasi deserto. Sperai che si entrasse nella chiesa di San Babila, ma invece si andò innanzi. - Conny, ieri sera sono andata da mia sorella: lo sai? - No, non me lo avevi detto. - Ho dovuto andar io.... perché c' era qualcuno che non voleva venir da me. - Mi sentii un colpo nel cuore. Perché il babbo me ne parlava? Non capiva che soffrivo? Egli continuò: - Qualcuno che non vuol rimettere il piede in casa nostra senza il permesso della signorina Conny: ma che ti prega, ti supplica, in nome di quello che hai di più caro, di dargli questo permesso: egli vuole una spiegazione.... di che? né io né sua madre siamo riusciti a saperlo. Dice che è un vostro segreto. Io mi fido di te, Conny... e di Carletto: per questo non ho insistito perchè tu parlassi. - Io mi ero accostato il manicotto sulla bocca per soffocare i singhiozzi. - Dio mio! perchè mi diceva tutte quelle cose, nella strada, in mezzo alla gente? Non sentiva che mi trascinavo a fatica, e che il respiro mi si faceva sempre più breve? - Conny: di' la verità: vi amate: di questo non ne dubito: vi siete bisticciati per qualche sciocchezza.... e a quest' ora tu sei pentita, povera la mia bambina!... Dunque appena ritornati a casa, gli scrivo che la signorina Conny permette al marchese Gian Carlo di venire a vederla. Che! piangi? - Sì, piangevo: piangevo perché avevo bisogno di sfogare tutto il dolore che mi aveva empito il cuore in quei giorni.... Che era accaduto? dunque una parola sola, la speranza del suo ritorno bastavano a fugare tutto il disprezzo ch' io avevo provato per lui? Come lo amavo! come lo amavo se mi avvilivo al punto da non credere a ciò che avevo sentito, e da esultare perch' egli mi amava. Sollevai la testa e sorrisi perché nel mio cuore non era rimasta che una gioia immensa che mi pareva un sogno. Eravamo arrivati quasi a Porta Venezia. - Ma dove si va, babbo? Qui non ci son più chiese! Se fossimo ai tempi dei Promessi Sposi direi che si va alla chiesa de' Cappuccini! Ma si svoltò in una via deserta, chiusa in fondo dal bastione, in via Borghetto. - Vedi quella porticina a destra?... - mi disse il babbo. Quella è una chiesina proprio come la vuoi tu: nuda e stretta. Vedrai che pulpito! par troppo piccolo per un uomo. - In quella, una voce allegra, ma che parlava un dialetto sguaiato, mi fece alzar la testa. Una ragazza elegante scendeva a salti dalla stradetta a zig-zag del bastione, e dietro a lei.... Sentii una imprecazione soffocata del babbo, e il suo braccio strinse il mio come per sostenermi. Tutti i miei nervi avevano sussultato con spasimo: ma fu un lampo: la testa mi si rizzò, e mi sembrò di essere diventata più alta e che tutta la mia anima si fosse ad un tratto mutata.... Dietro a lei scendeva, ridendo e chiacchierando, un bel giovane biondo, con un lungo cappotto chiaro. Ci vide, e il suo viso si coperse di pallore, poi diventò rosso come di fuoco: il mio sguardo tagliente come una lama gli deve essere penetrato fino in fondo al cuore. Il babbo spinse la porticina della chiesa: io lo seguii, ma prima di richiuderla mi voltai. La ragazza s' era appoggiata al braccio di lui, e mi passarono davanti: mio cugino si guardava la punta degli stivali. Ciao, Conny! - gridò ad un tratto la fanciulla. Mi sentii un tuffo nel sangue e la guardai cogli occhi scintillanti di sdegno e di ribrezzo. Era la Lisetta; quella mia compagna di scuola di cui mi aveva parlato la fruttaiuola. Mi parve che mio cugino trasalisse stupito, e certo respinse il braccio di lei. Ma ella vi s'aggrappò di nuovo dicendo forte: - Che stupida quella Conny! Siamo state compagne di scuola e finge di non conoscermi. - La porta si richiuse dietro di me e mi trovai in chiesa. M' inginocchiai: i miei occhi erano fissi a una candela che ardeva sull'altare, e quella fiammella agitandosi mi pareva che s'allargasse e formasse delle grandi stelle che m'abbagliavano: ma non pensai di guardar altrove. Una povera donna, inginocchiata vicino a me, diceva al suo bambino: - Di': Buon Dio, beneditemi, fatemi diventare un bravo giovane, sincero e onesto. - E nelle orecchie mi si ripeteva: " un bravo giovine sincero e onesto.... - E nella mente, fisso, questo pensiero: L'ho amato! l'ho amato! e mi chiusi il viso nelle mani con un senso doloroso di vergogna. *** Quando fui sulla soglia del mio salotto mi passai una mano sulla fronte. Non mi pareva vero d'esserci arrivata; mi pareva un gran pezzo ch'ero assente da casa mia, che non vivevo la mia vita tranquilla e felice. Filippo era seduto nella mia paltroncina rossa colla Revue fra le mani; si alzò spalancò serio e compassato, ma poi mi guardò, gli occhi e aperse le braccia. lo mi vi buttai singhiozzando. - Finalmente! - disse. - Ringrazia Iddio che ti sei svegliata in tempo.... domani sarebbe troppo tardi.... Povera figliuola! hai avuto il tuo momento di vertigine anche tu, forte e ragionevole. Era forse necessario: hai fatto la tua esperienza. - Io m'aggrappai stretta e convulsa al suo collo. - Non è stato a tempo Filippo; - disse il babbo con una voce soffocata dall'emozione - l' altro giorno ha rifiutato Rinaldi. Rinaldi! - esclamò Filippo con sorpresa, e le sue braccia mi strinsero, quasi con tremito. - Era il mio sogno - mormorò. - L' unico uomo che ti meritava. Emanuele, - disse poi con una voce ferma e forte, - ti giuro che io ho fatto di tutto per evitare alla tua figliuola questo dolore: ma non ho potuto! Nessuna donna sa resistere al fascino del suo sguardo; è lui stesso che lo ha detto una sera: l' ho sentito io, e so che ha fatto l'esperienza su parecchie signore della nostra società. Questa volta, è vero, aveva tutta l' intenzione di finire al municipio: il mese scorso ha perduto al gioco non so quanto, e aveva bisogno di rifarsi.... - Abbi pietà di questa povera creatura! - gridò risentito il babbo. - Oh! non conosci la tua figliuola; ella ha bisogno di veder chiaro in tutto, di non essere ingannata: non è vero Conny? Vedi, io mi ero detto: Conny è buona e seria. Conny conosce il mondo - e sorrise con amarezza. - Conny, che ha letto i filosofi e i metafisici, analizza, capisce tutto, e sa che cosa bisogna fare per resi- stere alle vanità e alle seduzioni di quella brutta bestiaccia che si chiama società. Conny ha vissuto finora in mezzo a libri sani e a vecchi onesti, ma sa istintivamente quante leggerezze, quante slealtà e quante colpe si trovano nella giovane società: e saprà capire, studiare e rimaner sempre in alto, sopra a tutti, la donnina forte! Questo mi ero detto, cara figliuola; e questo voleva dire: non c' è bisogno di metterla in guardia: non sa ancora che cosa sia l'amore, ma ella saprà distinguere il falso dal vero, il complimento dalla dichiarazione, la parola dal sentimento, la leggerezza dalla serietà. - Tacque. lo tenevo il viso nascosto contro il suo petto e piangevo in silenzio. A un tratto alzai la testa, mi guardai, attorno, e dissi: - Filippo, non ne parliamo più, la prego! - e gli stesi la mano: egli me la baciò ed uscì. - Babbo, staremo sempre insieme! mi condurrai a Roma con te, non è vero? - Sì, cara figliuola; mi asciugò gli occhi, poi mi baciò con tenerezza. - L' indomani mi svegliai pallida ma calma. C' era nel mio sguardo una luce nuova profonda, cupa, e un lampo pieno d'alterezza e qualche volta di sarcasmo, che credo mi durerà tutta la vita. FINE

L'uccellino azzurro

213407
Maeterlink, Maurice 1 occorrenze
  • 1926
  • Felice Le Monnier, Editore
  • Firenze
  • Paraletteratura - Ragazzi
  • UNICT
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TYLTYL Non è nulla, è tutto questo azzurro che un poco mi abbaglia.... IL BAMBINO Come si chiamano?... TYLTYL Che cosa?... IL BAMBINO Quelle cose che ti scendono dagli occhi?... TYLTYL Non è nulla, ti dico, un po' d'acqua.... IL BAMBINO Come mai viene fuori dagli occhi?... TYLTYL Così, quando si piange.... IL BAMBINO Che cosa vuol dire piangere?... TYLTYL Non ho mica pianto, io ; la colpa è di tutto quest'azzurro.... Ma anche se avessi pianto sarebbe lo stesso.... IL BAMBINO Dimmi, si piange molto, sulla Terra?.... TYLTYL I bambini no; sono le bambine che piangono.... Ma qui non si piange?... IL BAMBINO Ma.... non so.... TYLTYL Vedrai, imparerai anche tu a piangere.... Che cosa fai con codeste grandi ali azzurre?... Ci giuochi?... IL BAMBINO Queste, dici?... Servono per l'invenzione che farò quando sarò sulla Terra.... MAURIE MAETERLINK. - L'Uccellino Azzurro. 13 TYLTYL Quale invenzione?... Hai inventato qualche cosa?... IL BAMBINO Ma come, non lo sapevi?... Quando sarò sulla Terra, dovrò inventare la Cosa che rende Felice.... TYLTYL È una cosa buona da mangiare?... E fa rumore?... IL BAMBINO No, non si sente nulla.... TYLTYL Peccato!... IL BAMBINO Ci lavoro intorno tutti i giorni.... È quasi finita... Vuoi vederla?... TYLTYL Sì, fammela vedere.... Dov'è ? IL BAMBINO La puoi vedere anche di qua: fra quelle due UN ALTRO BAMBINO AZZURRO (avvicinandosi a Tyltyl e tirandolo per la manica del vestito) E la mia invenzione, vuoi vederla?... TYLTYL Sì: che cos'è?.... IL SECONDO BAMBINO sono i trentatrè rimedi per prolungare la vita.... Qui, vedi? dentro a queste boccettine azzurre.... TERZO BAMBINO (uscendo di tra la folla) E io, porterò una luce che nessuno ancora conosce.... (Egli appare tutto a un tratto circonfuso da una luce straordinaria). È curioso, non è vero?... QUARTO BAMBINO (tirando Tyltyl per il braccio) Vieni a vedere la mia macchina che vola per l'aria come un uccello senz'ali!... QUINTO BAMBINO No, no; prima deve vedere la mia, che serve a scoprire i tesori nascosti nella luna!... I BAMBINI AZZURRI (si affollano intorno a Tyltyl e a Mytyl gridando tutti insieme), No, no, vieni a vedere la mia!... No, la mia è più bella.... La mia è qualche cosa di straordinario!... La mia è tutta di zucchero!... La sua invece non ha nulla di notevole.... Mi ha rubato l'idea!... (Tra queste esclamazioni disordinate trascinano i piccoli Viventi verso le officine azzurre: dove, appena giunti, ciascuno degli inventori mette in moto la sua macchina ideale. Per entro i vapori azzurrognoli dell'irreale si leva un turbinio ceruleo di ruote, di dischi, di volanti, d'ingranaggi, di pulegge, di corregge, di oggetti strani e tuttora senza nome. Apparecchi bizzarri e misteriosi, in grandissimo numero si lanciano in alto e si librano come sospesi sotto alle volte delle arcate, oppure strisciano a pie' delle colonne, mentre i bambini svolgono rotoli di carte e di piani, aprono libri, scoprono statue azzurre, si caricano di fiori enormi, di frutti giganteschi che sembrano fatti di zaffiri e di turchesi). UN PICCOLO BAMBINO AZZURRO (curvo sotto il peso di colossali margherite azzurre) Guarda i miei fiori!... TYLTYL Che fiori sono?... Non ne ho mai visti, di codesti fiori.... IL PICCOLO BAMBINO AZZURRO Sono margherite!... TYLTYL Non è possibile.... Sono tanto grandi che si direbbero delle ruote.... IL PICCOLO BAMBINO AZZURRO E che profumo!... TYLTYL (odorandole) È una cosa straordinaria!... IL PICCOLO BAMBINO AZZURRO Quando ci sarò io, al mondo, saranno tutte così.... TYLTYL Quando ci sarai?... IL PICCOLO BAMBINO AZZURRO Fra cinquantatrè anni, quattro mesi e nove giorni.... (Due Bambini Azzurri sopraggiungono portando appeso a una pertica, a guisa di lampadario, un grappolo d'uva di una grossezza inverosimile, dai chicchi più grossi delle pere). UNO DEI BAMBINI CHE PORTANO IL GRAPPOLO E della mia frutta, che te ne pare?... TYLTYL Un grappolo di pere!... IL BAMBINO Ma no, è uva.... non vedi?... Quando avrò trent'anni, sarà tutta così.... Ho scoperto il modo di ottenerla.... UN ALTRO BAMBINO (schiacciato sotto il peso di una cesta di mele azzurre grosse come poponi) E io dunque!... Guarda le mie mele!... TYLTYL Ma sono poponi!... IL BAMBINO No, no!... Sono mele, e delle meno belle.... Quando sarò al mondo io, saranno tutte così.... Ho trovato il sistema!... UN ALTRO BAMBINO (trascinando una carriola azzurra piena di poponi più grossi delle zucche) E. che ne dici dei miei piccoli poponi?... TYLTYL Ma sono zucche!.. IL BAMBINO DAI POPONI Quando sarò sulla Terra io, i poponi saranno tutti belli grossi come questi!... Sarò il giardiniere del Re dei nove Pianeti.... TYLTYL Il Re dei nove Pianeti?... Dov'è?... IL RE DEI NOVE PIANETI (avanzandosi con fierezza. Dimostra l'età di quattro anni, e può a mala pena reggersi ritto sulle gambette storte). Eccolo!.... TYLTYL Come?... Così piccino?... IL RE DEI NOVE PIANETI (con accento grave e sentenzioso) Quello che farò sarà grande!... TYLTYL Che cosa farai?... IL RE DEI NOVE PIANETI Fonderò la Confederazione generale dei Pianeti solari. TYLTYL (interdetto) Ah, davvero,?... IL RE DEI NOVE PIANETI Ne faranno parte tutti, ad eccezione di Saturno, Urano e Nettuno che si trovano a una distanza, troppo grande, incommensurabile. (Si ritira dignitosamente). TYLTYL È interessante.... UN BAMBINO AZZURRO Vedi quell'altra laggiù?... TYLTYL Quale? IL BAMBINO Quel piccino che dorme ai piedi di quella colonna.... TYLTYL Ebbene?... IL BAMBINO Egli porterà sulla Terra la pura gioia.... TYLTYL Come farà?... IL BAMBINO Portando con sè delle idee che nessuno ha avuto ancora.... TYLTYL E l'altra, quel bambino grande e grosso che si ficca le dita nel naso, che cosa farà, lui?... IL BAMBINO A lui spetta il còmpito di scoprire il fuoco capace di riscaldare la Terra quando il Sole incomincerà a impallidire.... TYLTYL E quei due laggiù che si tengono per la mano baciandosi continuamente, sono forse fratello e sorella?... IL BAMBINO No, no.... Come sono buffi!.. Sono gli Amanti.... TYLTYL Che cosa vuol dire?... IL BAMBINO Non lo so.... Li chiama così il Tempo, per burletta.... Non fanno altro tutto il giorno che guardarsi negli occhi, baciarsi e dirsi addio.... TYLTYL Perchè?... IL BAMBINO Perché pare che non potranno andar via di qua tutti e due insieme.... TYLTYL E chi è quel piccina tutto roseo che si succhia il pollice, serio serio? IL BAMBINO Dicono ch'egli dovrà cancellare l'Ingiustizia dal Mondo.... TYLTYL Ah!.... IL BAMBINO Pare che sia una cosa difficilissima.... TYLTYL E quel rossino laggiù che cammina come se non ci vedesse?... È cieco, forse?... IL BAMBINO Non ancora; diventerà.... Guardalo bene si dice che debba vincere la Morte.... TYLTYL Che cosa vuol dire?... IL BAMBINO Non lo se esattamente: ma pare che sia una cosa grande.... TYLTYL (additando una folla di bambini addormentati, quali ai piedi delle colonne, quali sui gradini, sui sedili, ecc.) E tutti quei bambini che dormono - quanti, quanti! - non fanno niente?... IL BAMBINO Pensano a qualche cosa.... TYLTYL A che cosa?... IL BAMBINO Non lo sanno ancora; ma debbono portare qualche cosa sulla Terra; perchè è proibito uscire di qui a mani vuote.... TYLTYL Gli lo proibisce?... IL BAMBINO Il Tempo, che sta di guardia alla porta.... Vedrai quando, aprirà.... È tanto uggioso!... UN BAMBINO (accorrendo dal fondo della sala, fendendo la folla) Buongiorno, Tyltyl!... TYLTYL O bella!... Come fa a sapere il mio nome?... IL BAMBINO (abbracciando Tyltyl e Mytyl con effusione) Buongiorno!... Come stai?... Su, baciami anche tu, Mytyl.... Non è punto strano che io conosca il tuo nome, poichè sono destinato a diventare il tuo fratellino..... Me l'hanno detto or ora, che eri qui.... Ero in fondo alla sala, intento a imballare le mie idee.... Di' alla mamma che sono pronto.... TYLTYL Come?... Verrai a stare a casa nostra? IL BAMBINO Sì, l'anno prossimo, la domenica, delle Palme.... Bada, non tormentarmi troppo quando sarò piccino.... Come sono contento di avervi abbracciati già fin da ora?... Di' al babbo che accomodi la culla.... Ci si sta bene, a casa nostra?... TYLTYL Non ci si sta mica male.... La mamma è così buona!... IL BAMBINO E il cibo, com'è?... TYLTYL Secondo.... Ci sonò dei giorni in cui ci danno perfino dei dolci; non è vero, Mytyl?... MYTYL Il giorno di Capo d'anno e per la festa nazionale.... Li fa la mamma, i dolci.... TYLTYL Che cos'hai costì nel sacco?... Ci porti qualche cosa in regalo?... IL BAMBINO (con fierezza) Porto tre malattie: la scarlattina, la tosse convulsa e il morbillo.... TYLTYL Oh, allora, se non hai niente di meglio da portarci.... E dopo, che cosa farai?... IL BAMBINO Dopo?... Me ne andrò via di nuovo.... TYLTYL Vale proprio la pena di venire, allora.... IL BAMBINO Sta forse in noi di scegliere?... (A questo punto s'inalza e si diffonde intorno una specie di vibrazione prolungata, forte e cristallina che sembra provenire dalle colonne e dalle porte opaline, rischiarate da una luce più intensa). TYLTYL Che cos'è?... UN BAMBINO E il Tempo!... Sta per aprire le porte!... (Un vasto movimento si propaga tosto nella folla dei Bambini Azzurri, la maggior parte dei quali abbandona le macchine e i lavori ai quali stava accudendo. Molti fra i dormienti si svegliano, e tutti, con gli occhi rivolti alle porte d'opale, dirigono verso di esse i loro passi). LA LUCE (raggiungendo Tyltyl) Nascondiamoci dietro le colonne.... Non bisogna lasciarci vedere dal Tempo.. TYLTYL Di dove viene questo rumore?... UN BAMBINO È l'Aurora che si alza.... È questa l'ora in cui stanno per discendere sulla Terra i bambini che devono nascere oggi.... TYLTYL Come faranno a discendere?... Ci sono delle scale?... IL BAMBINO Ora vedrai.... Il Tempo sta per tirare il paletto.... TYLTYL Chi è il Tempo?... IL BAMBINO E un vecchio che viene a chiamare quelli che devono partire.... TYLTYL È cattivo?... IL BAMBINO No, ma è sordo a ogni preghiera.... Si ha un bel supplicarlo: egli respinge inesorabilmente tutti quelli che vorrebbero partire, se non è il loro turno.... TYLTYL Sono contenti di andar Via?... IL BAMBINO Chi restai non è contento; ma chi parte è triste.... Eccolo!... Ora apre le porte!... (Le grandi porte opaline girano lentamente sui cardini. Si ode una specie di musica lontana: sono i rumori della Terra.... Un chiarore rosso e verde penetra nella sala; e sulla soglia appare il Tempo, un vecchio alto dalla barba fluente, armato della falce e della clessidra. Si scorgono contemporaneamente i lembi estremi delle vele bianche e oro d'una galera, ancorata a una specie di riva formata dai rosei vapori dell'Aurora). IL TEMPO (sulla soglia) Sono pronti i bambini per i quali l'ora è sonata?... ALCUNI BAMBINI AZZURRI (fendendo la folla e accorrendo da ogni parte) Eccoci!... Eccoci!... Eccoci!... IL TEMPO (con voce burbera, ai bambini che sfilano dinanzi a lui per andarsene) Uno alla volta!.. Venite in troppi!... Più di quel che occorre!... Sempre così.... Mai me non mi s'inganna, lo sapete.... (Respingendo uno dei bambini). Non è ancora il tuo turno!... Torna indietro, torna domani.... E non tocca neppure a te, oggi! Rientra, e torna fra dieci anni.... Un tredicesimo pastorello?... Devono essere soltanto dodici; non ne occorrono di più; non siamo più ai tempi di Teocrito o di Virgilio.... Dei medici, ancora?... Ce n'è già troppi; se ne lamenta l'abbondanza, nel Mondo.... E dove sono gl'ingegneri?... Si desidera un uomo onesto, uno solo, da presentarsi come un fenomeno.... Dov'è dunque l'uomo onesto? Sei tu?... (Il bambino fa cenno di sì). Hai l'aria patita.... Non vivrai a lungo.... Olà, voialtri laggiù, più adagio, più adagio!... E tu, che cosa ti porti via?... Nulla?... Te ne vai a mani vuote?... Mi rincresce, ma allora di qua non si passa.... Prepara qualche cosa anche tu: un gran delitto, o, se preferisci, una bella malattia; a me è indifferente.... ma qualcosa ci vuole.... (Scorgendo un piccino che, sospinto innanzi dagli altri, resiste con tutte le sue forze). Ebbene, che cosa c'è? Lo sai che questa è la tua ora.— Si ridiede un eroe per combattere contro l'Ingiustizia; questo eroe sei tu, bisogna dunque partire. I BAMBINI AZZURRI Egli non vuoi andarsene, signore.... IL TEMPO Come?... Non vuole?... E dove crede di essere questo piccolo aborto?... Non si ammettono reclami: non abbiamo tempio da perdere.... IL PICCINO (sospinto dagli altri) No, no!... Non Voglio andar via!... Piuttosto preferisco non nascere!... Preferisco restar qui!... IL TEMPO Non si tratta di volere o non volere.... Quando l'ora è sonata bisogna Obbedire!... Su, via, avanti!... UN BAMBINO (facendosi avanti) Oh lasciatemi passare!... Prenderò io il sino posto!... Dicono che i miei genitori sono vecchi e mi aspettano da tanto tempo!... IL TEMPO Niente affatto.... L'ora è l'ora e il tempo è il tempo. A dar retta a voi, non si finirebbe più.... L'uno vuole, l'altro non vuole, è troppo presto, è troppo tardi.... (Scostando alcuni bambini che avevano invasa la soglia). Fatevi più in là, piccini.... Indietro i curiosi.... Quelli che non partono non devono guardar fuori.... Ora avete fretta di andarvene; ma giunto che sia il vostro turno, avrete paura e vi trarrete indietro.... Guardate, eccone qui quattro che tremano come foglie.... (A un bambino che sul punto di varcare la soglia torna bruscamente indietro). Ebbene, che fai? Che cosa c'è?... IL BAMBINO Ho dimenticato la scatola che contiene i due delitti che dovrò commettere.... UN ALTRO BAMBINO E io, il pentolino con dentro l'idea per illuminare le folle.... TERZO BAMBINO E io ho dimenticato l'innesto della mia pera più bella!... IL TEMPO Presto, correte a prenderli.... Non avete che seicento dodici secondi a vostra disposizione.... La galera, dell'Aurora agitai già le vele per far capire che è pronta ed aspetta.... Arriverete in ritardo e non potrete più nascere.... Su, presto, imbarcatevi!... (Afferrando un bambino che tenta di sgusciargli fra le gambe per raggiungere la riva). Ah, tu, no davvero!... È la terza volta che tenti di nascere prima che sia la tua ora.... Se ti colgo un'altra volta, bada, dovrai aspettare in eterno presso mia sorella l'Eternità: e non è una cosa divertente, lo sai.... Dunque, siamo pronti?... Siete tutti a posto?... (Passando in rivista con lo sguardo i Bambini riuniti sulla riva, o già seduti nella galera). Ne manca ancora uno.... Ha un bel nascondersi, lo scorgo tra la, folla.... Me non mi s'inganna.... Su via, tu, piccino che ti chiami l'Amante: di' addio alla tua bella.... (I due piccini che gli altri chiamano «gli Amanti», teneramente avvinti, pallidi in volto per la disperazione si avanzano verso il Tempo e s'inginocchiano ai suoi piedi). IL PRIMO BAMBINO Signor Tempo, mi lasci partire con lui!... IL SECONDO BAMBINO Signor Tempo, mi lasci restare qui con lei!... IL TEMPO impossibile!... Non ci restano più che trecentonovantaquattro secondi..... IL PRIMO BAMBINO Preferisco non nascere affatto!... IL TEMPO La scelta non sta in voi.... IL SECONDO BAMBINO (con accento supplichevole) Signor Tempo, arriverò troppo tardi!... IL PRIMO BAMBINO Quando essa scenderà sulla Terra, io non ci sarò più!... IL SECONDO BAMBINO Non lo vedrò più!... IL PRIMO BAMBINO Saremo soli, nel mondo!... IL TEMPO Questo non mi riguarda.... Andate a reclamare presso la Vita.... In quanto a me, io unisco, io divido, secondo le istruzioni che mi vengono impartite.... (Afferrando uno dei bambini). Vieni!.... IL PRIMO BAMBINO (dibattendosi) No, no, no!... Deve venire anche lei!... IL SECONDO BAMBINO (aggrappandosi alle vesti del primo) Lasciatelo qui!... Lasciatelo qui!... IL TEMPO Ma che cos'è questa storia?... Si tratta di andare a vivere, insomma: non mica a morire.... o dunque? (Trascinando con sè il primo bambino). Vieni, ti dica! IL SECONDO BAMBINO (tendendo disperatamente le braccia verso l'altro bambino) Un segno!... Dàmmi un segno!... Un segno per ritrovarti!... IL PRIMO BAMBINO Ti amerò sempre!.... IL SECONDO BAMBINO Io sarò la più triste di tutte!... Mi riconoscerai a questo segno!... (Cade a terra e rimane stesa al suolo, immobile). IL TEMPO Perchè non sperare che un giorno...? E ora, siamo pronti finalmente.... (Consultando la clessidra). Non ci restano che sessantatrè secondi.... (Ultima violenta agitazione fra i bambini che partono e quelli che rimangono. Scambio di addii precipitosi: «Addio, Pietro!... Addio, Giovanni.... - Hai preso tutto quel che ti occorre?... Annunzia laggiù il mio pensiero!... - Hai preso il nuovo carburatore ?... - Parla dei miei poponi!... - Non hai dimenticato nulla?... - Cerca di riconoscermi!... - Ti ritroverò!... - Non perder le tue idee!... - Non sporgerti troppo sullo Spazio!... Dàmmi notizie!... - Dicono che non è permesso!... Sì, sì!... In ogni modo, tenta!... - Procura di farci sapere se è bello, il Mondo! Ti verrò incontro - Io nascerò sopra un Trono!... ecc., ecc.» ). IL TEMPO (agitando le chiavi e la falce) Basta! Bastal... L'àncora è levata!... (Passano le vele della galera, e spariscono. Le grida dei bambini dentro alla galera si fanno sempre più lontane: «Terra!.. Terra!... Io la vedo!... Com'è bella!... Com'è grande!... Com'è luminosa!...». Poi, come se uscisse dal fondo dell'abisso, si ode, lontano lontano, un canto di allegrezza e di attesa). TYLTYL (alla Luce) Che cos'è?... Non son loro che cantano così.... Si direbbero altre voci.... LA LUCE Sì, è il canto delle Madri che vanno loro incontro.... (Il Tempo frattanto chiude le porte opaline. Poi si volta, getta un ultimo sguardo nella sala, e scorge a un tratto Tyltyl, Mytyl e la Luce). IL TEMPO (stupefatto e furibondo) Che cosa fate qui?... Chi siete?... Perchè non siete azzurri come gli altri?... Di dove siete entrati?... (Si avanza verso di loro minacciandoli con la falce). LA LUCE (a Tyltyl) Non rispondere!... Ho preso l'Uccellino Azzurro.... Lo tengo nascosto sotto il mio mantello.... Scappiamo.... Gira il Diamante, così perderà le nostre tracce.... (Sgusciano via da sinistra, fra le colonna del primo piano). CALA LA TELA.

Quartiere Corridoni

216522
Ballario Pina 2 occorrenze
  • 1941
  • La libreria dello Stato
  • Roma
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
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Sotto il grigio del cielo, il candore della neve abbaglia. Non si riesce più a tenere gli occhi sul quaderno. Ci sono troppe cose da vedere, fuori, e troppi pensieri danzano per il capo. Si pensa: - Andremo a sciare lungo le scarpate e faremo alle palle di neve. Quando si rientra al caldo, le mani frizzano, gli orecchi frizzano, il naso frizza. Ninetto ha deciso che andrà con Lucrezia, la più povera delle vicine di casa, a ritirare la sua legna all'assistenza. La poveretta gli fa pena: è così sola! Se non avesse la pensioncina per il figlio caduto in guerra e i soccorsi dell'assistenza, potrebbe morire di freddo e di fame. Ora, ad esempio, è felice, perchè l'hanno addetta alla refezione scolastica. A proposito, oggi si comincia. Che buon profumo di minestra calda sale dalle cucine! Non suona mai la campanella di mezzogiorno?

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Ninetta scrive il suo compito; un raggio di sole cade sul quaderno e abbaglia la bambina. Ella si sposta; il raggio la segue. - Antipatico sole - grida Ninetta spazientita - non vuoi andartene una volta per sempre? Zitta! sussurra Nino - zitta che il sole non ti oda! Un giorno un uomo disse proprio come te - Uf! questo sole! non potrebbe ritirarsi in villeggiatura? Il sole si offese. - Come? senza sole non c'è vita; le piante inaridiscono; i vecchi e i bambini muoiono di freddo e di paura e questo sciocco si lagna perchè lo riscaldo un po'. Aspetta, aspetta. - Si nascose dietro una nuvola e si chiuse nel suo palazzo. Un mese, due, tre tutto andò bene lo stesso, ma poi la crosta della terra si raffreddò; le erbe morirono intirizzite, gli uomini non osarono più uscire di casa. Allora i poveri e i bambini andarono in processione al palazzo del sole e lo supplicarono di riaffacciarsi alla finestrella del cielo, di inondare la terra di luce e di calore. Gli dissero - Noi non abbiamo nessuna altra ricchezza che te. Tu ci dai la gioia, tu ci dai la salute. Il sole si commosse e tornò a splendere per tutti. Anche per i cattivi. I cattivi dovrebbero diventare buoni, vedendo quanto è buono il sole.

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