Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Storie naturali

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Levi, Primo 1 occorrenze

A casa nostra, per esempio, da quando abbiamo comperato il televisore, mio figlio gli sta davanti per ore, senza più giocare, abbacinato come le lepri dai fari delle auto. Io no, io vado via: però mi costa sforzo. Ma chi avrà la forza di volontà di sottrarsi a uno spettacolo Torec? Mi sembra assai più pericoloso di qualsiasi droga: chi lavorerebbe più? Chi si curerebbe ancora della famiglia? _ Non le ho mica detto che il Torec sia in vendita, _ disse Simpson. _ Anzi, le ho raccontato che l' ho ricevuto in regalo, che è un regalo unico al mondo, e che me l' hanno mandato in occasione del mio ritiro. Se vogliamo sottilizzare, devo aggiungere che non è neppure un vero regalo; l' apparecchio, legalmente, continua ad appartenere alla NATCA, e mi è stato affidato a tempo indefinito non solo come premio, ma anche perché io ne sperimenti gli effetti a lunga scadenza. _ Ad ogni modo, _ dissi io, _ se lo hanno studiato e costruito è perché intendono metterlo in vendita. _ La faccenda è semplice. I padroni della NATCA hanno per ogni loro azione solo due scopi, che poi si riducono a uno: guadagnare quattrini e acquistare prestigio, che poi vuol dire guadagnare altri quattrini. Si capisce che vorrebbero produrre il Torec in serie e venderne milioni di esemplari, ma hanno ancora abbastanza testa sul collo per rendersi conto che il Congresso non resterebbe indifferente davanti alla diffusione incontrollata di uno strumento come questo. Perciò, in questi mesi, dopo che il prototipo è stato realizzato, si stanno preoccupando in primo luogo di rivestirlo di una corazza di brevetti, che non ne resti scoperto un solo bullone; in secondo, di strappare il consenso del legislatore alla sua distribuzione in tutte le case di riposo, e alla sua assegnazione gratuita a tutti gli invalidi e agli ammalati inguaribili. Infine, e questo è il loro programma più ambizioso, vorrebbero che il diritto al Torec maturasse per legge insieme col diritto alla pensione, per tutta la popolazione attiva. _ Così lei sarebbe, per così dire, il prototipo del pensionato di domani? _ Sì, e le assicuro che l' esperienza non mi dispiace per nulla. Il Torec mi è arrivato da sole due settimane, ma mi ha già procurato delle serate incantevoli: certo, lei ha ragione, occorre volontà e buon senso per non lasciarsi sopraffare, per non dedicargli le intere giornate, e io non lo darei mai in mano a un ragazzo, ma alla mia età è prezioso. Non vuole provarlo? Mi sono impegnato a non imprestarlo né venderlo, ma lei è una persona discreta, e credo che una eccezione per lei la posso fare. Sa, mi hanno anche invitato a studiarne le possibilità come ausiliario didattico, per lo studio della geografia, per esempio, e delle scienze naturali, e terrei molto a un suo parere. _ S' accomodi, _ mi disse: _ è forse meglio chiudere le impannate. Sì, così con le spalle alla lampada andrà benissimo. Non posseggo per ora che una trentina di nastri, ma altri settanta sono in dogana a Genova e spero di riceverli fra poco: così avrò tutto l' assortimento che esiste fino ad oggi. _ Chi produce i nastri? Come si ottengono? _ Si parla di produrre nastri artificiali, ma per ora essi vengono tutti ottenuti mediante registrazione. Il procedimento è noto solo nelle sue linee generali: laggiù a Fort Kiddiwanee, alla Torec Division, propongono un ciclo di registrazioni a qualunque persona che abbia normalmente, o possa avere occasionalmente, qualche esperienza che si presti allo sfruttamento commerciale: ad aviatori, esploratori, subacquei, seduttori o seduttrici, e ad altre numerose categorie di individui che lei stesso può immaginare se ci pensa un momento. Poniamo che il soggetto accetti, e che si raggiunga un accordo sui diritti: a proposito, ho sentito dire che si tratta di cifre abbastanza alte, da due a cinquemila dollari per nastro; ma spesso, per ottenere una registrazione utilizzabile bisogna ripetere l' incisione dieci o venti volte. Dunque: se l' accordo si raggiunge, gli infilano sul capo un casco su per giù come questo, e non ha che da portarlo per tutto il tempo che dura la registrazione; non ha nessun altro disturbo. Tutte le sue sensazioni vengono trasmesse via radio al centralino di incisione, e poi dal primo nastro si tirano quante copie si vogliono con le tecniche usuali. _ Ma allora ... ma se il soggetto sa che ogni sua sensazione viene registrata, allora anche questa sua consapevolezza rimarrà incisa sul nastro. Lei non rivivrà il lancio di un astronauta qualunque, ma quello di un astronauta che sa di avere un casco Torec in testa e di essere oggetto di una registrazione. _ È proprio così, _ disse Simpson: _ infatti, nella maggior parte dei nastri che ho fruito questa consapevolezza di fondo si percepisce distintamente, ma alcuni soggetti, con l' esercizio, imparano a reprimerla durante la registrazione, e a relegarla nel subconscio, dove il Torec non arriva. Del resto non disturba gran che. Quanto al casco, non dà la minima noia: la sensazione "casco in testa" che è incisa in tutti i nastri coincide con quella provocata direttamente dal casco di ricezione. Stavo per esporgli alcune altre mie difficoltà di natura filosofica, ma Simpson mi interruppe. _ Vuole che cominciamo da questo? È uno dei miei preferiti. Sa, in America il calcio non è molto popolare, ma da quando sono in Italia sono diventato un milanista convinto: anzi, sono stato io a combinare l' affare fra il Rasmussen e la NATCA, e ho diretto io stesso la registrazione. Lui ci ha guadagnato tre milioni, e la NATCA un nastro fantastico. Perdinci, che mezz' ala! Ecco, si segga, metta il casco e poi mi dirà. _ Ma io non ne capisco niente, di calcio. Non solo non ho mai giocato, neppure da ragazzino, ma non ho mai visto una partita, neanche alla televisione! _ Non importa, _ disse Simpson, ancora tutto vibrante di entusiasmo, e diede il contatto. Il sole era basso e caldo, l' aria polverosa: percepivo un odore intenso di terra smossa. Ero sudato e avevo un po' male a una caviglia: correvo a falcate estremamente leggere dietro al pallone, guardavo alla mia sinistra con la coda dell' occhio, e mi sentivo agile e pronto come una molla tesa. Un altro giocatore rosso-nero entrò nel mio campo visivo: gli passai il pallone raso terra, sorprendendo un avversario, poi mi precipitai in avanti mentre il portiere usciva verso destra. Udii il boato crescente del pubblico, vidi il pallone respinto verso di me, un po' più avanti per sfruttare il mio slancio: gli fui sopra in un lampo e calciai in porta di precisione, di sinistro, senza sforzo, senza violenza, davanti alle mani tese del portiere. Percepii l' onda di allegrezza nel sangue, e poco dopo in bocca il sapore amaro della scarica di adrenalina: poi tutto finì e mi ritrovai in poltrona. _ Ha visto? È molto breve, ma è un piccolo gioiello. Si è forse accorto della registrazione? No, vero? Quando uno è sotto porta ha altro da pensare. _ Infatti. Devo ammetterlo, è una curiosa impressione. È esaltante sentire il proprio corpo così giovane e docile: una sensazione perduta da decenni. Anche segnare, sì, è bello: non si pensa a nient' altro, si è tutti come concentrati in un punto, come dei proiettili. E l' urlo della folla! Eppure, non so se lei se ne è accorto, in quell' istante in cui aspettavo ... in cui lui aspettava il passaggio, un pensiero estraneo si fa strada: una ragazza alta e bruna, che si chiama Claudia, e con cui lui ha un appuntamento alle 9 in San Babila. Dura solo un secondo, ma è chiarissimo: tempo, luogo, antefatto, tutto. Lo ha sentito? _ Sì, certo, ma sono cose senza importanza: anzi, aumentano il senso del reale. Si capisce che uno non può mica rifarsi tabula rasa, e presentarsi alla registrazione come se fosse nato l' istante prima: ho saputo che molti rifiutano il contratto proprio per ragioni di questo genere, perché hanno qualche ricordo che vogliono tenere segreto. Ebbene, che ne dice? Vuole provare ancora? Pregai Simpson di farmi vedere i titoli degli altri suoi nastri. Erano molto concisi e scarsamente suggestivi, alcuni addirittura incomprensibili, forse a causa della traduzione italiana. _ È meglio che mi consigli lei, _ dissi: _ io non saprei scegliere. _ Ha ragione. Dei titoli non ci si può fidare, proprio come per i libri e per i film. E noti che i nastri disponibili, come le ho detto, sono per ora solo un centinaio: ma ho visto poco fa la bozza del catalogo 1967, ed è roba da dare le vertigini. Anzi, glielo voglio mostrare: mi pare istruttivo sotto l' aspetto dell' "American Way of Life", e più in generale come tentativo di una sistematica delle esperienze pensabili. Il catalogo raccoglieva più di 900 titoli, ognuno dei quali era seguito dal numero della Classificazione decimale Dewey, ed era diviso in sette sezioni. La prima portava l' indicazione "Arte e Natura"; i nastri relativi erano contraddistinti da una fascia bianca, e portavano titoli come "Tramonto a Venezia", "Paestum e Metaponto visti da Quasimodo", "Il ciclone Magdalen", "Un giorno fra i pescatori di merluzzi", "Rotta polare", "Chicago vista da Allen Ginsberg", "Noi sub", "La Sfinge meditata da Emily S. Stoddard". Simpson mi fece notare che non si trattava di sensazioni gregge, come quelle di un uomo rozzo e incolto che visiti Venezia o assista casualmente ad uno spettacolo naturale: ogni argomento era stato registrato scritturando buoni scrittori e poeti, che si erano prestati a mettere a disposizione del fruitore la loro cultura e la loro sensibilità. Alla seconda sezione appartenevano nastri dalla fascia rossa e dalla indicazione "Potenza". La sezione era ulteriormente suddivisa nelle sottosezioni "Violenza", "Guerra", "Sport", "Autorità", "Ricchezza", "Miscellanea". _ È una divisione arbitraria, _ disse Simpson: _ io, per esempio, al nastro che lei ha fruito or ora, "Un goal di Rasmussen", avrei certo messo la fascia bianca invece di quella rossa. In generale, a me i nastri rossi interessano poco; però mi hanno detto che già sta nascendo in America un mercato nero di nastri: escono misteriosamente dagli studi della NATCA e vengono incettati da ragazzi che possiedono dei Torec clandestini fabbricati alla meglio da radiotecnici di pochi scrupoli. Bene, i nastri rossi sono i più ricercati. Ma forse non è un male: un giovane che si comperi un pestaggio in una cafeteria è difficile che poi vi prenda parte in carne ed ossa. _ Perché? Se uno ci prende gusto ... Non sarà come per i leopardi, che quando hanno assaggiato il sangue d' uomo poi non possono più farne a meno? Simpson mi guardava con un' aria curiosa. _ Già, lei è un intellettuale italiano: vi conosco bene, voialtri. Buona famiglia borghese, quattrini abbastanza, una madre timorata e possessiva, a scuola dai preti, niente servizio militare, nessuno sport di competizione, salvo forse un po' di tennis. Una o più donne corteggiate senza passione, una sposata, un lavoro tranquillo per tutta la vita. È così, non è vero? _ Be' , non proprio, almeno per quanto mi riguarda .... _ Sì, in qualche particolare mi potrò essere sbagliato, ma la sostanza è questa, non lo neghi. La lotta per la vita è elusa, non avete mai fatto a cazzotti, e ve ne resta la voglia fino alla vecchiaia. In fondo, è per questo che avete accettato Mussolini: volevate un duro, un lottatore, e lui, che non lo era ma neanche era stupido, ha recitato la parte finché ha potuto. Ma non divaghiamo: vuol vedere che gusto c' è a fare a pugni? Ecco qui, si metta il casco e poi mi dirà. Io ero seduto, gli altri intorno a me stavano in piedi. Erano tre, avevano delle maglie a righe e mi guardavano sogghignando. Uno di loro, Bernie, mi parlava in un linguaggio che, a pensarci dopo, compresi essere un americano fortemente gergale, ma allora lo capivo bene, e lo parlavo anche: anzi, ne ricordo perfino qualche termine. Mi chiamava bright boy e goddam rat, e mi derideva, a lungo, con pazienza e crudeltà. Mi derideva perché ero un Wop, e più precisamente un Dago; io non rispondevo, e continuavo a bere con studiata indifferenza. In realtà provavo collera e paura insieme; ero consapevole della finzione scenica, ma gli insulti li avevo ricevuti e mi bruciavano, e poi la finzione stessa riproduceva una situazione non nuova, anche se mai avevo potuto abituarmici. Avevo diciannove anni, ero tarchiato e robusto, ed ero veramente un Wop, un figlio di immigrati italiani; mi vergognavo profondamente di esserlo, e insieme ne ero fiero. I miei persecutori erano autentici persecutori, miei vicini di rione e nemici fin dall' infanzia: biondi, anglosassoni e protestanti. Li detestavo, e insieme li ammiravo un poco. Non avevano mai osato affrontarmi apertamente: il contratto con la NATCA aveva offerto loro una splendida occasione e l' impunità. Sapevo che loro ed io eravamo stati tutti quanti scritturati per una registrazione, ma questo non toglieva nulla al nostro odio reciproco; anzi, il fatto stesso di avere accettato danaro per picchiarmi con loro raddoppiava il mio astio e la mia collera. Quando Bernie, imitando il mio linguaggio, disse: _ Uocchie 'e màmmeta! Madonna Mmaculata! _ e mi spedì un bacio burlesco sulla punta delle dita, afferrai il boccale di birra e glielo scagliai sul viso: vidi colare il suo sangue, e mi sentii riempire di un' esultanza feroce. Subito dopo rovesciai il tavolo, e tenendolo davanti come uno scudo cercai di raggiungere l' uscita. Ricevetti un pugno nelle costole: lasciai cadere il tavolo e mi avventai contro Andrew. Lo colpii alla mascella: volò all' indietro e si fermò stordito contro il bancone, ma intanto Bernie si era riavuto, e lui e Tom mi spinsero in un angolo sotto una gragnuola di colpi allo stomaco e al fegato. Ero senza fiato e non li vedevo che come ombre indistinte; ma quando mi dissero: _ Su, bimbo, chiedi pietà, _ feci due passi avanti, poi finsi di cadere, ma invece mi slanciai su Tom a testa bassa, come un toro che carichi. Lo atterrai, incespicai nel suo corpo e gli caddi addosso; mentre tentavo di rialzarmi ricevetti un furioso uppercut al mento, che mi sollevò letteralmente da terra e mi sembrò dovesse staccarmi la testa dal busto. Persi coscienza, la riacquistai sotto l' impressione di una doccia gelata sul capo, poi tutto finì. _ Basta, grazie, _ dissi a Simpson massaggiandomi il mento che, chissà perché, mi doleva ancora un poco. _ Ha ragione lei: non avrei nessuna voglia di ricominciare, né sul serio né per trasferta. _ Neanch' io, _ disse Simpson: _ l' ho fruito una sola volta e mi è bastata. Ma credo che un Wop autentico potrebbe trovarci una certa soddisfazione, se non altro per il fatto di combattere uno contro tre. Secondo me, questo nastro la NATCA lo ha inciso proprio per loro; sa bene, non fanno mai nulla senza una ricerca di mercato. _ Io credo invece che lo abbiano inciso per quegli altri, per i Biondi-Anglosassoni-Protestanti, e per i razzisti di tutte le razze. Pensi che godimento raffinato, sentirsi soffrire nei panni di chi si vuole fare soffrire! Be' , lasciamo andare. Che cosa sono questi nastri a fascia verde? Che significa "Encounters"? Il signor Simpson sorrise: _ È un eufemismo bello e buono. Sa, anche da noi la censura non scherza. Dovrebbero essere "incontri" con illustri personalità, per clienti che desiderano avere una breve conversazione con i grandi della terra. In effetti qualcuno ce n' è: guardi qui, "De Gaulle", "Francisco Franco Bahamonde", "Konrad Adenauer", "Mao Tse-tung" (sì, sì, anche lui c' è stato: è difficile capire i cinesi), "Fidel Castro". Ma hanno solo funzione di copertura: per la massima parte si tratta di tutt' altro, sono nastri sexy. L' incontro c' è, ma in un altro senso, insomma: vede, sono altri nomi, che sui giornali si leggono di rado in prima pagina .... Sina Rasinko, Inge Baum, Corrada Colli .... A questo punto cominciai a sentirmi arrossire. È un difetto noioso, che mi porto dietro dall' adolescenza: basta che io pensi "vuoi vedere che adesso arrossisco?" (e nessuno può impedirsi di pensare), ed ecco che il meccanismo scatta: mi sento diventare rosso, mi vergogno di diventarlo, e così lo divento ancora di più, finché comincio a sudare a grosse gocce, mi viene la gola secca e non riesco più a parlare. Quella volta lo stimolo, quasi casuale, era partito dal nome di Corrada Colli, la modella-indossatrice resa famosa dal noto scandalo, per la quale mi ero improvvisamente accorto di provare una simpatia salace, mai confessata ad alcuno e nemmeno a me stesso. Simpson mi osservava, esitante fra il riso e l' allarme: infatti, il mio stato di congestione era così evidente che non avrebbe potuto decentemente fingere di non essersene accorto. _ Non si sente bene? _ mi chiese alla fine: _ vuole prendere una boccata d' aria? _ No, no, _ dissi ansimando, mentre il mio sangue rifluiva tumultuosamente alle sue sedi profonde: _ non è niente, mi capita spesso. _ Non vorrà mica dirmi, _ fece storditamente Simpson, _ che è il nome della Colli che l' ha ridotto in codesto stato? _ Abbassò la voce: _ ... o forse era anche lei del giro? _ Ma no, cosa mai le viene in mente! _ protestai io, mentre il fenomeno si ripeteva con intensità doppia, smentendomi sfacciatamente. Simpson taceva perplesso: faceva mostra di guardare fuori della finestra, ma ogni tanto mi scoccava una rapida occhiata. Poi si decise: _ Senta, siamo fra uomini, e ci conosciamo da vent' anni. Lei è qui per provare il Torec, vero? Ebbene, quel nastro io ce l' ho: non faccia complimenti, se si vuol cavare questo gusto non ha che da dirmelo. La cosa resta fra noi, è evidente; poi, guardi, il nastro è ancora nella sua custodia originale, sigillato, e io non so neppure esattamente che cosa contenga. Magari è la cosa più innocente del mondo; ma in ogni caso, non c' è niente da vergognarsi. Credo che nessun teologo ci troverebbe nulla a ridire: chi commette il peccato non è mica lei. Su, via, metta il casco. Ero in un camerino di teatro, sullo sgabello, volgevo le spalle allo specchio e alla toilette, e provavo una viva impressione di leggerezza: mi accorsi subito che era dovuta al mio abbigliamento molto ridotto. Sapevo di aspettare qualcuno: infatti qualcuno bussò all' uscio, ed io dissi: _ Vieni pure _. Non era la "mia" voce, e questo era naturale; era invece una voce femminile, e questo era meno naturale. Mentre l' uomo entrava mi voltai verso lo specchio per accomodarmi i capelli, e l' immagine era la sua, quella di lei, di Corrada, mille volte vista sui rotocalchi: suoi gli occhi chiari, da gatto, suo il viso triangolare, sua la treccia nera avvolta intorno al capo con perversa innocenza, sua la pelle candida: ma dentro la sua pelle stavo io. Intanto l' uomo era entrato: era di statura media, olivastro, gioviale, portava un maglione sportivo e aveva i baffi. Provai nei suoi riguardi una sensazione di estrema violenza, e distintamente bipartita. Il nastro mi imponeva una sequenza di ricordi appassionati, alcuni pieni di desiderio furioso, altri di ribellione e di astio, e in tutti compariva lui, si chiamava Rinaldo, era mio amante da due anni, mi tradiva, io ero pazza di lui che finalmente era tornato, e insieme la mia vera identità si irrigidiva contro la suggestione capovolta, si ribellava contro la cosa impossibile, mostruosa che stava per accadere, adesso, subito, lì sul divano. Soffrivo acutamente, ed avevo la percezione vaga di armeggiare intorno al casco, di cercare disperatamente di staccarmelo dal capo. Come da una lontananza stellare mi giunse la voce tranquilla di Simpson: _ Che diavolo fa? Che cosa le succede? Aspetti, lasci fare a me, se no strappa il cavo _. Poi tutto si fece buio e silenzioso: Simpson aveva tolto la corrente. Ero furibondo. _ Che scherzi sono questi? A me, poi! Un amico, di cinquant' anni, sposato e con due figli, garantito eterosessuale! Basta, mi dia il cappello e si tenga le sue diavolerie! Simpson mi guardava senza capire; poi si precipitò a controllare il titolo del nastro, e si fece pallido come la cera. _ Mi deve credere, non mi sarei mai permessa una cosa simile. Non me n' ero proprio accorto. È stato un errore: imperdonabile, ma un errore. Guardi qui: ero convinto che l' etichetta fosse: "Corrada Colli, una serata con", e invece è: "Corrada Colli, una serata di". È un nastro per signora. Io non l' avevo mai provato, glielo avevo detto prima. Ci guardammo con reciproco imbarazzo. Benché fossi ancora molto turbato, mi tornò a mente in quell' istante l' accenno di Simpson alle possibili applicazioni didattiche del Torec, e stentai a reprimere uno scoppio di riso amaro. Poi Simpson disse: _ Eppure, non così di sorpresa ma sapendolo prima, sarebbe forse anche questa un' esperienza interessante. Unica: nessuno mai l' ha fatta, anche se i greci l' attribuivano a Tiresia. Già quelli le avevano studiate tutte: pensi che di recente ho letto che già avevano pensato di addomesticare le formiche, come ho fatto io, e di parlare coi delfini come Lilly. Gli risposi seccamente: _ Io no, non vorrei provare. Provi lei, se ci tiene: poi mi racconta _. Ma la sua mortificazione e la sua buona fede erano tanto evidenti che ebbi compassione di lui; appena fui un po' rinfrancato cercai pace e gli chiesi: _ Cosa sono questi nastri con la banda grigia? _ Mi ha perdonato, vero? La ringrazio, e le prometto che starò più attento. Quella è la serie "Epic", un esperimento affascinante. _ "Epic"? Non saranno mica esperienze di guerra, Far West, Marines, quelle cose che piacciono tanto a voialtri americani? Simpson ignorò cristianamente la provocazione. _ No, l' epica non c' entra per niente. Sono registrazioni del così detto "effetto Epicuro": si fondano sul fatto che la cessazione di uno stato di sofferenza o di bisogno .... Ma no, guardi: vuole concedermi l' occasione di riabilitarmi? Sì? Lei è un uomo civile: vedrà che non dovrà pentirsene. Poi, questo nastro "Sete" io lo conosco bene, e le posso assicurare che non avrà sorprese. Cioè sì, sorprese ne avrà, ma lecite e oneste. Il calore era intenso: mi trovavo in un desolato paesaggio di rocce brune e sabbia. Avevo una sete atroce, ma non ero stanco e non provavo angoscia: sapevo che si trattava di una registrazione Torec, sapevo che alle mie spalle c' era la jeep della NATCA, che avevo firmato un contratto, che per contratto non bevevo da tre giorni, che ero un disoccupato cronico di Salt Lake City, e che fra non molto avrei bevuto. Mi avevano detto di procedere in una certa direzione, e io camminavo: la mia sete era già allo stadio in cui non solo la gola e la bocca, ma anche gli occhi si seccano, e vedevo accendersi e spegnersi grosse stelle gialle. Camminai per cinque minuti, incespicando fra i sassi, poi vidi uno spiazzo sabbioso circondato dai ruderi di un muretto a secco; al centro c' era un pozzo, con una fune e un secchio di legno. Calai il secchio e lo tirai su pieno d' acqua limpida e fresca; sapevo bene che non era acqua di fonte, che il pozzo era stato scavato il giorno prima, e che l' autocisterna che lo aveva rifornito era poco lontano, parcheggiata all' ombra di una rupe. Ma la sete c' era, era reale e feroce e urgente, e io bevvi come un vitello, immergendo nell' acqua tutto il viso: bevvi a lungo, dalla bocca e dal naso, arrestandomi ogni tanto per respirare, tutto pervaso dal più intenso e semplice dei piaceri concessi ai viventi, quello di restaurare la propria tensione osmotica. Ma non durò a lungo: non avevo bevuto neppure un litro che l' acqua non mi dava più alcun piacere. Qui la scena del deserto svanì e fu sostituita da un' altra assai simile: ero in una piroga, in mezzo a un mare torrido, azzurro e vuoto. Anche qui la sete e la consapevolezza dell' artificio e la sicurezza che l' acqua sarebbe venuta: ma questa volta mi stavo domandando da che parte, perché intorno non si vedeva che mare e cielo. Poi emerse a cento metri da me un sommergibile tascabile con la scritta NATCA II, e la scena giunse a compimento con una deliziosa bevuta. Mi trovai poi successivamente in una prigione, in un vagone piombato, davanti a un forno vetrario, legato a un palo, in un letto d' ospedale, e ogni volta la mia sete breve ma tormentosa veniva più che compensata dall' arrivo dell' acqua gelata o di altre bevande, in circostanze sempre diverse, e per lo più artificiose o puerili. _ Lo schema è un po' monotono e la regia è debole, ma lo scopo è senza dubbio raggiunto, _ dissi a Simpson. _ È vero, è un piacere unico, acuto, quasi intollerabile. _ Questo lo sanno tutti, _ disse Simpson: _ ma senza il Torec non sarebbe stato possibile condensare sette soddisfazioni in venti minuti di spettacolo, eliminando del tutto il pericolo, e quasi del tutto la parte negativa dell' esperienza, e cioè il lungo tormento della sete, inevitabile in natura. È questa la ragione per cui tutti i nastri Epic sono antologici, cioè sono fatti di centoni: infatti sfruttano una sensazione sgradevole, che conviene sia breve, ed una di sollievo, che è intensa, ma breve per sua natura. Oltre alla sete, ci sono in programma vari nastri sulla cessazione della fame e di almeno dieci qualità di dolori, fisici e spirituali. _ Questi nastri Epic, _ dissi, _ mi lasciano perplesso. Può essere che dagli altri qualcosa di buono si possa anche cavare: all' ingrosso, lo stesso bilancio sostanzialmente attivo che si ricava da una vittoria sportiva, o da uno spettacolo naturale, o da un amore in carne ed ossa. Ma di qui, da questi giochetti frigidi alle spese del dolore, che cosa si può spremere se non un piacere in scatola, fine a se stesso, solipsistico, da solitari? Insomma, mi sembrano una diserzione: non mi sembrano morali. _ Forse ha ragione, _ disse Simpson dopo un breve silenzio: _ ma la penserà ancora così quando avrà settant' anni? o ottanta? E la può pensare come lei quello che è paralitico, quello che è legato a un letto, quello che non vive che per morire? Simpson mi illustrò poi brevemente i nastri cosiddetti "del super-io", a fascia blu (salvataggi, sacrifici, esperienze registrate su pittori, musici e poeti nel pieno del loro sforzo creativo), e i nastri a fascia gialla, che riproducono esperienze mistiche e religiose di varie confessioni: a proposito di questi, mi accennò che già alcuni missionari ne avevano fatta richiesta per fornire ai propri catecumeni un campione della loro futura vita di convertiti. Quanto ai nastri della settima serie, con la fascia nera, essi sono difficilmente catalogabili. La casa li raccoglie tutti quanti, alla rinfusa, sotto la denominazione "effetti speciali": in buona parte si tratta di registrazioni sperimentali, ai limiti di quanto è possibile oggi, per stabilire quanto sarà possibile domani. Alcuni, come Simpson mi aveva accennato prima, sono nastri sintetici: cioè, non registrati dal vivo, ma costruiti con tecniche speciali, immagine per immagine, onda per onda, come si costruiscono la musica sintetica e i disegni animati. In questo modo si sono ottenute sensazioni mai esistite né concepite prima: Simpson mi raccontò anche che in uno degli studi NATCA un gruppo di tecnici sta lavorando a comporre su nastro un episodio della vita di Socrate visto da Fedone. _ Non tutti i nastri neri, _ mi disse Simpson, _ contengono esperienze gradevoli: alcuni sono destinati esclusivamente a scopi scientifici. Vi sono ad esempio registrazioni eseguite su neonati, su nevrotici, su psicopatici, su geni, su idioti, perfino su animali. _ Su animali? _ ripetei sbalordito. _ Sì, su animali superiori, dal sistema nervoso affine al nostro. Esistono nastri di cani: "grow a tail!" dice entusiasticamente il catalogo, "fatevi crescere una coda!"; nastri di gatti, di scimmie, di cavalli, di elefanti. Io di nastri neri, per ora, ne ho uno solo, ma glielo raccomando per concludere la serata. Il sole si rifletteva abbagliante sui ghiacciai: non c' era una nuvola. Stavo planando, sospeso sulle ali (o sulle braccia?), e sotto di me si svolgeva lentamente una valle alpina. Il fondo era a duemila metri almeno più basso di me, ma distinguevo ogni sasso, ogni filo d' erba, ogni increspatura dell' acqua del torrente, perché i miei occhi possedevano una straordinaria acutezza. Anche il campo visivo era maggiore del consueto: abbracciava due buoni terzi dell' orizzonte e comprendeva il punto a picco sotto di me, mentre invece era limitato verso l' alto da un' ombra nera; inoltre, non vedevo il mio naso, anzi, alcun naso. Vedevo, udivo il fruscio del vento e lo scroscio lontano del torrente, sentivo la mutevole pressione dell' aria contro le ali e la coda, ma dietro questo mosaico di sensazioni la mia mente era in una condizione di torpore, di paralisi. Percepivo soltanto una tensione, uno stimolo simile a quello che solitamente si prova dietro allo sterno, quando si ricorda che "si deve fare una cosa" e si è dimenticato quale: dovevo "fare una cosa", compiere un' azione, e non sapevo quale, ma sapevo che la dovevo compiere in una certa direzione, portarla a termine in un certo luogo che era stampato nella mia mente con perfetta chiarezza: una costa dentata alla mia destra, alla base del primo picco una macchia bruna dove finiva il nevaio, una macchia che adesso era nascosta nell' ombra; un luogo come milioni di altri, ma là era il mio nido, la mia femmina e il mio piccolo. Virai sopravvento, mi abbassai sopra un lungo crestone e lo percorsi raso terra da sud verso nord: adesso la mia grande ombra mi precedeva, falciando a tutta velocità i gradoni d' erba e di terra, le schegge e i nevati. Una marmotta-sentinella fischiò due, tre, quattro volte, prima che io la potessi vedere; nello stesso istante scorsi fremere sotto di me alcuni steli di avena selvaggia: una lepre, ancora in pelliccia invernale, divallava a balzi disperati verso la tana. Raccolsi le ali al corpo e caddi su lei come un sasso: era a meno di un metro dal rifugio quando le fui sopra, spalancai le ali per frenare la caduta e trassi fuori gli artigli. La ghermii in pieno volo, e ripresi quota solo sfruttando lo slancio, senza battere le ali. Quando l' impeto si fu esaurito uccisi la lepre con due colpi di becco: adesso sapevo cosa era il "da farsi", il senso di tensione era cessato, e drizzai il volo verso il nido. Poiché si era fatto ormai tardi, presi congedo da Simpson e lo ringraziai per la dimostrazione, soprattutto per l' ultimo nastro, che mi aveva soddisfatto profondamente. Simpson si scusò ancora per l' incidente: _ Certo bisogna stare attenti, un errore può avere conseguenze impensate. Volevo ancora raccontarle quello che è successo a Chris Webster, uno degli addetti al progetto Torec, col primo nastro industriale che erano riusciti a incidere: si trattava di un lancio col paracadute. Quando volle controllare la registrazione, Webster si trovò a terra, un po' ammaccato, col paracadute floscio accanto. A un tratto il telo si sollevò dal suolo, si gonfiò come se soffiasse un forte vento dal basso verso l' alto, e Webster si sentì strappato da terra e trascinato lentamente all' insù, mentre il dolore delle ammaccature spariva di colpo. Salì tranquillamente per un paio di minuti, poi i tiranti diedero uno strappo e la salita accelerò vertiginosamente, tagliandogli il fiato: nello stesso istante il paracadute si chiuse come un ombrello, si ripiegò più volte per il lungo, e di scatto si appallottolò e gli aderì alle spalle. Mentre saliva come un razzo vide l' aereo portarglisi sopra volando all' indietro, con il portello aperto: Webster vi penetrò a capofitto, e si ritrovò nella carlinga tutto pieno di spavento per il lancio imminente. Ha capito, non è vero? Aveva infilato nel Torec il nastro a rovescio. Simpson mi estorse affettuosamente la promessa di tornare a trovarlo a novembre, quando la sua raccolta di nastri sarebbe stata completa, e ci lasciammo a notte alta. Povero Simpson! Temo che per lui sia finita. Dopo tanti anni di fedele servizio per la NATCA, l' ultima macchina NATCA lo ha sconfitto, proprio quella che gli avrebbe dovuto assicurare una vecchiaia varia e serena. Ha combattuto col Torec come Giacobbe con l' angelo, ma la battaglia era perduta in partenza. Gli ha sacrificato tutto: le api, il lavoro, il sonno, la moglie, i libri. Il Torec non dà assuefazione, purtroppo: ogni nastro può essere fruito infinite volte, ed ogni volta la memoria genuina si spegne, e si accende la memoria d' accatto che è incisa sul nastro stesso. Perciò Simpson non prova noia durante la fruizione, ma è oppresso da una noia vasta come il mare, pesante come il mondo, quando il nastro finisce: allora non gli resta che infilarne un altro. È passato dalle due ore quotidiane che si era prefisso, a cinque, poi a dieci, adesso a diciotto o venti: senza Torec sarebbe perduto, col Torec è perduto ugualmente. In sei mesi è invecchiato di vent' anni, è l' ombra di se stesso. Fra un nastro e l' altro, rilegge l' Ecclesiaste: è il solo libro che ancora gli dice qualcosa. Nell' Ecclesiaste, mi ha detto, ritrova se stesso e la sua condizione: "... tutti i fiumi corrono al mare, e il mare non s' empie: l' occhio non si sazia mai di vedere, e l' orecchio non si riempie di udire. Quello che è stato sarà, e quello che si farà è già stato fatto, e non vi è nulla di nuovo sotto il sole"; ed ancora: "... dove è molta sapienza, è molta molestia, e chi accresce la scienza accresce il dolore". Nei rari giorni in cui è in pace con se stesso, Simpson si sente vicino al re vecchio e giusto, sazio di sapienza e di giorni, che aveva avuto settecento mogli e ricchezze infinite e l' amicizia della regina nera, che aveva adorato il Dio vero e gli dèi falsi Astarotte e Milcom, e aveva dato veste di canto alla sua saggezza. Ma la saggezza di Salomone era stata acquistata con dolore, in una lunga vita piena d' opere e di colpe; quella di Simpson è frutto di un complicato circuito elettronico e di nastri a otto piste, e lui lo sa e se ne vergogna, e per sfuggire alla vergogna si rituffa nel Torec. S' avvia verso la morte, lo sa e non la teme: l' ha già sperimentata sei volte, in sei versioni diverse, registrate su sei dei nastri dalla fascia nera.

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