Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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I ragazzi della via Pal

208221
Molnar, Ferencz 1 occorrenze
  • 1929
  • Edizioni Sapientia
  • Roma
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
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Avrebbero voluto baciarlo ed abbacciarlo; ma era tempo di guerra! Non si poteva far altro che gridare, e questo lo facevano a pieni polmoni ed a squarciagola. — Sei un ragazzo in gamba, babbino nostro... — 11 disse Cionacos, fiero; ma si spaventò e corresse subito: — Non babbino, scusi, signor presidente! Ed allora ebbe inizio la manovra. Volavano comandi sonori, le truppe galoppavano tra le cataste, attaccavano le fortezze e le bombe piovevano a destra e a sinistra. Tutto andava a meraviglia. Ognuno eseguiva gli ordini avuti con impegno. E questo moltiplicava l'entusiasmo. — Vinceremo! — era il grido generale. — Li scacceremo! — Cattureremo dei prigionieri! — Prenderemo Franco Ats! Il solo Boka rimase serio. — Non lasciatevi montar la testa dalla superbia — disse —. Il buon umore potrà trovar posto a Battaglia finita. E ora chi vuole, può tornare a casa. Ma vi ripeto: chi domani alla stessa ora non ci sarà, è un traditore! Con questo Ia manovra era finita; ma nessuno aveva voglia di rincasare. Si divisero in gruppi per discutere l'affare Ghereb. Barabas strillava: — Società dello Stucco! Società dello Stucco! — Che vuoi? — gli chiesero i ragazzi. — L'assemblea straordinaria! Colnai si rammentò allora dell'assemblea promessa e davanti alla quale avrebbe dovuto discolparsi dell'accusa d'aver fatto disseccare lo stucco sociale. S'arrese con tristezza. — Ebbene — disse —, facciamo l'assemblea. Invito i signori soci a volersi riunire in disparte. E i signori soci col maligno Barabas in testa, uscirono dalle cataste per tenere la loro riunione presso lo steccato. — Sentiamo! Sentiamo! — gridava Barabas. E Colnai disse ufficiosamente: — La seduta è aperta! Dò corso all'interpellanza del signor Barabas! — Ehm! Ehm! — fece Barabas rischiarandosi la gola — Spettabile assemblea! Il signor presidente è stato fortunato perchè, causa la manovra, quasi veniva rimandata quest'assemblea che deve cacciare il presidente... Interruzioni sorsero dal partito presidenziale. — Per me, potete urlare finchè volete — continuò I'oratore —, so bene quel che dico. Il presidente ha potuto, in grazie alla manovra, rinviare un poco la questione ma ora non la può rinviare più. Perchè ora... S'interruppe. Qualcuno aveva bussato forte alla porticina dello steccato, ed eran momenti questi nei quali ogni bussare allarmava i ragazzi. Non si poteva mai sapere se non fosse il nemico! — Chi è — chiese l'oratore. E tutti furono attenti. Il bussare venne ripetuto con forza ed impazienza. — Bussano alla porticina — disse Colnai con voce tremante; e spiò tra le fessure dello steccato. Poi si rivolse con viso stupìto verso i ragazzi: — E' un signore! — Un signore? — Sì. Un signore con la barba. — Allora apri. La porta si aprì ed entrò un signore ben vestito con un cappotto nero con largo bavero. Aveva una gran barba nera e portava gli occhiali. Si fermò sulla soglia e gridò: — Siete voi i ragazzi della via Pal? — Siamo noi — risposero. L'uomo dagli occhiali si decise allora ad avanzare e li guardò più bonariamente. — Io sono il padre di Ghereb — disse, mentre chiudeva la porticina dietro a sè. A queste parole si fece silenzio: la cosa diventava seria, se anche il padre di Ghereb interveniva! Lesik diede una gomitata a Richter: — Corri a chiamare Boka! Richter corse verso la segheria dove Boka stava appunto raccontando ai ragazzi le gesta di Ghereb. Intanto il signore dalla barba si rivolse alla Società dello Stucco. — Perchè avete espulso mio figlio? Colnai si fece avanti: — Perchè ci ha tradito con le Camicie Rosse! — Cosa sono queste Camicie Rosse? — Sono degli altri ragazzi che vanno a giuocare all'Orto Botanico, ma che ora vogliono prenderci questo campo perchè essi non hanno posto per giuocare alle palle. Questi sono i nostri nemici. — L'uomo dalla barba corrugò la fronte: — Mio figlio è venuto a casa poco fa, piangendo. L'ho interrogato a lungo per sapere cosa avesse, ma non voleva confessare. Finalmente, dopo che io l'ho sgridato severamente, s'è deciso a parlare; ha detto che voi lo accusate di tradimento. Allora io gli ho detto: «Metto il cappello e vado da quei ragazzi. Parlerò loro e saprò quel che ci sia di vero. Se la cosa non è vera, pretenderò che ti chiedano scusa. Ma se la cosa è vera, avrai a che fare con me, perchè tuo padre è stato per tutta la vita una persona onesta e non può tollerare che suo figlio sia il traditore dei propri compagni». Questo gli ho detto. Ed ora sono qui e vi prego di dirmi lealmente ed in coscienza: mio figlio vi ha tradito, sì o no? Su! Si fece un gran silenzio. — Dunque? disse il padre di Ghereb. Non abbiate paura di me. Ditemi la verità. Io devo sapere se avete accusato ingiustamente mio figlio o se merita di essere punito! Nessuno rispose. Nessuno voleva amareggiare quell'uomo col cappotto che sembrava buono ed era così premuroso del carattere di suo figlio. Il signore si rivolse a Colnai: — Tu hai detto che vi aveva traditi. Devi provarmelo. Quando vi ha traditi? In che modo? Colnai balbettava: — L'ho... sentito dire... — Questo conta poco. Chi sa qualcosa di certo? Chi l'ha visto? Chi sa? In questo momento dalle fortezze sbucarono Boka e Nemeciech: Richter li guidava. Colnai respirò liberato: — Scusi — disse —. Ecco, c'è quel biondino... quel Nemeciech... quello l'ha visto. E sa tutto. Aspettarono fin che i due ragazzi furono nelle vicinanze, ma Nemeciech si dirigeva verso la porticina. Colnai gridò loro: — Boka! Venite un po' qui! — Ora non si può — rispose Boka —. Vogliate aspettare. Nemeciech si sente molto male. Ha un attacco di tosse. Bisogna che lo accompagni a casa. L'uomo dal cappotto quando udì il nome di Nemeciech gli chiese: — Sei tu Nemeciech? — Sì... — disse sottovoce il biondino; e si accostò all'uomo barbuto. Questi gli disse severo: — Io sono il padre di Ghereb e sono venuto per sapere se mio figlio è o non è un traditore. I suoi compagni dicono che tu lo sai perchè l'hai veduto. Rispondimi allora in coscienza: è vero o non è vero? Il viso di Nemeciech ardeva di febbre. La malattia lo aveva ghermito. Le tempie gli martellavano; la mano bruciava. E tutt'intorno il mondo gli appariva così strano! Quello zio con la barba che parla con una voce severa come il professore Raz parla agli alunni negligenti... tutti quei ragazzi... la guerra... le sue inquietudini... tutto... e quella domanda che faceva capire che se Ghereb era veramente traditore sarebbero accaduti grossi guai... — Rispondimi! — incalzava l'uomo con la barba — Parla! Rispondi! E' un traditore? E il biondino rispose coraggioso, col viso fiammeggiante di febbre, con gli occhi brillanti di febbre, ma sottovoce come se il colpevole fosse stato lui, rispose: — No! Non è traditore... II padre allora si rivolse minaccioso verso gli altri: — Allora avete mentito voi? La Società dello Stucco era sbalordita. Nessuno fiatava! — Avete detto una bugia, allora? — disse ghignando l'uomo dalla barba. Sapevo bene che mio figlio era un ragazzo onesto! Nemeciech si reggeva appena. Chiese modesto: — Posso andarmene? L'uomo con gli occhiali gli rise sul naso: — Puoi andartene, piccolo «sa-tutto»! E Nemeciech barcollò sulla strada a fianco di Boka. Tutto si confondeva davanti ai suoi occhi. Non distingueva più nulla. Un miscuglio ballava davanti al suo sguardo dove c'erano l'uomo nero, la strada, le cataste di legname e parole strane gli ronzavano all'orecchio «su, alle fortezze», «mio figlio è un traditore?» E l'uomo nero che rideva beffardo allargò una bocca che era la porta della scuola e dalla porta usciva il professore Raz e Nemeciech si tolse il berretto. — Chi saluti? — gli chiese Boka — Non c'è nessuno. — Saluto il professor Raz — disse piano il biondino. E Boka si mise a piangere. Sorresse, trascinò con sè frettolosamente il piccolo amico per la strada che si rabbuiava. Intanto, nel campo, Colnai così parlava all'uomo con gli occhiali: — Scusi, signore, ma quel Nemeciech è il bugiardo. Noi lo abbiamo proclamato traditore ed espulso dalla nostra società. Il padre era felice ed approvava: — Si capisce subito. Ha un viso ipocrita. Ha la coscienza sporca. E tornò lieto a casa per perdonare al figlio. Sull'angolo del viale Ulloi intravide ancora Boka e Nemeciech il quale barcollava lungo il muro, dall'altra parte della strada. Anche Nemeciech stava piangendo, triste, desolato di tutta la desolazione del suo cuore di soldato senza grado, e in questo pianto febbrile ripeteva sempre queste parole sole: — Hanno scritto a lettere minuscole il mio nome... a lettere minuscole il mio nome onesto...

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